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Autore: Roiben    22/10/2019    0 recensioni
[Arsène Lupin (Maurice Leblanc) – Sherlock Holmes (Arthur Conan Doyle)]
Quando si ha per le mani un caso delicato e la concreta possibilità di fallire, nella migliore delle ipotesi, o di venire arrestati nella peggiore, in che modo risolvere un problema che sembra non avere sbocchi? A chi chiedere un estremo aiuto? Quando un uomo probo è disperato, prende decisioni disperate.
|Revisionata 11.08.2020|
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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15 - Una piccola riunione 

 

 

 

 

 

Dietro al tavolo, accanto alle mappe e alle planimetrie, è seduto leggendo una lettera vergata a caratteri eleganti su carta spessa e costosa. La firma, in calce, recita Sir Dominick Ashley-CooperSi tratta del suo invito ufficiale, e in allegato a questo ha trovato perfino alcune utili indicazioni di rito e di dovere. Il sole, fuori dalla finestra, sta sorgendo con timida pudicizia sui tetti di grigio ardesia che svettano lungo le vie di Londra. Ha trascorso la notte sveglio, come del resto spesso gli capita, impegnato a studiare percorsi e uscite, e a leggere fra le righe delle parole scritte dal segretario, ma ora i suoi occhi velati dalla stanchezza si soffermano sulla pallida luce dell'alba, pensierosi. 

 

Quasi un'ora più tardi bussano con discrezione alla porta. 

 

«Entra, mon ami» invita in tono tranquillo. 

 

Con sua sorpresa, a comparire da dietro l'uscio non è la nota figura un poco spigolosa del suo cameriere personale, ma la folta e vistosa chioma fiammeggiante della sua nuova ospite scozzese. 

 

«Ah, Caitlin, ma petiteBonjour! Entra, non temere» l'accoglie gioioso. 

 

Lei fa vagare lo sguardo, saettandolo per la grande stanza, indecisa su dove poggiarlo, temendo di non riuscire a sostenere quello del padrone di casa. «Signore, mi scuso per il disturbo». 

 

«Macché, nessun disturbo, bambina mia. Coraggio, siedi pure su quella poltrona» le indica, mostrandole una morbida poltrona aggiunta di recente accanto a uno dei grossi camini della casa. «Ma dimmi, dunque: stai bene? Hai forse bisogno di qualche cosa? Oh, sono veramente un pessimo padrone di casa, talmente indegno di tale nome, lo so bene questo. Mi curo ben poco dei miei poveri ospiti, e purtroppo non sei la prima a risentirne» ammette fra il pentito e il divertito. 

 

Lei lo guarda con occhi grandi e perennemente attoniti. «Signore, son già quattro anni che mi ritrovo in questa città, e vi giuro che questa è la prima volta che dormo senza mai svegliarmi per quasi tutta la notte. Sto molto bene, e voi non dovete proprio preoccuparvi per me. C'è Cyril, che già mi sta addosso per bene». 

 

Lupin sgrana gli occhi, momentaneamente interdetto, poi si abbandona a una risata di gusto pensando al suo Cyril che di certo non avrà fatto altro che stare alle calcagna di questa povera ragazza nel tentativo di non farle mancare nulla. «Mi fa piacere sentirlo, ma petite. E pertanto, dimmi, cosa ti porta qui, a quest'ora precoce del mattino?». 

 

«Ecco, signore, io pensavo... Voglio dire, ho creduto il caso di venire a cercarvi per sapere come...». Tentenna, si ferma, solleva gli occhi un istante per poi distogliere immediatamente lo sguardo, come scottata. «Signore» riprende, con un grosso respiro di auto-incoraggiamento, «vorrei chiedervi come potrò ripagare la vostra gentilezza e il vostro impegno nei miei confronti». 

 

Arsène Lupin, visibilmente perplesso, ammicca per un lungo momento, assimilando le parole appena udite, poi scuote la testa. «Caitlin, bambina mia, se c'è qualcosa che credevo avessimo stabilito fin dall'inizio è proprio questa. Ma poiché vedo che ancora indugi su certi pensieri, farò in modo di essere chiaro e definitivo: non v'è nulla, nel modo più assoluto, che tu debba sentirti in dovere di fare e che non sia derivato da tua espressa volontà. In parole povere, se dovessi, anche in questo stesso momento, desiderare di staccarti da tutto ciò, da questa casa con me compreso, e partire in cerca di una nuova strada, sei perfettamente libera di farlo. Io, per parte mia, non ho intenzione di chiederti conto di nulla, e perché tu lo sappia: puoi restare fino a che ti farà piacere». 

 

«Ma...Signore, io, qui, sono un'intrusa e un peso, e...». 

 

«Basta così» interviene, forse in modo un po' troppo brusco per la sanità mentale della ragazza. «È sufficiente, non serve che tu aggiunga null'altro. Tutto ciò che posso rispondere è questo: sono fandonie. Tu sei qui tanto per mia quanto per tua scelta, pertanto nessuno di noi due può ritenerti né un'intrusa né tanto meno un peso. Compris?». 

 

Caitlin, per tutta risposta, annuisce con un gesto piuttosto incerto e meccanico, il respiro pesante e affannato, un insano pallore del viso e gli occhi sfuggenti. Tanto che Lupin non può fare a meno di prenderne nota e concludere di aver parlato con eccessivo vigore. Sospira. 

 

«Ti chiedo scusa, ma petite. Temo di esser stato troppo duro. A mia discolpa posso dire che mi hai preso alla sprovvista e che non ero preparato ad ascoltare idee come quelle che mi hai esposto poco fa. Ma mi rendo conto che non è una scusa sufficiente, e di nuovo domando il tuo perdono se con le mie parole ti ho messa in difficoltà». 

 

Un lungo, pesante silenzio si dilata sulla stanza. Infine Caitlin risolleva lo sguardo e lo punta in quello pensieroso di Lupin. «Signore, non so se sia possibile, ma avete detto che qui la mia volontà ha un certo valore, perciò...» esordisce, ingarbugliandosi a metà strada. 

 

Lui le offre un lieve sorriso incoraggiante. «Procedi pure. L'inizio è buono». 

 

«Ecco, il mio desiderio è di rimanere» ammette con voce flebile e timida. «Qui. Voglio dire: con voi». 

 

Lupin pondera con serietà sulle parole di Caitlin, ripiegando la testa di lato e rimuginando nell'intento di meglio comprendere. «Tu sai, credo, che la mia presenza in questa città è del tutto provvisoria» tenta. 

 

Annuisce, attenta. «Sì, signore». 

 

Storna gli occhi, posandoli qualche istante sul tavolo alle proprie spalle, pensieroso. Serra le labbra e si fa cupo per un momento. «È giusto che tu conosca alcuni dettagli, prima che si possa proseguire su questo percorso, Caitlin». Detto ciò si rimette in piedi e prende a passeggiare con lentezza lungo la parete che dà verso l'esterno, riflettendo. Inspira a fondo, avvertendo odore di legna bruciata, di inchiostro, di spesse pareti umide e di polvere, nonostante tutto il profondo impegno di Cyril. «C'è un motivo preciso per il quale mi trovo a Londra. Sono venuto da Parigi a seguito di una richiesta dell'uomo che ci ha suo malgrado ospitati ieri sera». Si volta, guardando gli occhi un po' spaesati della ragazza. «Tu sai chi è quell'uomo?». 

 

Lei socchiude le labbra, riflette un momento, poi scuote la testa. «Mi dispiace, no» ammette contrita. 

 

«Non importa. Te lo posso dire io. Non ritengo esista pericolo nel saperlo. Si tratta di un investigatore privato, il suo nome è Sherlock Holmes». 

 

Ora le labbra della ragazza sono spalancate per la sorpresa. «Ma credevo che... Voi avete detto di essere Lupin» tenta vanamente di protestare, non comprendendo. 

 

Sorride, nonostante tutto divertito. «Oui, l’ho detto, n’est-ce pas? Eh bien, lo ribadisco, poiché è ciò che sono e non ho motivo per nasconderlo o men che meno rinnegarlo, né di fronte a te né tanto meno a lui. E, che rimanga fra noi, non ritengo che egli possa essere fonte di pericolo poiché neppure lui è trasparente come si potrebbe supporre basandosi unicamente sul lavoro che svolge per la comunità. In effetti è questo il motivo principale per cui sono giunto fino a qui: è semplicemente intrigante, e io ho un debole piuttosto imbarazzate per tutto ciò che risulta all’apparenza incomprensibile» 

 

Caitlin non dice nulla, ma dal suo sguardo si possono facilmente indovinare i suoi dubbi e le sue perplessità circa l'esattezza della teoria del suo ospite. 

 

Lupin ride, notando il tenore dei suoi pensieri«Oui, vedo bene che non sei per nulla convinta. Evidentemente non so fare un buon lavoro nell'esporre le mie ragioni. Pas des soucis, ma petite. In realtà il punto focale del nostro attuale problema non tratta Monsieur Holmes, ma uno dei motivi che mi hanno portato in questa città. Avvicinati, s’il te plaît, desidero mostrarti qualcosa» la invita con gentilezza. 

 

Lei, di buon grado, accetta l'invito e si accosta al tavolo cui è appoggiato l'uomo, osservando con attenzione ciò che gli sta indicando. «Sembrano disegni di posti» ipotizza, scrutando una grossa mappa che raffigura l'isolato su cui sorge la dimora del segretario. Vi sono appuntati dei nomi di strade, ma lei non sembra saperne molto. «Non mi pare d'esserci stata. È molto lontano?». 

 

«Pas beaucoup. Ma a piedi lo sarebbe senz'altro. È un quartiere vicino al parlamento, uno di quelli costosi, per intenderci» le spiega paziente. 

 

Lei sgrana gli occhi e li solleva a fissarli in quelli pacati di lui. «Voi volete andare lì? Per...». 

 

Sorride, o per meglio dire, ghigna. «Oui, ma petite. Esattamente per». 

 

«Oh, no! Chissà quante guardie ci sono in un posto come quello» protesta vivamente. 

 

«Bon, mi lusinga la tua preoccupazione per le mie sorti, bambina mia. Però, vedi, ho un piano. E c'è di più: ho anche un invito» annuncia, mostrandole la lettera del segretario. 

 

Caitlin lo fissa sbalordita. «Volete dirmi che il padrone di casa vi ha invitato? Che problema ha?». 

 

Lupin scoppia a ridere fino a farsi venire le lacrime agli occhi. «Ah, tu sì che sai darmi soddisfazioni, bambina mia. Per quanto riguarda lui, ti posso assicurare che di problemi al momento non ne ha molti, ma aspetta un paio di giorni, e la situazione cambierà in modo drastico». 

 

«Dite che se lo merita?» indaga incuriosita. 

 

«Mais oui! Vedi, ma petite, quello è il genere di personaggio che chiunque preferirebbe non incontrare mai sulla propria strada. È cattivo, e senza scrupoli. So che per te potrebbe sembrare strano pensare a un nobile malvagio (può apparire come una contraddizione in termini, n’est-ce pas?), ma ti assicuro che ne esistono fin troppi del suo calibro. Ne ho incontrati diversi sulla mia, di strada, e mi ci sono divertito parecchio». 

 

«Lo farete anche con questo qui?». 

 

«Bien sûr que si! Vedrai, bambina mia, prima di quanto non ti aspetti gli passerà la voglia di ingannare le persone». 

 

«Credete che cambierà idea?» domanda ingenuamente. 

 

«Oh, no, non lo credo affatto. Certa gente non migliora, tutt'altro in effetti. La maggior parte rinunciano ai loro maggiori propositi per mantenere un profilo più basso, ma se la loro testa è malata, non guarisce per una sconfitta, per quanto sonora. Alcuni, i più pericolosi, finiscono addirittura per covare tanto rancore e risentimento da pianificare vendette, e non solo contro chi li ha fregati». 

 

Caitlin trema, al pensiero. «E voi... non credete che questo qui sia così?». 

 

Lupin allunga una mano e scompiglia fra le dita i capelli della ragazza. «Francamente non mi sembra il tipo. Ammetto di non averci avuto molto a che fare, per ora, ma nel poco tempo che ho trascorso in sua compagnia, e da quanto ho letto e sentito, trovo che sia più il genere del vigliacco. E di norma persone come queste non si espongono, con il concreto rischio non solo di venire smascherati ma anche di rimetterci personalmente». 

 

Lei annuisce, sembrando già più convinta. «Posso... Potrei rimanere a vedere i preparativi?». 

 

Lui la scruta con attenzione, incerto. «Puoi restare. Ma fin d'ora posso dirti che non intendo permetterti di partecipare, in alcun modo. I rischi sono già troppi allo stato attuale, e non voglio che peggiorino, per nessun motivo. Inoltre sei sotto la mia tutela e responsabilità. Posso anche essere un pessimo padrone di casa, ma non diverrò un orrendo tutore che permette a una bambina di cacciarsi nei guai. Siamo intesi?». 

 

Le labbra di Caitlin sono arricciate in un piccolo broncio che sa tanto di delusione, tuttavia annuisce per quanto forzatamente. Ma lui le sorride, incoraggiante, e tanto basta a farle scordare lo smacco e la delusione e a farla riavvicinare al tavolo, osservando affascinata le carte sparse e il padrone di casa intento a dar loro un senso pratico. 

 

 

 

Entra Cyril, crucciato ché si è già fatto tardi e nessuno s'è degnato di scendere a colazione. Per di più non ha trovato la ragazza laddove s'aspettava che fosse, ovvero nella camera a lei assegnata la sera precedente. E quando schiude l'uscio intenzionato a rimbrottare al padrone la sua assenza ingiustificata, si arresta sul più bello, confuso e sorpreso nel trovare lì riuniti entrambi i rei d'aver scioperato la sua tavola. 

 

«Mademoiselle Caitlin, voi qui? Vi ho cercata in ogni dove, prima di decidermi ad avvertire il padrone» lamenta in un borbottio risentito. 

 

Nel mentre Caitlin, lasciato il fianco del padrone di casa, arrossisce un poco sulle gote ma acquista un'espressione divertita che sembra presa a prestito direttamente da Lupin. Gli si fa incontro e, con somma costernazione di Cyril, non si ferma affatto a debita distanza come dovrebbe accadere in ogni situazione di decenza sociale e buona educazione impone, ma lo circonda con le esili braccia e gli pianta la fronte sullo sterno, inondandogli il petto dei suoi capelli e facendolo rimaner di stucco e secco come un baccalà. 

 

«Vi agitate troppo, buon Cyril. Io non ho un graffio e sono in salute. E vi ringrazio per avermi tanto cercata, così ora possiamo scender giù tutti assieme a gustare la vostra ottima colazione». 

 

Quella della ragazza voleva essere una sorta di dolce rassicurazione per il pover'uomo, ma il suddetto, troppo frastornato, non sa come muoversi né dove metter le mani o cosa far uscire di bocca, quindi rimane zitto e immobile, sperando che l'increscioso evento veda presto una fine. 

 

Una lieve risata proviene invece dal fondo della sala, di fronte alla finestra ora inondata di un raro sole brillante. Arsène Lupin si avvicina ai due e posa una mano sulla spalla di Caitlin«Ma petite, credo faresti meglio a liberare il povero Cyril, prima che si faccia venire un malore» suggerisce con divertimento. 

 

Caitlin solleva lo sguardo, appuntandolo sul cameriere e notando presto il suo disagio, evidentemente provocato dai suoi modi poco consoni. Seppur con rammarico, accetta di abbandonare il posto comodo che si era trovata e rimane a guardare Cyril fuggire letteralmente a gambe levate con la scusa di controllare che tutto sia in ordine per il loro primo pasto giornaliero. 

 

«Ho fatto male, vero?» chiede turbata e dispiaciuta. 

 

Scuote la testa, ancora con un mezzo sorriso sulle labbra. «Non molto, bambina mia. Anzi, credo che alla lunga gli farà bene. A volte è un po' troppo rigido e mi ritrovo a essere in pensiero per lui. Sono certo che averti intorno in qualche modo gli gioverà». 

 

«Mah, speriamo» dubita, seguendo il padrone di casa al piano terra per una tardiva colazione. 

  
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