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Autore: Enchalott    04/10/2019    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il marchio degli Anskelisia
 
Il sovrano di Iomhar si limitò a scrutare l’espressione di rimprovero della ragazza che gli era accanto, senza capacitarsi della frase schietta e affilata che gli aveva appena scaraventato addosso. Non la prima, invero. Come era riuscita a tirarla fuori da quella fragilità indifesa, che non aveva possibilità alcuna di contrastarlo? Gli aveva risposto con candore, senza intenzioni ingiuriose ed era stata proprio quella modalità a disarmarlo completamente.
Avrebbe voluto afferrarla all’istante, scendere fino alla cella in cui aveva fatto rinchiudere Tsambika, trascinare fuori e costringere quella pirata da strapazzo, che era tuttavia il comandante della nave, a sposarli in mezzo al mare immediatamente. Il rito sarebbe stato valido perché erano lontani dalle terre emerse. Subito, prima che Adara potesse farlo sentire nuovamente, umanamente imperfetto.
Dov’era finita la sua gelida imperturbabilità, sciolta nelle parole forse?
Si costrinse a recuperare l’autocontrollo prima di ricorrere ai metodi drastici e controproducenti che gli stavano affollando la mente. Certo, avrebbe potuto usare i suoi poteri su di lei e piegarla alla propria volontà psichica e fisica, ma non era ciò che aveva progettato.
Desiderava un matrimonio in piena regola, rispettoso del protocollo previsto dalla corte, che nessuno avrebbe potuto contestare in alcun modo, per fornire prova della propria legittimità quando avrebbe esteso il suo dominio sui Due Regni.
Così si sarebbe premurato di non incorrere in problemi di sorta mentre avrebbe attuato e realizzato pienamente la propria vendetta, scovato ed eliminato chi gli stava mettendo i bastoni tra le ruote da troppo tempo ed evitato che Elestorya, con le sue dannate veggenti, interferisse nei suoi piani. La Profezia sarebbe stata ridicolizzata e umiliata, soprattutto quando la principessa gli avrebbe dato un figlio.
Strinse ferocemente i pugni e ignorò la fitta di rabbia che lo stava attanagliando.
“Una scintilla del cuore? Potreste sempre chiedermelo il giorno della cerimonia, quando spegnerete la vostra candela” rise ironico “Prego, seguitemi. Vi darò la stanza più confortevole” aggiunse poi, indicando il castello di poppa.
“Preferisco essere rinchiusa con i miei compagni” affermò lei, irremovibile.
Anthos aprì la mano e fece un gesto cortese verso il boccaporto. La accompagnò fino alle scale che portavano sottocoperta, in silenzio.
“E’ questo che volete davvero?” chiese poi, mentre Adara scendeva i ripidi gradini.
“Sì. Grazie per averlo concesso”.
Il reggente annuì, aggrottando la fronte. Chiuse la grata con uno schianto, osservandola allontanarsi senza ripensamenti. Quella era già la sua risposta.
 
Dare Yoon si era infilato in uno degli spazi del deposito, vicino a quello in cui erano ancora custoditi i loro cavalli; aveva acceso la lampada a olio, mugugnando che almeno non erano stati segregati in una cella buia e angusta come luridi topi. Poi era andato a recuperare ciò che era rimasto nelle bisacce dei loro animali, vista l’impossibilità di rientrare nella cabina al piano superiore.
Narsas si era accasciato sul pavimento, appoggiandosi al tramezzo di legno, stringendo inutilmente con una mano i brandelli laceri della sua casacca, che non riuscivano più a coprirlo, evitando accuratamente di sollevare lo sguardo o di emettere qualunque suono.
Il sangue aveva impregnato la benda di fortuna che Adara gli aveva annodato al braccio e le altre ferite avevano iniziato a farsi sentire, ora che l’adrenalina dovuta alla battaglia si era dissolta. Non erano i tagli sulla pelle a dolergli tanto intensamente, tuttavia.
“Tsk!” sbuffò il soldato, sbattendo pesantemente a terra le borse di pelle e affrontando l’apatia sofferente dell’arciere “Pensi di reagire nell’immediato o vuoi continuare a interpretare il ruolo del bamboccio ancora per un po’?”
Il ragazzo sollevò lo sguardo e lo fulminò, ma non si riscosse dalla sua prostrazione.
Dare Yoon scrollò la testa senza però lasciarsi sfuggire, preoccupato, le lesioni che il ragazzo non aveva ancora medicato. Si diresse verso uno dei barilotti lì custoditi e rifilò un pugno poderoso sulla copertura tonda, facendola saltare.
“Acqua…” borbottò, ripetendo l’operazione anche con quello accanto “Oh, bene. Questo è vino, siamo fortunati!”.
Intinse un panno pulito nella ciotola che aveva riempito dalla botte colma di alcolico e si inginocchiò vicino all’arciere, squadrandolo con disappunto.
“Vuoi proprio che ti faccia da balia?” gli disse, sarcastico, nel tentativo di suscitare in lui una qualunque reazione di protesta.
Si sarebbe fatto andare a genio addirittura una rispostaccia in quel frangente, ma l’Aethalas si limitò a fissarlo, adombrato e immobile alla luce fioca della lucerna. L’ufficiale ignorò l’opposizione silenziosa, tirando fuori dalle sacche alcune garze di lino, e fece per disinfettargli la ferita al bicipite con il liquido rosato.
Il guerriero del deserto gli afferrò il braccio, impedendogli il contatto.
“Piantala, Narsas!” sbottò a quel punto, liberandosi con uno strattone vigoroso e spazientito “Se hai scelto di crepare, almeno, fallo da uomo!”.
“Se non vuoi morire tu, è meglio che non mi tocchi!” ribatté finalmente l’arciere, con voce provata ma ferma “Non sono certo che il mio sangue non sia contaminato!”.
Dare Yoon spalancò gli occhi, sorpreso. In effetti, non l’aveva considerato. Invece, il giovane guerriero doveva pensarci costantemente. Sentì una stretta al petto e gli si affacciarono alla mente le ragioni palesi di alcuni suoi comportamenti.
“Beh, allora fallo da solo…!” bofonchiò, porgendogli la pezza umida e le fasce, cercando di nascondere il nodo di compassione che gli era salito al cuore.
L’arciere inghiottì l’orgoglio con un sospiro rassegnato: prese il tessuto dalle sue mani e lo premette sulla lacerazione, che fortunatamente non era profonda, arrestando la lieve emorragia. Si liberò dei brandelli dell’indumento ormai inservibile, rimanendo a torace nudo, occupandosi anche delle restanti escoriazioni più lievi. Poi strinse le bende tra i denti, riuscendo a passarsele intorno al braccio ferito, senza ricorrere all’aiuto del compagno.
Dare Yoon compì su di sé lo stesso procedimento: il problema più grave era lo spasimo lancinante alle costole e al fianco, dove quel maledetto Maceo gli aveva assestato a tutta forza il calcio. Tastò con cautela il livido violaceo, accertandosi di non avere qualcosa di rotto e pensò che gli fosse andata fin troppo bene.
Narsas abbassò gli occhi su di lui, esaminando da lontano la macchia scura.
“Non ho nulla per alleviare il dolore qui con me” disse con rammarico “Mi dispiace, la mia cassetta con i preparati medici è rimasta in cabina”.
L’ufficiale alzò le spalle, rinfilandosi la casacca con un certo sforzo. Ricambiò lo sguardo, realizzando che la vera complicazione purtroppo era un’altra.
“Io posso resistere” rispose placido “Non è la prima ammaccatura che mi procuro. E poi sai bene che mi rifiuto di assumere le pozioni stomachevoli che ti porti dietro. Ma tu… tu non hai modo di bere l’antidoto come ogni giorno, vero?”.
L’arciere sussultò leggermente e le sue iridi nere luccicarono nella penombra.
 
“Dare Yoon, tu mi hai più volte ricordato che per te io sono solo un membro della tribù che si è rivoltata contro il reggente, un messaggero di chi lo accusa di tradimento, un Aethalas che non ti convince affatto. Perché, ora, sarei io a dovermi fidare di te?”.
Quando, il giorno precedente allo scontro con i pirati, aveva rivolto al soldato quella domanda scomoda e amara, si era pentito dopo un solo secondo di avergliela sbattuta in faccia in quel modo tanto simile a una ripicca.
La collera dell’uomo per il suo introverso silenzio era dovuta alla grave preoccupazione, non nutrita unicamente per la principessa, sebbene si ostinasse a sostenere il contrario. L’ansia che aveva letto sul viso granitico di Dare Yoon era rivolta anche a lui: che lo volessero o no, che fossero felici di ciò o meno, erano diventati compagni di viaggio e di battaglia. Avevano condiviso la vita in quelle settimane e la vicendevole insofferenza, costellata di continue frecciate reciproche e di liti più o meno esplicite, non era che un modo per entrare in relazione senza dover rinunciare alla loro individuale fierezza.
“Risposta secca, eh? Mmh, me la sono cercata e me la merito. Concedimi tuttavia di possedere i valori della sincerità e della lealtà, Narsas. Forse ti è sufficiente per avere fiducia in me. Non sono tuo nemico, anche se non ti comprendo”.
L’ufficiale si era irrigidito nel ribattere, perdendo subito la carica irosa: si era passato una mano tra i capelli bruni, piuttosto imbarazzato.
Entrambi avevano sollevato lo sguardo su Adara e su quello che ancora ritenevano essere Alyecc, realizzando che i loro attriti si erano attenuati e ridotti a mere prese di posizione, soprattutto da quando quell’uomo misterioso era comparso a bordo.
“Sei certo di voler conoscere la verità?”
Narsas gli aveva puntato addosso un’occhiata pungente e scoraggiante, ma Dare Yoon aveva annuito tenace, porgendogli la mano in segno di solidarietà. Lui l’aveva stretta con fermezza e si era rivolto al mare tranquillo.
“E va bene. Ma non dovrai mostrare compassione o trattarmi come se fossi fatto di cristallo o cambiare atteggiamento nei miei riguardi. Mai. Non riuscirei a sopportarlo”.
Aveva atteso l’assenso del compagno e gli aveva rivelato i particolari del proprio recente e terribile passato, senza omissioni. L’aveva scorto impallidire brutalmente e trattenere più volte la propria rabbia quando era uscito il nome degli Anskelisia; aveva scorto le sue iridi blu luccicare di ammirazione e di stima, il suo respiro accelerare nel momento più drammatico della vicenda. Apprezzato il suo tacere, privo di giudizi e di futili consolazioni. Così come gli aveva chiesto.
Erano stati interrotti dal sopraggiungere della principessa, ma Dare Yoon era ormai a conoscenza del suo segreto. Perciò non aveva creduto neppure a una delle accuse infamanti pronunciate da Anthos.
Ma Adara?
 
“Sono a posto, sebbene non per molto” rispose, sganciando il pendente scarlatto e baluginante che portava all’orecchio sinistro.
Prese tra le dita la pietra più grande e la ruotò, aprendola pressappoco a metà. La portò alla bocca e lasciò che una stilla trasparente gli bagnasse le labbra.
Il soldato sgranò gli occhi, stupefatto.
“Sei pieno di risorse…” commentò.
“Magari…” corresse lui, sconfortato.
Dare Yoon sbuffò, frugando accuratamente nelle borse lì accanto.
“Mettiti qualcosa addosso o il freddo ti ucciderà prima del veleno” borbottò, lanciandogli una casacca pulita “E cerca di dormire. Il potere di quel principe bastardo ti ha privato delle energie residue, invece dobbiamo rimanere lucidi e attivi se vogliamo portare a casa la pelle…”.
L’arciere indossò l’indumento, nascondendo nuovamente il cerchio cremisi sotto la stoffa giallo chiaro. Serrò le palpebre, perso nella sofferenza.
“Dare Yoon… È ancora rosso o ha cambiato colore?” domandò poi con gravità.
“Come il tramonto infuocato del deserto” ribatté il soldato, cogliendo il senso della richiesta “Hai tempo per fare tutto ciò che desideri. Anche per chiarirti con lei”.
“Non c’è nulla da chiarire” rimandò Narsas, sdraiandosi con accortezza sulla paglia asciutta e drappeggiandosi addosso una coperta destinata ai cavalli.
L’ufficiale della Guardia imprecò silenziosamente contro una tale ostinazione.
 
Adara raggiunse il fondo della scala e si affrettò a defilarsi dallo sguardo implacabile del reggente sopra di lei.
Percorse un tratto di corridoio rasentando la parete e, quando la luce esterna smise di filtrare, intese il lucore altalenante di una lampada ad olio. Prese quella direzione, accompagnata soltanto dai battiti rapidi del proprio cuore e dai pensieri in tumulto.
Se non fosse diventata la moglie di Anthos, lui avrebbe ucciso prima tutte le persone che amava e poi avrebbe annientato Elestorya. Non c’era scampo, non scelta, non via alternativa… Solo quella di sacrificarsi per il bene comune, accettando di dividere la vita e il letto con il principe del Nord.
Non era così che si era immaginata una proposta di matrimonio, nelle sue fantasticherie di giovane donna. Non senza amore, senza rispetto. Nella sua terra le nozze combinate non esistevano. Nessuna famiglia avrebbe mai programmato il futuro dei propri eredi, privandoli della felicità cui avevano diritto. Forse nella gelida Iomhar non era così. Forse il ghiaccio aveva intriso anche i cuori di quel Regno, rendendoli privi di sentimenti. O, più probabilmente, era Anthos a mancare interamente di umanità. Eppure, c’era stato qualcosa di lui che l’aveva colpita, quando stava ancora interpretando il ruolo di Alyecc: lo stesso dolore profondo e malinconico che gli occhi spietati del reggente avevano lasciato intravedere, quello che la malvagità di cui aveva dato prova non era riuscita a soffocare. Era certa di non averlo immaginato.
Ma l’aver inteso una diversità non era una ragione sufficiente e non l’avrebbe convinta a sposarlo. Era la paura del male che avrebbe arrecato ai suoi a farla esitare. Avrebbe pensato ad alcune condizioni da porre. Ma quali? E, soprattutto, il principe le avrebbe accettate?
Non sapeva che cosa fare, aveva bisogno di conforto e di consiglio, si sentiva perduta e prigioniera di un incubo, non poteva farcela con le proprie sole forze, non senza il sostegno e il parere di Narsas.
Si diede della sciocca egoista. Era il ragazzo ad aver bisogno di lei in quel momento. Le era rimasto sempre accanto, fonte ed esempio di ardimento; toccava a lei ora riaccendere il suo sguardo, infondergli la fiducia necessaria, il vigore che gli era venuto a mancare dopo che Anthos lo aveva annichilito a quel modo.
Aveva paura. Di non riuscire a riportare indietro lo spirito indomito del guerriero, di averlo perduto per sempre. Di doverlo perdere a breve. Che anche una sola delle affermazioni del principe fosse fondata. Che l’arciere fosse diverso da come si era mostrato con lei… che non le donasse più il suo affetto profondo.
Scacciò quella sensazione di vuoto e percorse gli ultimi metri, oltrepassando la paratia di legno.
Dare Yoon era seduto a gambe incrociate sull’assito, intento a fare l’inventario di quello che avevano a disposizione. Ogni tanto gettava uno sguardo impensierito su Narsas, che sembrava immerso profondamente nel sonno.
L’arciere aveva riguadagnato un po’ di colore e respirava con regolarità. Aveva sciolto la fascia rossa e oro che portava intrecciata tra i capelli, stendendola sulla paglia affinché gli steli secchi e pungenti non lo infastidissero; la sua chioma scura e ondulata, sparsa sulla stoffa, era scesa a sfiorargli le spalle e il volto ambrato. La fiammella della lampada disegnava ombre lievi sui suoi zigomi alti e sulle sue labbra morbide, facendo in modo che il suo orecchino scarlatto irradiasse la sua luce calda e rassicurante.
“Mia signora!” esclamò il soldato, rasserenato, mentre lei gli andava incontro con un’espressione tirata e ansiosa.
Si alzò e si inchinò formalmente, con la mano destra tesa al fianco sinistro, ma la principessa gli si fece incontro e gli gettò le braccia al collo.
“Basta con tutte queste formalità, Dare Yoon, ti prego” mormorò commossa “Stavi per dare la vita per me, sarei io a dovermi piegare davanti a te!”.
L’uomo si schermì, ma accettò la manifestazione di gratitudine fuori norma.
“Ho pensato che il reggente non vi avrebbe lasciata andare…”.
“Sa bene che non posso né scappare né nascondermi da lui finché siamo qui”.
L’ufficiale la guardò negli occhi ancora segnati dalle lacrime e dall’afflizione.
“Vi ha fatto del male?” sussurrò con la voce che vibrava di collera.
“No. O meglio, non ancora. Ma non ha accettato il mio rifiuto, come puoi immaginare. Ha detto che, se non lo sposerò, tutto ciò che mi è caro verrà annientato”.
“E’ da vedersi!” ringhiò Dare Yoon, stringendo i pugni.
Adara gli pose una mano sul braccio per placarlo, scuotendo la testa, rassegnata.
“Hai sentito il movimento inconsulto della Xiomar poco fa, vero? Anthos ha affondato Karadocc in un solo colpo. Non ha usato neppure un millesimo del suo potere, immagina se decidesse di prendersela con Elestorya…”.
Dare Yoon si sedette nuovamente a terra, frastornato e impensierito.
“Maledizione! Non può costringervi!”.
“Sì, invece” lo fermò la ragazza, accomodandoglisi accanto “Gli scrupoli non fanno parte del suo modus operandi. Hai visto anche tu quando lo ha quasi ucciso…”.
Si interruppe, fiaccata dal pesante groppo che le stringeva la gola.
“L’Aethalas sta bene. Ha solo bisogno di riposo” affermò l’uomo.
“Non è vero!” sussurrò lei, frenando l’angoscia frustrante che la attanagliava “No che non sta bene, Dare Yoon! Quanto ha affermato il reggente… le sue parole…quel cerchio rosso sul suo corpo… io…”.
Il soldato lanciò un’occhiata fugace al giovane, ancora addormentato.
Al diavolo le falsità, i misteri, i sotterfugi, i piani B e tutte le dannate strategie! La verità era già stata sufficientemente insultata! Basta giocare a nascondino! Non era tenuto al segreto, solo al rispetto. E in quello non avrebbe mai mancato.
“Sono stati gli Anskelisia a marchiarlo” mormorò con ira.
“C-cosa?”
“Narsas non ha ucciso nessuno. Non è un assassino come il principe del Nord vorrebbe farvi intendere. Ha riscattato la prigionia della sorella, proponendosi come ostaggio al suo posto. Ha respinto più volte le fastidiose attenzioni della figlia di Laras, il capo di quei dannati, e lei non ha trovato di meglio da fare che ammazzarsi per l’onta subita. Ingiuria inesistente in verità, presunta in base all’ottenere sempre dei consensi servendosi del proprio ruolo di ragazzina viziata. Narsas non l’ha sfiorata neppure con un dito. Quando il padre ha saputo l’accaduto, ha ritenuto comunque il ragazzo responsabile di quel sangue e gli ha inflitto giorni di orribili torture”.
“Oh, stelle…” singhiozzò Adara, inorridendo al pensiero della sofferenza che l’arciere aveva patito e che si portava dentro “Dare Yoon, non…”.
“Fatevi animo, principessa. È giusto che sappiate, anche se Narsas forse non mi perdonerà mai la confidenza di cui vi sto mettendo a parte” continuò grave “Ma sono convinto che non parlarvene sarebbe una mancanza ancora più grande”.
Lei annuì, indugiando sul viso affascinante e virile del giovane guerriero assopito.
“Laras avrebbe voluto porre fine alla vita di Narsas con un’esecuzione cruenta e spettacolare, per umiliarlo fino all’ultimo suo respiro. Ma qualche mente, ancora più perversa di quella del capo degli Angeli, ha suggerito di incidergli sulla schiena il marchio mortale, secondo l’antica e barbara usanza del deserto. Quella che nessuno pratica più da secoli e che è assolutamente proibita”.
“No… non può essere vero…” esalò la principessa tra le lacrime.
“Non è il semplice marchio degli assassini. Il tatuaggio bruno è fatto con i pigmenti concentrati di koreyon, il veleno più potente mai esistito. Non è indelebile, si consuma e si assorbe con il tempo: più schiarisce più intossica inesorabilmente chi lo porta. Non è dato di sapere quando, dipende dalla resistenza del singolo, ma la morte è inevitabile”.
“Non voglio credere che non si possa fare nulla! Che non esista un antidoto!”.
“Purtroppo non c’è” sospirò Dare Yoon stancamente “Narsas sta ritardando gli effetti della sostanza letale con i preparati che assume regolarmente, ma sa che questo non potrà salvarlo. Ha rasentato la fine quando il mal di mare non gli ha consentito per più giorni consecutivi di assimilare il rimedio e solo quell’iniezione provvidenziale lo ha strappato a Reshkigal. Ha rimandato il momento… ma non lo ha curato…”.
“Quindi… quindi lo perderemo senza poter tentare niente? Se ne andrà così, ingiustamente, accettandolo con lo spirito indomito che ha sempre mantenuto?”.
“Non piangete, principessa. Fatelo per lui. Non infliggetegli un dolore in più. Vi ho raccontato la verità perché è importante che gli parliate, che lo assicuriate che nessuna delle insinuazioni di Anthos vi ha toccata, che lui per voi è importante e…”.
“…e che dovrei tagliarti la lingua, Dare Yoon!”.
Narsas si era sollevato su un gomito e li osservava, le iridi scure ardenti e malinconiche che luccicavano nella semioscurità, il respiro leggermente accelerato.
“Non direi, Aethalas” rispose il soldato con serenità “Non ho tradito la promessa che ti ho fatto. Lo sai anche tu, come sai che non avresti mai rivelato spontaneamente il tuo segreto. Invece, ora è il momento di cancellare i tutti i dubbi… non solo perché il reggente se ne servirà per incrinare la fiducia tra noi, come ha già tentato di fare”.
“Che cosa intendi dire!?” sbottò il ragazzo, sostenendosi con fatica.
“Mi hai capito benissimo” rispose l’ufficiale, alzandosi in piedi “Basta ora! Sono stufo di stare fermo quaggiù. Credo che andrò a cibare i cavalli, voialtri non disturbatevi”.
“Ti credi tanto furbo, eh Dare Yoon?”.
“Sì. Ma solo perché ho qualche anno più di te, non per eccesso di presunzione” ribatté il soldato con un pizzico d’ironia.
Si allontanò senza aggiungere altro, lasciando soli i due ragazzi.
 
“Perché non me l’hai detto?” sussurrò la principessa, ancora scossa dalla rivelazione.
Lui distolse lo sguardo, abbassandolo sulle proprie mani intrecciate in grembo.
“Narsas, ti prego, guardami…”.
“Non ho timore di incrociare i tuoi occhi, Adara… solo di scorgervi della pietà”.
Lei si alzò e colmò lo spazio tra loro in pochi passi. Crollò al suo fianco, sulla paglia odorosa, prendendogli il viso tra le dita.
“Vedrai solo attenzione… ammirazione e affetto immutato…”.
“Scorgerò anche sofferenza”.
“Sì. Ma sarà la tua divisa in due”.
Narsas percepì il cuore palpitare furiosamente e si impose di non cedere alle emozioni dirompenti che gli scaldavano il sangue.
“Non desideravo che ciò accadesse. Avevo deciso di portare da solo il mio destino. Hai un compito difficile da svolgere, Adara, lungi da me il volerti arrecare una preoccupazione aggiuntiva. Non ho taciuto per scarsa stima nei tuoi confronti”.
Sollevò le sue iridi scure, intense e passionali, in quelle di lei. Lesse ciò che la ragazza aveva promesso. Le strinse la mano nella sua.
“Io troverò un modo per…” garantì la principessa.
“No” la prevenne lui, fermo “Questa è la seconda ragione per cui non te l’ho detto. Non possiamo fare nulla, tranne accettare ciò che sarà”.
Lei ricambiò lo sguardo con un sospiro inquieto, ma l’arciere la precedette.
“So cosa stai pensando. La mia risposta è ancora no. Sai già che Anthos non ti aiuterà. Stento ancora a credere che mi abbia salvato pochi giorni fa. Sicuramente ha visto il cerchio sulla mia schiena e da esso ha compreso la causa del mio malessere. Ma non mi ha guarito allora e non lo farà adesso. Ti dirà di esserne in grado e userà la tua aspettativa come arma di ricatto”.
Adara si sentì perduta difronte a quella sicurezza inscalfibile.
“Non gli ho creduto. Neppure prima che Dare Yoon mi raccontasse di te” gli disse.
“Mi vergogno per averne dubitato”.
“Oh, Narsas… tu non hai nulla di cui vergognarti!”.
“Solo un’affermazione era vera. Che ucciderò il Traditore. Ma questo lo sapevi già”.
“Sì. Finalmente capisco il primo motivo che ti ha spinto ad unirti a noi. Ti sei regalato uno scopo, rimuovendolo dalle spalle della tua tribù, avvertendo la responsabilità di essere il figlio del bailye. Hai accolto su di te tutto il rischio, pensando di non avere nulla da perdere. Sei davvero il principe degli Aethalas, Narsas…”.
Lui arrossì.
“Non avrei sopportato di trascorrere il resto della mia vita senza alcun senso. E neppure di vedere costantemente lo strazio sui volti di mio padre e di mia sorella o i Guardiani del Mare omaggiarmi come se fossi l’eroe che non sono”.
“Tu sei un vero uomo, Narsas. Il migliore che io conosca”.
Lo cinse forte, posando il capo sulla sua spalla e lo sentì ricambiare la stretta, appoggiare la guancia sui suoi capelli sciolti, respirare piano.
“Io… sono felice di averti incontrata, Adara. Sei una gioia immensa e insperata. Ti prego, non piangere per me. Non farlo mai, neppure quando avrò lasciato questo mondo. Ricordami come un amico sincero e basta”.
“Narsas… non voglio lasciarti andare!”.
“Neppure io. Gli dei sanno quanto, ora, vorrei che questo marchio non esistesse… Però promettimi che lo accetterai. Promettilo”.
“Te lo giuro…”.
“Grazie…”
L’abbraccio aumentò d’intensità, quasi a fondere i loro cuori addolorati.
“Ne hai parlato con qualcuno?” domandò la principessa in un soffio.
Il giovane si scostò, un po’ sorpreso dalla richiesta.
“Come ti accennavo, con mio padre e con Phylana. Infine, con Dare Yoon…”.
“No…” disse lei, scostandogli una ciocca ribelle dalla fronte “Non dei fatti. Di te. Di ciò che provi tu. Lo hai fatto?”.
Lui sbarrò gli occhi, spaesato.
“Dillo a me, Narsas, ti prego, non frenarti più…”
Tutte le difese dell’arciere si infransero come fragile vetro a quelle parole. Non riuscì più a trattenere l’emozione dirompente e le lacrime trovarono il varco. Si piegò su di lei, nascondendo il viso tra i suoi vestiti, tremando per contenere ciò che di lui era ormai andato fuori controllo. La terribile umanità dei suoi ventisei anni, di una vita condannata a dissolversi prematuramente come nebbia al sole. La cui unica colpa era stata quella di proteggere e amare fino in fondo senza paura.
“Piangi quanto è necessario, Narsas” bisbigliò lei, inoltrandogli le dita tra le chiome scure, accarezzandogli la schiena, stringendolo a sé “Sarà un segreto tuo e mio”.
Il guerriero rabbrividiva tra le sue braccia, scosso dai singhiozzi convulsi che aveva trattenuto troppo a lungo, gettando fuori da sé la disperazione immensa che portava sigillata nell’anima impavida. Sfogava dolore e rabbia, parole e silenzi, bagnando i vestiti della donna di cui era segretamente innamorato, concedendosi solo quell’abbraccio indissolubile e nessuna confessione sentimentale.
Lei era l’unico rimpianto che non riusciva ad accettare con serenità, quello che più di tutti lo spingeva a desiderare di sopravvivere. Anche se era impossibile.
Adara lasciò che si liberasse, impedendosi di cedere alla pena, con il cuore in pezzi. Non lo rivelò, ma la vita di Narsas sarebbe stata una delle condizioni che avrebbe posto alle nozze, se quella fosse stata l’unica via percorribile per salvare il creato intero da Anthos. Se tutte le esistenze in gioco fossero dipese da un suo stentato sì.
Si adagiò sul mucchio di fieno, trascinando con sé il ragazzo, appoggiando la fronte contro la sua e sentendolo gradualmente riconquistare la calma. Sollevò su di loro la coperta di lana e si intrecciò tra le sue braccia, lasciandosi inondare dal calore di quella vicinanza e di quella condivisione.
“Mi dispiace…” sussurrò lui, spossato.
La principessa schiuse le palpebre, senza comprendere.
“La segregazione del sovrano” proseguì l’arciere con amarezza “Non so nulla di effettivo, perché quando sono partito tuo padre era appena giunto presso le nostre tende. Però conosco il mio e credo che Anthos non abbia mentito su questo punto. Varsya ha certo pensato di trattenere il re per allontanare da lui l’accusa di tradimento. Così come io ero tenuto a vegliare su di te per la medesima ragione”.
“Ti credo, Narsas…” sospirò lei, ripensando alle loro precedenti e limpide conversazioni sull’argomento.
“Tua sorella, invece…” continuò lui, provocandole un sussulto angosciato “Non siamo stati noi, potrei giurarlo. Non avremmo mai osato levare la mano sulla sacerdotessa Kalah più rispettata e generosa del Regno. So soltanto che le nostre guaritrici intendono inviarle un farmaco e che ogni sera pregano Amathira per lei”.
“Lo faccio anch’io” rispose la ragazza, senza mutare l’espressione preoccupata “Suppongo che ci sia qualcuno a palazzo incaricato di tenere d’occhio sia Dionissa sia Shion, quindi…”.
“Sì. Ma ha solo il compito di riferire come osservatore e di salvaguardare chi è innocente. So che può sembrare losco e disonesto, ma ci sono ragioni che…”.
“Non devi scusarti. Non dipende da te. Inoltre, le ragioni cui ti riferisci sono più che evidenti adesso, sarei una sciocca a volerle negare…”.
Narsas sorrise lieve, sfilandole uno stecco di paglia dai capelli castani.
“Mi sto chiedendo se il vostro inviato ha potuto distinguere il vero colpevole del tentato omicidio di mia sorella”.
“Lo spero con tutto me stesso”.
Lei annuì, posando sul ragazzo uno sguardo dolce e speranzoso. Non le aveva mai nascosto nulla. Tranne il dolore. Ma quella non era una colpa.
 
Dare Yoon ritornò dopo un’ora, tenendo sulla spalla un altro paio di coperte per la notte, che stava insinuando con prepotenza le sue unghie gelate nella stiva buia della Xiomar.
Entrò nello spazio oltre il tramezzo a passo di carica, perso in mille ragionamenti, rallentando solo all’ultimo istante e pensando con un certo imbarazzo che forse sarebbe stato meglio bussare, anche se non c’era alcuna porta.
Ma l’Aethalas e la principessa stavano dormendo innocentemente, con indosso tutti i vestiti per fortuna. Anzi, per sfortuna si ritrovò a meditare suo malgrado.
“Razza di testardo” mugugnò scuotendo il capo “Non gliel’hai detto, eh…”.
   
 
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