Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: __lafleurdumal    09/10/2019    0 recensioni
[COMPLETA]
|| ERERI ||
Levi Ackerman, giovane studente universitario, conosce quasi per caso Eren Jaeger ad una noiosa lezione. Da quel giorno i due diventano inseparabili, l'uno l'ombra dell'altro: il dolce sorriso di Eren riscalda il cuore di ghiaccio di Levi ed ormai quest'ultimo è ben consapevole che non è semplice amicizia quella che lui prova nei confronti del ragazzo. Ne è innamorato perdutamente e finirà con l'ammalarsi per un amore non corrisposto.
Dal testo:
"Ricordavo come da quel giorno i miei sentimenti avessero cominciato a crescere sempre più, come Eren divenne il mio centro, il mio sole, la mia felicità. Ricordavo il tepore che mi avvolgeva il cuore in sua compagnia, le farfalle nello stomaco, le mani sudate. Passavo ore intere a fissarlo, quando lui era distratto o cercava invano di apprendere qualcosa da un enorme libro: mi piaceva perdermi in ogni suo più piccolo particolare, imprimerlo bene nella mente per poi poter fantasticarci sopra quando non fossi stato in sua compagnia.
Ma tutto ciò aveva cominciato a distruggermi dall'interno, perché amavo così tanto e così incondizionatamente che ero finito con l'ammalarmi."
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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VII


Levi




Levi

Eren aveva appena confessato di provare qualcosa per me. E poi mi aveva baciato. Io ne ero rimasto confuso, stranito; non sapevo se credergli, se il suo fosse solo un disperato e goffo tentativo di farmi guarire. Eppure, le sue parole sembravano sincere, così come lo erano sembrate anche le sue labbra mentre si muovevano sulle mie.

L'avevo amato per così tanto tempo di nascosto, convinto che per me non avrebbe mai potuto provare un qualsiasi tipo di interesse che andasse oltre l'amicizia, che non riuscivo a credere a ciò che stava dicendo.

Eravamo fronte contro fronte, le nostre bocche che quasi si sfioravano, e le sue dita che accarezzavano le mie labbra: cosa sarebbe successo se avessi iniziato a prendere sul serio la sua dichiarazione? Sarei guarito? E avrei finalmente potuto avere Eren così come lo avevo sempre desiderato?

Mi alzai sulla punta dei piedi e le mie labbra incontrarono nuovamente le sue. In un primo momento, pensai che stessi sbagliando, che ciò non avrebbe fatto altro che farmi soffrire ancora, ma poi Eren portò le mani sui miei fianchi, mentre la sua bocca prendeva il sopravvento sulla mia e io sentii che non c'era niente di più giusto al mondo. Avevo aspettato tanto, mi ero addirittura ammalato durante l'attesa, ma ora tutto era al proprio posto. Eren mi sfiorava la schiena, io gli artigliavo i lunghi capelli color cioccolato. Mi sentii nuovamente bene, quasi rinato, e tutti i giorni di sofferenza che avevo passato furono cancellati. Lui era la mia cura, non solo per l'Hanahaki, ma anche a tutto il dolore che avevo patito nel non poter dar sfogo al mio amore.

«Ce ne hai messo di tempo, stupido» lo accusai. Lui mi prese un po' troppo sul serio e il suo viso s'intristì.

«Mi dispiace... io... io ti prometto che lo recupererò tutto... che...»

Scossi il capo. «Mi basta questo» e lo baciai ancora. Saggiai di nuovo la morbidezza della sua bocca, di cui non avrei più potuto farne a meno d'ora in poi. La consumai sotto la mia, reclamando e prendendomi tutto ciò che mi era stato negato fino a quel momento.

Quando ci separammo, avevamo le labbra e le gote arrossate, le iridi liquide e i cuori che battevano forti, impazziti, nei nostri petti.

Eren sorrise. E io mi sciolsi come ghiaccio al sole. «Comunque è tenero il modo in cui ti alzi sulle punte per arrivare alla mia bocca» mi portò una mano sulla testa e mi scompigliò i capelli.

Di tutta risposta, gli diedi un pugno nello stomaco (ma non troppo forte perché non volevo realmente fargli del male). «Dillo di nuovo e sei un uomo morto.»

«E poi come faresti senza di me?» mi prese in giro.

Incrociai le braccia al petto e misi su un finto broncio. «Sopravviverei.»

«Impossibile.»

E, forse, non aveva tutti i torti.

*



Eren



L'avevo stretto forte a me prima che entrasse. Ora camminavo avanti e indietro per i corridoi dell'ospedale in attesa che lui uscisse da quella stanza e mi dicesse che sì, era tutto a posto. Era passata una settimana da quando avevo rivelato i miei sentimenti a Levi e, da quel giorno, lui aveva tossito poche volte, riversando solo quelli che ormai erano petali secchi. Ne avevamo dedotto che il fiore stesse morendo, ma avevamo deciso di fare comunque una visita medica per accertarci che Levi fosse guarito.

All'inizio avevo avuto paura di essere arrivato troppo tardi e che non ci fosse alcun modo per salvarlo dell'Hanahaki, ma poi vedendo i suoi miglioramenti mi ero tranquillizzato. Gli ero stato sempre accanto durante quei giorni, riempiendolo di attenzioni e baci. Questo era un po' il mio metodo per farmi perdonare per avergli fatto tanto del male, nonostante lui continuasse a ripetermi che non ce n'era affatto bisogno.

Man mano che i minuti passavano sentivo l'ansia aumentare: e se avevamo frainteso quegli ultimi attacchi? E se Levi sarebbe morto comunque? L'avrei costretto all'operazione, in quel caso. Non m'importava che i suoi sentimenti gli sarebbero stati strappati via: io l'avrei amato per entrambi. Non avevo alcuna intenzione di farmelo portare via dell'Hanahaki.

Certo, sarebbe stato difficile e non sarebbe stato più il mio Levi, ma avrebbe vissuto. E io gli sarei stato accanto, anche se non mi avesse più voluto.

Fu mentre mi crogiolavo in tali pensieri negativi che Levi uscì dallo studio. Bloccai la mia marcia e mi voltai verso di lui. L'espressione che aveva sul volto era la solita, impassibile, illegibile. Maledissi mentalmente qual suo talento nel nascondere le emozioni, negative o positive che fossero. Ma poi mi guardò e... mi sorrise. Era maledettamente bello quando sorrideva.

«Sto guarendo» mi disse. Percorsi ad ampie falcate quei pochi metri che ci separavano. Lo abbracciai nuovamente. «La dottoressa ha detto che il fiore è quasi totalmente morto. Se vomiterò ancora qualche altra volta sarà solo per espellerlo totalmente.»

La mia mente registrò quelle informazioni: non avrei perso Levi. E non c'era bisogno di alcuna operazione. Tutto era andato per il verso giusto e, per la prima volta da quando avevo scoperto di amarlo, mi concessi di essere davvero felice. Fino ad ora, schiacciato dal peso di aver causato l'Hanahaki a Levi, non ero riuscito a godermi a pieno neanche un secondo in sua compagnia. Ma adesso era tutto passato.

«Ora potrò sostenere questa sessione, e anche la prossima. Potrò laurearmi» la sua voce era leggermente incrinata per l'emozione, «potrò tornare a lavorare in quel sudicio bar, potrò restare al tuo fianco fino alla fine naturale dei miei giorni.»

Piangemmo entrambi. Questa volta, però, non erano lacrime di tristezza: al contrario, quelle che versammo erano di gioia, di commozione.

Mentre uscivamo dall'ospedale mano nella mano e con ancora gli occhi lucidi, mi venne un'idea. «Levi... perché non partiamo? Un paio di settimane, lontano da tutto e da tutti.»

«Ti ricordo che dovremmo studiare per gli es-» cercò di ribattere, ma io lo interruppi.

«Chi se ne frega degli esami! Li recupererai a settembre, tanto tu sei in regola. Mente io... beh probabilmente non li avrei superati in ogni caso.»

Levi inarcò un sopracciglio, pronto a rimproverarmi per la mia scelleratezza. «Eren, è una pazzia. Lo sai, vero?»

«E allora fai con me questa pazzia. Torniamo a casa, prepariamo le nostre valige e prendiamo i nostri risparmi. Magari potremmo andare in Europa, che ne dici?» cercai di convincerlo.

«E come pensi di fare?»

«Andiamo in aereoporto e prendiamo i biglietti per il primo volo disponibile che troviamo» con la testa stavo già viaggiando in chissà quale posto lontano, immaginando me e lui mano nella mano in una città straniera. «Potremmo andare a Parigi, a me è sempre piaciuta. Voglio mangiare escargot e baciarti ai piedi della Tour Eiffel. Romantico, non trovi?»

Levi si portò una mano sul viso, segno della sua resa. Sapevo avrei vinto dal momento stesso in cui gliel'avevo proposto. In fondo, non era mai riuscito a dirmi di no. «Verrei ovunque con te.»

*



Alla fine trovare un volo non era stato semplice, ma ci eravamo riusciti. Avevamo avvisato i nostri amici e i nostri parenti solo poco prima del decollo. Avevo mangiato per davvero le escargot, ma avevano un sapore orribile e avevo finito col vomitatle tutte. Levi, disgustato, si era categoricamente rifiutato di baciarmi per tutto il giorno. Eravamo riusciti a visitare Versailles dopo code infinite, avevamo visto il Louvre e ammirato la famosa Gioconda, avevamo fotogafrato la Tour Eiffel di notte quando brillava di mille luci. Levi mi aveva insegnato anche un po' di francese, dato che lui lo parlava fluentemente come seconda lingua, ma tutto ciò che avevo imparato a dire era "bonjour", "oui" e... "je t'aime", dato che era ciò che Levi mi ripeteva più spesso. Avevamo fatto l'amore in Hotel più e più volte, ed era stato bellissimo.

Al nostro ritorno in patria eravamo stati messi sotto torchio da Hanji, che aveva voluto sapere tutto. E anche da mio padre, al quale avevamo avuto il coraggio di rivelare la nostra relazione. Non era andata malissimo, se non fosse stato che Grisha non mi aveva rivolto la parola per quattro giorni. Ma poi ci aveva, a modo suo, accettati.

Levi era persino riuscito a dare un esame, prendendo il massimo dei voti; mentre io ne avevo provati due, fallendo miseramente. Ma non ero per nulla scoraggiato: avrei convinto Levi a darmi qualche ripetizione, approfittandone per passare più tempo possibile in sua compagnia. Sarebbe stata una bella estate tra libri e giornate in spiaggia, finalmente insieme.

Avevamo tutto il tempo del mondo ora.
   
 
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