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Autore: FatSalad    09/10/2019    2 recensioni
Bruno è un ragazzo taciturno e pratico che ha smesso da tempo di credere alle favole. Il contrario di Susanna, che quando non lavora in biblioteca si perde tra le nuvole e le parole.
A farli incontrare sono delle amicizie comuni, a farli conoscere sarà una persona molto importante per entrambi...
DAL TESTO:
«Insomma, non si vedono tanti manzi in biblioteca!»
«Come no? Vai nella sezione di scienze naturali e c'è pieno. Qualcuno è anche nella sezione dei bambini e quelli solitamente parlano, anche.»
«Ah. Ah. Diciamo gnocchi, allora?» aveva insistito Roberta agitando una mano e guardando per aria.
«Dovremmo avere una vecchia edizione dell'Artusi, per quelli.»
«Bei ragazzi?»
«Ehi, per chi mi avete preso? Di harmony ce n'è a bizzeffe!»
L'avevano punta nell'orgoglio, non aveva potuto demordere!
«Persone di sesso maschile, bella presenza e tangibili, insomma!»
«...»
“Merda... - aveva pensato allora - sono stata sconfitta dalla presenza tangibile”.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Galeotta fu la biblioteca'
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Baciare qualcuno per la prima volta è sempre una specie di miracolo,
un viaggio inebriante lungo le rapide di uno strano fiume.
P. Cameron


Era sabato e Bruno avrebbe voluto dormire tutto il giorno, se fosse stato possibile, anche perché non era riuscito a chiudere occhio quella notte. A fatica si alzò quando era già ora di pranzo, giusto perché sentiva un certo languorino. Si preparò un toast caldo e mangiò in silenzio.
Era ancora impresentabile quando nel pomeriggio sentì suonare il citofono.
«Chi è?» biascicò al citofono.
«Sono mamma, tesoro! Con una sorpresa!» la sua voce squillante lo disturbò.
Grugnì, perché non amava le sorprese.
«Bruno? Mi apri?»
Controvoglia schiacciò il tasto dell'apriporta e fece lo sforzo di legarsi i capelli prima che sua madre lo vedesse e avesse un motivo in più per lamentarsi della sua sciatteria. Era ancora in bagno quando la sentì entrare in casa con una profusione di passetti impazienti e risate. Ci mancava solo che si mettesse a parlare da sola. Altra risatina ipacciata.
Oh, no.
Non poteva essere vero.
Uscì dal bagno spaventato da ciò che poteva trovare o incontrare.
«Bruno! Guarda chi ti ho portato!» disse la signora Stefania tutta sorridente e ammiccante.
«Ciao, Bruno...»
«Ciao, ehm... Martina.»
Ecco perché odiava le sorprese.


«Come... va?» chiese Bruno giusto per riempire il silenzio, non appena sua madre li ebbe lasciati da soli, dileguandosi con un laconico “Vado a sistemare”.
Dove? Cosa? Cosa vuoi sistemare in casa mia?!” Bruno lo tenne per sé. Non era proprio dell'umore giusto per mettersi a litigare e fare una scenata di fronte a Martina.
«Bene, mi ha invitato tua madre...» disse la ragazza, come per giustificare quella vera e propria invasione dei suoi spazi, della sua calma mattutina in un giorno festivo, della sua stramaledetta privacy!
«Già.» disse Bruno, in tono asciutto.
E cosa si aspettava sua madre poi? Che avrebbe invitato la ragazza a rimanere per cena? Ma soprattutto cosa si aspettava Martina? Davvero aveva creduto di essere un'ospite gradita dopo che l'aveva trattata con maleducazione e non l'aveva più contattata? Davvero le due donne pensavano che tra loro due potesse nascere qualcosa così? Comandando a bacchetta i sentimenti? Possibile che una ragazza intelligente come lei non avesse colto l'antifona da quel loro primo incontro, avvenuto ormai diverse settimane prima?
«COSA. SONO. QUESTI?»
Le urla della madre lo fecero sobbalzare e quando Bruno si volse nella direzione della madre la vide avanzare verso di lui brandendo un reggiseno bordeaux come fosse allo stesso tempo un'arma e una disgustosa carcassa di topo.
Ah, già. Oh, bene.” pensò Bruno senza scomporsi.
«Mamma, per favore...»
«Come mai ci sono vestiti da donna ad asciugare nel tuo stendino?! Voglio una spiegazione!» il suo volto era livido, le sue labbra serrate, il cipiglio degno di Medusa e Bruno dovette ammettere che per un attimo, uno solo, la madre riuscì a farlo sentire piccolo piccolo e in colpa. Poi si ricordò che non aveva niente di cui vergognarsi.
«Cosa dovrei spiegarti?» chiese, mettendo le mani in tasca e stringendo i pugni, per riuscire a mantenere un tono calmo e civile, e non sfociare nella strafottenza, mentre avrebbe voluto urlarle che non aveva alcun diritto di intromettersi in quel modo nella sua vita e frugare nel suo bucato!
«Hai preso in giro me e la povera Martina per tutto questo tempo? Non ti vergogni?» disse con voce stridula.
Da una parte voleva dire la verità, che quei vestiti erano solo di un'amica che aveva avuto un'emergenza e che non aveva mai preso in giro nessuno, ma dall'altra parte era tentato di lasciar correre l'equivoco per liberarsi una volta per tutte di Martina e di sua madre.
Guardò di sottecchi la ragazza e le vide sul volto due occhi sgranati e intimiditi.
Poveretta, non si meritava quell'umiliazione. Perché sua madre li aveva messi in quella situazione?
«Mamma, io e Martina ci siamo visti e abbiamo concordato sul fatto che non abbiamo nulla da dirci. Quindi, per favore, smettila di fare questa scenata e di metterci in imbarazzo.» disse, con la voce più conciliante che riuscì a tirare fuori.
Sua madre parve almeno un po' colpita dalle sue parole e si rivolse a Martina:
«È così? È come dice Bruno?»
Martina aprì la bocca e la richiuse e Bruno sentì che doveva intervenire di nuovo per salvarla dall'imbarazzo.
«Mamma, ti prego, non vedi che la metti in difficoltà? Martina, è stato bello rivederti, ora, se non ti dispiace dovrei scambiare due parole con mia madre.»
Martina si morse il labbro, ma non disse niente, e dopo aver annuito colse l'occasione per fuggire da quella stanzetta carica di tensione, si dimenticò anche di salutare e sparì senza una parola.
«E chi sarebbe questa ragazza!?» gridò Stefania esasperata scuotendo il reggiseno di Susanna come se si trattasse della persona in questione. «Perché non mi hai detto nulla?»
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Bruno aveva cercato di rimanere tranquillo ed educato, ma sua madre era riuscita ad essere così inopportuna che non ce la fece più.
«Mamma! Cristo! Non sono affari tuoi! E come ti viene in mente di presentarti a casa mia con un'ospite senza dirmi niente?! Potevo essere a letto o nudo per casa! Ho 28 anni e posso fare quello che mi pare in casa mia! Non devo rendere conto a te di quello che faccio o non faccio e delle persone che invito! Smettila di voler decidere tutto per me, smettila!»
Bruno non parlava tanto, ma quando voleva sapeva tirare fuori la voce. Un vocione da baritono che unito all'espressione rabbiosa sul viso arrossato dalla veemenza ricordava spaventosamente gli orchi delle favole.
Stefania si lasciò cadere sul divano, sconvolta e lì rimase per minuti interi.
Dopo quella che parve un'eternità in cui la donna guardò nel vuoto e cercò di assorbire tutte le informazioni e le emozioni provate nell'arco di pochi minuti, disse quasi sottovoce:
«Chi è questa ragazza? Perché non mi hai detto niente? Non è una cosa seria? È rimasta a dormire da te o è solo... solo una cosa...?»
Bruno sospirò. La madre non demordeva, lui non avrebbe mai vinto quella battaglia senza uscirne stremato. Si buttò a sedere accanto alla donna e poggiato il capo sullo schienale disse guardando il soffitto:
«Non ti ho detto nulla perché non c'è niente da dire. Un'amica ha avuto un'emergenza, tutto qua. Non è successo niente.»
«Non vuoi dirmi neanche il suo nome? Roberta non è: in questo reggiseno ci entrerebbe due volte...»
«No, mamma, non ti dico il suo nome e ti ripeto che non è successo niente.»
Dopo un po' di insistenza Stefania parve convincersi della sincerità del figlio e soprattutto che lui non aveva bisogno del suo aiuto per incontrare ragazze, o almeno Bruno così sperò.
Solo quando la donna se ne fu andata una frase gli rimbalzò in testa prepotentemente: “non è successo niente”. Si massaggiò gli occhi: forse era l'unica mezza bugia che aveva detto alla madre.


Si erano baciati.
Non era una gran cosa, ma non era nemmeno “niente”, almeno non per lui. Bruno non poteva nascondere il fatto che qualche volta aveva fantasticato su un'eventualità del genere, ma certo non si era mai immaginato di baciarla (essere baciato) mentre lei era in stato semi-comatoso sul suo letto.
Forse era stato meglio così. Per quanto ci avesse pensato temeva di poter rovinare tutto se si fosse mai presentata l'occasione propizia per baciarsi. Si sentiva un po' ridicolo, ma che poteva farci? Susanna gli piaceva e voleva che il loro primo bacio (se mai ci fosse stato), fosse pefetto. Sì, era anche perché era introverso e con poca esperienza alle spalle, ma quel bacio sperato lo rendeva più nervoso di quanto non fosse stato per il suo primo bacio.
Quella volta era stato facile.
Era stato con una ragazzina più giovane di lui di qualche anno che per qualche assurdo motivo pendeva così vistosamente dalle sue labbra che solo un cieco avrebbe potuto non accorgersi del suo evidente interesse nei suoi confronti. Non era una bellezza, ma non gli dispiaceva, con quei capelli a maschiaccio, il sorrisetto malizioso e quegli occhi truccati troppo, fissi su di lui. Rideva sincera ad ogni sua battuta e lo sfiorava distrattamente ogni volta che ne aveva la possibilità, mentre lui la scrutava stupefatto di trovarla simpatica. Ad un certo punto si era deciso. L'aveva invitata a ballare e solo quando se l'era ritrovata vicina, sulla pista da ballo, si era ricordato di non saper ballare. Aveva rivolto qualche preghiera al cielo sperando di fare la cosa giusta e aveva portato una mano alla vita della ragazza. Lei si era lasciata toccare sorridendo, cogliendo l'occasione per avvicinarsi di più a lui e Bruno si era reso conto che ballare non era affatto difficile, bastava restare vicino alla dama e fingere di spostare i piedi, ondeggiando un po' in qua e là. Era ancora più semplice se lei si aggrappava al suo collo con nonchalance e si teneva stretta a lui, impedendo qualsiasi movimento più ampio, che avrebbe rotto quel piacevole contatto.
Era stato facile baciarla, quando le sue mani erano già intrecciate dietro al proprio collo, i loro corpi già così vicini e il suo sguardo palesemente incoraggiante.
Si era sentito uno schifo, il giorno dopo, quando si era guardato allo specchio e aveva capito che la ragazza non gli sarebbe mai interessata in quel senso. Era simpatica, era divertente, ma non avrebbero mai spartito altro oltre a quella sottospecie di ballo e quel bacio. Era stata una di quelle storielle estive, se una cosa del genere poteva definirsi “storiella”, e Bruno era sicuro che la ragazza non avrebbe pianto per lui, quando non l'avrebbe più rivisto. Tutt'al più avrebbe raccontanto alle sue amiche di una serata con un ragazzo più grande quando sarebbe rientrata a scuola.
Sembrava passato un secolo da quel ricordo.
Quel pomeriggio con Susi era stato tutto diverso. Aveva evitato l'iperventilazione fondamentalmente perché la ragazza l'aveva colto di sorpresa, senza dargli il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo e perché si era imposto di rimanere il soccorritore e non diventare il soccorso.
Susi aveva premuto le labbra sulle sue ed era rimasto un bacio superficiale, un assaggiarsi di labbra breve, pieno di tenerezza. La ragazza si era allontanata poco dopo, tornando ad adagiarsi sul cuscino e con gli occhi socchiusi aveva bisbigliato:
«Grazie.»


Così l'incanto era finito.
Bruno aveva capito che quel bacio era solo un ringraziamento e aveva lasciato la stanza consapevole di non desiderare le stesse cose della ragazza.
Ah, già. Lei aveva quella cotta assurda per il barista della biblioteca, biondo, bello, con un sorriso perfetto e la parlantina di chi è abituato a stare al pubblico. Che stupido ad aver pensato per un attimo di avere un posto speciale nel suo cuore.
Così, come per il suo primo bacio, si era svegliato la mattina dopo sentendosi uno schifo, con l'aggravante di sentire l'impronta di Susanna sul materasso e la consapevolezza di essersi innamorato di lei già da tempo.
La cosa peggiore era che quella sera stessa rischiava di rivederla, dato che ormai usciva regolarmente con il suo gruppo di amici e non sapeva se avrebbe retto la sua vicinanza senza lasciare andare la fantasia a briglie sciolte, verso un'illusione bellissima e pericolosa. Era tentato di mandare un messaggio ai ragazzi e disertare la serata con una scusa qualsiasi inventata su due piedi. Chi sarebbe venuto a controllare che mentiva se diceva che aveva beccato una malattia contagiosissima, per esempio? O se diceva che era stato sequestrato da sua madre? Conoscevano la signora Stefania ed era convinto che nessuno morisse dalla voglia di avvicinarla spontaneamente.
Si decise e raggiunse il cellulare per dare la notizia agli amici, ma trovò invece un messaggio minatorio di Valentina che informava tutti che quella sera non erano ammesse assenze. Il motivo? Non era meglio specificato, ma pareva che dovesse dare una notizia importante e dava appuntamento a casa sua e di Niccolò, nella quale i due convivevano da circa un anno, anziché ai soliti locali che costituivano i loro luoghi di ritrovo.
«Magari è lei che non si sente ancora bene e non si presenta...» rimuginò Bruno, evitando accuratamente di pronunciare ad alta voce il suo nome, come fosse una parola taboo.
Vana speranza.
Bruno trovò qualsiasi scusa pur di ritardare all'appuntamento, ma quando infine suonò il campanello di casa dei suoi amici erano già tutti lì, compresa lei.
Era teso e i suoi battiti acceleravano solo a sentire la sua voce, mentre Susanna sembrava tranquilla e totalemente a suo agio, ripresasi completamente dal trauma del giorno prima. Il fatto che l'avesse lasciata andare a giro senza reggiseno, che nella confusione del momento aveva buttato in lavatrice insieme al resto dei suoi vestiti, pareva non averla turbata affatto.
Bruno non riuscì a pensare ad altro se non alla sua presenza, così tangibile nella stanza, si costrinse a non guardare mai nella sua direzione, ma la percepiva alla sua sinistra, sul divano di fronte a quello su cui era seduto lui. Era così concentrato ad evitare il suo sguardo, che quando un coro di “Oh!” e “Ah!” riempì la stanza non si accorse subito di ciò che era stato detto. Si riscosse dai suoi pensieri e, sperando che nessuno si fosse accorto della sua temporanea assenza, si guardò intorno in cerca di indizi su quanto era appena successo a sua insaputa.
«E quando?» chiese Susanna con un sorriso mozzafiato rivolto a Valentina.
Accidenti! L'aveva guardata, adesso non sarebbe più riuscito a togliersi il suo volto dalla mente...
«Abbiamo fissato la data tra tre mesi, prima che si veda troppo il pancione.»
«Come?» chiese Bruno, imbambolato.
«Lo sappiamo, è difficile organizzare un matrimonio in così poco tempo, ma d'altra parte meglio ora che dopo, quando nascerà il bambino avremo altro a cui pensare...»
«Come?!» ripetè Bruno.
Tutti risero, ritenendola una battuta molto divertente, e solo a quel punto il ragazzo riuscì a distogliere per un attimo l'attenzione da se stesso, ricordandosi che c'era un mondo fuori, che ruotava nonostante lui si fosse fermato per contemplare una ragazza.


Il mio angolino:
Per quanto io programmi e faccia schemi prima di scrivere una storia è inutile: qualcosa si modifica sempre in corso d'opera. Così ho cambiato il rating... ma vabbè, poco male.
Piuttosto... avete capito quale citazione compongono le lettere che fungono da titolo dei capitoli?
A presto,
FatSalad
   
 
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