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Autore: g21    14/10/2019    1 recensioni
Fred e George Weasley, due gemelli nati per sorridere e portare felicità a quante più persone possibili. Protettori della felicità anche nei tempi più bui, ma quando da due ne resta uno soltanto quel sorriso sembra abbandonare per sempre il gemello rimasto. E quando la fine della guerra non è abbastanza entra in gioco forse la persona che meno ci aspetteremmo.
[Storia partecipante al contest "Due è meglio" indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Famiglia Weasley, Fred Weasley, George Weasley, Percy Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Proteggi la felicità

 


Era autunno inoltrato. Voldemort era tornato giusto un anno e qualche mese prima e Diagon Alley da qualche tempo era deserta. Certo, se non si considerava quello che poteva essere visto come l’unico negozio ancora aperto, in una sorta di calma resistenza contro tutto e tutti. Tiri vispi Weasley. Un negozio di scherzi che si ispirava senza dubbio al passato Emporio di Zonko, il negozio in cui i proprietari della nuova bottega avevano passato ore, la mente a creare scherzi via via sempre più elaborati.

I gemelli Weasley stavano sistemando le ultime cose prima di chiudere per la notte. Uno dei due ragazzi era al bancone cercando di tirare le somme della giornata, incredibilmente proficua per quei tempi bui. L’altro non riuscì ad impedirsi di guardare fuori, rientrando dal retro del negozio, l’aria più seria rispetto al fratello.

“Hai visto fuori Fred?” chiese George avvicinandosi piano al bancone.

“È proprio ora di chiudere, vero?” ribatté Fred con un sorriso.

“Certo, ma pensavo ad altro” rispose il primo incassando leggermente la testa nelle spalle.

“Ti dai a pensieri profondi? Non vorrai far chiudere anche noi!” esclamò il secondo, il tono divertito come sempre.

“Questo non l’ho mai pensato fratello” protestò il gemello serio.

“Pensavo a tutti quelli che hanno chiuso. Insomma, siamo quasi gli unici che non si sono ancora arresi all’ascesa di Voldemort” mise al corrente l’altro circa quello a cui pensava da un po’.

“Vuol dire più galeoni per noi, giusto?” chiese ironico Fred.

Non ne voleva sapere di abbandonare il sorriso e non lo avrebbe fatto tanto facilmente. Secondo il ragazzo l’unico antidoto per quei tempi oscuri erano le risate. Tutti avevano bisogno di ridere, specialmente negli ultimi anni.

George scosse la testa nel veder sorridere il gemello, venendo contagiato da quel sorriso identico che condividevano. Il ragazzo sapeva bene che era il fratello a spingere sulla storia delle risate, più di lui, e pensava che potesse far bene.

“Senti Georgie, sai cosa ripeto sempre” disse, provando a far ragionare il gemello.

“Lo so, la gente ha bisogno di ridere. Me lo ripeti quasi ogni giorno Freddie” ammise il rosso guardando il fratello negli occhi.

“Perché è quello che serve! Abbiamo scelto di non concludere gli studi, ma possiamo fare la differenza anche senza un pezzo di carta. Guarda fuori, tutto è grigio e spento” spiegò incredibilmente serio raggiungendo George al di là del bancone.

“Vuoi continuare a vivere in un mondo simile?” chiese il ragazzo senza esitare.

“Sai che non mi piace quello che sta succedendo” rispose il rosso.

“Allora abbiamo il dovere di riportare in tutto questo grigio i colori naturali. Dobbiamo proteggere quella poca felicità che ancora resiste e cercare di farla arrivare a quante più persone possibili. Anche noi possiamo fare qualcosa in questa guerra” concluse Fred senza smettere di guardare il fratello.

“Non voglio che Ron si prenda tutto il merito” aggiunse poi, il sorriso divertito che tornò a farsi vedere sul volto spensierato del giovane.

“Questo proprio non lo accetto” sbottò George iniziando a sorridere più apertamente.

“A proposito di Ron, che ne dici di un regalo di Natale in anticipo?” chiese il gemello avviandosi verso la porta del negozio.

“Cosa proponi Freddie?” ribatté il secondo iniziando a pensare ad uno scherzo contro il fratello.

“Fuochi forsennati Weasley” rispose il ragazzo come colto da un’illuminazione.

“Così poi li userà contro di noi” commentò contrariato il rosso.

“Non se prima noi li usiamo contro di lui” puntualizzò Fred con un sorriso malandrino.

“Mi piace come ragioni fratello” ammise deciso George dando man forte al gemello.

Uscirono dal negozio sorridendo e parlando della loro attività. In mezzo a Diagon Alley si riconoscevano immediatamente. Due ragazzi forniti di capelli rossi che non accennavano a smettere di sorridere, attorno a loro il silenzio innaturale e le botteghe ormai chiuse. Sembravano in disaccordo con quell’ambiente così diverso da loro, eppure non se ne curavano.

Niente avrebbe allontanato quei sorrisi dai gemelli Weasley, erano nati per portare felicità attorno a loro e non avrebbero mai smesso.



 

Poi arrivò il 2 Maggio 1998. Una data come le altre secondo alcuni, un punto fondamentale per il mondo magico. La battaglia di Hogwarts era imminente e nessuno sembrava intenzionato a scherzare.

“Non avrei mai pensato di trovarmi qui, alla fine di tutto” ammise George rivolgendosi al gemello, accanto a lui come sempre.

Avevano sospeso l’attività per dedicarsi alla guerra. Ad un certo punto era diventato necessario unirsi agli altri per aggiungere forze allo schieramento contro Voldemort. Così si erano dedicati all’Ordine, ma non erano intenzionati a smettere di sorridere.

“Nemmeno io, ma non è un buon motivo per diventare tristi” ribatté il fratello, il sorriso che non se ne andava.

“Di certo non viene voglia di ridere” commentò il rosso guardando il parco del castello immerso nell’oscurità.

“Sei sempre stato il più serio tra i due, non posso negarlo” disse Fred abbandonando per un momento la felicità che lo caratterizzava.

“Serve qualcuno che ti riporti con i piedi per terra” si rivolse al gemello con un sorriso nonostante non ne avesse molta voglia.

“Sono capace da solo di tornare alla realtà, grazie fratello” contestò il rosso nascondendo malamente un tono divertito.

“Ti ricordi cosa continuavamo a dire da piccoli?” chiese George portando gli occhi sul fratello.

“Che nessuno avrebbe potuto dividerci” rispose l’altro senza esitare.

“Oltre a quello?” domandò ancora il primo non contento della risposta.

“Che siamo nati per far ridere e mai avremmo smesso?” ribatté cercando di ricordare.

“E che sarebbe stato nostro compito cercare di far felice quanta più gente possibile” confermò sicuro il ragazzo.

“I protettori della felicità. Suonava bene” disse tra sé Fred, gli occhi fissi in quelli del gemello.

“Suona bene anche adesso” ammise il secondo con un sorriso.

“Non pensavo di vederti sorridere in attesa della battaglia” confessò il rosso ricambiando il sorriso.

“Visto? Sono ancora capace di sorprenderti!” esclamò George orgoglioso.

“Quando tutto sarà finito dovremo incrementare gli affari. Ci sarà qualcos’altro che farà sorridere le persone, non dobbiamo farci scavalcare dalla vittoria di questa guerra” commentò il fratello sorridendo apertamente.

“Sei sicuro che saremo noi a vincere?” chiese l’altro mostrando un pizzico di insicurezza.

“Credo in Harry. E credo in noi” rispose il gemello senza esitare.

Fred sorrideva come se non potesse fare altro, George un po’ lo ammirava per questo. Sapeva sorridere anche in attesa di una battaglia che si preannunciava disastrosa. Non avrebbe voluto nessun’altro accanto a sé quella sera, solo lui sapeva come allontanarlo dai brutti pensieri.

“E poi non vorrai continuare a vivere in questo mondo triste, nemmeno le nostre risate possono fare molto” confessò lasciando un leggero colpo sulla spalla del fratello.

“Non è il nostro ambiente” ammise deciso.

Scese il silenzio tra i due ed entrambi tornarono a guardare il parco di Hogwarts. Non era mai stato così cupo e di certo faceva pensare che i due ragazzi più chiassosi della scuola non avessero niente da dire. I gemelli erano sempre quelli che trovavano qualsiasi motivo per scherzare, eppure solo un sorriso accennato illuminava quei volti giovani.

“Non sei mai stato così silenzioso, tutto bene Freddie?” chiese il rosso tornando a portare gli occhi sul gemello.

“Mai stato meglio” rispose ironico il fratello con un sorriso.

Quella frase fece sorridere anche George che riconobbe un lampo strano negli occhi dell’altro, una scintilla che avrebbe giurato di non aver mai visto. Quel pizzico di paura venne però subito sostituito da un familiare luccichio divertito. Fred decise di regalargli una spallata amichevole, per fargli sapere che sarebbero rimasti insieme, qualsiasi cosa sarebbe successa.

I gemelli sorridevano ancora, un sorriso più lieve del solito, ma comunque presente. Sapevano entrambi che avrebbero continuato a sorridere fino alla fine.



 

Sono passati due mesi da quel giorno, da quella vittoria festeggiata in tutti i modi. Ora niente impedisce alle persone di sorridere apertamente, senza alcuna preoccupazione. Certo, c’erano state perdite, ma il mondo magico si stava rialzando cercando di non farsi fermare dai brutti ricordi.

Solo un ragazzo provava a riprendersi senza successo. Per George Weasley sembrava non essere passato tempo dalla battaglia, o almeno tutto per lui stava peggiorando. Non era ancora riuscito ad uscire di casa, parlava poco e solo il necessario.

Durante la battaglia aveva perso il gemello, Fred, e sembrava che niente avesse più importanza. Nessuno diceva molto, perdere un fratello è dura e lui stesso condivideva quel dolore con altri cinque fratelli. La sua famiglia aveva perso un componente importante, ma non era solo questo.

George non sorrideva da due mesi.

Tutti lo hanno conosciuto come il gemello più riflessivo dei due, è vero, ma il giovane non smetteva quasi mai di sorridere. Eppure, da quando il rosso ha visto il fratello a terra, il corpo immobile e la bacchetta lontana, neanche l’ombra di un sorriso ha illuminato il suo viso incredibilmente spento.

Qualcuno bussa alla porta della camera del ragazzo. Lui porta gli occhi sul legno, ma non dice niente, non ne sente il bisogno. Chi vuole parlare trova sempre il modo, ormai è inutile protestare contro chiunque.

Percy fa la sua entrata lentamente, quasi temesse di disturbare il silenzio innaturale di quella stanza della casa. Quando era più piccolo da lì arrivavano sempre le parole riguardo allo scherzo futuro, così come scoppiavano le risate, magari ai danni dello stesso Percy.

“Mamma mi ha chiesto di venire a vedere come stavi. Dice che il pranzo è pronto” inizia il più grande, restando fermo sulla porta.

“Puoi dirle che magari scendo tra poco” ribatte il fratello tornando a guardare il soffitto.

L’altro fa un passo avanti poco convinto e osserva la stanza con attenzione. Il letto libero, un tempo di Fred, è sfatto, il cuscino appoggiato di lato. Percy sospetta che il fratello non abbia mai voluto toccarlo, forse per ricordo. Due scope sono poggiate in un angolo e accanto al secondo letto una foto incorniciata. Due ragazzi identici sorridono in direzione della porta.

“Dovresti uscire un po’, l’aria e il sole ti farebbero bene” prova Percy non sopportando tutto quel silenzio che lo circonda.

“Sto bene anche in casa” ribatte il più piccolo senza un tono particolare.

“George” chiama il ragazzo avanzando di un passo.

“Che vuoi, Perce? Non mi sembra ti piacesse molto la mia compagnia tempo fa” chiede ironico George riuscendo a sedersi per guardare il fratello negli occhi.

“No, è vero, ma paradossalmente mi mancano le risate che uscivano da questa camera e le prese in giro ai miei danni” spiega tranquillo il rosso cercando, magari, di smuovere l’animo del fratello.

“Dovrai rassegnarti, tutto quello non tornerà più” ammette George triste.

Poi porta lo sguardo sulla foto presente sul comodino e scuote la testa prima di portare le ginocchia al petto per stringerle con le braccia. Percy osserva quel ragazzo, un tempo pieno di vita e di sorrisi, ora spento e quasi arreso agli eventi. Non ha mai sopportato i gemelli, ha odiato i loro scherzi e la loro voglia di sorridere sempre e comunque, ma non riesce a guardare George e vederlo vuoto e privo dei colori che lo caratterizzavano.

“Non sorridi più George, hai smesso da quella notte, non sei più te stesso” prova di nuovo il maggiore arrivando vicino al letto.

“Non c’è più niente per cui sorridere” soffia piano il fratello, il mento appoggiato alle ginocchia.

“La guerra è finita George! È un buon motivo per sorridere!” esclama Percy alzando la voce e preparandosi alla possibile reazione del minore.

“La mia metà migliore è morta quella sera, come credi mi debba sentire Perce? Niente sarà più lo stesso, sono rimasto da solo, senza Fred che sapeva sempre come farmi sorridere, anche quando non volevo” inizia il rosso portando gli occhi in quelli del fratello.

“Era quello che aveva le idee più divertenti, il sorriso più luminoso. È stato lui a puntare maggiormente sul negozio, non avrebbe nemmeno voluto chiuderlo per dedicarsi alla guerra. Diceva che il negozio serviva a far tornare le persone a ridere, potevamo ridare colore a quel mondo grigio” continua prendendo in mano la foto dalla quale due ragazzi identici sorridono come se nient’altro fosse importante.

“Sapeva vedere sempre il lato positivo, sapeva sempre come allontanare i brutti pensieri. Probabilmente anche ora avrebbe saputo come fare” conclude chiudendo gli occhi e poggiando la fronte sulle ginocchia, la foto ancora stretta tra le mani.

Percy continua a guardare il minore e non trattiene un sospiro triste. Fred è morto in battaglia, ma lui ha perso due fratelli. È come se anche George fosse morto quella notte. Alla Tana non si sentono più risate, tutto sembra forzato e terribilmente sbagliato.

Molly parla poco e tutti i suoi sorrisi sembrano costarle uno sforzo enorme, Arthur non parla più degli oggetti babbani e di come siano affascinanti. Bill e Charlie non perdono un dettaglio di quello che succede e sembra come se stessero aspettando una cosa peggiore della guerra. Ginny sembra aver perso la sua determinazione e Ron è diventato serio tutto d’un tratto.

“C’è qualcosa che si potrebbe fare” prova il più grande come colto da un’illuminazione.

“Cosa?” chiede il minore stanco.

“Voglio portarti in un posto” risponde sicuro Percy sedendosi sul letto del fratello.

“Percy sai che non ho voglia di uscire” contesta George.

“So che non mi hai mai sopportato e la cosa è sempre stata reciproca, ma puoi ascoltarmi per una volta? In casa sembra tutto sbagliato e mi mancano le risate chiassose che non mi facevano studiare” cerca di convincerlo il ragazzo.

“Hai sempre odiato le risate e gli scherzi e adesso vuoi che torni tutto alla normalità? Non prendermi in giro Perce” ammette il più piccolo in uno sbuffo annoiato.

“Voglio che mamma torni a sorridere senza problemi e che tutto torni alla normalità, voglio che mio fratello torni ad essere sé stesso” ribatte il rosso duro, gli occhi che non si spostano dal minore.

George alza lo sguardo confuso e osserva il più grande. Non si è mai trovato a dover fronteggiare un fratello così combattivo, non si ricorda di averlo mai visto così. Da che lo conosce è sempre stato un ragazzo calmo e studioso, che non ha mai sopportato il rumore e le risate.

Magari davvero le cose sono cambiate, magari sta cercando di essere migliore rispetto a quello che è sempre stato. Il minore si trova a studiare il maggiore, non c’è traccia di divertimento nei suoi occhi, il volto è serio e incredibilmente maturo per essere solo di due anni più grande di lui. Sembra quasi che sia cresciuto troppo in fretta, e forse è così, per riuscire a sopportare meglio tutto quello che è successo.

“E va bene Perce, ti seguo” esordisce George portando allungando le gambe prima di portare i piedi sul pavimento.

“Ma scordati di fare cose strane” puntualizza.

Poi appoggia la foto, che ancora teneva in mano, sul comodino e si alza dal letto. Non si accorge del piccolo sorriso che illumina il volto del fratello e lo segue giù per le scale.

Entrano in cucina e il silenzio è troppo, opprimente e fuori luogo. I pasti alla Tana sono sempre stati rumorosi, anche senza gli ospiti che andavano e venivano negli ultimi tempi. Molly alza gli occhi dal piatto e non può impedirsi di colpire il marito sul braccio.

“George” dice Arthur riconoscendo il figlio e cercando di non pensare al fatto che è senza Fred da ormai due mesi.

“Vuoi sederti con noi? C’è ancora qualcosa di caldo” invita la donna alzandosi per controllare le pentole sui fornelli.

“Magari dopo, non ho idea di dove Percy voglia portarmi, ma sembra urgente” la ferma George alzando una mano.

“State uscendo?” chiede insicura Ginny inserendosi nella discussione.

“C’è qualcosa che devo far vedere a George” risponde sicuro il più grande.

Le ultime teste rosse si alzano dai piatti e guardano confuse i due ragazzi in piedi. Percy spinge leggermente il minore verso la porta d’entrata così escono all’aria aperta. George è costretto a coprirsi gli occhi per qualche secondo a causa del sole.

“Prendi la mia mano” chiede il rosso portando gli occhi sul fratello.

Il più piccolo lo guarda confuso prima di spostare gli occhi sulla mano tesa del maggiore. Posa scettico lo sguardo sul fratello, ma non vede esitazione in quel gesto e decide di fidarsi. Sa che avverrà una materializzazione congiunta, ma non può tirarsi indietro.

Sente la classica sensazione strana e si ritrova a Diagon Alley in un attimo. Davanti a sé vede il negozio dei Tiri Vispi Weasley e si volta immediatamente verso il fratello, lo sguardo di chi è stato tradito e non se lo sarebbe mai aspettato. Percy mostra la sua espressione più innocente e alza le spalle.

“Perché mi hai portato qui?” chiede George lasciando con uno scatto la mano del fratello.

“Devi vedere una cosa” risponde semplicemente il più grande.

“Perce! Questo è l’ultimo posto in cui vorrei essere!” esclama il rosso urlando.

“Per questo ti ho portato qui” ammette semplicemente il maggiore.

“Non provare a smaterializzarti per tornare alla tana George” avverte il minore, lo sguardo fermo di chi non ammette repliche.

“Cosa dovrei fare?” chiede ancora George seccato.

“Entriamo nel negozio” risponde Percy come se fosse ovvio.

Il minore guarda il fratello come se fosse impazzito tutto d’un colpo, ma lo segue sperando che abbia davvero un’idea di cosa fare. È il fratello ad aprire la porta del negozio, entrando per primo e lasciando il più piccolo sulla soglia. Quell’ambiente ha lasciato tanti ricordi al rosso e proprio per questo non riesce ad entrare.

L’ultima volta in cui ha varcato quella soglia lo ha fatto per seguire il gemello, dovevano controllare alcune cose prima della chiusura. Ora è lì, da solo, la porta aperta e Percy che lo aspetta in negozio. Chiude gli occhi e prova a recuperare tutto il coraggio che un Grifondoro dovrebbe avere. Fa un respiro profondo e avanza di qualche passo.

Resta qualche secondo ad occhi chiusi, la paura che si fa strada in lui. Paura di non riuscire a sopportare tutti i ricordi dei bei momenti passati con la metà che ha perso. Non vuole rivivere tutto quello che sa non tornerà più.

“Apri gli occhi George, ormai sei qui” lo chiama il fratello.

Il rosso fa come dice il maggiore e subito una stretta allo stomaco lo prende senza che possa fare qualcosa. I colori del negozio lo colpiscono, così come l’allegria che dovrebbe suscitare tutto quello che lo circonda.

Percy è dietro al bancone, dove è sempre stato Fred, e guarda verso il fratello. George gli si avvicina senza staccare lo sguardo da una foto appesa al muro. Due ragazzi sorridono illuminando tutto attorno a loro in un abbraccio che sa di un grande legame, gli occhi luminosi e divertiti di chi sa di avere tutto il mondo davanti a sé.

“Hai detto che Fred avrebbe saputo come farti tornare a sorridere” inizia il rosso con un piccolo sorriso.

“Solo lui sapeva come fare” ammette il minore in un sussurro.

“Vieni qui dietro” lo invita il fratello senza esitare.

“Cosa vuoi che faccia?” chiede George come se ormai fosse arreso agli eventi.

“Devi solo guardare in questa cornice” risponde il più grande indicando alla sua destra.

Il ragazzo sembra poco convinto, ma non protesta e raggiunge il fratello. Guarda dove gli ha indicato Percy e indietreggia appena. Fred lo guarda sorpreso, in tutto e per tutto identico al gemello. George non sa cosa pensare, sa solo che non è possibile che il gemello sia lì con lui.

“Fred” lo chiama a bassa voce, allungando la mano cercando di capire qualcosa.

Le dita si scontrano contro una superficie fredda e rigida, non con il calore della mano del ragazzo. George abbassa lo sguardo con una consapevolezza nuova, il pensiero che Fred non può tornare e quello che vede è solamente il riflesso in uno specchio.

Il rosso chiude la mano in un pugno che trema senza che lui possa farci niente. Vorrebbe spaccarlo, mandarlo in mille pezzi perché l’illusione fa più male della realtà, ma Percy lo impedisce. Sposta lo specchio indietro e si mette tra l’oggetto e il fratello.

“Perché mi hai fatto vedere uno specchio?” chiede George abbassando il braccio.

“Voglio farti capire che Fred sarà sempre con te” risponde il maggiore guardando serio il ragazzo.

“È morto da due mesi Perce” commenta ironico il rosso.

“Non se tu torni a sorridere come faceva lui” insiste il più grande.

“Pensi sia così facile?” domanda il ragazzo tornando a guardare il fratello.

“Di certo non posso farlo io al posto tuo” risponde Percy accennando un sorriso.

Gli occhi del minore si spalancano leggermente a quella frase mentre osserva le labbra incurvate del ragazzo davanti a lui. George sa che cosa Percy sta cercando di fare, vuole farlo sorridere in qualsiasi modo.

“Era per caso una battuta?” chiede insicuro il rosso.

“Ammetto che non è stato il massimo, ma ho passato tre anni lontano dalla famiglia pensando di fare la cosa giusta quando stavo soltanto sbagliando tutto. Potresti apprezzare lo sforzo di chi non è più abituato a scherzare” spiega alzando le spalle.

“Percy, il prefetto perfetto, che ha fatto un errore dopo l’altro. Se ci pensi troppo non credi che sia successo per davvero” commenta tra sé il ragazzo.

“Eppure è successo” ammette il maggiore come se fosse una cosa ovvia.

George guarda il fratello e, forse per la prima volta dalla battaglia, incurva leggermente le labbra. Un sorriso leggero, quasi invisibile, ma abbastanza da far esultare Percy. Il minore accenna una risata, quasi solamente uno sbuffo divertito, quando riconosce un lampo di vittoria negli occhi dell’altro.

Sposta lo sguardo sullo specchio e vede un ragazzo identico a lui, in tutto e per tutto, restituirgli quel sorriso che caratterizzava il rosso. Pensa a Fred e per la prima volta non è triste, almeno non completamente. Sa che è quello che deve fare, è quello che avrebbe voluto il gemello.

“Proteggi la felicità” ricorda il minore in un sussurro.

“Come?” chiede Percy cercando di capire qualcosa.

“Era una frase che Fred diceva spesso, dopo l’ascesa di Voldemort. Era nostro compito custodire la felicità rimasta in quei tempi bui e distribuirla a quante più persone possibili” risponde sicuro cercando gli occhi del fratello.

“Secondo lui la gente aveva bisogno di ridere contro quel mondo che stava diventando grigio. Potevamo fare qualcosa anche senza M.A.G.O., non avevamo bisogno di un pezzo di carta. Sapevamo ridere e far ridere, l’importante era solo quello” continua George tornando a sorridere.

“Per quanto non condivida il fatto di continuare un’attività senza M.A.G.O. e gli scherzi in generale trovo sia la cosa giusta da fare. Fred sarebbe stato contento” ammette il maggiore.

“Sai? Lo penso anch’io” afferma il rosso, gli occhi che brillano nuovamente come nella foto alle sue spalle.

“Ehi Perce, vuoi darmi una mano a sistemare prima della riapertura? Devo fare le cose in grande” chiede George dopo qualche secondo.

“Sai che non è il mio campo. Penso tornerò alla Tana, ma qualcuno sarà senz’altro felice di darti una mano” risponde Percy avvicinandosi alla porta.

“Dì a mamma di non aspettarmi per pranzo, ho del lavoro da fare” spiega il rosso, il sorriso di nuovo presente ad illuminargli il volto.

“Bentornato George” saluta il maggiore, per poi uscire e smaterializzarsi.

Il ragazzo sorride a quel saluto e si volta a guardare lo specchio. Lo sistema meglio dietro il bancone e sorride a quel riflesso identico a lui. Sa che Fred sarà lì con lui tutte le volte che ne avrà bisogno. Gli basterà voltarsi per trovare il sorriso del gemello a rassicurarlo.

Era Fred a sorridere di più, a escogitare sempre nuovi scherzi. Il gemello sapeva quello che faceva e non si è mai perso d’animo, nemmeno quando le cose sembravano farsi più difficili.

George recupera un pezzo di pergamena, una piuma e l’inchiostro dal retro e scrive una frase veloce, qualcosa che avrebbe fatto sorridere anche Fred. Con un incantesimo attacca la pergamena alla foto di loro due e annuisce orgoglioso. I protettori della felicità. Dopotutto suona ancora bene.

“Pronto per la riapertura Freddie? Andremo alla grande!” esclama il ragazzo rivolto allo specchio, senza curarsi dell’unica lacrima solitaria che si libera.

L’ultima, perché George non ha più bisogno di piangere. Ora sa che deve sorridere insieme a tutto il mondo magico. La guerra è finita e ha un’attività da mandare avanti.

 

 

 

 




Angolo autrice

Ma salve. Torno in questo fandom dopo tempo con una storia che è stata un flash, almeno l’idea lo è stata. La stesura ha richiesto più tempo perché sono stata via senza computer, ma non credo vi interessi.

Prima volta in cui tocco così approfonditamente il rapporto tra i gemelli Weasley, prima volta in cui li faccio interagire così tanto (anche se nella prima storia a loro dedicata non si poteva parlare di interazione). Però è davvero la primissima volta di Percy in una mia storia. Non sono abituata a scrivere dei personaggi della generazione di Harry e mi sembra sbagliato aver scritto così tanto.

Proprio perché non sono abituata a trattare i gemelli e meno ancora Percy non credo di essere riuscita a renderli completamente IC (mannaggia a me e a queste “escursioni” poco sicure).

Il titolo arriva da una canzone, Abbi cura di me di Cristicchi, precisamente da queste due frasi: “non cercare la felicità, semmai proteggila”. Non so bene perché, ma mi sono immaginata che i gemelli potessero dire una cosa simile. Poi magari ho toppato alla grande, però mi è sembrato carino.

Probabilmente vi starete chiedendo il perché dell’inserimento di Percy invece di un qualsiasi altro fratello Weasley, anche perché poi sarà Ron a dare una mano a George. Ho scelto lui primo perché era con Fred quando è morto e credo non sia stato totalmente indifferente, poi perché mi piaceva l’idea di farlo interagire con uno dei responsabili degli scherzi subiti da piccoli. E perché in fondo immagino che abbia sempre voluto bene ai due terremoti di casa Weasley anche se ne combinavano di ogni.

E niente, spero che questo scorcio non sia un totale fallimento, in tal caso posso solo imparare dai miei errori come Percy si è accorto di aver sbagliato ad allontanarsi dalla famiglia. Se qualcuno vuole farmi sapere qualcosa è il benvenuto, ma grazie anche solo per essere arrivati fin qui

Giulia

  
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