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Autore: evil 65    19/10/2019    13 recensioni
Due anni sono passati dalla guerra contro Thanos.
Peter Parker e Carol Danvers sono ormai diventati buoni amici, alternando la loro vita da supereroi a rari momenti di vita quotidiana in cui si limitano ad apprezzare l’uno la compagnia dell’altra, come farebbero con qualsiasi altro membro degli Avengers.
Tuttavia, Peter vuole di più…anche se sa che non dovrebbe.
A peggiorare le cose, un misterioso serial killer dotato di poteri fugge da un carcere di massima sicurezza, cominciando a seminare morte e distruzione in tutta New York…
( Sequel della one-shot " You Got Something For Me, Peter Parker ? " )
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Lemon, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco un nuovissimo capitolo, che preannuncia l'inizio dell'arco finale della fan fiction!
Vi auguro una buona lettura, e come sempre spero che troverete il tempo di lasciare un commento.



12 to Midnight

La minaccia di Carnage era andata a segno. Una coda lunga più di otto chilometri si snodava in direzione del Brooklyn Bridge, una diramazione partiva addirittura dal Memorial Park del City Center.
Dal ponte si vedeva City Island e da lì levarsi la Statua della Libertà, imponente e fiera, che innalzava la sua torcia. La grande statua era stata costruita decenni prima come faro, una luce che avrebbe illuminato le speranze e i sogni della città. Purtroppo, con il passare degli anni, quella luce si era offuscata fino a illuminare poco più che l’infinita serie di fallimenti della metropoli.
Agenti in moto o a cavallo sfilavano di fianco alle macchine incolonnate nel tentativo pressoché vano di mantenere la calma tra chi desiderava disperatamente scappare. Autobus di linea, destinati a un nuovo uso, erano stati raccolti nel punto più critico, in modo da alleggerire in parte il traffico, ma avevano finito per restare anch’essi intrappolati nella piena di fuggitivi terrorizzati.
Dal sedile posteriore dell’auto di servizio, George Stacy orchestrava l’esodo cittadino meglio che poteva. Era preso nel tourbillon di una mezza dozzina di cellulari che lo mettevano in comunicazione con i capitani dei distretti chiave di New York.
Il veicolo procedeva per la maggior parte del suo tortuoso percorso sui marciapiedi, e l’insistente grido della sirena metteva in fuga i cittadini già di per sé terrorizzati, che cercavano di non essere investiti.
<< Signore >> disse una voce al telefono. << I miei uomini hanno già fatto evacuare un terzo della popolazione di Roosvelt Island, ma non riusciremo mai a raggiungere tutti in tempo >>
Tom Hills, veterano del dipartimento di Polizia di New York, ventidue anni di servizio, era capitano nel Quinto distretto, ed era chiaramente spaventato. Al tempo stesso, però, si sforzava di mantenere il controllo.
<< Non so cosa fare, signore. Abbiamo davvero bisogno di aiuto >>
<< Vorrei tanto potertene dare, Tom >> ribattè Stacy. Hills era stato uno dei primi poliziotti che aveva conosciuto al suo arrivo a New York. Era quasi impossibile trovare un agente migliore e più onesto di lui, ecco perché solo tre anni dopo era stato promosso capitano. << Abbiamo l’organico ridotto all’osso. Fai evacuare tutti quelli che riesci >>
<< E quelli che non riusciamo a evacuare, signore? >>
La risposta gli risultava odiosa, ma Stacy sapeva che non ce n’era un’altra.
<< Non possiamo fare l’impossibile >>
E, detto questo, chiuse la comunicazione prima che Hills potesse ribattere, lasciò cadere il telefono sul sedile ed espirò profondamente.
Anche nelle migliori condizioni, era una lavoro impossibile. Oggi era ancora peggio.
Rimase a osservare diversi scuolabus carichi di ragazzini delle medie, o anche più piccoli, che superavano la sua auto. Si dirigevano a nord, passando il Brooklyng Bridge e Manhattan. Da lì sarebbero stati spinti a ovest e, con un po’ di fortuna, avrebbero lasciato la città in un’ora o due.
I bambini sembravano spaventati e ne avevano tutte le ragioni : era senza dubbio la situazione più caotica cui avessero assistito nel corso delle loro giovani vite. Purtroppo New York trovava sempre il modo di lasciare il segno, anche sui più giovani.
<< Alla fin fine tutto ricade sempre sui bambini, no?>> disse Stacy a Ben Finch, il suo autista. << Chissà che paura avranno. Li guardo e mi viene in mente quando Gwen aveva la loro età >>
Finch annuì. << Già, ma sa una cosa, commissario? Vent’anni fa non c’erano mostri come Carnage. Oggi, ne siamo invasi. Non riuscirei nemmeno a contarli >>.
 Scosse la testa.
 << Secondo me, questi bambini sanno fin troppo bene quanto in basso possono arrivare gli esseri umani. Non si rendono nemmeno conto che la vita non dev’essere per forza una fogna, che tutto ciò non dovrebbe essere la norma.  Se vuole sapere come la penso, questo è il vero crimine >>
Stacy avvertì una stretta allo stomaco. << Come facciamo a fronteggiare la situazione?>>
<< Bene, me l’ha chiesto lei : è solo il mio parere, ovviamente, ma secondo me ci vorrebbero almeno un centinaio di persone come gli Avengers. E dovremmo mettere a loro  disposizione le risorse disponibili>>.
A ogni parola, la sua voce salì di tono. Fece un gran respiro e aggiunse . << Come ho detto, è solo la mia opinione >>.
<< È una fortuna che ci siano gli Avengers >> concordò Stacy, seppur non con un certo grado di riluttanza. << Forse sono addirittura fondamentali, lo so anch’io. Ma per quanto siano preziosi, sai meglio di me non possiamo vivere per sempre sotto la loro tutela. Avremo bisogno della legge, prima o poi, di regole e di ordine. La gente si rivolge a noi poliziotti in cerca di protezione e deve credere che siamo  all’altezza del compito, e non abbiamo bisogno di aiuto esterno >>
<< Sono d’accordo con lei, signore >> disse Finch. << Ma fino ad allora, con tutto quello che sta succedendo nel mondo…mi sa proprio che ci dovranno pensare loro >>
<< Il guaio è che proprio loro alzano la posta in gioco. E i criminali continuano ad adattarsi al nuovo livello >>
<< Me ne rendo conto, signore. Ma se è tanto contrario agli Avengers, perché lascia che persone come Spiderman operino liberamente in questa città? >>
<< Perché non sono loro a preoccuparmi. Per quanto sia fastidioso, so che Spiderman è una brava persona. Sono i suoi seguaci e quegli degli altri Avengers che mi preoccupano, chi vogliono imitarli. Non è detto che avranno il loro stesso incrollabile senso di giustizia, come quel Punisher. Prego sempre un giorno in cui New York e le altre città del mondo avranno bisogno solo della polizia >>
<< Che Dio la ascolti >> borbottò Finch, per poi fermarsi ad uno stop. << Eccoci qua >>
Stacy prese un respiro profondo e aprì la porta, trovandosi subito immerso in una cacofonia di luci e urla, molte delle quali appartenevano agli agenti che cercavano di mantenere l’ordine attorno al commissariato.
<< Sai, Ben, fino a ieri sei milioni di persone vivevano e lavoravano qui, a New York >> borbottò, scendendo dall’auto . << Ora non sono più così tanti >>.
 
                                                                                                                                                           * * * 

<< Signore Fisk? Sono Turk. Mi trovo tra la diciassette e la Brodway. Ho incontrato i ragazzi di Hood come lei mi aveva detto, solo che hanno cambiato idea. Non vogliono unirsi a noi contro Carnage. Hood ha affermato che ora siamo tutti contro tutti >>
<< E qual è la nostra risposta ai tradimenti, signor Barrett? >>
<< Mi hanno confiscato le armi prima che entrassi, e non me le hanno restituite quando me ne sono andato. Insomma, capo, mi è andata bene che sono uscito di lì tutto intero. Potrebbe inviarmi dei rinforzi?>>
<< Barrett, ho mandato te a gestire la situazione. E mi aspetto che tu lo faccia. Risolvi il problema, o magari il signor Hood ti permetterà di diventare un membro del suo enturage. Lo sai quanto è importante per lui la…lealtà >>
<< Sì. Ehm, d’accordo, signore. Capisco. Me ne occupo io. Non si preoccupi, capo >>
<< Io non mi preoccupo, Turk >> disse Wilson Fisk, alias il Kingpin del crimine di New York. << Pago qualcuno perché lo faccia al posto mio >>
Turk Barrett sentì cadere la linea e avvertì un nodo alla gola.
Non aveva scelta. Contando Hood, dentro il palazzo di uffici erano in sette. La domanda era : un solo uomo poteva farli fuori tutti…un uomo senza una pistola?
Purtroppo conosceva la risposta : impossibile.
A diciannove anni compiuti,  Turk Barrett si era ritrovato senza grandi aspettative dal punto di vista del lavoro. Aveva a fatica finito le scuole medie e aveva mollato al penultimo anno delle superiori. All’epoca, uno dei pochi lavori che poteva fare era il galoppino per la banda dei Maggia. Ma non era molto bravo.
Neanche un anno dopo era passato a quella di Thompson Lincoln.
Era passato da una gang all’altra, affiliandosi fino a quando non lo sbattevano fuori. Ma, quattro mesi prima, era entrato finalmente in quella di Wilson Fisk, recentemente uscito di galera. E, purtroppo, sapeva che se avesse fallito di nuovo non avrebbe potuto unirsi a un’altra banda come se niente fosse. Wilson Fisk, dopotutto, non prendeva affatto bene gli insuccessi.
Turk guardò in fondo alla strada e vide alcune auto della polizia parcheggiate. Gli agenti non c’erano, probabilmente stavano facendo evacuare il quartiere, come i loro colleghi da quando c’era stato l’annuncio di Carnage.
La strada era disseminata di macerie, compreso un piede di porco seminascosto tra i cespugli di un aiuola.
Sapeva di non essere il più sveglio tra gli uomini di Fisk ma, vista l’occasione e lo stimolo di restare vivo, era perfettamente in grado di fare due più due.
Prese il piede di porco, si guardò intorno per assicurarsi che nessuno lo vedesse e si preparò a sfondare il finestrino di una volante. Con un po’ di fortuna, all’interno vi avrebbe trovato una pistola ancora carica.
<< Ciao! >> esclamò una voce improvvisa sopra di lui, costringendolo a fermarsi e ad alzare lo sguardo.
<< Spiderman >> imprecò Turk, non appena i suoi occhi si posarono sulla figura di un certo arrampica-muri comodamente appoggiato sulla cima di un lampione.
Il vigilante, vestito con la sua Iron-tuta, cominciò a battere le mani con fare beffardo.
<< Vedo che non ti sfugge niente >> disse, per poi compiere un balzo e atterrare proprio di fronte all’uomo.
<< Non ho potuto fare a meno di origliare.  Ho sentito che stavi parlando con il buon vecchio Fisk. Ti va di dirmi l’argomento della conversazione? >>
<< Fottiti >> ringhiò il delinquente, alzando il tubo di metallo in posizione d’attacco.
Le lenti dell’Avenger si assottigliarono in un paio di fessure.
<< Risposta sbagliata >> sussurrò a bassa voce.
Poi, si lanciò in avanti con un movimento fulmineo e colpì Turk direttamente alla mascella, spedendolo dritto contro un muro.
Dopo avergli intrappolato braccia e gambe con una ragnatela, camminò fino a lui e lo afferrò per il collo.
<< Ho avuto davvero una pessima giornata, per cui ti conviene fare molta attenzione a quelle che saranno le tue prossime parole >> sibilò in faccia al delinquente, il cui volto era ora una maschera di sangue. << So che stavate parlando di Carnage. Dimmi dov’è! >>
<< Non so dove si trova, lo giuro! >> esclamò Turk, visibilmente spaventato. << So solo che recentemente ha comprato delle armi da Fisk! >>
<< Armi? A cosa diavolo gli servono? >> domandò Peter, visibilmente perplesso. Dopotutto, Carnage non era certo il tipo di persona a cui servissero fucili o pistole per uccidere.
Turk deglutì a fatica.
<< Non lo so! Ma ora Fisk sta cercando di convincere le altre bande ad unirsi per dare la caccia a quel mostro. Io sono solo un messaggero! >> urlò disperato.
Il vigilante rimase in silenzio, fissandolo per quello che sembrò un tempo interminabile. Poi, lasciò andare il collo dell’uomo e compì un passo all’indietro.
<< Sarà meglio per te che sia vero >> disse freddamente.
Sparò una ragnatela verso l’edificio più vicino e si lanciò a mezz’aria, mente un unico pensiero gli attraversava la mente.
“ A che gioco stai  giocando, Fisk?”
 
                                                                                                                                                           * * * 
 
Appollaiata su un gargoyle di pietra, a settanta metri dal marciapiede, Carol Danvers scrutava i componenti di quell’orda in fuga.
 Migliaia di uomini e donne che si trascinavano dietro bambini in lacrime, le facce stravolte dal terrore, tutti in preda della speranza di riuscire ad abbandonare la città prima che Carnage facesse scattare qualunque cosa avesse organizzato per la città. In molti erano convinti che avrebbe fatto detonare delle bombe, mentre altri che avrebbe cominciato una lunga mattanza che sarebbe durata per l’intera nottata.
Vivere a New York aveva spesso significato vivere nella paura. Presto, a meno che venisse fatto qualcosa in proposito, non sarebbe rimasto altro che la paura.
“ A meno che gli Avengers non facciano qualcosa in proposito” pensò Carol, mentre vedeva Hulk aiutare alcuni poliziotti a spostare delle auto abbandonate che bloccavano il traffico.
Al contempo, la donna notò un gruppo formato da cinque ragazzi dall’aria poco raccomandabile che si avvicinavano ad un vecchio edificio.
Quello che sembrava essere il capo era magro e piccoletto, e non doveva avere più di venticinque anni. Portava un paio di jeans e una maglietta blu con il disegno di un  famoso personaggio dei cartoni animati.
Il ragazzo ficcò uno straccio impregnato di alcol in una bottiglia di vetro piena di benzina e olio per motori e poi accese lo stoppino improvvisato. Una volta rotta, la bottiglia avrebbe generato una palla di fuoco istantanea e letale.
Sempre se qualcuno non lo avesse fermato prima.
Carol balzò in mezzo al gruppo e afferrò il teppista, sollevandolo da terra per circa quattro metri. Quindi lo lasciò cadere, spezzandogli le gambe.
Non appena l’aspirante piromane fu fermato, la donna si tuffò in picchiata e afferrò la bottiglia incendiaria. La scagliò poi al di là della strada, verso il fiume Hudons, dove sprofondò senza fare danni.
Carol atterrò in mezzo agli altri quattro del gruppo e abbattè il più grosso con un pugno alla mascella così forte da fratturarla. Il criminale, che perdeva sangue dalla bocca, si bloccò e cadde a terra.
Gli altri due erano gregari abituati a vedere le proprie vittime arrendersi con giusto qualche lamento di paura, a indicare il loro disaccordo di fronte alla forza superiore del gruppo. I negozianti terrorizzati raramente reagivano, quando la banda puntava loro addosso le armi con la minaccia di mandarli all’inferno se non sganciavano il contenuto della cassa.
Carol però non aveva intenzione di lamentarsi o arrendersi. Meritavano una lezione, non importa quanto tempo avrebbero passato in galera.
Piantò un forte pugno in panca al teppista. Al ragazzino mancò il fiato e si accasciò, e da vero idiota cercò di portarsi la mano alla cinta per impugnare una pistola.
Con un colpo di stivale Carol gli fratturò le ossa di una mano, che sentì crocchiare e poi rompersi. Il teppista gridò di dolore.
Una volta guarito, nel giro di sei-otto mesi, avrebbe potuto usarla di nuovo per portarsi il cibo alla bocca, magari anche per tagliarlo, ma poco di più. I suoi giorni da criminale erano finiti per sempre.
Alla vista di quei teppistelli di periferia abbattuti, Carol non provò ne gioia né soddisfazione. Si limitò ad osservare il tutto con uno sguardo impassibile, vuoto.
Con la coda dell’occhio vide che il teppista numero quattro cercava di scappare.
Senza perdere tempo, la donna alzò la mano destra e lo colpì con un raggio di energia cosmica. Vide il ragazzino cadere a terra senza rialzarsi.
Il teppista numero cinque si rivelò più furbo, o almeno aveva fatto tesoro di quanto era successo agli amici. Si mise in ginocchio e portò le mani alla nuca, intrecciando le dita come di sicuro gli era stato ordinato molte volte. Carol non vi diede alcuna importanza.
Alzò la mano destra e la serrò in un pugno, preparandosi a colpire il ragazzo.
<< Carol! >> esclamò una voce alle sue spalle.
La donna si voltò di scatto. Bucky Burnes era comparso a pochi metri da lei…e non sembrava per nulla contento.
Schioccando la lingua, l’Avenger lasciò andare il delinquente, che la stava fissando con un’espressione colma di terrore.
Gli mise un paio di manette attorno ai polsi, attivò il comunicatore e lo sintonizzò sulla frequenza di Rhodey.
<< Rhodey, ho cinque teppisti già impacchettati sulla Robbins, a sud di Times Square. Qualcuno dovrebbe passare a prelevarli >>
<< Tutti gli agenti di polizia sono impegnati, Carol >> rispose il compagno Avenger. Sembrava stanco e frustrato, ma determinato a non mollare. << Dobbiamo evacuare una città di sei milioni di abitanti, terrorizzati e in preda all’isteria, e abbiamo a disposizione  nemmeno un migliaio di poliziotti. Stanno facendo il possibile per mantenere almeno una parvenza di ordine, ma i treni e gli autobus non bastano neanche per un quarto delle persone. Perciò ladri, piromani e tutti gli altri topi di fogna in circolazione oggi non rientrano nelle nostre priorità >> .
Carol tornò a rivolgersi ai cinque teppisti che aveva fermato,tutti martoriati ad eccezione di quello che si era arreso.
<< Non ho intenzione di lasciarli andare, quindi li porterò direttamente alla stazione più vicina. Passo e chiudo >> borbottò, prima di interrompere la trasmissione.
Fece per avvicinarsi ai delinquenti, quando una mano sulla spalla la costrinse a fermarsi.
<< Che diavolo pensavi di fare? Stavi per uccidere quel ragazzo >> disse Bucky, fissandola con uno sguardo duro.
La donna inarcò un sopracciglio.
<< Lo avrei solo reso incosciente >> ribattè stizzita, allontanando bruscamente il braccio dell’ex soldato.
Questi la fissò incredulo.
<< Si era arreso! Non avevi alcuna ragione per colpirlo >>
<< È un criminale! >> ringhiò Carol, sbattendo violentemente un piede contro l’asfalto e facendo tremare l’intera zona.  Al contempo, i lampioni del quartiere cominciarono a sprigionare scintille e scariche elettriche, cosa che non passò certo inosservata agli occhi di Bucky. 
L’uomo alzò le mani conciliante, nel tentativo di calmare la supereroina.
<< Sei frustrata, posso vederlo. Vuoi dirmi il perché? >> chiese con tono molto più gentile, sperando con tutto se stesso che non l’avrebbe colpito con un raggio di energia cosmica.
La donna strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< Non ho voglia di parlarne >> sbuffò a bassa voce, continuando a camminare verso i corpi inconsci dei delinquenti.
Bucky schioccò la lingua con fastidio.
“ E va bene,  è ora di utilizzare i calibro pesanti” pensò con una punta di amara ironia.
<< Centra Spiderman? >> chiese all’improvviso.
La reazione che ottenne fu praticamente istantanea.
Carol si fermò di colpo, in mezzo alla strada, rimanendo in silenzio. Poi, girò lentamente la testa verso di lui.
<< Perché dovrebbe? >> domandò freddamente.
Bucky si rifiutò di fare marcia indietro e sostenne lo sguardo della supereroina.
<< È tutto il giorno che proviamo a contattarlo e lui non ha ancora risposto. Tra voi due è successo qualcosa? >>
<< Del tipo? >> ribattè sarcasticamente l’altra.
Il supersoldato scrollò le spalle.
<< Non lo so, magari una classica lite tra amanti >> disse con un sorrisetto.
La donna arrossì bruscamente. 
<< Io non…come ti viene in mente…io e lui non siamo … >> balbettò, cercando di simulare un’espressione abbastanza furiosa da spaventare il compagno Avenger. Questi, tuttavia, si limitò a scrutarla con fare impassibile, apparentemente non impressionato.
Carol rilasciò un sospiro.
<< Da quanto tempo lo sai? >> domandò rassegnata.
<< Da circa un mese >> rispose Bucky. << Siete piuttosto ovvi. In realtà, sono sorpreso che più persone non l’abbiano capito >>
Il volto della bionda arrossì ulteriormente.
<< N-non siamo mai stati ovvi! >> protestò indignata.
Bucky sbuffò divertito. 
<< È chiaro che non avete mai notato il modo in cui vi guardate durante le riunioni. È lo stesso sguardo che Steve dava a Peggy prima di ogni missione >> disse con tono di fatto.
Nel quartiere tornò a regnare il silenzio.
Carol aprì e richiuse la bocca un paio di volte, per poi rilasciare un ringhio e tornare a fissare freddamente il compagno di squadra.
<< La cosa non ti crea problemi? >>  domandò con tono di sfida.
Bucky si strinse nelle spalle una seconda volta.
<< Sarebbe piuttosto ipocrita da parte mia, considerando che il mio migliore amico ha avuto una relazione con una donna che aveva un terzo dei suoi anni. Senza contare che quella donna si è pure rivelata essere sua nipote acquisita >>
<< …Ok, è abbastanza incasinato >> ammise Carol, incapace di trattenere un piccolo sorriso.
<< Credimi, ci ho perso il sonno per giorni >>  disse Bucky, rabbrividendo al ricordo di quelle notti passate in bianco. Poi, tornò a scrutare la supereroina.
<< Allora, mi vuoi dire cos’è successo? Avete litigato? >> chiese incuriosito.
Carol sussultò. “ Bingo” pensò l’Avenger.
<< No…o meglio sì…o meglio, io l’ho fatto >> disse la donna, con fare incerto. << Ero arrabbiata…ferita…e ho perso il controllo. Gli ho detto cose che non pensavo davvero >>
Bucky non rispose e si limitò a fissarla. Sentendosi soppesata da quello sguardo, la donna rilasciò un gemito frustrato.
<< O forse le pensavo, ma…Dio, mi sento una merda >> borbottò a bassa voce, mentre si portava una mano sul volto.
Di fronte a lei, il supersoldato alzò gli occhi al cielo.
<< Non sei nè la prima nè l’ultima persona che ha quasi mandato all’aria una relazione per qualche stupidaggine che ha detto >>
<< Togli il “ quasi”, penso che quella barca sia ormai sul fondo dell’oceano >> ribattè amaramente la bionda.
Bucky inarcò un sopracciglio. << Ne sei davvero sicura? >>
<< Dopo le cose gli ho detto? Sì >> rispose l’altra, con tono di fatto.
Suo malgrado, il supersoldato si ritrovò a sorridere di fronte all’ingenuità della donna. Era un eccellente soldato e una straordinaria stratega, ma pareva faticare a distinguere le persone dalle macchine. Sembrava quasi convinta che, nel corpo umano, ci fossero dei settori specificatamente programmati per rispondere a determinate situazioni. In un certo senso, era molto simile ai generali del suo tempo.
<< Sottovaluti il cuore di quel ragazzo >> disse, dopo qualche attimo di silenzio. << Ti ha mai raccontato di cosa lo ha spinto a diventare Spiderman? >>
Carol lo fissò basita.
<< La morte di suo zio >> rispose con una punta di riluttanza. << È stata causata da un ladro che precedentemente aveva lasciato scappare >>
<< Ti ha anche detto che era riuscito a catturare quell’uomo? >> domandò il soldato, sorprendendo ulteriormente la donna.
<< Lui…no, non lo ha fatto >> ammise quasi con un sussurro.
Il supersoldato annuì a se stesso.
<< A me sì, durante uno dei nostri allenamenti. Immagina: l’unica figura paterna che aveva gli era stata portata via appena poche ore prima. Aveva il suo assassino tra le mani e lo teneva oltre il cornicione di un edificio da cinque piani >> rivelò, facendo sussultare la donna.
“ Oddio, Peter ” pensò, mentre sentiva una morsa gelida attanagliarle il cuore.
 << Avrebbe potuto lasciarlo cadere…ma non lo ha fatto >> continuò Bucky, per poi arricciare ambe le labbra in un sorriso orgoglioso. << Ha scelto di consegnarlo alla polizia. Ha scelto di fare la cosa più giusta lì dove molti altri avrebbero scelto di vendicarsi. E, pochi mesi dopo, è andato a visitare quell’uomo in prigione…e lo ha semplicemente perdonato >>.
Carol dilatò le pupille e spalancò la bocca. Sapeva che Peter aveva affrontato molte cose, nonostante la sua giovane età. Ma questo… mai si sarebbe aspettata una scenario del genere.
Lei stessa, quando si era trovata davanti a un indifeso Yon-Rogg, era stata assai tentata di ucciderlo sul posto e fargliela pagare per tutti gli orrori che aveva commesso contro di lei e le persone a cui teneva.
Eppure,  Carol aveva scelto di risparmiare il suo nemico e non cedere alla vendetta.  Esattamente come Peter.
<< Sei ancora convinta di non avere più speranze? >> domandò Bucky, riportandola alla realtà.
La donna abbassò lo sguardo verso terra, come se fosse in uno stato di profonda contemplazione.
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile, alzò la testa e fissò il compagno Avenger con determinazione ritrovata.
Questi sospirò di sollievo.
<< Va a cercarlo >> disse il supersoldato. << Trovalo, prima che approfitti di tutto questo casino per fare qualche sciocchezza. Di questi ragazzi me ne occupo io  >>
Carol gli inviò un sorriso pieno di gratitudine.
Poi, schizzò verso il cielo e cominciò a dirigersi verso la Stark Tower.
 
                                                                                                                                           * * *                                                                          

<< Eccomi, Fisk >> disse Stacy, mentre entrava nella sala degli interrogatori. << Allora, che cos’hai per me?>>
Wilson Fisk, meglio noto come Kingpin, stava su una sedia enorme, adatta alla sua corporatura massiccia, e biascicava un grosso sigaro. Il commissario rimase in piedi.
<< Arriverò subito al dunque >> disse il boss del crimine, rilasciando una densa nuvola di fumo. << Vorrei sporgere denuncia contro Spiderman. Effrazione e violazione di proprietà privata. Aggressione e percosse. Pensa di poter entrare a casa di qualcuno, pestarlo, e poi trascinarlo in prigione senza uno straccio di prova. Non è un’ingiustizia? Non la sconvolge che in città esistano, anzi dilaghino, scorrettezze del genere? Ora, io non sono un avvocato, ma ne ho conosciuto abbastanza da sapere una o due cose in materia di legge, e non credo che Spiderman la stia rispettando >>
<< Non ne dubito >> rispose Stacy, guardando l’ora. << E affronterò il problema…ma non siamo qui per parlare di lui, giusto? >>
<< Oh, no! Certo che no! Ehm…come sa, io mi considero un uomo d’affari. Possiedo locali notturni, saloni di corse, centri massaggi… >>
<< Intende dire centri di spaccio, bische e bordelli >>>
<< Non siete ancora riusciti a provarlo, vero? Quando penso di aprire una nuova attività – sempre in modo legale e alla luce del sole, glie lo ricordo – scrivo un dettagliato piano imprenditoriale e offro il materiale alle persone interessate a investire. Fino a prova contraria, insisto che riconosciate la piena legalità dei miei affari >>
<< Sappiamo di che genere di affari parla >> rispose Stacy. << E quando dice investire, noi leggiamo estorcere >>
<< Se non è zuppa è pan bagnato >> disse Fisk, con una scrollata di spalle. << Ma sono un imprenditore. Invece questo Carnage è un pazzo svitato, e i suoi piani deliranti stanno danneggiando i miei affari, e anche molto. Vorrei che lo fermaste. Dopotutto, con le tasse vi pago lo stipendio >>
<< Mi ricordi di mandarle un biglietto di ringraziamento >> fece Stacy, mentre si sedeva e gli lanciava dei fogli. << Se lo odia così tanto, come mai gli ha venduto queste armi? E, prima che lo neghi, ecco l’atto di vendita firmato da lei e da Carnage >>
Fisk gettò le carte sul tavolo senza neanche guardarle.
<< Innanzitutto, detengo quelle armi legalmente. I miei avvocati vi inoltreranno le licenze. In secondo luogo, che razza di uomo d’affari sarei se non gli vendessi i miei prodotti, specie se quell’idiota era disposto a pagare anche dopo un rincaro dei prezzi del tutto…ragionevole? I profitti portano a strane alleanze, lo sa? E poi, parlando seriamente, pensa davvero che avrei potuto dire di no ad uno come lui? Sono piuttosto sorpreso che non abbia cercato di prendersele con la forza, ma suppongo che anche un pazzo sappia riconoscere quando i numeri non sono dalla sua parte >>
<< Molto dipende dal fatto se fosse o meno a conoscenza di ciò che Carnage ha intenzione di farci, con quelle armi >> ribattè Stacy. << Se lei ne era al corrente, è un suo complice. E se riuscirò a provarlo, giuro che non vedrà mai più la luce del sole >>
<< È la stessa cosa che mi ha detto Matt Murdoch prima di sbattermi in prigione per due volte, eppure eccomi di nuovo fuori. Tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare >>  disse Fisk, con un piccolo sorriso. << Comunque no, non so cosa diavolo ci voglia fare. A dire il vero, io non l’ho chiesto, e lui non me l’ha detto. Ma, se dovessi tirare a indovinare, penso che si stia costruendo un piccolo esercito. Forse per protezione dai Vendicatori, perché dubito seriamente che ne avrebbe bisogno contro la polizia >>
L’uomo diede un’ultima tirata al sigaro, poi schiacciò il mozzicone nella tazza di polistirolo sul tavolo.
<< Ad ogni modo, affinchè le mie aziende crescano e prosperino, occorre che New York sia relativamente tranquilla. Il caos non è un’atmosfera che favorisce gli affari. Ed ecco il motivo di questa chiacchierata. Potrebbe farmi la stessa domanda a proposito di Genshiro Shiragami. Credo che riceverebbe una risposta completamente diversa >>
<< Shiragami? Il chimico? Che cosa c’entra lui con Carnage? >> domandò Stacy, visibilmente sorpreso.
Dopotutto, aveva sentito nominare l’uomo diverse volte. Era uno degli individui più rinomati della comunità scientifica di New York, e recentemente era stato coinvolto nella creazione di un nuovo tipo di batterio capace di incrementare la produttività del grano e permettergli di prosperare anche nelle aree desertiche.
Fisk si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Magari lo sapessi! Ma grazie ai miei informatori so per certo che Carnage lo ha rapito di recente. E ovviamente l’ho detto anche a Spiderman >>
<< E come ha reagito? >>
<< In maniera più scontrosa del solito. Un peccato, quel ragazzo mi piace. Non ha tutta l’inquietudine di Daredevil. Mi fa sorridere. Insomma, per cosa vorreste arrestarmi, esattamente? >> continuò, con voce beffarda. << Armi legali. Ce l’ho. Atto di vendita. Ce l’ho. Tasse pagate. Ce l’ho. Non mi incastrerete come Al Capone. E credo che la denuncia per atti osceni in luogo pubblico sia caduta in prescrizione. Quindi, a meno che non riusciate a trovare un capo d’accusa che duri più di quanto ci metta ad arrivare qui una pizza formato famiglia, quando posso andarmene? Ho un’azienda da mandare avanti >>.
 
                                                                                                                                                   * * * 
 
Peter cominciò a incamminarsi lungo il vialetto che conduceva alla casa dei Kasady.
 Le erbacce infestavano il prato davanti all’abitazione, nascondendo le pietre che segnavano il cammino verso il portico. Nel prato cantavano i grilli, e si vedevano alcune cavallette saltare tutt'intorno in parabole errabonde e casuali.
L'edificio era pervaso da un’aura inquietante.  Spigoloso e fatiscente com'era, con le finestre tutte sbarrate con assi, aveva l'aspetto sinistro che hanno tutte le vecchie case abbandonate da molto tempo. L'intonaco esterno era caduto, spazzato via dalla pioggia, e la casa aveva assunto una colorazione grigia e uniforme.
Le tempeste di vento avevano fatto volar via parecchie tegole, e in un punto sul lato est una forte pioggia aveva fatto incurvare il tetto, dando all'insieme un aspetto sgangherato e minaccioso.
Un cartello di legno fissato alla buca delle lettere ammoniva di non procedere oltre.
Provò un improvviso impulso a fermarsi, ma il tutto durò appena un paio di secondi. Era l’incredibile Spiderman, dopotutto. Questa casa non  era niente in confronto ad individui come Thanos e Carnage. Certo, sperava solo che lo stesso Carnage non fosse lì dentro.
Si guardò attorno un’ultima volta.
La casa era stata ispezionata pochi giorni dopo la fuga di Kasady dal carcere di Ryker’s Isldand, senza che i poliziotti incaricati vi trovassero niente. In seguito non erano stati fatti altri controlli.
Questo perché, secondo le dichiarazioni del Commissario Stacy, era assai improbabile che Kasady avrebbe scelto come rifugio un posto così ovvio.
Naturalmente, questa era anche la ragione per cui Peter si era recato lì. Non era da escludere che Kasady avesse approfittato di tale convinzione per utilizzare la casa come nascondiglio in un secondo momento. Dopotutto, la prassi della polizia era di non controllare mai un posto che era già stato ispezionato senza, e, a causa dell’intera situazione con Carnage, la fuga di Ryker’s Island era probabilmente passata in secondo piano.
Certo, Peter avrebbe potuto informare Stacy della sua teoria – ovvero che Carnage e Kasady erano la stessa persona – ma non voleva rischiare di mettere altri agenti in pericolo. Non avevano i mezzi per combattere quel mostro…ma lui sì.
Attraversò il prato fra i grilli e le cavallette fino al portico e guardò all'interno, fra gli spiragli delle assi inchiodate.
Deglutì e fissò la casa, quasi ipnotizzato.
Una volta entrata nell'atrio, sentì odore di muffa e di umidità intente a corrodere i muri e la tappezzeria, mentre un gruppo di topi corse frenetico lungo le pareti, verso il loro nascondiglio.
Cominciò a guardarsi intorno.
L’abitazione era disseminata di cianfrusaie e mobili coperti di polvere. Il suo sguardo indugiò su una scala a chiocciola che collegava il salotto al piano sovrastante.  
Fece appello ai suoi sensi e cercò di valutare se vi fosse o meno qualcuno nell’abitazione.
Niente. Non un battito cardiaco, non uno scalpitare di passi o il sibilo di un respiro. La casa sembrava completamente deserta.
Per prima cosa salì al piano superiore, controllando le camere e i bagni, ma non trovò nulla di utile.
Poi fu la volta del piano principale, ma il risultato fu più o meno lo stesso.
L’unico segno che qualcuno era stato presente in quella casa negli ultimi giorni erano alcuni avanzi di cibo mangiucchiato che trovò sparsi per la cucina, ma potevano essere stati tranquillamente lasciati da un barbone che aveva scelto l’abitazione come sistemazione temporanea.
Infine, arrivò il turno del seminterrato. Peter avrebbe tanto voluto evitarlo, la sua esperienza con i film horror non era mai stata piacevole quando si trattava di quella particolare sezione di un edificio.
<< Andiamo, Parker, non fare il bambino >> borbottò a se stesso, per poi prendere un respiro profondo.
Facendo attenzione a non produrre troppo rumore, cominciò a scendere lungo la scalinata che conduceva alla cantina.
La porta della stanza era sbarrata da un lucchetto.
“ Ancora per poco” pensò Peter.
Utilizzando la sua forza superiore, ruppe il catenaccio in pochi secondi, spalancò la porta…e si bloccò.
L’intera stanza sembrava uscita direttamente dalla cella d’isolamento di un manicomio.
Le pareti sporche e raggrinzite erano quasi completamente ricoperte da grandi scritte rosse, migliaia di AH AH AH AH  sparsi su ogni centimetro di calcestruzzo.
Tranne la parete perpendicolare alla porta, sulla destra, dove spiccavano numerose foto e articoli di giornale, collegati tra loro attraverso un filo scarlatto.
Deglutendo a fatica, Peter si avvicinò con passo lento a quel tabellone improvvisato.
Vide pezzi di quotidiani riguardanti Claridge ed Erbert, foto che li raffiguravano mentre si apprestavano ad entrare nelle loro abitazioni o a passeggiare per la città. Era evidente che Kasady li stava tenendo d’occhio da molto tempo, per apprendere tutto quello che poteva sulla routine quotidiana di quelle che sarebbero state le sue future vittime.
In seguito, gli occhi di Peter si posarono proprio al centro del tabellone, dove tutti i fili rossi s’incontravano su un ritaglio di giornale raffigurante un uomo di mezza età e dalle fattezze asiatiche, forse di origine giapponese.
<< Genshiro Shiragami >> lesse il ragazzo, rendendosi conto che quella era la stessa persona che, secondo gli informatori di Fisk, era stata rapita da Carnage quello stesso giorno.
Affianco all’articolo spiccava una mappa di Manhattan, dove era cerchiato in rosso un punto ben preciso dell’isola.
Il vigilante strinse ambe le palpebre degli occhi in profonda concentrazione, nel tentativo di ricordare a cosa corrispondesse quella parte della città.
Quando lo fece, sentì il cuore mancargli un battito.
<< Oh, no… >>


Com'era? Spero bello!
Nel caso ve lo steste chiedendo, Turk Berrett è un personaggio della serie di Daredevil.
Nel prossimo capitolo inizia lo scontro finale con Carnage!
  
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