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Autore: _root    04/10/2019    1 recensioni
[Spoiler per chi non è in pari almeno con l'anime]
La fine di Ketsu. E se Izaya non avesse mai lasciato Ikebukuro? Se invece che separarsi, lui e Shizuo avessero trovato un altro modo per andare avanti?
Questa storia immagina una diversa evoluzione per i personaggi di Durarara!! e, in particolare, per Izaya e Shizuo, attraverso i loro limiti, i loro sentimenti e questo disfunzionale rapporto di pulsione e repulsione che continua ad animarli, in un percorso che tocca la vita e la morte.
*
"La compiacenza per quel pensiero così audace gli increspò le labbra improvvisamente; l’informatore non riusciva a trattenere un riso trepidante, per quanto sommesso: forse aveva ancora una chance di bucare quel cielo irraggiungibile, forse poteva ancora essere glorificato dalle Valkirie, forse poteva finalmente morire."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Celty Sturluson, Izaya Orihara, Shinra Kishitani, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“The truth is, he’s more human than anyone, and his soul is fragile.
[…] And that’s why he decided not to be offended and to love humans no matter what.
I guess he dreads the kind of things that hurt or cause suffering.”
 
 
DOLORE.
 
 
DOLORE ATROCE.
 
BUIO…
 
SEMPRE.
 
DOLORE.
 
NON VEDO NIENTE. BUIO.
CALORE IMMENSO. FEBBRE. VIRUS. STO MALE. È BUIO. VOMITO. MI SI STACCANO LE BRACCIA. DOLORE. FUOCO. STO ANDANDO A FUOCO. AIUTO. FA MALE. NON POSSO URLARE. BASTA.
FUOCO. DOLORE. DOLORE. DOLORE.
 
Sempresempresempresempresempresempre
 
BASTA, basta, vi prego…
 
Oh.
Come dici? ”Basta”? Ci “preghi”? Ora, ci preghi?
No. Non finirà. Non finirà mai. Senti che ridiamo? Di te, della tua disperazione? Dispérati pure. Dispérati di più. Contorciti ancora di più nel dolore. Non finirà mai.
Hai pensato di poter capire i piani eterni, che il Paradiso, l’Inferno, l’Hel, il Valhalla, si dischiudessero solo per te. Che bastasse fare un paio di cose in vita per avere automaticamente quello che desideravi. Come se l’infinito fosse alla portata di una formula magica…!
Povero Izaya. Non è così che funziona. Lo vedi adesso, com’è che funziona.
Sarà questo fuoco per sempre. Finché vogliamo. Finché voglio.
 
 
La senti la distanza infinita, piccola creatura?
 
 

 
 
«Si lamenta terribilmente nonostante la morfina…», mugugnò il dottore della malavita.
Si reggeva su una stampella con un braccio solo. Non aveva più bisogno di portare il gesso alla gamba, ma ci sarebbe voluto ancora un po’ prima che riuscisse a caricarci il peso sopra senza problemi. Diversa era invece la questione per l’avambraccio destro, stretto in un’ingombrante fasciatura semipermanente che bloccava persino il polso e la mano – motivo per cui non aveva potuto occuparsi in persona di Izaya.
Erano passati solo due giorni da quando un tizio pelato (particolarmente serio!), accompagnato da una ragazza stravagante, avevano bussato alla sua porta reggendo sotto le spalle il suo amico d’infanzia, l’informatore di Shinjuku, privo di conoscenza. Quel corpo alto ed esile non si reggeva in piedi, sembrava spezzato in più punti, il volto era madido di sudore...
 
“Non mi è mai importato meno delle sorti di qualcuno”, scrisse Celty sul suo cellulare, strappandolo ai suoi pensieri.
Il dottore fece un debole sorriso: «Non essere cattiva, tesoro, dopotutto è un mio amico!», e per tutta risposta alla Dullahan caddero le spalle, come se stesse sospirando.
La sincerità della sua consorte non lo disturbava affatto, sapeva benissimo che non provava simpatia per la professione che Izaya conduceva né per la molteplicità di affari in cui era invischiato. O che lui stesso aveva ordito. In più, non poteva certo biasimarla dopo che Celty era venuta a sapere da Namie Yagiri come l’informatore aveva trattato la sua testa quando l’aveva in custodia… mentre Shinra, dal canto suo, non avrebbe potuto avercela con Izaya per una cosa del genere, dopo che aveva rischiato concretamente di perdere la Dullahan quando aveva riacquistato le memorie del proprio passato.
Ripensare alla terribile notte di pochi giorni prima gli fece correre un brivido lungo la schiena. Ma Celty ora era lì, accanto a lui, e lo amava – non poteva desiderare altro che questo. Con la temibile dama senza testa al suo fianco, sapeva che avrebbe potuto fronteggiare ogni cosa.
Certo, non immaginava che la prima calamità si sarebbe presentata meno di una decina di ore dopo…
 
Era consapevole che fosse una totale pazzia, come accogliere apertamente in casa la peste. E dopo quello che era appena successo ad Ikebukuro, non si trattava solo di “accoglierla”, no, ma di offrirle anche il caffè e insistere perché rimanesse a cena!
Ora. Qualcuno di lungimirante non avrebbe potuto non cogliere nella strana concomitanza degli eventi lo zampino di Izaya Orihara: Dollars contro Yellow Scarves; i Dollars che sfidano il gruppo degli Awakusu; gli Yagiri a caccia della testa di Celty; un’invasione dei figli di Saika – altre ragazze possedute da spade demoniache, addirittura!; tutto infuriato nello stesso momento…
Certo, sembrava impossibile – e anche un po’ presuntuoso – far risalire ogni singola cosa ad un suo solo piano perverso, ma per chi era in cerca di vendetta l’informatore era il bersaglio ideale. Che Izaya Orihara fosse ancora ad Ikebukuro e ferito gravemente doveva essere tenuto segreto anche ai loro amici, almeno finché le acque non si sarebbero acquietate – già pregustava la ricca parcella che avrebbe scucito al moro, se si fosse ripreso.
Per il momento poteva solo controllare i suoi segni vitali sul monitor – per via del braccio ingessato certi movimenti gli erano ancora impediti, e non era adatto ai lavori di precisione. Aveva chiamato immediatamente suo padre; era in uno dei suoi stabilimenti improbabili che Izaya si trovava al momento, e sarebbe stato anche il luogo dove sarebbe rimasto finché non sarebbe stato in grado di andarsene.
Per quanto fosse consapevole dell’abilità di suo padre, ci teneva a seguire il ricovero dell’informatore: aveva prescritto le quantità dell’antidolorifico per fargli sopportare, nel delirio, il dolore delle operazioni e delle ossa in ricalcificazione, insieme ad un medicinale che tenesse la febbre sotto controllo. Emilia si occupava dei cambi di flebo e per ogni lavoro pesante c’era sempre Egor.
Era una seccatura doversi spostare continuamente da quel pervertito di suo padre e non poter seguire il suo paziente personalmente, ma se non altro era in un luogo sicuro. A Shingen Kishitani non ne sarebbe venuto niente in mano dal vendere il suo amico.
Ad ogni modo, Shinra non provava odio per Izaya.
D’accordo, non aveva bisogno di prove per sapere che certamente c’era il suo operato dietro all’implosione di Ikebukuro. Lo conosceva talmente bene da sapere che le micce – accese –, certamente le aveva avvicinate lui. Allo stesso modo però sapeva che non poteva essere il responsabile di ogni singolo incidente, perché Izaya Orihara non interferiva con le azioni generate dai sentimenti umani, con quegli impulsi regolati da forze estreme e interiori: al contrario le cercava, le voleva osservare. Ecco: Izaya osservava e prevedeva. Chissà da quanto tempo. Da quanti mesi, da quanti anni.
… Ma forse stava sopravvalutando l’informatore, chi poteva dirlo.
Almeno, lo conosceva abbastanza da poter affermare che non avesse tramato personalmente contro nessuno di loro – be’, eccetto Shizuo, forse. Il suo amico d’infanzia non era un semplice sadico, serviva unicamente il Caos. E tutti rientravano nelle sue imprevedibili spire, anche Izaya stesso. Non stava a Shinra giudicarlo, così lo accolse e gli offrì le cure necessarie senza pensarci due volte.
… Ok, d’accordo, effettivamente indugiò a lungo, perché dopo aver affrontato quei terribili momenti avrebbe di gran lunga preferito starsene sul divano di casa a coccolare Celty, ma…
E Celty – oh, Celty, era stata straordinaria. Sapeva bene che Shinra si stava assumendo un grosso rischio, oltretutto non provava alcuna simpatia per l’informatore, ma aveva deciso comunque di sostenerlo. Il dottore decise lì che una volta rimesso avrebbe portato la sua dolce metà a fare un fuga romantica indimenticabile.
 
Fu riportato nuovamente al presente da una voce maschile ed entusiasta, che chiamava dal fondo del corridoio a luce soffusa: Shingen Kishitani stava reggendo due fumanti tazze da tè, il vapore in ascendenza gli appannava leggermente la visiera della maschera antigas. Dietro di lui, le lampade del soggiorno emanavano una luce giallissima.
«Venite a riposarvi! Shinra! Celty! Di certo fissarlo non aiuterà a farlo magicamente alzare dal letto!», esclamò ridendo (perversamente) di gusto.
Celty si irrigidì leggermente e il suo amato non poté che sorriderne intenerito. Ogni qualvolta la Dullahan dava prova di atteggiamenti squisitamente umani si sentiva sciogliere… poteva almeno ringraziare per questo l’indiscreta presenza di suo padre nelle loro vite, che metteva costantemente a dura prova la pazienza e il senso del pudore di Celty.
Ad ogni modo, tornando a lui – sapendo di non poter concedere all’informatore altro antidolorifico, si decise a lasciare quella posizione da sentinella e a dirigersi con passi zoppicanti verso il soggiorno.
 
«Non è necessario che veniate qui ogni due ore» – Shingen offrì al figlio una delle tazze – «voglio dire, adesso che il peggio è passato, non preferireste stare a casa a tubare come due colombine?».
La Dullahan emise fumi d’ombra come una pentola a pressione e Shinra sospirò: «Magari… Ma comunque conciato così non potremmo combinare tantissimo quindi tanto vale– ouch!» – Celty lo colpì sulla testa.
“Non dire queste cose imbarazzanti!!!”, digitò rapidamente sul cellulare. Quando era così concitata gli ricordava un pulcino.
Shinra si concesse una risatina e proseguì, rivolto a suo padre: «… Preferisco controllare ogni passo della riabilitazione, per avere più informazioni quando lo trasferiremo da noi».
Non ne aveva ancora discusso con Celty, ma sicuramente anche la Dullahan aveva logicamente pensato che le cose sarebbero andate così. La motociclista mostrò ai due Kishitani un'altra nota sul display del telefono:
“Ma come pensate che stia procedendo? Ce la farà?”.
Shingen mise una cannuccia nel tè. «Penso proprio di si. Ci vorrà del tempo, e sicuramente una lunga riabilitazione, ma non è più in pericolo di vita. Bisogna impedire che la ferita al bacino si infetti, e poi la febbre scenderà da sé». Bevve un sorso allargando il bordo inferiore della maschera, infilandoci l’imboccatura della cannuccia: «Argh! Scotta! Scotta scotta scotta!».
Mentre osservava incolore quel geniale medico e scienziato tossire come un forsennato dall’interno della maschera antigas, Shinra soffiò nella propria tazza e mormorò: «Si può morire anche per una banale appendicite…», il suo sguardo sembrava distante.
Celty stava per scrivergli qualcosa, quando Shingen esclamò: «Comunque, Celty, pensavo non ti importasse dell’informatore! Invece hai proprio un cuore d’oro, oh, sono così contento di poterti chiamare figlia mia!», e tentò di abbracciarla – la Dullahan fu visibilmente scossa dai tremiti e con dei tentacoli di ombra provvide a tenerlo a distanza, digitando immediatamente qualcosa in risposta.
Per una volta, il giovane medico non stette a dividerli o a godersi lo spettacolo. Girò lievemente lo sguardo, facendolo scivolare sui muri disadorni che li circondavano, sorseggiando il tè.
In quei due giorni Shinra aveva elaborato una teoria. Non ne era sicuro, ma aveva la forte sensazione di avere per le mani qualche pezzo del puzzle… per capire cosa, nello specifico, ancora non sapeva dirlo.
Intanto c’era la questione che lui presupponeva ci fosse Izaya dietro il pandemonio degli ultimi giorni – anzi, degli ultimi mesi, e questo condizionava la sua visione dell’insieme. Non che gli importasse provarlo, sapeva che era così. E gli scopi dell’informatore, sinceramente, non gli erano mai interessati più di tanto, anche perché, come già detto, il più delle volte era solo per il gusto del caos. Ma questa volta era diverso: sentiva che nella mente dell’amico abitava qualcosa che Shinra non aveva immaginato, come una preoccupazione, un sentimento che non riusciva a cogliere… Non gli importava dei suoi piani, ma delle sue intime motivazioni. Dei suoi impulsi. Di tutta quella parte umana di Izaya Orihara. Era un suo amico, e voleva conoscere le radici delle sue intenzioni… come era sempre riuscito a fare.
E invece Shinra aveva addosso una sgradevole sensazione di distanza, se così si può chiamare, aggravata anche dall’avere incontrato di nuovo quella ragazza stravagante.
Sul momento non l’aveva riconosciuta, concentrato com’era sul corpo sanguinante di Izaya, ma non appena lesse in lei una bruciante contraddizione interna di apprensione e odio nei confronti dell’informatore si ricordò della conversazione che avevano avuto quella stessa notte, parecchie ore prima. Voleva sapere “che cosa Izaya temesse di più, per vederlo soffrire”.
Era palese che avesse qualcosa in sospeso con l’Orihara e che non avesse ancora capito come considerarlo, nella sua vita – ma non era una persona malvagia come faceva sembrare. Era solo confusa, arrabbiata, e pensava che l’antidoto fosse la vendetta. Shinra, che non aveva motivo di mentirle o di nasconderle alcunché (Izaya doveva accettare le conseguenze del suo modo distorto di giocare con le persone, non c’era altro da dire), le aveva parlato dell’informatore nei termini di tutta l’umanità che vedeva, che aveva sempre visto in lui – e quella ragazza, che era appunto solo una ragazza, ne era rimasta toccata, in qualche modo.
Mentre suo padre aveva portato d’urgenza l’informatore sotto i ferri, lui e Celty la ascoltarono descrivere le ultime ore trascorse: la lotta con un tizio vestito da barista in pieno centro; l’accoltellata da parte di una motociclista bionda con un con un arnese a stantuffo; come questa stava per sparargli prima che una granata luminescente inibisse i movimenti di chiunque per una serie di minuti; la sua scelta di aiutare quell’uomo ben vestito e con i cerchi agli occhi che stava portando via il corpo incosciente di Izaya Orihara.
Raccontò inoltre anche di come l’informatore avesse deciso all’ultimo di tornare ad Ikebukuro, dall’”unico medico di cui si fidasse” e “il corriere di sua conoscenza”.
Apparentemente sembrava una scelta logica quella di affidarsi alle cure di Shinra, ma avrebbe potuto benissimo mettersi in contatto con lui da fuori Ikebukuro. Si sentiva così spacciato? Altrimenti che bisogno avrebbe avuto di tornare di persona? Specie se poteva facilmente essere considerato da molti il responsabile degli ultimi avvenimenti… e il fatto che l’uomo calvo fosse subito sparito e che Izaya non si fosse rivolto ad un gruppo della malavita per cui lavorava gli facevano pensare che l’informatore non volesse esporsi con nessuno. Certo, non tutti avrebbero avuto l’intuizione di prendersela con il marionettista, invece che con le marionette. Forse contava su questo. Ma se Shizuo avesse saputo che era ancora nei paraggi… la furia con cui se l’era presa con l’informatore (dal racconto) gli sembrava estremamente sovrabbondante rispetto al solito.
Forse Izaya voleva chiedere a Shinra che lo proteggesse, in nome di quella particolare amicizia che avevano condotto da anni.
… No, il dottore sapeva di essere fuori strada.
In realtà la sua teoria era molto meno “elaborata”. E c’entrava con l’escatologia.
Ma prima di tutto e tutti avrebbe dovuto parlarne con il diretto interessato, una volta che si sarebbe rimesso.
 
Shinra si riscosse dalla posizione rilassata sulla sedia quando Celty appoggiò una mano sulla sua spalla. Emilia stava preparando la cena canticchiando tra sé e sé, suo padre cercava di divincolarsi da delle spire ombrose e la sua amata gli era nuovamente vicino, accingendosi a mostrargli il display luminoso su cui era digitato un: “A che cosa stai pensando, Shinra?”.
Il dottore appoggiò la tazza da tè su un ripiano e le sorrise, addolcito dalla sua gentilezza, per poi risponderle con un tono pensieroso: «È solo un presentimento».
Celty si sorprese e digitò un punto interrogativo sul telefono. Shinra scosse leggermente la testa per farle intendere che non era il momento di parlarne. In realtà non sapeva affatto quanto potersi esporre con la sua teoria nemmeno con lei, perché la Dullahan non aveva avuto a che fare con la ragazza dai capelli rossicci – dannazione, poteva almeno ricordarsi il suo nome.
Mentre era sicuro che il tizio dall’abbigliamento professionale (avendo servito Izaya e avendo rischiato nel riportarlo ad Ikebukuro) non avesse interesse a spargere l’informazione del suo ricovero, altrettanto non si poteva dire per la ragazza, specie dal momento che aveva tranquillamente ammesso di volerlo fare soffrire. Shinra sapeva di non essere nella posizione per poterla trattenere, ma le aveva comunque chiesto di non rivelare la notizia a nessuno e, cosa importante, di non andarsene.
Perciò da quella notte aveva alloggiato in una delle stanze dell’improbabile appartamento, adibita a camera da letto, controllata da Emilia e Shingen. Durante l’operazione di Izaya non si era mai allontanata dal soggiorno; aveva finito per resistere sveglia per più di trentacinque ore ed una volta crollata per la stanchezza Celty l’aveva portata a letto, dove aveva riposato per tutto il resto del giorno (poteva dirlo perché avevano lasciato casa di suo padre ad un’ora abbastanza tarda). Ma di certo nessuno poteva intimarle niente, non credeva che quella quiete sarebbe durata a lungo…
«È prontooo!», cinguettò Emilia dai fornelli, «Coraggio, bisogna mangiare per restare in forze!». Nell’aria si era sparso un buon odore di verdure stufate e carne. «Caro, smettila di giocare con quelle ombre e vieni qui! Qualcuno vada a chiamare la nostra ospite, per cortesia».
Shingen borbottò qualcosa mentre si liberava maldestramente dal groviglio di lacci oscuri: «Mah, tesoro, ormai sono ore che è uscita, io direi di incominciare senza di lei».
Shinra sgranò gli occhi, e Celty… be’, se li avesse avuti, avrebbe fatto la stessa cosa.
«Come?».
Ecco, appunto.
«Ma sì, ha detto che sarebbe andata a recuperare delle cose a casa sua. Ma ormai saranno quattro ore che è via, a stare larghi, credo ne avrà ancora per un bel po’–».
Celty era scattata addosso a lui scuotendolo per una spalla, nell’altra mano reggeva il telefono: “Ma noi siamo qui da quasi TRE ORE! Quando pensavi di dircelo?!?”.
Shingen alzò le mani: «Ma appunto in tre ore non avete mai chiesto di lei, pensavo non vi importasse!».
Celty fumò con furore e digitò velocemente un'altra nota: “E non ha detto dove sarebbe andata?!”.
«Ehm, l’ho detto, “a casa sua”… ovunque si trovi!».
La Dullahan si arrese e lasciò la presa su Shingen, facendo cadere le spalle, sconsolata. Era irrecuperabile.
Shinra sospirò: «Non importa, Celty. Non potevamo certo trattenerla con la forza, presto o tardi se ne sarebbe andata. Certo, non immaginavo una cosa così alla luce del sole…».
“Shinra”, lesse sul telefono che la Dullahan gli stava mostrando, “l’hai detto tu che ha apertamente ammesso di voler vedere Izaya soffrire. Chissà a chi potrebbe rivolgersi” – si corresse – “a chi potrebbe già essersi rivolta!”. E aggiunse poi: “Non è possibile spostarlo?”.
Rispose Shingen: «Tecnicamente si, ma…» – si sistemò il camice stropicciato – «… trasportarlo insieme agli agganci per le flebo e il resto… senza contare poi che è fondamentale che il gesso alle braccia resti immobile, ci vorranno un sacco di ore».
La Dullahan ruotò nuovamente verso di lui e anche senza un’espressione facciale si capiva benissimo che aveva intenzione di caricarlo come un toro.
«M-ma perché gli spostamenti devono essere fatti delicatamente o l’operazione non avrà successo!».
«Celty…», iniziò con cautela il dottore più giovane, «sinceramente non credo che quella ragazza sia potenzialmente pericolosa. Se fosse veramente andata da qualcuno adesso ce lo troveremmo già qui. Anche se dovesse arrivare un gruppo di yakuza, ad esempio, abbiamo comunque te ed Egor, anche se è una prospettiva che non –».
“Non sto pensando alla yakuza”, lo interruppe la motociclista senza testa: “Lei ha visto lo scontro tra Shizuo e Izaya. Voglio dire, conosce Shizuo. Credo che sia lui che sta cercando e, se così fosse… è lei ad essere in pericolo”.
Shinra lesse silenziosamente e annuì. Effettivamente era passato troppo poco tempo dagli ultimi scontri per poter essere sicuri che Shizuo Heiwajima fosse, come dire… meno suscettibile. Meno facilmente irritabile. E una ragazza sconosciuta, che subito tornava a parlargli di Izaya, con addosso perfino il suo odore… Sì, non potevano essere sicuri che l’avrebbe lasciata finire di parlare, o quantomeno ascoltata. D’accordo che dopo la faccenda di Saika aveva fatto numerosi progressi nel controllare la sua violenza, ma erano stati mesi duri per tutti.
«Hai ragione, Celty, ma… Un momento, cosa vuoi fare?».
La Dullahan intanto aveva raccolto il suo casco e chiuso del tutto la zip della tuta color pece. I suoi gesti lasciavano una scia di ombra grigiastra (che il giovane dottore sapeva equivalere ad uno stato d’animo ansioso). Fece scivolare il suo cellulare dalla manica e scrisse: “La vado a cercare, è ovvio”.
Shinra trovò straordinario che in una situazione del genere Celty riuscisse a preoccuparsi per una ragazza che aveva appena conosciuto e che, inoltre, al momento rappresentava un pericolo alla loro sicurezza. Era davvero di buon cuore.
La motociclista senza testa, indossato il casco, toccò con la fronte quella del suo amato e in un turbine di vapori neri uscì dall’appartamento.
 
Il silenzio non durò affatto, perché Shingen scoppiò subito in una risata sinceramente divertita: «Che sorpresa quella Celty! Mi aspettavo che proponesse di lasciare il corpo di Izaya fuori dalla porta per ogni eventuale attentatore!».
Shinra rise scuotendo la testa, reso caldo dalla consapevolezza di amare una donna fantastica.
«Quindi ora ci siamo solo noi tre?», rifletté Emilia ad alta voce, osservando la grande quantità di cibo preparato: «Uhm, così andrà tutto a male… Chiamo Egor perché si unisca a noi, che ne dici, caro?».
Mentre Shingen convenne con euforia, Shinra fece abilmente leva sulla gamba in buono stato per abbandonare il soggiorno e non dover assistere alle effusioni di suo padre e della sua giovane matrigna.
Non avendo altro da fare che attendere, si diresse nuovamente nel corridoio quasi del tutto immerso nell’oscurità, ad osservare dalla porta dischiusa l’amico per il quale si stava prendendo tanto disturbo.
Respirò con lentezza reggendosi alla stampella sotto al braccio.
Izaya sembrava ora del tutto sotto l’effetto dei farmaci. Una figura nera, immobilizzata per via dei gessi, i cui valori vitali erano testimoniati da due macchinari lampeggianti, che illuminavano l’oscuro interno della stanza con luci elettriche verdi e rosse. Per istanti brevissimi le due intermittenze coincidevano ed erano sufficientemente luminose da rendere possibile distinguere il volto dell’informatore.
«Non dovresti stare fermo in piedi a lungo, non ti fa bene». La voce solitamente vivace di Shingen arrivò bassa e piatta alle sue spalle.
Shinra si voltò verso di lui sorridendo: «Lo so, fino a prova contraria sono un medico anche io…».
Si fece poi più serio: «Papà, vuoi dirmi perché hai mandato via la ragazza?».
Shingen restò interdetto per un secondo – o così percepì il figlio dal suo linguaggio del corpo, visto che il volto era coperto dalla maschera antigas.
Doveva porgli quella domanda faccia a faccia. Non poteva credere che la ragazza avrebbe potuto lasciare l’appartamento senza il benestare di suo padre. Anzi, quasi sicuramente era stato proprio lui a convincerla ad andarsene… o a forzarla. Shinra sentiva la tensione legarsi anche al suo corpo, almeno finché Shingen non emise un clamoroso sospiro.
«Non ti si può nascondere proprio niente, eh?», rise piano, grattandosi la testa.
Il figlio incalzò: «Ormai ti conosco. Che cosa pensi di fare? … Vendere Orihara, per caso?».
«Eh? Ma ti pare una cosa nel mio stile? Non mi interessa di quel ragazzo – non più per motivi personali, almeno. Diciamo che… ho una videoconferenza che non ho potuto rimandare».
Shinra annuì e aggiunse: «Immagino abbia a che fare con la testa di Celty».
«C-CHE?!», Shingen scosse la testa: «Ma come –».
«Ho solo intuito che non volessi Celty qui. Ora sputa il rospo».
Il dottore alzò lo sguardo verso l’alto e il profilo della maschera antigas si stagliava contro la luce che proveniva dal soggiorno. Per un attimo ebbe dello spettrale.
«Ah, mio caro Shinra, sono passati i bei tempi in cui potevo raccontarti tutto senza ricorrere a dei sotterfugi…», mise le mani sui fianchi, e scosse la testa, nostalgico.
«La testa in questo momento è all’ufficio di ricerca principale a Chicago. Sovrintendo tutti gli studi in quel settore e ho organizzato il trasporto. A breve dovrei appunto essere in videoconferenza la sede per avere le informazioni e organizzare le direttive… E la tua ragazza diventa curiosamente sensibile quando si parla della sua testa. Non era niente che potessi fare da qualche altra parte, ma se me ne fossi andato avrebbe potuto sospettare qualcosa… sai, essendo l’unico medico utile nei paraggi per il tuo amico», il tono di voce si fece più squillante: «E adesso che ci siamo, sappi che mi ha ferito molto perché quella sera mi è passato davanti ignorandomi completamente!», disse, agitando un dito.
Shinra ignorò l’ultimo commento. Ecco, ecco, sentiva che presto sarebbe diventato di nuovo un cattivo. Aveva fatto bene a chiedere a suo padre, e ora che sapeva la verità sull’ubicazione della testa di Celty… no, non c’era necessità che lei lo sapesse, vero? O quantomeno che lo sapesse subito
Sì, stava già commettendo un’altra cattiveria. La ricerca della Dullahan non era terminata e lui temeva terribilmente quel momento, anche se Celty aveva promesso che sarebbe rimasta con lui per sempre.

Ma dopotutto c’erano altre urgenze, in quel momento, vero? Poteva benissimo dimenticarsene, sarebbe stato normale, giusto…?
Shinra abbassò gli occhi. Suo padre lo conosceva troppo bene per sapere che non le avrebbe rivelato nulla. Sicuramente era per questo che aveva ammesso tutto molto velocemente.
Conclusa bizzarramente la confessione con quell’aneddoto superfluo, Shingen inizialmente fece per andarsene, ma si bloccò dopo un solo passo: «Ah, adesso che ci penso, Shinra, ci sarebbe anche un’altra piccola cosuccia…».
Il dottore sopracitato attese con un’espressione interrogativa.
«Ho assoldato Namie Yagiri per conto della Nebula. Penso di affidarle gran parte delle ricerche sulla testa, visto che ha già accettato. Il problema è che questa casa diventerà presto molto affollata».
Shinra sospirò seccato: «Vorrà dire che mi toglierò questa fasciatura al braccio e ce ne andremo così non sarò costretto a fare il finto tonto con Celty solo per farti divertire».
Shingen rise e il suono si sparse attutito dalla maschera antigas: «Figliolo, che ne sapevo che si sarebbe presentato un tuo amico in fin di vita? Certo il destino fa strani scherzi. A proposito, è necessario che la nostra ospite non sappia di lui?».
Shinra rifletté, allontanandosi dalla stanza dove si trovava l’informatore: «Non penso faccia differenza, sarebbe stupido fingere di starci occupando di qualcun altro. Tra l’altro, non credo abbia particolari conti in sospeso con Orihara, dopotutto tutto ciò che le importa è la testa di Celty…».
“E suo fratello minore”, aggiunse mentalmente.
«Piuttosto, papà», riprese il discorso, «dove si trova la ragazza? Sta bene?».
Stava già pensando a come Celty avrebbe finito per sentirsi inutile e sconsolata nel caso l’avesse trovata in fin di vita, impossibilitata ad aiutarla.
«Oh, ma certo! È con Egor. Ah, be’, ora non più, immagino. Gli ho dato disposizioni poco fa perché la lasciasse sola e venisse a cena con noi! Almeno la tua Dullahan la troverà a piede libero ad Ikebukuro».
Shinra non commentò quanto fosse palese che Shingen volesse soltanto fare perdere a Celty più tempo possibile, né il fatto che suo padre non stesse affatto prendendo la situazione sul serio. Ormai il “danno” era fatto e Shinra non aveva idea di dove si trovasse la ragazza, dato che non poteva più nemmeno contare sul rintracciare Egor per restringere il campo di ricerca.
Nonostante tutto mantenne il sangue freddo: preoccuparsene non avrebbe aiutato; in più, prima Celty fosse riuscita nel suo intento, prima avrebbe rischiato di sentire Shingen Kishitani dare disposizioni sui metodi conservativi della sua testa.
Sospirò.
I due si accinsero a tornare nel soggiorno. Il buon profumo delle pietanze preparate da Emilia si stava lentamente spandendo anche nel corridoio.



***
Angolo dell'autrice:
Ebbene sì, non resistevo e ho pubblicato subito. La mia simpatia per Shingen è ai minimi storici, ma spero comunque di non essere andata troppo OOC. Grazie a chiunque spenderà del tempo leggendo questa storiella!
   
 
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