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Maestri ed
allievi
Molti
angeli si congratularono con Mihael. Non importava se non era riuscito
a
recuperare la collana, probabilmente inutilizzabile da un demone. Quel
che
importava era il fatto che aveva combattuto con risolutezza contro
colui che
non aveva mai avuto la forza di affrontare.
“Ora
ha compreso che con noi angeli non si scherza!”
annuì Gabriel “Ci prendeva
troppo alla leggera”.
“Potrebbe
sconfiggere la buona parte di voi!” sbottò Mihael,
infastidito “Non vi siete
resi conto di quanto sia forte? Io vinco grazie al potere di Dio. Senza
di
esso, non so fino a che punto potrei sovrastarlo. È giovane,
decisamente troppo
irruento, ma contro molti di voi potrebbe ottenere facilmente la
vittoria”.
Un
mormorio perplesso e preoccupato si levò fra le schiere.
“E
poi non capisco perché ci teniate tanto che io lo
combatta!” aggiunse l’Arcangelo
“Si tratta di un demone come un altro!”.
“No
che non lo è!” parlò un Serafino
“E, quando arriverà la fine, sarà
nostro
avversario”.
“Non
è detto. Ha ancora ali d’angelo”.
“Lo
sai bene che non combatterà mai per il Cielo. Lo ha
lasciato, ormai. È una
creatura dell’Inferno, e per l’Inferno
combatterà! Che ti piaccia oppure no, alla
fine dei giorni sarà rispedito agli Inferi e mai
più scorgerà la luce del sole.
È così che è stato scritto”.
Mihael
non rispose. Non sapeva più in cosa credere. Sarebbe davvero
giunta la fine? E sarebbe
accaduto tutto come predetto? Iniziava a non crederci
più…
Alla
principessina Carmilla era stato affidato il compito di sorvegliare
Keros e
somministrargli le giuste cure. La bambina aveva accettato volentieri,
anche se
il padre era un pessimo paziente. Non stava mai fermo, ignorando i
consigli del
medico che suggeriva riposo e relax, ed odiava le medicine prescritte.
Per guarire
dalle ferite inferte da Mihael, con il divieto assoluto di re Lucifero
di
recarsi di nuovo in superficie, era stato costretto a letto per diverso
tempo e
la cosa lo irritava. Il dolore era piuttosto fastidioso e la rabbia non
lo
abbandonava.
Vehuya
era passato diverse volte a ringraziare, chiedendo cosa potesse fare
per poter
ricambiare il favore. Keros non aveva nulla in mente, in quel momento,
e questo
faceva sì che il caduto lo visitasse periodicamente in cerca
di nuovi metodi
per estinguere il debito. Spariva solamente quando vedeva avvicinarsi
Lucifero,
non volendo in alcun modo averci a che fare. Anche il principe sperava
di
evitare le prediche del re, ma ormai erano diventate un appuntamento
quotidiano.
“Spero
tu abbia imparato la lezione!” erano le parole con cui ogni
giorno iniziava a
rimproverare l’erede.
Keros
annuiva, poco convinto, ed il sovrano continuava con lunghi discorsi
riguardo
ai pericoli, i rischi e gli errori commessi.
“Ho
capito!” sbottò infine il principe,
all’ennesima ora di ramanzina.
“Hai
capito? Davvero? E che cosa hai capito?” ringhiò
il Diavolo.
“Che
Mihael è pericoloso e può uccidermi”.
“No!
Che devi smetterla di rischiare la vita per delle cazzate! Riportare
una
collanina al proprietario non mi pare un motivo valido per azzuffarsi
con il Cielo!”.
“Guarda
che mi ha picchiato pure lui. Si vede che per il Cielo era un motivo
valido per
azzuffarsi con gli Inferi!”.
“In
quel caso penso fosse tuo padre con le balle girate, cosa che capita a
tutti. Ma
tu, principino, potevi andartene prima che la cosa degenerasse.
Perché dai così
poca importanza alla tua vita?!”.
“Ma
non è vero! Io non…”.
“Tu
non fai che ficcarti nei guai. E per i motivi più stupidi!
Mi fai girare le
balle in un modo che nemmeno immagini quando fai
così”.
“Però
io non faccio altro che vivere. Forse il mio destino è
morire inseguendo una
causa stupida!”.
Lucifero
gonfiò le guance, irritato. Si chiedeva se fosse il caso di
rinchiudere il
mezzodemone in qualche torre o prigione sorvegliata…
“Non
date la luce di Dio per scontata” parlava Mihael ai suoi
soldati “Non sappiamo
cosa accadrà nel giorno finale, non sappiamo come
sarà il Mondo e chi lo abita.
Possiamo confidare nella nostra fede, nell’amore di nostre
Padre, ma
ricordiamoci che a combattere saremo noi. Noi, con le nostre forze,
impediremo
ai demoni di governare sulla Terra e sul Cielo, relegandoli per sempre
all’Inferno”.
Gli
angeli risposero con un grido, all’unisono.
“Nessuno
potrà impedirci di far prevalere le forze del
Paradiso” continuò l’Arcangelo
“Nessuno
potrà sconfiggerci. Ma dovremo lottare uniti, dimenticando
che fra loro vi sono
nostri fratelli, nipoti, compagni che un tempo condividevano con noi le
stelle
del cielo”.
Qualcuno
mormorò il nome di Vehuya. Mihael lo udì ed
annui, serio.
“Dio
ci chiede di lottare anche contro coloro che un tempo amavamo. Come
Vehuya, che
fino a poco tempo fa ci guidava con il ruolo di Serafino”.
Gabriel
e Raphael osservavano quell’addestramento, mantenendosi a
debita distanza.
Gabriel era stato un soldato, era stato inviato diverse volte a
combattere, ed
aveva condotto Maometto alla guerra. Ma da quei giorni non aveva
più indossato
l’armatura, deponendo le armi. Sapeva che spettava a lui
annunciare la fine di
ogni cosa, al suono della tromba celeste. Ma sperava ogni giorno che
quel momento
non arrivasse mai.
“Dici
sia davvero così, fratello?” mormorò
Raphael, serio.
Raphael
non era mai stato un guerriero. Lui era un guaritore, dava sollievo al
corpo ed
all’anima, dava sollievo a tutti coloro che soffrivano sia
fisicamente che
spiritualmente. Non aveva mai voluto combattere e non aveva alcuna
intenzione
di farlo, anche se aveva un conto aperto con Asmodeo da secoli per
questioni
bibliche molto antiche.
“Davvero
così che cosa?” rispose Gabriel.
“Dici
che Dio voglia veramente che combattiamo contro coloro che un tempo
amavamo?”.
“Vedi
alternative?”.
“Non
lo so. Ma non ci è sempre stato insegnato che dobbiamo
seguire la via dell’amore?
Non esiste una diversa via?”.
Gabriel
sembrò divertito da quelle parole. Con la veste azzurro
chiaro che ne copriva i
piedi, parve fluttuare quando si voltò verso il fratello.
“Io
percepisco Mihael. Percepisco la sua sofferenza”
continuò Raphael, che invece
vestiva di verde.
“La
caduta di Vehuya lo ha turbato. Ha turbato tutti”.
“Il
suo cuore è in cerca di conforto. L’amore che
provava per lei non è svanito. Vorrebbe
riuscire a salvare suo figlio dalla dannazione ma non sa che fare. E la
voce
del Padre è un ricordo lontano per tutti noi”.
“Lei?
Dici quella femmina? Carmilla?”.
“La
madre di suo figlio. Dell’unico figlio di angeli che non
è stato condannato a
morte, nato dall’unico angelo che poi non è stato
punito con la caduta. Non trovi
che questo possa turbare un animo, seppur forte come quello di
Mihael?”.
“Il
turbamento ed il dubbio sono sentimenti umani. Noi dovremmo confidare
totalmente nella luce di Dio e nel suo disegno. Sono certo che presto
nostro
fratello riuscirà a calmare il suo cuore. Nel frattempo,
è compito nostro fare
in modo che non lasci mai la giusta luce”.
“Dici
potrebbe essere attratto da diversa luce?”.
“Il
più luminoso di noi, colui che è stato creato con
la stessa materia delle
stelle, ora regna all’Inferno. Perciò
sì, bisogna sempre stare attenti perché alcune
luci possono abbagliare e confondere. Ma parliamo di Mihael, il
soldato. Non smarrirà
la strada”.
“E
se l’avesse già smarrita ma Dio lo tiene qui, in
Cielo, perché gli serve nella
lotta contro… l’avversario?”.
“Questo
solo Dio può saperlo. Mi auguro proprio di no
perché non lo vorrei mai come opponente.
Sarà già una bella lotta contro quel ragazzo che
si è rivelato essere suo
figlio”.
Appena
fu sufficientemente guarito, Keros ricominciò ad addestrare
al combattimento alcuni
soldati a servizio di Asmodeo. Oltre alle tecniche angeliche, motivo
per cui
era stato scelto per quel compito, aveva integrato le lezioni con i
testi degli
esorcismi. Tutti i demoni soffrivano quando udivano quelle parole ma
proprio
per questo il principe aveva deciso di pronunciarle. Coloro a cui stava
insegnando dovevano imparare a sopportare e reagire. Gli angeli e gli
umani
potevano usarle ed indebolirli con facilità, ma non se
imparavano a rafforzarsi
dinnanzi ad esse e non farsi sconfiggere. Senza sottomettersi
all’esorcismo,
potevano divenire ogni giorno più potenti. Asmodeo,
all’inizio perplesso
dinnanzi a tale metodo, era rimasto poi piacevolmente stupito nel
constatare
personalmente i risultati. Ad ogni addestramento, gli allievi erano in
grado di
sopportare sempre più parole e rimanere saldi nei loro
propositi molto più a lungo.
Sapevano che avrebbero dovuto mettere in conto anche l’acqua
santa o l’incenso,
ma per ora Keros preferiva non calcare troppo la mano.
“Ottima
idea la sua” aveva constatato Lucifero, avvicinandosi ad
Asmodeo.
Entrambi
osservavano l’addestramento delle giovani reclute, provando
un certo fastidio
nell’udire le formule in latino.
“Già”
annuì il generale “Pensavo fosse inutile ma ho
riflettuto sul fatto che
continuamente noi demoni potremmo ritrovarci in una simile situazione
di
pericolo”.
Keros
era serio. Reggeva fra le mani un pesante libro e, allungando la mano
verso i
giovani che aveva davanti, pronunciava l’esorcismo con
convinzione.
“Con
quello sguardo così autorevole…”
mormorò Asmodeo, quasi vergognandosene “Sembra
così tanto suo padre…”.
Lucifero
rimase in silenzio. Non poteva negarlo. Quello sguardo,
quell’espressione,
appartenevano a Mihael e Keros ci somigliava sempre di più.
Stava crescendo, il
viso fanciullesco stava lasciando definitivamente spazio ai tratti duri
dell’età
adulta e matura. Fortunatamente quegli occhi non erano color del cielo,
come
quelli di Mihael. E per fortuna il rosso dei capelli si era sempre
più
accentuato. Ma quelle ali… quelle ali perché non
volevano assumere tratti
demoniaci? Perché si ostinavano ad essere così
piumate e perfette? Il principe
si sentì osservato e si voltò verso re e
generale. Il sovrano rispose con un
ghigno e Keros fece lo stesso.
“Per
fortuna il mio cucciolo demoniaco non ha dimenticato come si
sorride” ridacchiò
Lucifero, tornando alle sue mansioni.
Ad
addestramento completato, il principe raggiunse il sovrano e lo
trovò alle
prese con il piccolo Espero. Esattamente come faceva Keros da piccolo,
il
principino tentava di afferrare la coda di Lucifero con entusiasmo
infantile.
“Quante
energie” constatò il mezzodemone.
“Anche
troppe, a dir la verità” rise il Diavolo
“Lo vuoi tenere per un pochino?”.
“Ho
i miei a cui pensare…”.
“Intendo
come maestro”.
“Sei
ancora convinto che possa fargli da maestro?”.
“Certo
che sì. Ed in cambio io farò da maestro a
te”.
“Da…
maestro? In che senso?”.
“So
che vuoi diventare più forte. So che vuoi avere i mezzi per
sconfiggere Mihael,
o perlomeno per non farti ammazzare subito. Ebbene sono pronto ad
insegnare
tutto quello che so. E mi aspetto che tu faccia lo stesso con
Espero”.
“E
non puoi occuparti direttamente di Espero?”.
“Il
mio lavoro è impegnativo, Keros. Il piccolo ha bisogno di
essere seguito ed addestrato
costantemente. Quel
che ho in mente per
te invece è breve ed intenso. Ti assicuro che
un’oretta al giorno ti basterà!”.
Keros
si voltò verso Espero, che saltellava e ringhiava per gioco.
“Ti
farò diventare il migliore di tutti”
ghignò il principe, convinto.
Ciao
a tutti! È da un po’ che non commento. Vi comunico
che intendo portare a
termine questa storia entro la fine dell’anno. Siete pronti?