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Autore: Moriko_    15/10/2019    1 recensioni
[Writober 2019]
Una raccolta di quindici drabble - più una one shot - sui personaggi dell’Universo 10.
1. Travelling is living twice [Missing moment - Jilcol]
3. Strong and full of dreams [Pre canon - Gowasu]
7. Do what you want 'cause a pirate is free! [Pirate story - Murichim]
9. The most beautiful flower [Flower shop - Jirasen]
10. A kind strength [What if? - Methiop e Napapa]
11. Face adversity with a smile [Angst - Black e Gowasu]
12. A comedy in one shot [Commedia - Jium]
15. Don't say a word, it's beautiful now [1000 words - Kusu, Gowasu, Ramūshi]
16. Family means no one gets left behind [In canon - Obuni]
17. Eyes have the power to speak a great language [Furry - Lilibeu]
19. My identity [Secret identity - Black]
21. No fear of depths / great fear of shallow living [Mermaid - Kusu]
22. Wars not make one great [Slice of life - Rubalt]
25. No one plays a role, here [Genderswap - Gowasu, Ramūshi, Kusu]
29. Happiness (of others) - [Fake boyfriend - Ramūshi, Kusu]
31. Something incredible is waiting to be known [Soprannaturale - Murisam]
"Talvolta, qualcosa di incredibile attende di essere conosciuto." (citazione attribuita a Carl Edward Sagan)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Black Goku, Gowasu, Zamasu
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A/N: Quindicesimo giorno del Writober… e siamo giunti a metà mese!
Prompt di oggi: 1000 words. Essendo che per oggi si ha “obbligatoriamente” molto più spazio del solito, questa volta mi sono lasciata andare a ciò che la mia mente aveva da offrire e… così, totalmente a caso, ho immaginato il rapporto che le tre divinità dell’Universo 10 hanno con lo scenario notturno.
Detto ciò, come al solito vi auguro buona lettura.



Don’t say a word, it’s beautiful now
(1000 words)



Kusu alzò lo sguardo verso il cielo stellato.
Sul pianeta dell’Hakaishin del Decimo Universo il luccichio delle stelle e della luna metteva in risalto la vegetazione erbosa di quel luogo; un venticello calmo rinfrescava il calore che il torrido giorno aveva portato su quel territorio selvaggio.
La bellezza di quella notte incantò il giovane Angelo che, dopo le fatiche giornaliere dovute al suo ruolo, aveva finalmente un momento di serenità e di pace dedicato solo a sé, senza preoccuparsi di nulla.
Fin da piccola Kusu aveva sempre sognato di essere testimone di uno spettacolo del genere ogni giorno. Il pianeta dove era nata e cresciuta non aveva una notte così bella come quella, invece, del pianeta del suo Dio della Distruzione: laggiù il buio della notte era tanto intenso quanto la luce del giorno, e la natura che lo circondava giungeva quasi a confondersi con la volta celeste.
In quel momento, rimasta da sola, l’angioletta provava diverse sensazioni, uniche nella loro fattispecie. Non riusciva a spiegarle, anche solo a dar loro un nome; tuttavia sapeva che quelle emozioni erano magiche: impressioni che, nel silenzio della notte, riuscivano a penetrare nell’animo di una fanciulla millenaria - ma dall’aspetto di una graziosa bambina - che, normalmente, aveva il dovere di non far trasparire le sue emozioni.
Ma non ci riusciva. Né di fronte a quello spettacolo, né - a maggior ragione - sul territorio sul quale si rifletteva. Quello, infatti… era il pianeta di una persona altrettanto speciale e unica per lei, collocato in un Universo altrettanto speciale e unico.
Come poteva trattenere ciò che provava, ora che si trovava da sola?
Nonostante la sua veneranda età, Kusu non aveva ancora imparato ad essere impassibile come il resto del suo popolo. A volte le sembrava quasi una trasgressione mostrare di non provare emozioni: perché essere così freddi e glaciali come suo padre, soprattutto nei confronti di coloro ai quali lei si era affezionata?
Per questa ragione amava la notte del pianeta del suo Hakaishin.
Non era una notte fredda e insignificante come quella del suo pianeta d’origine.
Ed era lì che, più di ogni altro luogo, l’angioletta riusciva ad esternare le sue emozioni più profonde.





Non esisteva la notte sul pianeta dei Kaiōshin del Decimo Universo. I piccoli soli che ruotavano intorno al pianeta emettevano luce in ogni angolo, per tutta la durata della giornata.
L’anziano Kaiōshin detestò il fatto di non avere un attimo di buio: se avesse avuto il potere degli Hakaishin, talvolta avrebbe preferito far esplodere tutti i soli pur di ottenere ciò che i mortali chiamavano con il termine “notte”.
Per questo motivo, ogni volta che Gowasu si accingeva a creare un nuovo pianeta, badava sempre a creare tutte le condizioni necessarie per l’alternanza e l’equilibrio tra i momenti di luce e quelli di oscurità.
Il buio era necessario, così come il bagliore.
Ma anche le tenebre hanno bisogno di un po’ di luce, per rassicurare gli esseri viventi… - si ripeteva il vegliardo.
Ogni volta si ricordava di quanto sia alla divina Kusu che al divino Ramūshi piaceva lo spettacolo della notte. Dai loro racconti il cielo dal color blu scuro, costellato qua e là di tante piccoli bagliori chiamate “stelle”, rifulgeva ancora di più in ogni pianeta sul quale sostavano.
Sempre ogni volta, alzava lo sguardo verso il cielo del suo pianeta che, sì: rifulgeva… ma di tre singoli soli così potenti, che niente avevano a che vedere con il timido brillare delle stelle.
In quei momenti Gowasu tirava un profondo sospiro, per poi alzarsi e allontanarsi dal tavolo dove di solito era intento ad osservare i pianeti che gli erano stati affidati.
E… anche quel giorno lo fece.
Tuttavia, in quel momento, decise di compiere qualcosa di diverso dal suo solito. Non uscì dal palazzo, né ritornò nelle sue stanze; invece si avvicinò a un piccolo armadio, posto all’angolo dell’atrio del suo palazzo, e da esso prese una piccola sfera. La sfiorò con l’indice e, dopo un sonoro beep, disse:
«Divina Kusu, devo chiederle un favore. Appena può, la prego di ricontattarmi.»





Ramūshi stava passeggiando lungo la prateria e, con un sonoro sbuffo, alzò lo sguardo verso il cielo.
Ma quanto ci stanno impiegando, quei due?!
Odiava attendere l’arrivo di qualcuno. Nonostante mancasse ancora qualche minuto all’appuntamento - e i suoi ospiti erano, solitamente, persone puntuali - il Dio della Distruzione era infastidito dallo scorrere del tempo che restava, per lui interminabile nonostante la sua brevità.
A dirla tutta, odiava l’attesa.
Per lui, abituato a giornate nelle quali era sempre “impegnato”, scandite dai suoi impegni di divinità e sonore ronfate, il restare in attesa di qualcosa era davvero fastidioso. In quei momenti, sembrava che la sua mente si svuotasse e che tutto si fermasse, lasciando spazio al rumore ridondante del silenzio.
Sì: quel silenzio gli era davvero insopportabile. Sembrava che il silenzio lo rimproverasse, ancor prima che lo facesse Kusu… e, a differenza dell’angioletta, lo giudicasse con il suo fare taciturno.
Era sempre fermo lì, a squadrarlo dalla testa ai piedi… ed a parlargli, a dirgli cose che per lui erano troppo sentimentali.

… Guarda questo cielo stellato, Ramūshi. Non resteresti qui, a guardarlo per sempre?

«Sinceramente preferirei tornare a casa e farmi una bella dormita,» mormorò seccato il Distruttore.
«Ma se è così bello!»
A quella risposta improvvisa proveniente alle sue spalle Ramūshi sussultò. Si voltò e vide Kusu e Gowasu che, dopo averlo salutato, iniziarono a sistemare i loro giacigli.
«Questo paesaggio è meraviglioso,» proferì il vegliardo. «Devo ammettere che vedere questo spettacolo in compagnia è ancora più bello. Magari ci fosse una cosa del genere sul mio pianeta: potrei invitarvi tutti i giorni ad ammirarlo!»
Quell’affermazione colpì Ramūshi, che subito si ricordò delle parole che la sua mente gli aveva suggerito poco prima.

Non resteresti a guardarlo per sempre?

«Hai ragione, Gowasu. Da soli è davvero noioso!»
Il Distruttore sorrise ai suoi compagni, sdraiandosi con loro a guardare le stelle.


“Non vado di fretta: mi prendo ogni spazio… la notte è fantastica!”




A/N [Ovvero: angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]
Era da tempo che non pubblicavo una storia così lunga con protagoniste solo le mie divinità preferite dell’Universo 10! (“Qami” e “Unexpected” non contano, perciò… forse è trascorso proprio un anno, argh! XD)
La citazione finale proviene da una delle canzoni più belle - a mio parere - di Giusy Ferreri, “Le cose che canto”. È un brano che trasmette gioia e solarità, che «parla d’amore e di natura, dell’inseguirsi delle stagioni e del fiorire delle passioni» (citando la stessa cantante). Per tale motivo, sono partita da “Non vado di fretta / Mi prendo ogni spazio / La notte è fantastica / Non dire una parola è bellissimo adesso / Quando non mi lasci sola è ancora tutto più bello” per sviluppare una storia che aveva come tema il cielo stellato, e questo è stato il risultato. Se devo dirvi la verità, nel rileggerla mi sembra di essere partita bene per poi finire un po’ “meh”… ma lo scopo del Writober è quello di scrivere una storia senza farsi troppi problemi, no? :3
Alla prossima storia con il prompt n.16, in canon!
--- Moriko
   
 
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