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Autore: ONLYKORINE    18/10/2019    2 recensioni
Il trofeo a forma di sole, della famiglia Rivera, nasconde un segreto, un segreto di famiglia.
Cosa sarà successo cinquant'anni prima? E perché adesso tutti vogliono prendere il trofeo che è nello studio di Mr. Rivera?
Genere: Azione, Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Iris Rivera

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Aprile 1885

William Alexander Rupert Spencer si guardò intorno: il corridoio era deserto. Poteva essere un buon momento. Forse l’unico. Prese un grosso respiro e si avventurò nei meandri di Rivera Manon.

In quel pomeriggio di sole, William era andato in visita alla famiglia di Elisabeth, la sua fidanzata. Erano due mesi che aveva mandato al padre della bionda fanciulla la sua richiesta formale per il matrimonio e presto avrebbero dato il party per annunciare il fidanzamento, ma ancora non c’era stato niente di ufficiale.

Davanti alla porta dello studio ebbe lo scrupolo di fermarsi e guardarsi intorno. Poteva farcela. Per sua nonna, per l’anima di suo padre. Doveva farcela.

Quando mise mano sulla maniglia, già pronto a profanare il rifugio di Archibald Rivera, una voce squillante lo chiamò e lui si irrigidì.

“Mr. Spencer!” William si girò verso la fidanzata e si sforzò di sorridere. Dannazione! Non sarebbe riuscito a entrare nello studio.

“Mrs Rivera, Miss Elisabeth” disse, con un sorriso forzato. Fece un lieve cenno del capo e della schiena, per rispetto alla ragazza e all’anziana che aveva a fianco.

Elisabeth sorrise. Era di una bellezza canonica: bionda con gli occhi chiari e la carnagione pallida. Una vera signora. William sapeva che la fidanzata assomigliava alla madre, una signora dalla corporatura minuta e i capelli chiari, che il ragazzo aveva visto solamente in una fotografia istantanea qualche tempo prima.

“La nonna è stanca e l’accompagno nella sua stanza…” disse l’affettuosa nipote, sottobraccio alla donna anziana, che si appoggiava a un costoso bastone con l’impugnatura in corno. William osservò il viso della nonna e fece un altro sforzo. Presto sarebbe finito tutto, doveva solo mettere le mani sul trofeo.

“Perché non andate a cavalcare anche voi, Mr Spencer? Siete l’unico a non aver ancora visitato Central Park. Dovreste farlo. Potreste raggiungere mio figlio e gli altri uomini che si stanno preparando alla scuderia.”

Dal tono della vecchia sembrava più un ordine che un mite consiglio, così William strinse le labbra e annuì, prima di dire: “Sarei lusingato di partecipare a una gita di questo calibro con Mr. Rivera. Mi unisco nel giro al parco. Signore…” Con un elegante baciamano alla fidanzata e alla nonna di lei, salutò e imboccò le scale per andare al piano di sotto.

 

Elisabeth lo osservò finché i suoi riccioli non sparirono alla vista delle due donne. La giovane accompagnò la nonna nelle sue stanze e la fece sedere su una poltroncina prima di chiederle: “Volete riposare subito o chiamo la cameriera per far portare un po’ di tè?”

Iris Eleanor Elisabeth Rivera, nata Abbott, si sedette guardando la nipote. Non era una creatura troppo intelligente secondo l’anziana e, sempre secondo la nonna, era proprio questa la sua fortuna. “Fai portare una tazza di tè nero, grazie” disse, sottovoce, ma in tono autoritario.

Appoggiò il bastone al bracciolo della poltrona e lasciò che la ragazza ordinasse il tè alla cameriera, poi le fece cenno di sedersi.

Aspettarono in silenzio che la cameriera tornasse e, una volta sole, Elisabeth servì la nonna.

“Nonna…” iniziò sospirando la ragazza. La donna la guardò di sottecchi mentre controllava come versava il tè e quanto latte ci mettesse. Le fece cenno con la mano rugosa di non aggiungere altro zucchero e si fece passare la tazza.

“Dimmi, cara” disse, concedendole il permesso di parlare.

“Nonna… voi… eravate innamorata del nonno?” chiese la nipote, preparandosi una tazza per sé. Iris fece una smorfia quando aggiunse troppo latte.

“Tieni la schiena più dritta, innanzitutto, Elisabeth!” esclamò, facendo il gesto con la mano per correggerle la postura. Aspettò che la ragazza eseguisse l’ordine e poi continuò: “I matrimoni non sono tutti d’amore, Elisabeth. Quelli delle persone meno importanti lo sono, solo la servitù o la gente che vive di là dal fiume si sposa per amore. Loro non hanno nient’altro. Noi Rivera, invece, ci sposiamo per stringere alleanze e patti, per arricchire il patrimonio familiare e rafforzare l’importanza della famiglia. Così feci io con tuo nonno. L’amore va e viene, non conviene basare un matrimonio, che dura tutta la vita, su qualcosa di così futile”. E assurdo. Pensò in ultimo, l’anziana donna.

La ragazza annuì assorta nei suoi pensieri. “Quindi… è giusto che io non provi… niente… per Mr. Spencer?” chiese ancora, guadando la nonna. Iris bevette un sorso di tè e appoggiò con lentezza la tazza sul piattino, lisciandosi delle pieghe inesistenti sulla manica del vestito. Lo fece apposta, mentre la ragazza continuava a guardarla.

“Certo. È giusto. Sarà un gran matrimonio, il vostro, vedrai. Sarete molto felici.”

Si sforzò di sorridere quando sorrise la nipote. Elisabeth avrebbe sposato Mr. Spencer, Iris non poteva permettere che non succedesse, la famiglia era piena di debiti, anche se nessuno lo sapeva e il patrimonio di lui, che era un abile commerciante nonostante la giovane età, avrebbe aiutato tutti loro. Da quando il nipote si era sposato e si era trasferito nella proprietà del padre era venuta a mancare una solida entrata e ora Iris doveva riuscire a risolvere la cosa.

Era stata lei a consigliare al figlio Archibald, padre di Elisabeth, di farla maritare al più presto. Non che fosse giovanissima, ormai aveva compiuto diciannove anni ed era ora che facesse anche lei la sua parte. In fin dei conti le figlie femmine servivano solo a quello: aumentare il patrimonio di famiglia. Patience, la primogenita di Iris, si era sposata a diciassette anni, in fin dei conti.

Era riuscita a organizzare tutto, come chaperon della ragazza e quando si erano presentati svariati pretendenti, Iris era riuscita a mandare avanti quelli che a lei sembravano i più appropriati: giovani con una buona rendita e con una famiglia poco numerosa. Suo figlio non si era neanche accorto della sua strategia.

Sua nipote, quindi, doveva assolutamente sposare Mr. Spencer, un ragazzo in gamba anche se dal passato un po’ buio, Iris aveva dovuto sguinzagliare un investigatore per assicurarsi che non ci fossero brutte sorprese. Il suo uomo era riuscito a scoprire che il patrimonio di Mr. Spencer era reale e la sua reputazione impeccabile, anche se non era riuscito a scoprire molto sul suo passato. Avrebbe dovuto tenere gli occhi aperti.

Elisabeth guardò la nonna. Avrebbe voluto chiedere se fosse giusto che a lei battesse forte il cuore quando incontrava a Central Park Mr. Riney e desiderasse tantissimo passare del tempo con lui, mentre invece con Mr. Spencer le piaceva solo chiacchierare. Mr. Spencer, anche se lui le aveva detto chiaramente di chiamarlo ‘William’, era un bravo ragazzo e le piaceva la sua compagnia, ma lei non si sentiva così bene in sua compagnia come quando rideva con Mr. Riney. Non era sicura di come dovesse sentirsi in una situazione del genere.

“E nonna… cosa… dovrò fare la prima notte di nozze?” Elisabeth divenne rossa sulle guance e abbassò gli occhi, vergognosa. “Scusate se lo chiedo a voi, ma non so a chi chiedere, la mamma è morta e io…” Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime.

Iris sospirò cercando di non fare rumore. Si allungò verso la nipote e le posò una mano sulla sua, per consolarla. “Non dovrai fare niente, cara. Farà tutto lui. Tu starai ferma e prima che tu possa pensarci, sarà tutto finito”.

Elisabeth annuì. Non avrebbe dovuto fare niente? Non ne era tanto convinta ed era ancora confusa all’idea di non sapere cosa sarebbe successo di preciso, ma decise di non chiedere più niente alla nonna.

Chiamò la cameriera per sparecchiare il servizio da tè e si congedò. Quando uscì in corridoio, incontrò zia Patience che le andò incontro sorridendo.

“Tesoro, dove vai?” La zia, sempre gentile e amorevole, era vedova da tanto tempo e da quando suo figlio si era sposato, aveva scelto di tornare nella casa paterna per lasciare alla nuova coppia un po’ di intimità.

“Ho accompagnato la nonna, zia…” Si asciugò una lacrima che era scesa sulla guancia e la donna le fu subito accanto.

“Elisabeth, cara… ti senti bene?” La ragazza scoppiò a piangere e Patience, dopo averle circondato le spalle con un braccio, l’accompagnò verso la sua stanza. “Vieni con me, cara, c’è sempre una soluzione per tutto, vieni… è per il matrimonio?”

Patience, che era stata una giovane debuttante e mandata in pasto alla realtà matrimoniale ancora prima di Elisabeth, cercò di rassicurarla. Qualcuno doveva calmare quella ragazza. Sua madre non era proprio la persona adatta per parlare di matrimonio, Patience lo sapeva bene. Chissà cosa le aveva detto per spaventarla così! Sperò che non le avesse fatto il discorso sul fatto che avrebbe potuto tradire il marito solo dopo avergli partorito un erede, come aveva fatto con lei. Patience ne era rimasta così sconvolta da non riuscire a mangiare a cena, quella volta.

Scosse la testa, decisa a tranquillizzare la ragazza.

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