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Autore: NPC_Stories    11/10/2019    7 recensioni
Collezione di oneshot fantasy a tema "fairy", come indicato nella lista di Inktober che io e la mia affezionata illustratrice Erika abbiamo scelto (no, non Erika la webmaster, un'altra Erika). Io scrivo, lei disegna... speriamo di tenere il passo!
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Alcune di queste storie saranno ambientate nel nostro mondo, alcune altre nell'ambientazione del fandom in cui sono più attiva, Forgotten Realms, e altre ancora saranno ambientate in mondi di mia creazione o di fantasy generico, o parodistico.
Alcune di queste storie vi faranno ridere (spero), altre vi faranno piangere (mh, forse sto esagerando), ma in ogni caso mi auguro che tutte vi piacciano.
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Che la vostra vita possa essere piena di momenti di piccola meraviglia!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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11. Crown


Sotto-genere: lore
Ambientazione: Forgotten Realms


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Da qualche parte, una ridicola tribù di umani aveva inventato il concetto di vizio.
Era di per sé un’idea poco divertente, e allo stesso tempo molto divertente, perché gli umani condannavano certi comportamenti ma poi non potevano fare a meno di metterli in atto.
Tutto questo era estremamente spassoso, per uno come Boklop. Amava gli ossimori e i paradossi, solleticavano la sua mente da ingannatore.
Boklop era un Arcifey, un nobile del regno delle fate. A differenza di molti altri, non amava passare il tempo gironzolando intorno alla Corte Seelie o alla Corte Unseelie, perché certi giochi di potere lo annoiavano a morte.
Trovava spassosissimi i mortali, invece. Come gli umani, che stavano iniziando a sviluppare una coscienza sociale, accompagnata da ridicole regole morali. I vizi. Nessuno sapeva con esattezza quanti fossero, perché ogni filosofo o sacerdote diceva la sua. Non erano nemmeno d’accordo su quale fosse il più grave.
Boklop si divertiva a collezionare brandelli di informazioni, saltellando da una regione all’altra, ammantato della sua magia che lo faceva assomigliare a un umano.
Qualcuno diceva che il vizio peggiore fosse la lussuria. Altri, la superbia. Qualcun altro ancora obiettava che fosse la pigrizia, perché dove la mente resta in ozio c’è terreno fertile per lo svilupparsi di tutti gli altri vizi.
Il grosso folletto si divertiva immensamente ad ascoltare quelle congetture, perché lui era colpevole di cedere a quasi tutti quegli impulsi. Ma era anche abbastanza normale, per un individuo del popolo fatato.

A dire il vero, l’unico vizio che un po’ gli mancava era proprio la lussuria. Bisogna dire a sua discolpa che Boklop non aveva mai avuto molte occasioni di peccare, visto che il suo vero aspetto sarebbe stato considerato ributtante da quasi tutte le fanciulle del mondo e anche del reame fatato: alto quando un uomo ma largo almeno il doppio, la parte superiore del corpo era quella di un umanoide obeso, pallido, quasi verdastro, con una pancia prominente, il naso largo e orecchie minuscole. Al posto delle gambe però aveva delle zampe da rana, e tutto il suo corpo era completamente glabro. Non un bel vedere.
Da parte sua, Boklop non avrebbe saputo che farsene di una femmina, a meno che non fosse saltata fuori un’altra fata della sua specie… ma dubitava che ne esistessero. Non sapeva da chi era nato e perché, ma era abbastanza convinto di essere l’unico folletto-rana esistente.
Come se la sua esistenza non fosse stata già così uno scherzo della natura, Boklop era anche praticamente invulnerabile. Sembrava che la magia scivolasse come acqua sulla sua pelle viscida, la sua natura fatata gli permetteva di guarire quasi subito dalle ferite, e per di più era dotato di grande forza, agilità e intelligenza.
L’intelligenza era senza dubbio il suo maggiore pregio, o almeno così credeva lui. Forse, il suo maggior difetto era la superbia.

Per molti decenni, Boklop si accontentò di gozzovigliare fra il reame fatato e il mondo dei mortali, senza una preoccupazione al mondo. Era un Arcifey, ma non era ambizioso. La sua acuta intelligenza era temperata dal carattere giocoso e, in definitiva, molto pigro.
Ad un certo punto scoprì una regione, nel mondo dei mortali, che aveva il clima perfetto e offriva la giusta quantità di svago: una giungla tropicale ricca di insetti da divorare, fango fresco in cui rotolarsi, e simpatici uomini-serpente a cui giocare brutti scherzi.
Boklop l’Antico rimase tranquillamente a trastullarsi nel suo giardino verde, mentre intorno a lui il mondo progrediva, i millenni si fagocitavano gli uni con gli altri, nuovi popoli sorgevano e antichi popoli si facevano la guerra.
Poi gli umani arrivarono anche in quella terra sperduta.

Boklop aveva un debole per gli umani. Con quelle loro vite brevi e fameliche, erano divertenti. Ad esempio, non riusciva a capire perché avessero voluto colonizzare anche un luogo così selvaggio e pericoloso come quella giungla, facendosi strada a colpi di machete di ossidiana fra dinosauri, insetti, piante assassine e nuove razze di uomini-serpente sempre più subdoli.
Decise che li avrebbe aiutati. Gli avrebbe insegnato a sviluppare la furbizia, l’inganno e il pensiero tattico. Gli avrebbe mostrato come sopravvivere anche se erano così fragili.

Quando si mostrò a loro, divenne subito chiaro che quella popolazione primitiva aveva poca familiarità con la magia. Il solo fatto che Boklop sapesse cambiare forma colpì profondamente la fantasia di quegli uomini e di quelle donne.
A modo loro erano quasi teneri. L’Arcifey rimase accanto a loro per decenni, e i decenni divennero secoli. Gli umani, nella regione che in seguito venne chiamata Chult, non avevano vita facile; finivano sempre per diventare preda di qualcosa. Eppure gli sforzi di Boklop non furono vani, perché nel corso del tempo quella gente cominciò davvero ad affinare le proprie tecniche.
Man mano che diventavano indipendenti, il folletto si fece vedere sempre meno. Non gli piaceva molto interagire con la gente, preferiva un ruolo da osservatore. Non c’era divertimento a guardare gli umani cavarsela da soli, se poi lui truccava il gioco aiutandoli…
Gli umani, da parte loro, cominciarono a considerarlo una figura leggendaria. La lontananza fa questo effetto, alle creature dalla memoria corta.
Boklop lentamente smise di essere una figura storica, un antico maestro, e divenne un mito. Per quella popolazione umana scarna e frammentata, divenne un dio. Cominciarono a riverirlo come divinità dell’inganno, della magia e dell’abbondanza (forse a causa delle sue forme generose, forse perché gli aveva insegnato come ottimizzare le risorse di cibo).
Questa era una cosa inusuale, associare l’inganno all’abbondanza. Nessun altro dio aveva entrambe le sfere di influenza, una solitamente associata a divinità infide e maligne, l’altra a divinità bonarie e generose.
Boklop, che era un folletto, davvero non capiva perché non si potesse essere entrambe le cose.
Non gli importava di essere un dio, e non credeva di esserlo. Era una corona che non aveva mai voluto. Anzi, non aveva mai voluto nessuna corona. Era superbo, vanaglorioso, ma non avido di potere; non lo era mai stato.
Eppure, un giorno, si accorse che i suoi poteri magici stavano crescendo. Che lui stesso, in qualche modo, era cambiato. Poteva sentirlo nel suo animo: qualcuno, forse il famigerato signore degli dèi, aveva deciso che le preghiere del suo popolo meritavano ascolto. Aveva deciso che Boklop, dopotutto, aveva le qualifiche per essere un buon dio.
L’uomo-rana alzò lo sguardo al cielo terso, che si intravedeva fra le cime delle palme.
C’era davvero un dio superiore agli altri, che aveva deciso di concedergli quei poteri? Oppure erano solo leggende, ed era stata la forza delle fede degli umani a trasformarlo?
Per un momento si perse in quei pensieri filosofici.
Poi decise che non importava. Aveva una metaforica corona, anche se non l’aveva chiesta, e ora gli toccava tenersela. Con un po’ di fortuna, gli altri dèi avrebbero ignorato il piccolo idolo insignificante di una popolazione dispersa nella giungla.
L’ultima cosa che voleva era entrare in contrasto con qualche divinità più potente di lui.

Il suo stomaco brontolò debolmente, e Boklop allontanò quei pensieri cupi con una scrollata di spalle. Era il momento di cercarsi qualche insetto gigante da mangiare.

   
 
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