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Autore: Francis_03    18/10/2019    1 recensioni
Salve a tutti,questa e una fiction Horror (Non proprio quel horror che vi aspettate ma sempre horror è) di a tutto reality,spero vi piaccia
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alejandro, Duncan, Gwen, Trent
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Duncan non sapeva dove si trovasse: era avvolto dalla semioscurità e sentiva la pressione dell'aria umida sulla pelle; regnava il silenzio, tranne per l'insistente ticchettio di una goccia che riecheggiava in maniera sinistra tra le grigie pareti.

I muscoli delle sue gambe erano intorpiditi, ma nonostante ciò qualcosa che non sapeva definire, forse una forza esterna a lui, lo spingeva a muoversi ed esplorare quell'ambiente sconosciuto. Camminava come un automa, senza sapere la direzione in cui si stava dirigendo; i suoi occhi furono calamitati da uno spiraglio di luce e così smise di prestare attenzione a dove metteva i piedi. I suoi passi intanto rimbombavano con una tale potenza da farli sembrare dei colpi secchi e violenti.

Non appena giunse nei pressi della fonte luminosa, si rese conto che si trattava di un punto in cui le travi ormai marce del soffitto avevano ceduto, lasciando trapelare un fioco raggio di luce.

Duncan si rese conto che il continuo martellare della goccia si era fatto più vicino, anche se non riusciva a capire da dove provenisse. Volse lo sguardo al soffitto e rimase agghiacciato: la sagoma di una ragazza dalla pelle diafana dondolava leggermente poco sopra il suo capo. Il collo aveva assunto una posizione innaturale ed era stretto attorno a una corda intrisa di sangue.

Sotto il cadavere, sul pavimento, si stava formando una pozza purpurea.

Il suono della sveglia fece sobbalzare Duncan, che si mise a sedere di scatto con gli occhi sbarrati e interruppe frettolosamente quel fastidioso trillare proveniente dal suo cellulare.

Poche volte gli era capitato di fare incubi che lo sconvolgessero tanto, ma quel sogno sembrava così reale: aveva sentito tutte le sensazioni, i rumori, gli odori, le immagini, come se si fosse trovato davvero in quell'edificio diroccato.

Prese un paio di respiri profondi e il suo cuore tornò a battere a un ritmo regolare dopo qualche secondo.

Il ragazzo si concentrò quindi su quello che lo attendeva durante quella giornata: una nuova giornata di lavoro e poi la serata con i suoi amici della band per indagare sul misterioso hacker.

Avrebbe raccontato loro quel sogno per farli spaventare un po'. Se la sarebbe spassata.

“Eccomi ragazzi, vi ho portato la cena!” esordì Gwen quando Trent le aprì la porta di casa.

La ragazza teneva con entrambe le braccia un carico fumante di buste di cartone contenenti una quantità industriale di cibo da fast food.

Trent la accolse con un sorriso e la lasciò entrare; lei abbandonò le provviste sul tavolo e salutò Alejandro e duncan, intenti a sfidarsi in una partita a Tekken.

“Dai, mangiamo! Io ho fame!” propose Tom, sbirciando dentro i pacchetti e annusando il delizioso profumo che invadeva la stanza.

“Ah! Ti ho battuto, stronzo!” gridò il bassista, abbandonando il joystick sul divano e mettendosi in piedi con aria trionfante.

“Comunque io voglio la rivincita” borbottò l'altro, stiracchiandosi e riponendo tutto al suo posto dopo aver spento la tv.

“Io invece voglio mangiare. Trent, cosa ci offri da bere?” chiese Duncan, avvicinandosi al tavolo.

Trent intanto aveva preso ad armeggiare con lo stereo per mandare un po' di musica come sottofondo. “Boh, guardate cosa è rimasto. È tutto in frigo.”

I quattro amici si spartirono panini e patatine fritte, poi cominciarono a chiacchierare serenamente.

“Stanotte ho fatto un sogno...” bofonchiò Duncan con la bocca piena di cibo e un pezzo di cipolla che gli pendeva da un lato, in piena vista.

Gwen sbuffò. “Potresti finire di masticare prima di iniziare a raccontare? Sai, non voglio rivedere il mio cibo qua sul tavolo sotto un'altra forma per colpa tua” lo rimproverò disgustata.

“Un vero rude boy non tiene conto di queste cazzate” proseguì lui imperterrito, dando un altro morso al suo hot dog.

Rude boy...” commentò Alejandro con aria dubbiosa.

“Stai zitto tu: batterti a Tekken è stata una passeggiata!”

“Avete finito di girare il film d'azione? Puoi andare avanti con il racconto del sogno?” tagliò corto Trent, spazientito.

Il bassista degli Evil Hunters descrisse il suo incubo nei minimi dettagli, ripercorrendo con la mente le terribili immagini che gli erano apparse davanti agli occhi.

“E quindi?” domandò infine Alejandro.

“E quindi niente, mi andava di raccontarvelo per vedere se vi sareste spaventati.”

“Uh, che paura...” sghignazzò Gwen con sarcasmo.

“Okay, avete finito di mangiare? Cominciate pure a salire, io intanto butto questa roba nella spazzatura, faccio una gita in bagno e vi raggiungo subito” decise il padrone di casa, assistito dal suo solito senso pratico.

Gwen, Alejandro e Duncan andarono a lavarsi le mani nel lavandino della cucina e poi salirono le scale che portavano alla mansarda, lasciando il batterista solo.

Trent rimise a posto tutto in men che non si dica e imboccò il corridoio immerso nella penombra per dirigersi al bagno. Mentre lo percorreva, la suoneria del cellulare lo avvisò dell'arrivo di una notifica su facebook; lo afferrò e lesse velocemente il testo:

Mayanetsuradoki ha aggiunto una nuova foto.

Strano, eppure era convinto di aver rimosso la pagina dalle seguite.

Guidato dalla sua incontrollabile curiosità, ci cliccò sopra e aprì la foto.

Con una prima occhiata non riuscì bene a capire cosa rappresentasse quell'immagine, poi la osservò più attentamente.

Su uno sfondo grigio era delineata una sagoma che pendeva dall'alto, con il capo rivolto all'insù e un rivolo nero che scorreva fino al margine della foto.

Trent quasi si lasciò cadere il telefono dalle mani: sembrava proprio la descrizione del sogno di Duncan, ma come era possibile? Come potevano le due cose essere collegate?

Il ragazzo fu costretto a distogliere lo sguardo; non riusciva a osservare quel corpo che ai suoi occhi pareva prendere vita e tridimensionalità.

Infilò nuovamente l'apparecchio in tasca e corse verso il bagno, per poi accendere la luce e chiudere violentemente la porta.

Trent si reputava una persona abbastanza razionale, ma ciò che aveva visto gli aveva inspiegabilmente fatto provare una pressante inquietudine.

Dopo aver ripreso piena padronanza di sé, decise che doveva assolutamente mostrare ai suoi amici la notifica che aveva ricevuto.

Ma quando posò nuovamente lo sguardo sul display, non c'era traccia della pagina Mayanetsuradoki.

Disperato e spaventato, Trent cercò una prova che dimostrasse la reale esistenza di quello che aveva visto: digitò il nome della pagina sulla barra di ricerca e la fece scorrere verso il basso.

L'ultimo post risaliva a quel pomeriggio. La foto non c'era più.

L'hacker deve averla cancellata qualche secondo dopo averla pubblicata e la somiglianza con la descrizione del sogno dev'essere una semplice coincidenza, si disse, tentando di mantenere la calma e aggrappandosi a quella spiegazione.

“Ieri mentre ero su facebook si è aperta una finestra strana che ha cominciato a lampeggiare, poi il cellulare si è spento ed è tornato tutto come prima. Non vorrei che quello stronzo di Maya-come-diamine-si-chiama mi abbia mandato in omaggio un bel virus” raccontò Gwen mentre i componenti degli Evil Hunters attendevano che il portatile di Alejandro si avviasse.

Aveva volutamente evitato di raccontare la parte che l'aveva spaventata di più, ovvero la luce bianca che aveva visto nello schermo, perché era fermamente convinta di essersela immaginata e non voleva apparire agli occhi dei suoi amici come una pazza psicopatica.

“Allora un giorno di questi gli do un'occhiata per vedere se c'è qualcosa” affermò Alejandro, prendendo a digitare come un forsennato sulla tastiera.

“Cosa stai facendo?” gli domandò subito Duncan, curioso.

“Sto aprendo facebook attraverso questo programma per hacker: se tutto va bene, con questo dovrei scoprire a quale profilo o quale email è collegata ora la nostra vecchia pagina” spiegò, prendendo poi a imprecare tra i denti contro la connessione lenta e cliccando insistentemente con il mouse.

Trent sedeva sul bracciolo della poltrona perso tra i suoi pensieri, mentre Gwen passeggiava nervosamente avanti e indietro alle spalle del chitarrista.

“Oddio...” mormorò quest'ultimo, fissando lo schermo con sguardo assorto.

“Cosa? Cosa hai trovato?” esclamarono gli altri tre, scattando in avanti e travolgendo Alejandro per poter vedere i risultati della ricerca.

“Ragazzi, aria... qui non compare niente e nessuno, è come se la pagina non esistesse nel web!” disse lui, indicando la finestra vuota con un punto interrogativo rosso al centro.

I quattro si scambiarono occhiate sbalordite, poi Gwen, Duncan e Trent puntarono su Alejandro il loro sguardo con una domanda implicita e comune: e adesso che si fa?

“Tranquilli ragazzi, abbiate fiducia nel vostro chitarrista preferito; il bastardo non può vincere contro di me. Posso usare altri mezzi per trovarlo” li rassicurò lui con decisione, poggiando nuovamente la mano destra sul mouse come fosse un'arma da guerra.

Gli altri non furono più capaci di staccare gli occhi dal pc, seguendo passo dopo passo le azioni del loro amico nonostante non capissero granché di ciò che stava accadendo.

“Il dispositivo sta per esplodere... sì sì, interessante, levati dai coglioni... perché non si toglie?” inveì Alejandro contro una finestra arancione che non voleva saperne di andare via.

“Mi auguro sia una delle solite cazzate e che questo coso non salti in aria davvero” osservò Gwen con le sopracciglia aggrottate.

“Tranquilla, è impossibile che esploda... però non si toglie, come faccio a continuare le ricerche?” sbuffò lui, provando diverse combinazioni di tasti.

Ma quell'arancione fluorescente era lì e sembrava ormai parte integrante della schermata.

Mezzo minuto più tardi, il pc prese a ronzare e sul desktop si materializzò un conto alla rovescia in caratteri cubitali. Trent fece un balzo indietro, impaurito, Duncan cominciò a imprecare, Gwen e Alejandro trattennero il fiato, incapaci di muoversi.

Il computer si spense con un lampo bianco: ma prima che divenisse del tutto nero, due occhi sbarrati si fissarono in quelli dei ragazzi per una frazione di secondo.

Gwen gridò.

“Ma che cazzo... avete visto anche voi? Non ho le allucinazioni, vero?” sbottò il bassista, poggiandosi con una mano allo schienale della sedia per non perdere l'equilibrio.

“L'abbiamo visto tutti” mormorò Alejandro; senza perdere tempo si avvicinò nuovamente al suo portatile e, dopo un breve esame per scovare eventuali danni esteriori, lo riaccese.

“Cosa?” domandò Trent confuso, accostandosi nuovamente alla scrivania.

“Non l'hai visto? Erano... occhi, e ci fissavano” farfugliò Gwen, stringendosi le braccia attorno al corpo.

“Potrebbe essere stato un effetto ottico. Un po' di razionalità, su! Comunque il pc non è esploso, si sta riavviando ed è tutto a posto. Più tardi controllerò la presenza di eventuali virus” tagliò corto Alejandro.

“Ma che problemi hai? Vuoi davvero continuare a usarlo?” si rivoltò Duncan, andando a sedersi in poltrona.

“Davvero vi fate spaventare da un tizio che usa due trucchetti con un computer? Mi deludete.” Il ragazzo, nonostante tutto, si mostrava totalmente rilassato e i suoi amici si chiesero come fosse possibile che non si facesse suggestionare da quella faccenda

Calò il silenzio nella stanza, interrotto solo dal ticchettio dei tasti e del mouse.

Fu Alejandro a interromperlo per primo, annunciando: “Trovato”.

“Cosa?” saltarono su gli altri tre, rivolgendogli tutta la loro attenzione

“La pagina è collegata al profilo di un certo Mike Keys... e questo è il suo profilo. Ah... non pubblica da circa un anno e mezzo.”

“Finalmente! E ora che l'abbiamo trovato?” esultò il bassista, alzandosi.

“Un attimo, voglio fare una ricerca su Google, magari trovo altre informazioni sul suo conto.”

Il ragazzo digitò il nome sulla barra di ricerca e cominciò a scorrere i risultati.

Gwen si posizionò alle sue spalle e sbirciò le scritte che si susseguivano sullo sfondo bianco. “Cos'hai trovato?”

“Una serie di articoli. Un attimo, fammeli aprire. Parlano di un ragazzo morto in un incidente.”

Le fiamme divorano una casa: tre feriti e un morto:

La scorsa notte, nella periferia della cittadina di […], è scoppiato un incendio all'interno di una casa a seguito di un corto circuito. Il fatto è avvenuto intorno alle due e mezza. La casa, quasi interamente costruita in legno, ha preso rapidamente fuoco e per la famiglia che vi abitava è rimasto poco tempo per scappare; tutto si è concluso con l'arrivo dei vigili del fuoco, avvisati prontamente dai vicini. I coniugi e la figlia minore di soli 12 anni sono riusciti a salvarsi, seppur con qualche ferita; lo stesso non è stato per Anthony Keys, deceduto durante l'incendio per l'esposizione alle elevate temperature e l'eccessiva inalazione di fumo.

“Non è detto che sia il nostro Mike” rifletté Tom.

“Qui nell'articolo c'è una foto; perché non la confrontiamo con quelle del profilo facebook?” propose Duncan.

Alejandro annuì e con un paio di click alternò le due immagini sullo schermo.

Non c'erano dubbi: si trattava dello stesso ragazzo.

“Questo vuol dire che... che... stiamo combattendo contro un morto?” sussurrò la cantante, mentre i battiti del suo cuore le invadevano le tempie.

Improvvisamente gli occhi di Mike  impressi sullo schermo sembrarono quasi prendere vita, intensità.

Erano due pupille dilatate, brucianti, folli.

   
 
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