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Autore: Roiben    17/10/2019    0 recensioni
[Arsène Lupin (Maurice Leblanc) – Sherlock Holmes (Arthur Conan Doyle)]
Quando si ha per le mani un caso delicato e la concreta possibilità di fallire, nella migliore delle ipotesi, o di venire arrestati nella peggiore, in che modo risolvere un problema che sembra non avere sbocchi? A chi chiedere un estremo aiuto? Quando un uomo probo è disperato, prende decisioni disperate.
|Revisionata 11.08.2020|
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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14 - Bisticci patriottici 

 

 

 

 

 

Era in procinto di strapparsi i capelli e andare a Scotland Yard, non necessariamente in quest'ordine, quando il campanello di quella casa maledetta suona e per un soffio non si fa prendere da un colpo al cuore. Invece di perdere tempo prezioso in malori inutili si precipita all'entrata e quasi divelle il catenaccio nella foga di aprire, ma quando infine vi riesce ciò che trova davanti a sé è solo il vuoto desolato della notte londinese e la solita, mefitica nebbia ad ammantare tutto. Sta per mettersi a urlare di frustrazione, ma un tossicchiare gli giunge da vicino e abbassa lo sguardo, lì dove nota sull'ultimo gradino in fondo un marmocchio lercio e con meno denti di quanto imporrebbe la buona creanza. 

 

«Chi sei?» ringhia Cyril, per nulla incline alla sopportazione. 

 

«Dawson, signore. Ho un messaggio per voi» riferisce in fretta e malamente. 

 

Da una tasca rattoppata estrae un foglio ripiegato e macchiato che gli porge senza altri commenti. Cyril si avventa come un avvoltoio sul pezzetto di carta, riuscendo nella notevole impresa di spaventare un poco il ragazzino. Dispiega la missiva e si ritrova a fissare alcune parole nella grafia del suo padrone. Ha un piccolo sospiro sollevato, sapendo che egli è ancora vivo e abbastanza in salute da comporre messaggi. Tuttavia passando più volte gli occhi e le dita sulle parole vergate aggrotta le sopracciglia, incerto; qualche cosa non sembra convincerlo. 

 

«Chi ti ha dato questo messaggio?». 

 

«L'investigatore» risponde prontamente il piccolo Dawson. 

 

La risposta sembra confermare i suoi sospetti poiché serra le labbra, riflettendo. 

 

«Devo portare risposte?» chiede impaziente il messaggero. 

 

Cyril lo scruta un momento, assimilando il significato della domanda. «No. Verrò io stesso. Fammi strada» ordina, afferrando al volo un cappotto dall'appendiabiti accanto all'entrata e richiudendosi l'uscio alle spalle. 

 

 

 

Lupin trasale appena e si volta a fissare Watson, ancora impegnato nel suo lavoro. 

 

«Pensavo avessimo stabilito che me l'avreste lasciato, docteur». 

 

«Che cosa?» domanda il dottore, stranito. 

 

«Il mio braccio. Mi sarebbe di una certa utilità, vous savez». 

 

Watson storce le labbra in una smorfia contrariata. «Avreste dovuto far più attenzione, se desideravate conservare intero il vostro braccio» borbotta piccato, nonostante sia consapevole di avergli provocato dolore. 

 

«Oh, certo. Immagino avreste preferito qualche decina di immigrati clandestini morti stecchiti, n'est-ce pas?» replica Lupin con un tocco di acidità. 

 

«Non ho detto questo» si incaponisce Watson. 

 

«Non, c'est vrai. Mais, docteur, chi credete ci abbia sparato addosso, questa sera? Il conte di Montecristo? Fosse stato per me avrei lasciato il quartiere con Caitlin senza farmi notare, ma ci hanno sorpresi prima, e l'unica alternativa alla fuga era rispondere all'attacco; eventualità alquanto ardua, considerato che non avevo con me alcuna arma». 

 

Holmes distoglie lo sguardo da Caitlin e lo fissa attonito su Lupin. «Che dite? Siete andato a Shoreditch disarmato?». 

 

«Non è forse ciò che ho affermato poco fa, Monsieur?». 

 

Allibito, scuote la testa. «Voi dovete essere impazzito. Non è sufficiente che vi siate recato laggiù da solo? Perché mai non vi siete almeno portato di che difendervi?». 

 

«Perché ho un'ottima mira, Monsieur». 

 

«E questo cosa vorrebbe significare?» si stranisce Watson. 

 

«Significa che se avessi avuto l'opportunità di rispondere al fuoco, con buona probabilità in pochi sarebbero sopravvissuti. Non è meglio per voi avere un braccio da medicare, piuttosto che una quantità di morti da seppellire? Credevo che i dottori preferissero i vivi» commenta incerto. 

 

Il dottore si sta apprestando a fornire un qualche genere di risposta, ma prima che vi riesca alla porta d'entrata dell'appartamento bussano e il suo coinquilino, dopo aver levato gli occhi al cielo per la nuova seccatura sicuramente in arrivo, si allontana per scoprirne l'origine, mettendo in stallo la discussione. 

 

Meno di un minuto dopo nella stanza entra trafelato il cameriere personale di Arsène Lupin. 

 

«Cyril! Qu'est-ce que tu fais ici?» esclama quest'ultimo, confuso dall'inattesa presenza di Cyril. 

 

Cyril, incurante della domanda, esamina con cura maniacale il proprio padrone e spalanca all'inverosimile gli occhi. «Lo sapevo! Avevate detto di stare bene. Ma come potevo aspettarvi tranquillo, se mi avete scritto con la sinistra e avete fatto consegnare il messaggio dall'investigatore?» esclama turbato, accosciandosi accanto a lui ed esaminandolo da capo a piedi per essere certo di non trovare altre brutte sorprese. 

 

«Ma Cyril, è solo un graffio. Non c'era bisogno di...» tenta di protestare Lupin. 

 

«Sì! Sì che c'era. Non mi terrete lontano con insulse scuse, signore» sbotta, tremando appena. Deglutisce, porta una mano alle labbra e sgrana gli occhi, sconvolto. «Ah, mon Dieu. Io... Perdonatemi, non dovevo. Ho... p-perduto la testa» soffia. 

 

Lupin si china un poco verso Cyril e poggia la mano libera sulla sua spalla. «Va tutto bene. Non è successo nulla. Respira, mio Cyril, e smetti di preoccuparti, ti prego» mormora gentile. 

 

Ride, e rabbrividisce. «Smettere di preoccuparmi? Chiedetemi piuttosto di smettere di respirare, se lo desiderate; sarebbe di certo più semplice. Ah, temo che mi ritroverò molto presto con i capelli completamente bianchi, signore» ironizza, mentre si sforza di riprendere un minimo di dominio su di sé. 

 

«Troverò il modo di risarcirti. Una vacanza in Côte d'Azur, magari, che ne dici?» propone Lupin, sperando di risollevargli il morale. 

 

«Uhm… Non sarebbe una cattiva idea, in effetti. Ma, davvero, mi basterebbe andar via da qui» mormora, stanco. «Questa città è pericolosa» bisbiglia, di modo che le sue parole vengano udite solo dal suo padrone. 

 

Lupin annuisce, comprendendo le sue preoccupazioni. D’un tratto però sorride, sembrando allegro senza motivo apparente. «Guarda, mon ami. L’ho trovata» esulta, indicando al cameriere personale la ragazza che evidentemente non aveva ancora notato, troppo preso dal suo recente dramma. 

 

«Santo cielo, è veramente lei?» si stupisce, osservandola con curiosità. 

 

«Dame! Naturale che è lei. Pensa, mi ha perfino riconosciuto» gongola compiaciuto, rammentando l’episodio. 

 

Anche Cyril sorride, felice che dopo tutto a qualcosa sia valsa quella difficile spedizione. Si allunga verso di lei e le porge una mano. «Molto piacere, Mademoiselle. Sono Cyril». 

 

«Caitlin» mormora, stupefatta dell’insensata serie di eventi di quel giorno, accettando con un pizzico di apprensione la mano offertale. «Siete francese anche voi». 

 

«Certo che sì!» esclama Cyril con buffa fierezza. «E potete star certa che il mio nobile padrone si prenderà buona cura di voi, al contrario di quanto hanno fatto codesti... inglesi» insinua maligno, storcendo il naso sull'ultima parola. 

 

«Suvvia, mio buon Cyril, non essere tanto severo. Vi sono molti esponenti di questo popolo che meritano sicuramente la nostra fiducia». 

 

«Col vostro permesso, signore: lo crederò quando ne sarò testimone diretto». Uno sbuffo annoiato e per buona misura seccato proviene dalle loro spalle, e voltandosi Cyril nota che l'investigatore che gli ha aperto pochi minuti prima lo sta fissando con un certo fastidio. Solleva un sopracciglio. «Ebbene? Avete forse da obbiettare sul mio giudizio?». 

 

«Molto, in effetti» commenta caustico Holmes. «A cominciare, per esempio, dai vostri modi invadenti, che guarda caso si possono riferire tanto a voi come individuo quanto a voi come popolo». 

 

Cyril si irrigidisce e lo fissa in modo truce. «Siamo stati richiesti, se ben ricordo» ribatte piccato. 

 

«Ricordate male. Ma la questione è un'altra: si dà il caso che questa sia la mia camera nonché il mio studio personale, e che al momento io sia impossibilitato a farne l'uso che più mi aggrada a causa della vostra presenza non richiesta e neppure particolarmente gradita» borbotta acido. 

 

Cyril, le gote imporporate per l'affronto, sta per saltargli alla gola con intenti poco pacifici. Lupin lo afferra saldamente per una spalla, quasi stritolandogliela fra le dita, strappandogli un lieve gemito e raffreddando i suoi ardori fuori luogo. Poi sorride, di un sorriso tutt'altro che gentile, ferale piuttosto. 

 

«La vostra finestra, Monsieur, era la più semplice da raggiungere. Mi scuso per aver invaso la vostra intimità con la mia persona» afferma asciutto. 

 

«Dimenticate forse che esiste una porta d'ingresso che, come suggerisce il nome, ha l'utile scopo di far entrare chi è fuori?» lo deride Holmes. 

 

«E l'ho opportunamente usata, durante la mia prima visita. Ma temo di non avere particolare piacere nell'essere sotto gli occhi di tutti mentre mi reco da voi con intenti poco chiari; per esempio in veste di conte Bernard d'Andrésy, a sua volta travestito, per la presente occasione, da zotico e con al seguito una borseggiatrice sedicenne. E in modo particolare se considerate la stretta sorveglianza di cui godete notte e giorno» replica serio, poggiandosi al bordo della scrivania e ripiegando le dita della mano destra e il polso per testare le condizioni del braccio. 

 

Il dottor Watson si volta, fissando Holmes a disagio. «Siamo sorvegliati?» chiede con un forte accento di preoccupazione. 

 

«Purtroppo» si limita a confermare l'investigatore. 

 

«Ma da chi, santo cielo?» insiste il dottore. 

 

«Un po' da tutti, per la verità. Scegliete voi» è la risposta poco confortante che gli viene offerta. 

 

«Tre uomini di Scotland Yard, i quali si danno il cambio ogni cinque ore. Un paio di prezzolati del segretario Ashley-Cooper, che invece fanno a cambio con altri due individui a metà giornata. Alcuni dei miei ragazzi, a loro discrezione. Qualche uomo inviato dal parlamento e credo, ma in questo caso non ne ho la certezza, che sia presente anche qualche rappresentante di varie organizzazioni criminali» elenca metodico Lupin. 

 

Holmes si limita a grugnire il proprio assenso. Watson è pallido come un lenzuolo. Cyril ha deciso di sedersi accanto a Caitlin, in barba al fatto che quello su cui sono accomodati è il letto dell'investigatore. 

 

«E non possiamo fare nulla?» chiede il dottore con aria disperata, pensando che forse farebbe meglio a trasferirsi per qualche settimana nel suo studio. 

 

Holmes fissa Lupin con occhio seccato e sbuffa. «La migliore linea d'azione al momento è continuare a fingere di ignorare la presente situazione, e usare il resto del tempo per lavorare ai nostri piani alle loro spalle». 

 

Lupin sogghigna e con un leggero balzo si siede sulla superficie piana e sgombra della scrivania, accavallando una gamba sull’altra e poggiando il mento sulla mano sinistra, gli occhi che luccicano di interesse«Ben detto, Monsieur. A tal proposito vorrei cogliere l’occasione per informarvi che finalmente, proprio questa mattina, ho ottenuto l'invito del segretario». 

 

La notizia strappa un sorriso eccitato all'investigatore. «Diavolo, era ora» commenta, soddisfatto che qualcosa vada per il verso giusto. 

 

«In effetti devo ammettere che iniziavo a essere in pensiero. Quell'uomo è piuttosto complesso da trattare, diciamo pure infido». 

 

«Sapete della vedova Stearling?» si informa Holmes. 

 

«Ouine sono stato informato. Devo supporre che non sia l'unica, n'est-ce pas?». 

 

«Purtroppo no. Ha un suo giro, quest'uomo, che a quanto pare gli rende piuttosto bene». 

 

Lupin storce il naso, disgustato. «Creatura spregevole». 

 

«Ci potete scommettere» concorda Holmes. 

 

 

 

«Cyril, s'il te plaît, andresti a chiamarci una carrozza? Non credo sia il caso di tornare a casa in bicicletta, a quest'ora e con quel trabiccolo rischieremmo di non arrivare mai a destinazione». 

 

«Sì, signore. Dove desiderate che la faccia attendere?». 

 

«Tu ci salirai qui, dopo di che la potrai far condurre a, diciamo, un paio di isolati da qui. Dovrebbe bastare, n'est-ce pas? Gloucester, direi, proprio dietro la libreria». 

 

Cyril annuisce convinto. «Vado subito». 

 

Uscito Cyril interviene il dottor Watson. «Con che mezzo avete intenzione di arrivarci a due isolati da qui, per l'esattezza?». 

 

Lupin, la testa piegata leggermente di lato, lo osserva con curiosità, come si osserverebbe un singolare rappresentante di una nuova specie animale. «Con lo stesso mezzo che ho utilizzato per raggiungere casa vostra, docteur» propone con semplicità. 

 

«Avete detto che si tratta di un trabiccolo inaffidabile» protesta, pensando ai possibili incidenti e conseguenti danni. 

 

«Non è esatto. Ho detto che difficilmente riuscirebbe a ricondurci fino a casa nostra, ma non do tutta la colpa al mezzo di trasporto. Per lo più penso ai probabili incontri che ci toccherebbero sulla strada da percorrere» spiega tranquillo. 

 

Holmes, accomodato silenzioso sulla sua poltrona, si intrattiene per un certo tempo nell'osservazione del suo coinquilino che prova senza apprezzabili risultati a convincere Arsène Lupin a desistere dai suoi propositi. Alla fine si decide ad accorrere in suo soccorso, o per lo meno a fargli entrare in testa che ciò che si propone non è attuabile in alcun modo, a meno che suddetto Lupin non ne convenga lui per primo. E mentre John Watson lo fissa sembrando indispettito e perfino addolorato, fa il suo ritorno Cyril che annuncia l'arrivo del veicolo di lì a non più di quindici minuti. 

 

«Bien. In questo caso sarà meglio che Caitlin e io ci avviamo» annuncia Lupin, rimettendosi in piedi. Si attarda pochi istanti in silenziosa contemplazione dei propri pensieri, infine sembra decidersi e solleva lo sguardo sull'investigatore. «Per caso, Monsieur Holmes, non avreste a disposizione una scala di corda o similare attrezzatura?». 

 

Holmes arriccia le labbra in un sorrisetto sarcastico. «Quale risposta preferite?». 

 

«Una inequivocabile sarebbe di grande utilità». 

 

«In questo caso la risposta è: sì». 

 

Watson, poco discosto, trasale«Che accidenti ci fareste con una cosa simile?» sbotta frastornato. 

 

«Lo stesso identico uso che ne fa lui, mi sembra ovvio» replica serafico, lasciandosi alle spalle un coinquilino tramortito dalla sorpresa ed eclissandosi oltre una porta che sembra condurre in uno sgabuzzino, probabilmente il ripostiglio personale dell'investigatore. Quando fa ritorno in camera reca con sé giusto ciò di cui necessita il ladro francese e lo porge con un'occhiata eloquente. «Confido che potrò riaverla» aggiunge a titolo di precisazione. 

 

«Ovvio che sì, Monsieur. Lo considero un prestito a breve scadenza. La riavrete a stretto giro di posta (sempre che non vi sia occasione di rincontrarsi a breve)» assicura con in volto un sorriso invitante. 

 

«Signore, in tutta franchezza non so quale eventualità augurarmi» ammette Holmes, riaprendo la finestra e osservando Lupin lavorare per rendere la discesa in strada facile e priva di rischi. 

 

«AurevoirMessieurs!» esclama, iniziando la discesa e invitando Caitlin a fare altrettanto, seguendolo da presso sotto la sua attenta supervisione. 

 

Non più di due minuti dopo i due ospiti del 221B si trovano nel vicolo che costeggia il palazzo, in sella alla bicicletta malandata e intenti a pedalare faticosamente fino al ritrovo stabilito con Cyril e la carrozza che li ricondurrà tutti e tre sani e salvi alla villa di Lupin. 

  
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