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Autore: rainbowdasharp    14/10/2019    0 recensioni
Non ricorda bene i versi, ma sa che deve proseguire: “lì”, intona la voce dei ricordi nella sua testa, “si nascondono le nostre radici, là dove i nostri avi volavano felici, qui il cielo non ci accoglie più, siamo costretti a rimaner giù”.
| bakutodo, fantasy AU, Prince Shouto, primo incontro, prompt: woods |
Questa storia partecipa all'iniziativa Writober 2019 di Fanwriter.it.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dragon Ballad


Alla fine del bosco, storie ed aneddoti si intrecciano in un'infinita foschia tra sogno e realtà.

Il giovane principe, non tanto smarrito, quanto genuinamente curioso, ne segue le tracce: ecco, quel masso, proprio come nella storia dei Primi Eroi; oppure quell'albero, dalla corteccia così magnifica che sembra intarsiata da mani leggendarie, che appare sempre nei racconti delle grandi imprese. E poi la nebbia, che passo dopo passo si fa sempre più fitta e allo stesso tempo fa battere sempre più forte il suo cuore, che quasi galoppa nelle sue orecchie.

È il richiamo del sangue, sussurra la stanca ma gentile voce di sua madre. Un ricordo, certo, che sembra però accompagnarlo per mano, quasi anche lei facesse parte di quelle storie che una volta gli raccontava.

Non sente più la voce dei suoi giovani compagni – non quella del suo scudiero, che immagina già perlustrare nel panico la radura con i suoi grandi occhi verdi; neanche quella del proprio consigliere, che già immagina dirigere i pochi presenti come un esperto corpo di ricerca per trovarlo.

Ma all'erede al trono tutto questo non interessa, non adesso: il sentiero si è fatto stretto, tra le fronde degli alberi più bassi, umido e buio come nelle ballate che ogni tanto suo fratello provava a suonare nella semioscurità della loro stanza.

Non ricorda bene i versi, ma sa che deve proseguire: “lì”, intona la voce dei ricordi nella sua testa, “si nascondono le nostre radici, là dove i nostri avi volavano felici, qui il cielo non ci accoglie più, siamo costretti a rimaner giù”.

Storie su storie si intersecano nella sua mente, mentre bada poco agli stivali di pelle pregiata che affondano quasi nel terriccio scuro e fertile che ha lentamente sostituito il sentiero fatto di pietre. Cammina da quanto, ormai? Difficile dirlo, il sole non filtra quasi più tra le chiome degli alberi secolari che, imponenti, sembrano avvertirlo: torna indietro, giovane principe, finché sei in tempo.

Poi, all'improvviso, la luce ritorna.

Si apre una grande radura davanti ai suoi occhi, dove il sole tinge di arancio gli arbusti che popolano un lembo roccioso che, dopo forse una cinquantina di metri in discesa, crolla rovinosamente in uno strapiombo di morte, dove l'aria, finalmente libera dagli alberi, viene sferzata dai venti.

Lì, in quel misero spazio, si stagliano alcune capanne. Hanno un'aria grigia, smunta, persino sotto il cremisi colore del tramonto. Chiunque vi abbia abitato, le ha abbandonate da tempo.

Shouto fa un passo avanti, la mano stretta sull'elsa della spada: è curioso, ma cauto. Potrebbero comunque nascondersi briganti e criminali, lì, di certo per niente interessati a rendere il luogo abitabile, così da trarre in inganno disorientati avventurieri.

Nonostante la sua attenzione, però, ben presto si trova a terra, attaccato alle spalle, con una spada consunta puntata al collo e ben prima che riesca anche solo a pensare di reagire.

Il colpo che riceve alle spalle è impietoso, lo fa rovinosamente cadere in avanti mentre un corpo, vivo, fa di tutto per tenerlo a terra, schiacciato sull'erba. A nulla valgono anni di addestramento come cavaliere; chiunque sia il suo assalitore, di certo non conosce i codici della cavalleria.

«Che pensavi di fare, eh? Bastardo!»

Urla, lo sconosciuto, in una voce grave e graffiata, che quasi si lascia andare ad un ringhio difensivo che in, un primo momento, atterrisce il principe; Shouto prova a dimenarsi, a liberarsi dalla presa, ma l'unico risultato che ottiene è essere afferrato per i capelli, il volto sollevato con violenza da una parte.

«Mi sono perso!» esclama, perché di certo lo trova più credibile e più furbo che ammettere di essere il principe del più vicino regno e di star cercando le tracce delle origini delle storie di sua madre. «Non volevo invadere il tuo territorio, ma ora lasciami andare!».

La violenza cessa di colpo. Il suo scalpo, dolorante, viene lasciato andare e anche il peso sulla sua schiena viene a mancare. Shouto riesce finalmente a portarsi a sedere e, non solo, a brandire la spada in uno zelo difensivo. Potrebbe non essere fortunato due volte di seguito.

Di fronte a lui, sta quello che sembra un ragazzo all'incirca della sua età. Biondi capelli spinosi ricordano la chioma di un leone, gli occhi piccoli e diffidenti, rossi come il tramonto alle sua spalle, lo squadrano con il velo del dubbio. È vestito di abiti poveri, sì, ma sembrano volutamente barbari: un grande mantello, infoltito da una pelle chiara, copre le sue spalle, segnate dall'inchiostro di simboli tatuati di cui però non conosce il significato.

La spada che fino a poco prima era poggiata contro il suo collo ora scintilla, inerme, tra le mani del ragazzo, ancora chino a terra da quando lo ha lasciato andare.

«Sul tuo volto» mormora, mentre si alza in piedi, il tono minaccioso ma calmo, il che sembra renderlo ancora più pericoloso. Lo indica, sprezzante, con la punta della sua lama. «Sei stato toccato dal fuoco di un drago».

Todoroki sbatte le palpebre, confuso, prima di portare istintivamente la mano sull'ormai eterna cicatrice che deturpa la parte sinistra del suo volto sin da quando ne ha memoria, causata incautamente da sua madre anni ed anni prima.

«Non so di cosa parli» replica, senza abbassare la guardia. «Fu un incidente. Di certo, non ho mai visto un drago».

Il giovane selvaggio sembra ancora troppo preso dai propri pensieri per prestare attenzione a quanto ha detto: continua a fissarlo, a studiare i dettagli del suo corpo, il suo peculiare colore di capelli che, esattamente al centro della sua nuca, varia bruscamente dal rosso al bianco, come neve su un campo di battaglia.

All'improvviso, lo sconosciuto stacca da una delle sue collane (numerose, di colori e dimensioni diversi) quello che pare un dente di una bestia dipinto e, senza alcuna esitazione, glielo lancia addosso. Colto alla sprovvista, Shouto non riesce a schiavarlo.

E il suo corpo – almeno, metà del suo corpo, sembra andare in fiamme.

Non brucia, non gli fa male ma i suoi occhi non lo ingannano: braccia, torace, bacino, gambe – tutta la parte sinistra del suo corpo va a fuoco e consuma, fino a farlo sparire, tutto quello che indossa. La sua mente va nel panico, inizialmente lo convince che prova dolore anche se non è vero; è assurdo, contorto e terribilmente perverso.

«Che cosa mi hai fatto?!» e, al suo urlo rabbioso, le fiamme sembrano alimentarsi.

«Ti ho smascherato, figlio del drago traditore». La voce lo raggiunge anche se lo sfrigolare della stoffa gli invade le orecchie e sembra non volersi fermare. «Tu sei il figlio di Endeavor, il maledetto bastardo che mi ha rubato tutto

Non è un nome nuovo, Shouto lo sa. È una parola familiare, seppellita negli angoli della sua mente che pure non riesce a far riemergere. Il suo sguardo confuso sembra irritare ancora di più il ragazzo, che schiocca la lingua e gli lancia un altro dei suoi denti di bestia, che finalmente placano le fiamme. Il principe è ora nudo, chino sulla terra a cui lui stesso ha dato fuoco, mentre si tocca con aria allucinata la pelle ancora perfetta, affatto segnata dal fuoco.

«Endeavor, il drago del Secondo Sole» Indica oltre lo strapiombo, il biondo, mentre con stizza si toglie il mantello e glielo lancia. «Viveva giù, in fondo alla valle. Voleva creare un regno per soli draghi, ma non sono creature in grado di vivere in gruppo. Quindi, li ha resi vulnerabili, costretti a vivere assieme. Li ha resi umani».

Shouto si chiude nel mantello, perplesso. Se non fosse andato a fuoco un attimo prima, si sarebbe già convinto che questo giovane stia delirando, che è risaputo che i draghi si siano estinti da secoli.

«Dopo averli resi umani, li ha incantati e li ha portati oltre il bosco. Si sono dimenticati di chi sono veramente».

«Non so di cosa tu stia parlando, ma io sono il figlio di Enji Todoroki, sovrano di Nibiru» riesce finalmente a dire, mentre si solleva. Il mantello che indossa ha l'odore della selva e del fuoco, come se fosse stato più e più volte cosparso di cenere. «Credo tu abbia passato troppo tempo da solo, i draghi sono svaniti secoli fa».

«Ah, ma davvero? E allora ricordi davvero come ti sei procurato quella cicatrice? I draghi sono immuni al fuoco, tranne a quello dei propri simili. Le bruciature del fuoco di drago disintegrano il corpo umano oppure lasciano segni violacei. Come il tuo. Ma solo sugli altri draghi».


Cala la notte e Shouto finalmente ripercorre il bosco al rovescio. Stringe ancora quel mantello sulle spalle e non solo per non mostrarsi nuda, ma è come se lo aiutasse a rendere i pensieri che gli invadono la mente meno pesanti. Ma i suoi passi sono accompagnati da quelli del ragazzo.

Il suo nome è Katsuki Bakugo. A detta sua, non sa quanti anni abbia con precisione, ma ha sempre vissuto lì, oltre il bosco; lui non discende certo dai draghi, gli ha detto, ma ha sempre vissuto al loro fianco. Ecco perché ricorda ed ecco perché è rimasto indietro. Quando “Endeavor” (che, si è convinto, deve essere proprio suo padre, il re) ha reso i draghi umani, lui ha perso l'unica famiglia che abbia mai avuto.

«Altezza! Altezza!» Le voci che lo raggiungono sono quelle piene di apprensione dei suoi amici, ancora vicini a quel sentiero che, per primo, lo ha guidato non solo nelle storie dei suoi ricordi, ma in una storia assurda di cui non è sicuro di far parte.

Il primo a farsi avanti è Midoriya, gli occhi acquosi per via delle lacrime che deve aver versato mentre lo cercavano. Accorre nella sua direzione, sussulta quando lo trova nudo, coperto solo di un mantello sudicio e mai visto e sbianca, poi, nel constatare che c'è un'altra persona al fianco del suo principe.

«Altezza, chi è questo--»

«Cerchi rogne, pulce? Ci metto due secondi a farti a pezz--».

Un colpo di tosse di Shouto copre, seppur con ritardo, la minaccia per niente velata di Bakugo.

«Si chiama Katsuki».

«Bakugo».

«... Bakugo. Mi sono perso come uno sciocco e mi ha aiutato a tornare indietro. È burbero, ma voglio ringraziarlo a dovere».

Anche Iida li raggiunge. Il monocolo che indossa è tutto appannato dal suo correre da una parte all'altra del limitare della foresta e la stanchezza è evidente sul suo volto. Shouto si sente, improvvisamente, in colpa.

«Siete sicuro che sia una buona idea portarlo al castello?»

Lo sguardo di Bakugo si sofferma sui due, con disprezzo; un attimo dopo, incrocia le braccia e distoglie lo sguardo – a quanto pare, a suo giudizio, nei due ragazzi non scorre sangue di drago.

«Ne sono certo. Voglio ricompensarlo e, inoltre... può aiutarci a mappare con precisione questi boschi, dato che nessuno vi si addentra mai».


È così, sul limitare di un bosco impenetrabile, affiancato da due amici e forse un folle, che Shouto Todoroki inizia una di quelle avventure che si narrerà, per sempre, nelle ballate attorno al fuoco.


Note: Il mio primo progetto per questa storia era tirarne fuori una long, poi altre idee, altre progetti e questa è rimasta in un angolo, un po' dimenticata. A dirla tutta, non mi sento molto a mio agio con Todoroki e Bakugo, quindi ho sempre un po' paura a scriverli... Le AU mi tolgono tanti freni e, dato che questo era letteralmente l'incipit della storia (e ne sarebbe uscito un po' più di materiale, in effetti, ma tant'è) ho deciso di provare.
Chissà che non recuperi la voglia di approfondirla, in futuro... ?
(Sì, lo dico sempre MA NON SI SA MAI).
Spero vi possa piacere ♥

   
 
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