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Autore: Stria93    07/10/2019    4 recensioni
Raccolta di One-Shots, più o meno brevi, a tema Aziraphale/Crowley ispirate alle canzoni dei Queen.
[...]
11 - Pain is so close to pleasure..........21 - I'm going slightly mad............31 - Funny how love is
12 - Somebody to love......................22 - Let me live............................32 - '39
13 - Good old fashioned lover boy.......23 - Hammer to fall......................33 - Radio Ga-Ga
14 - Don't try suicide.........................24 - Innuendo (Halloween shot).....34 - Brighton Rock
15 - Delilah......................................25 - Ride the wild wind..................35 - You take my breath away
16 - You're my best friend..................26 - You and I (Halloween shot)
17 - A kind of magic.........................27 - Made in heaven
18 - One vision................................28 - Jealousy
19 - Killer Queen..............................29 - A winter's tale
20 - Back chat.................................30 - You don't fool me
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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hammer



What the hell we fighting for?

Just surrender and it won’t hurt at all

You just got time to say your prayers

While your waiting for the hammer, to hammer to fall



Hammer to fall, Queen, 1984




La battaglia era cessata. Era finita, e i Ribelli avevano perso.
L'angelo dai capelli rossi se ne stava in ginocchio tra gli altri sconfitti, il capo chino, gli occhi smarriti accecati dalla luce purissima che splendeva su di loro non come un segno di benedizione ma piuttosto come un terribile presagio. Sentiva i suoi compagni di sventura agitarsi e tremare al suo fianco ma non provava la minima solidarietà.
Gli angeli che li avevano combattuti, guidati dall'Arcangelo Michele, si ergevano in piedi intorno a loro e li circondavano, chiudendoli in un anello serrato dal quale facevano piovere sguardi di granito e biasimo verso quei dieci milioni di traditori che si erano lasciati incantare dalle lusinghe blasfeme di Lucifero e dalla sua smisurata ambizione di elevarsi al di sopra di tutti loro, equiparandosi all'Onnipotente.
Ah, sciocchi! Nessun angelo avrebbe mai ottenuto un tale privilegio. L'Altissimo era l'essenza stessa della Perfezione inarrivabile, della Potenza creatrice che permetteva l'esistenza di ogni cosa, compresa la loro. Egli aveva creato gli angeli, e ora i Suoi stessi figli Gli si erano rivoltati contro, nel vaneggiante tentativo di essere come Lui, di appropriarsi indebitamente dei Suoi diritti ed eguagliarLo nei Suoi poteri, nella Sua infallibilità e onniscenza.
L'ambizioso Lucifero era stato incatenato e trascinato davanti al gruppo, lasciato solo a fronteggiare la luce che si faceva sempre più intensa e vicina, la schiena curva e l'aria rassegnata, spezzata. Il rosso lo vide fremere di terrore mentre la sua esile figura veniva inondata di quel bagliore folgorante che pulsava di collera.
Tutto ciò era tristemente ironico: Lucifero, letteralmente “Colui che porta la Luce”, ora ne era sopraffatto e atterrito. Un tempo il più bello, il più risplendente, il Serafino prediletto del Paradiso si trovava adesso in ginocchio, le ali sanguinanti, le vesti lacerate e l'aspetto stravolto, quasi restio a credere che tutto ciò stesse succedendo proprio a lui.
L'angelo dalla chioma di fiamma si guardava intorno freneticamente con gli occhi sbarrati, come se sperasse di individuare una fortuita, quanto inesistente, via di fuga.
Cosa ci faceva lì? Com'era possibile che un'innocente chiacchierata con Lucifero, un normalissimo quanto sano scambio di opinioni, l'avesse trascinato sul campo di battaglia, bersaglio delle armi impugnate dai suoi stessi fratelli, da coloro che, fino a un attimo prima, avevano rappresentato la sua famiglia, la sua stirpe, i suoi simili? Cos'aveva fatto di tanto grave per essere ora additato come feccia, traditore, sovversivo? Porsi delle domande, dubitare, voler conoscere l'inconoscibile costituiva veramente un Male così grande? Per questo lo stavano condannando? A causa della sua sete di sapere e della sua propensione al dubbio?
Ma la sequela di interrogativi dell'angelo, destinati con ogni evidenza a rimanere senza risposta, venne bruscamente troncata dalla voce incorporea e tonante di Dio che si levò dalla luce e parlò col timbro più duro e grezzo che ciascuno di loro avesse mai udito, scevro di ogni grazia, di ogni promessa di perdono o redenzione.
Pronunciò invece sentenze di rimprovero, delusione, amarezza e, ad ogni frase perentoria, pareva che la figura di Lucifero si accasciasse un po' di più a terra, come se quelle fossero state non già parole, ma pesanti macigni che gli venivano posti sulla schiena, prosciugandolo di ogni energia residua.
Il discorso si faceva sempre più inclemente, la voce stentorea dell'Onnipotente si levava con sempre maggior impeto, furore, ira, indignazione.
I Ribelli iniziarono a gemere e si portarono le mani alla testa, nel tentativo di scacciare quel suono assordante, di mettere a tacere l'insostenibile baccano che ricordava loro la colpa vergognosa di cui si erano macchiati.
Anche il rosso emise un lamento disperato. - No, no, no! Perché mi state facendo questo? Perché? Che cosa ho fatto per meritarmelo? Che cosa ho fatto?! Ditemelo! -
Gli angeli intorno a loro non sembravano risentire minimamente di quel frastuono. Si limitavano a mantenere quella sembianza imperturbabile, glaciale e sprezzante. Nessun aiuto sarebbe giunto da parte loro; nessuna misericordia, nessuna compassione li avrebbe mossi in soccorso degli insorti, che un tempo chiamavano fratelli e che ora ripudiavano.
La collera divina stava raggiungendo l'apice, l'angelo dai capelli rossi poteva sentirlo: presto la punizione dell'Onnipotente si sarebbe abbattuta su di lui e si sentì afferrare da un panico raggelante che non aveva mai conosciuto prima di allora e che mai avrebbe potuto dimenticare nei millenni a venire. Da un momento all'altro, il Martello avrebbe colpito.
Ormai la luce era così intensa da non riuscire a scorgere quasi nulla intorno a sé, ad eccezione di un'unica sagoma: un angelo dai corti capelli biondi chiarissimi in piedi poco distante da lui che impugnava una spada di fuoco e guardava il gruppo di traditori con un'insolita espressione ambigua. Disagio, forse? Dispiacere?
Proprio in quell'istante, il biondo diresse provvidenzialmente lo sguardo verso di lui e intercettò i suoi occhi verdi imploranti e grandi di terrore.
- Aiutami. - sussurrò il rosso con la voce ridotta a un flebile gemito. - Aiutami, ti supplico. -
Forse fu solo la sua disperazione che lo indusse in una vana illusione, ma egli credette di veder balenare un lampo di pietà nelle iridi cristalline di quell'angelo che, malgrado la spada di fuoco che ardeva minacciosamente nella sua mano, emanava un'aura pacifica, lontana dalla bellicosità che invece sembrava caratterizzare i suoi compagni d'armi.
E poi accadde. Il baratro si aprì sotto i Ribelli, inghiottendoli tra le proprie fauci oscure. Ci furono strepiti, grida di orrore, preghiere di perdono tanto appassionate quanto inutili.
L'angelo dai capelli rossi emise un urlo terribile che andò a confondersi con gli altri in una cacofonia agghiacciante. Un coro di dieci milioni di voci che, all'unisono, intonavano il canto di un'agonia straziante, di una ferita sempiterna che non avrebbe mai smesso di sanguinare.
Precipitava a una velocità indicibile, incalcolabile, trascendente ogni legge della fisica. Sembrava che la Caduta non dovesse mai avere fine.
A un tratto avvertì una sensazione di dolore bruciante e si accorse di essere circondato da fiamme altissime. L'etere stesso attraverso il quale stava Cadendo sembrava essersi fatto incandescente. Il fuoco lo lambiva, lo mordeva, lo feriva senza requie; riscriveva ogni sua cellula, annientava ciò che era per trasformarlo in qualcosa di completamente diverso. Forse sarebbe stato meglio arrendersi e lasciare che il rogo lo divorasse, consumandolo fino all'ultimo brandello della sua anima squarciata; forse avrebbe sofferto meno e tutto sarebbe finito più in fretta.
Non c'era nulla che egli potesse fare, tranne continuare a gridare con quanto fiato avesse in gola, ben consapevole che nessuno l'avrebbe mai udito...


- Crowley, caro. Crowley, svegliati! Per l'amor di Qualcuno, svegliati! -
Il demone spalancò gli occhi e la visione della Caduta nel fiammeggiante abisso infernale svanì, sostituita dall'immagine di Aziraphale chino su di lui con l'aria preoccupata e una mano posata delicatamente sulla sua spalla.
- A... angelo? - esalò, il respiro affannoso, ancora profondamente scosso dalle vivide impressioni dell'incubo.
Aziraphale prese una sedia e sedette di fronte a lui, spostando la mano dalla spalla del demone al suo ginocchio in un gesto amorevole e tranquillizzante.
- Va tutto bene, caro. Ti sei appisolato e hai fatto un brutto sogno. È finita adesso. -
Crowley si accorse di aver istintivamente artigliato le dita ai braccioli della poltrona sulla quale si era assopito; vi aveva conficcato le unghie fino a farsi sbiancare le nocche come se, nel suo sonno agitato, a un certo punto avesse avvertito la necessità di aggrapparsi a qualcosa di solido che potesse arrestare il suo precipitare.
S'impose di rilassare i muscoli della mano e lasciò la presa, dopodiché gettò un'occhiata febbrile intorno a sé e riconobbe il famigliare e caotico arredamento della libreria di Aziraphale.
Quel pomeriggio era passato a trovarlo in negozio ma l'angelo era impegnato con un cliente e così Crowley si era seduto nel retro ad aspettare che si liberasse per scambiare quattro chiacchiere. Aveva abbassato le palpebre per qualche secondo e doveva essere scivolato nel sonno senza neanche accorgersene, quella maledetta poltrona era così comoda!
Realizzò con orrore che gli occhiali scuri gli erano scivolati di traverso, lasciando scoperti gli occhi serpenteschi che, immaginava, in quell'istante dovevano essere uno specchio riflettente sgomento e angoscia.
Si affrettò a rimetterseli a posto, prima che quel senso di sgradevole nudità potesse metterlo ancora più a disagio e, nello sfiorarsi la pelle, si rese conto di avere il volto madido di sudore gelido. Maledizione!
Era consapevole della mano calda di Aziraphale ancora appoggiata con garbo sul suo ginocchio e anche dello sguardo ansioso con cui lo stava scrutando, ma, per quanto la sua presenza gli fosse di conforto, non era sicuro di volersi mostrare tanto vulnerabile di fronte all'amico.
Crowley cercò di assumere una posizione più dignitosa tra i vaporosi cuscini della poltrona, curandosi di non incrociare lo sguardo ancora fastidiosamente allarmato di Aziraphale e pensando ad una qualsiasi frase che potesse far cessare quel silenzio insopportabile e alleggerire l'atmosfera tesa, ma l'altro lo precedette. - Ti senti bene? Sei così pallido. -
Crowley sbuffò. “No, angelo! Non mi sento bene! Ho appena rivissuto in sogno il tremendo istante della mia dannazione eterna e la Caduta in quell'orribile pozzo di zolfo. E dopo millenni mi sembra ancora di essere lì, come se si ripetesse tutto quanto da capo. Quindi no che non sto bene! Non sto bene affatto!”
Invece, il demone si appellò a tutta la sua capacità di autocontrollo e al suo sangue freddo di serpente e scosse una mano con fare seccato. - Sì, sì, angelo, sto benissimo. Non serve che tu mi guardi in quel modo. Era solo uno stupido sogno. Niente per cui valga la pena fare tante storie, davvero. -
Crowley sperò con tutto il cuore che Aziraphale non si fosse accorto del tremito che gli intaccava la voce, minando di molto la credibilità delle sue asserzioni che altro non erano se non un mucchio di spudorate bugie.
- Che cosa stavi sognando, caro? Vuoi dirmelo? - chiese l'angelo, gentilmente.
Malgrado la situazione per nulla confortevole, il demone apprezzò quella sua vena discreta: Aziraphale non gli stava imponendo nulla, si era offerto semplicemente di ascoltarlo nel caso avesse deciso di esternare lo spiacevole ricordo onirico e condividerlo con il suo migliore amico... e la cosa strana era che ne aveva davvero voglia. Per una volta, aveva desiderio di confidarsi, di togliersi quel peso dal petto, di rendere egoisticamente partecipe l'angelo delle sue sofferenze.
Non era cosa rara che il ricordo della Caduta tornasse a perseguitarlo in sogno, ma, solitamente, quando ciò accadeva, Crowley si risvegliava di soprassalto nel suo letto, troppo grande per lui, completamente solo e tutto ciò che poteva fare era rimanere disteso al buio, in attesa che il batticuore si placasse e il respiro affannoso rallentasse per tornare alla normalità. Ma quel giorno poteva scegliere, non era costretto ad affrontare in solitudine quel gigantesco spettro di paura e dolore che periodicamente tornava a fargli visita. Non necessariamente.
Aziraphale aspettava paziente che l'amico giungesse a una decisione. Capiva che era combattuto. Non l'avrebbe forzato a raccontargli in cosa consistesse l'incubo che l'aveva tanto sconvolto, ma sperava davvero che Crowley optasse infine per metterlo a parte dei suoi tormenti. Quantomeno, avrebbe potuto tentare di fare qualcosa per confortarlo, qualunque cosa pur di vedere attenuarsi quella pena e il panico abbandonare i suoi occhi.
Il demone sollevò uno sguardo esitante verso l'amico in una muta domanda; voleva accertarsi che Aziraphale fosse davvero convinto di voler prendere su di sé parte del dolore che lo mordeva con ferocia dopo ciascuna di quelle orribili esperienze. L'angelo intuì il silente interrogativo e annuì, incoraggiante.
Crowley inspirò a fondo, come a voler trarre dall'etere la forza necessaria a convertire in parole le immagini terrificanti che ancora gli invadevano la mente.
- La Caduta, angelo. È sempre la Caduta. Ogni dannata volta. -
Aziraphale non disse nulla e, dopo aver preso un altro lungo inspiro, il demone riprese. - Siete tutti lì, voialtri, in piedi intorno a noi inginocchiati e stretti gli uni addosso agli altri. Ci fissate in un modo che mi fa sentire di pietra, mentre mi domando come accidenti sia possibile che io sia finito in quella situazione. E poi l'Onnipotente che parla con una voce più dura del marmo, più fredda del ghiaccio, la luce che si fa sempre più accecante, e infine il baratro che si apre sotto di me, l'abisso che mi inghiotte e il fuoco che mi divora l'anima, che mi brucia le ali e le annerisce, riducendole in cenere... -
Crowley scoprì di non poter proseguire oltre; la voce gli si spezzò, le parole bloccate da un nodo alla gola che gli impediva di continuare a parlare. Avvertì la stretta della mano di Aziraphale farsi più forte sulla sua gamba e vide le iridi celesti dell'angelo incupirsi, come se dietro di esse fosse calato uno schermo opaco.
- Mi dispiace tanto, caro. - esalò. - Se solo a quel tempo avessi potuto fare qualcosa... -
Crowley scosse la testa seccamente e proruppe in una risatina amara. - Non avresti potuto fare proprio niente, angelo. Nessuno avrebbe potuto. -
Un velo di dolore oscurò il volto di Aziraphale e Crowley si pentì all'istante dell'asprezza con cui gli si era appena rivolto.
- Senti, - cominciò, addolcendo il tono di voce. - anche se avessi voluto aiutarmi, non ti sarebbe stato permesso. Con ogni probabilità, saresti stato dannato anche tu. -
- Forse sarebbe stato meglio così. Saremmo stati insieme. Ci saremmo presi cura l'uno dell'altro. - sbottò l'angelo con voce roca e appassionata.
A quel punto, Crowley scattò in avanti con un movimento fulmineo degno del serpente che era stato, gli afferrò i lembi della giacca con le mani tremanti e si portò il viso di Aziraphale a un soffio dal proprio. Poteva scorgere il suo riflesso in quelle pupille circondate di limpido azzurro.
- Non dirlo mai più, angelo! Mai più! - scandì, digrignando i denti, le labbra contratte in una smorfia di rabbia mista a orrore. - Tu non hai idea di cosa sia stato per me. Non sai cosa voglia dire Cadere e prego chiunque Lassù e Laggiù che tu non debba mai scoprirlo. Sarei distrutto alla sola idea che tu possa patire la stessa sorte toccata a me, quindi non provare mai più a sparare certe stronzate! -
Il demone lasciò andare Aziraphale con malagrazia, quasi respingendolo lontano da sé, dopodiché si accasciò sulla poltrona con un sospiro esausto e si passò una mano sul volto, cercando di arrestare il tremore che lo scuoteva da capo a piedi. Quello sfogo, unito all'esagitazione del sogno, l'aveva provato pesantemente.
L'angelo rimase ammutolito per qualche secondo, tenendo lo sguardo basso e riflettendo con mestizia su ciò che Crowley gli aveva appena rivelato, forse lasciandosi sfuggire anche più di quanto avrebbe voluto.
Che gli piacesse o no, era la triste verità. Non poteva conoscere nel dettaglio ciò che l'esperienza della Caduta avesse significato per il demone. Era una parte della sua esistenza dalla quale egli sarebbe sempre stato escluso e non poteva arrogarsi il diritto di stabilire che, se fossero stati dannati entrambi, le cose sarebbero state più semplici. La reazione grave ed esasperata di Crowley gli aveva fatto comprendere quanto quell'esternazione fosse suonata stupida e incosciente da parte sua, e se ne vergognò profondamente.
- Hai ragione. - iniziò, sollevando gli occhi e tornando a guardare il suo migliore amico ancora sprofondato tra i cuscini e pallidissimo, come un malato privo di forze. - Sì, all'epoca mi sarebbe stato impossibile impedire ciò che ti è accaduto, e purtroppo non ho il potere di cambiare il passato e far svanire i ricordi dolorosi. - fece una pausa prima di riprendere a parlare infondendo una potente carica di decisione alle sue parole risolute. - Ma non vuol dire che non possa fare qualcosa adesso. -
Il demone lasciò ricadere la mano che gli nascondeva parte del viso e lo guardò, stupito. - Che cosa? -
Aziraphale gli rivolse un sorriso infinitamente dolce. - Posso esserci per portare insieme a te questo fardello. Posso ascoltarti, posso alleviare il tuo tormento, anche se in minima parte. Per esempio, adesso potrei cominciare col prepararti una bella tazza di cioccolata calda. Lo sanno tutti che il cioccolato aiuta a scacciare il dolore e la tristezza, come in quel libro, ricordi? Quello con il mago con gli occhiali e la cicatrice... -
Crowley inarcò un sopracciglio. - Vuoi dire Harry Potter? -
- Esatto! - confermò l'angelo, sforzandosi di adottare un atteggiamento allegro, mentre trafficava con un pentolino di latte ai fornelli e tirava fuori dalla credenza una busta di cioccolata alla nocciola. - Ricordo di un passaggio in cui arrivano queste creature mostruose, questi vampiri della felicità... oh, come si chiamavano? I disseccatori? No, i dissodatori... -
Il demone non poté fare a meno di sorridicchiare. - Dissennatori, angelo. Si chiamano Dissennatori. -
- Proprio quelli. - affermò l'amico, armandosi di un cucchiaio di legno col quale iniziò a mescolare la cioccolata.
Crowley scosse la testa senza smettere di sorridere: Aziraphale si stava davvero impegnando per fargli ritrovare il buonumore. Ciò che lo sorprendeva di più, era che i suoi tentativi stessero funzionando sul serio.
Il gelo rimastogli incastrato nel cuore si stava pian piano sciogliendo, l'angoscia recedeva, le visioni spaventose del sogno venivano scalzate e soppiantate da quella del suo migliore amico impegnato a preparargli la cioccolata mentre fingeva di non ricordare il termine esatto di un libro al fine di distrarlo e risollevargli il morale.
Quando Aziraphale gli porse la tazza colma fino all'orlo di cioccolata fumante, Crowley gli regalò un sorriso grato che valse tutta la riconoscenza che non sarebbe mai riuscito ad esprimere a parole.
Si irrigidì quando l'angelo gli depose una mano tiepida sulla guancia ancora umida di sudore freddo, e forse anche di lacrime sfuggitegli dalle palpebre durante il sonno, ma non si sottrasse a quel contatto, lo accolse invece con indescrivibile sollievo.
- Non devi più affrontare tutto questo da solo, caro. - mormorò Aziraphale. - D'ora in poi ci sarò io. Ci sarò sempre per te. -






Nota:

Per quanto abbia cercato di documentarmi, non ho trovato nessuna narrazione particolarmente dettagliata della Caduta di Lucifero e degli angeli Ribelli. Teoricamente, dovrebbero essere entità incorporee quindi la questione dell'aspetto fisico, del sangue, delle ferite e tutto il resto non avrebbe senso; ma sarebbe stato troppo complicato presentare la situazione in questo modo quindi ho preferito scrivere come se fossero dotati di un corpo materiale, anche se non lo sono.
La rappresentazione che ho dato della Caduta è quella sognata da Crowley, che dunque è soggettiva e non è detto che corrisponda a quella “vera”.



  
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