Il giorno del suo compleanno era un vero rito per Erika e la sua famiglia. Ogni volta lei con i suo genitori andavano in un locale sempre diverso e, dopo averlo annunciato a tutti gli avventori del locale (camerieri compresi) aprivano il regalo, che era sempre qualcosa di unico. Quella volta i suoi avevano portato un enorme pacco viola, così grande che dovettero usare una sedia per reggerlo. Erika era così curiosa che passo tutto il tempo del pranzo a fissare il pacco.
“Attenzione gente” esordì improvvisamente il signor Luciano “oggi è un giorno importante. Mia figlia compie 14 anni, e voglio rendervi partecipi, anche se non vi conosco, di questo momento”. Erika, come consuetudine, arrossì come un peperone troppo cotto. “Avanti, figlia mia. Aprilo”. Emozionatissima, Erika aprì l’enorme pacco viola. Al suo interno, vi era una cosa che lei aveva sempre desiderato, e che sognava di possedere da quando l’aveva visto troneggiare in quel negozio: un magnifico basso. La sua Melissa.
Melissa aveva uno strano effetto sulla mente di Erika: anche le volte che era più incazzata, grazie a quello strumento la ragazza riusciva sempre a calmarsi. Entrava in uno strano stato di benessere, quasi catatonico, da cui non avrebbe voluto uscire mai. E in quello stato spesso si immaginava le più feroci torture da infliggere a quella puttana della sua matrigna. Immaginava per esempio di legarla mani e piedi vicino a una radio che trasmettesse musica metal a tutto volume, oppure musica che lei non sopportava affatto (anche perché spesso non la capiva, preferendo ascoltare canzonette come quelle di Lady Gaga, Avril Lavigne, Marco Carta, Tokio Hotel e “musica” simile). Oppure immaginava che Melissa prendesse vita e la uccidesse con le sue corde, strangolandola. Probabilmente non c’era nessuna donna al mondo che lei odiasse di più, sia perché era assolutamente insopportabile e sia perché pretendeva di prendere il posto di sua madre, cosa che nessuno poteva fare, nemmeno la persona più buona e cara dell’universo. Nemmeno Dio.