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Autore: Mary P_Stark    24/10/2019    3 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Zeus – 1 –
 
 
 
 
Dicembre 2017 – San José
 
 
 
Era sempre così difficile scegliere l’albero di Natale più adatto per le grandi occasioni!

Quell’anno, poi, sarebbe stato più speciale degli altri, poiché avrebbero festeggiato la nascita di Gesù assieme alle loro due nuove nipotine, Buffy e Xena.

Sorridendo tra sé al pensiero delle nipoti Edith e Tessa - e dei loro buffi soprannomi - Anita Santos Rodriguez si disse che quel Natale sarebbe stato più frizzante e allegro che mai.

I nomi profetici che Artemide aveva dato alle gemelle quando ancora erano nel suo ventre, si erano dimostrati infinitamente rivelatori del loro carattere. Anche se, all’anagrafe, sarebbero sempre state Edith e Tessa Rodriguez, con tutta probabilità loro le avrebbero chiamate Xena e Buffy.

La prima, si aggirava già per casa brandendo uno dei suoi giocattoli a mo’ di clava, mentre la seconda gironzolava con fare furtivo e attento, pronta a colpirti alle spalle alla minima distrazione.

Essendo figlie di una dea, le due discole sapevano già camminare e parlare, e spesso ciò che dicevano lasciava interdetti gli adulti attorno a loro. L’amore provato per quelle gemelle dai neri capelli e gli occhi verde smeraldo, però, era così forte da far perdere di vista qualsiasi stranezza.

«Querida, andiamo?» le domandò suo marito Carlos a poca distanza da lei, strappandola così ai suoi pensieri.

Annuendo, Anita si volse per ammirare l’albero scelto per quell’anno dal consorte e, come sempre, non poté che trovarsi d’accordo con lui. Carlos aveva un fiuto eccezionale per scegliere sempre la pianta migliore del vivaio.

Seguendolo quindi al pick-up, dove un giovane inserviente lo aiutò a caricare il pino sul cassone aperto, Anita osservò distratta l’intera operazione prima di rendersi conto di essere osservata.

Vagamente sorpresa e sì, assai incuriosita, volse perciò il capo per comprendere il perché di quella strana sensazione e, quando vide un anziano munito di bastone, non poté che sorprendersi ancora di più.

Non conosceva affatto quell’uomo, né gli pareva facesse parte degli amici del marito, per cui cosa voleva da lei?

Quando, però, il suo sguardo si concentrò meglio sulla persona che, tanto poco discretamente, la stava scrutando nel cortile del vivaio, Anita iniziò a comprendere, e sorrise.

Lasciando che al pino pensassero il marito e il garzone del negozio, Anita si discostò da loro per raggiungere l’anziano, alto nonostante la postura incurvata, e canuto di capelli.

Il viso, pur segnato da rughe profonde, rivelava un passato glorioso e importante e la donna, suo malgrado, non poté che sorridere di fronte a quello strenuo tentativo di apparire normale.

Quando infine raggiunse l’anziano, lanciò un’occhiata al bastone di legno dal pomolo argentato e dalla forma a testa d’aquila e, infine, domandò: «Avevate bisogno di me?»

«Temo di sì, gentile signora. Ho smarrito la via di casa, e non so esattamente dove mi trovo» ammise l’anziano, guardandosi intorno con espressione confusa mentre Anita ampliava il suo sorriso.

«Oh, cielo! Allora avete davvero bisogno di aiuto, e io ve lo fornirò sicuramente» disse la donna, mentre il pick-up di Carlos si avvicinava loro con il motore al minimo.

«Ve ne sono immensamente grato» mormorò l’anziano, reclinando un poco il capo a mo’ di ringraziamento.

Anita sorrise ancor di più, decisamente divertita da tutta la situazione e, quando infine Carlos si fermò al suo fianco per sapere cosa stesse succedendo, la donna si volse verso il marito e dichiarò: «Va tutto bene, caro. Perché non saluti il suocero dei tuoi figli?»

Sia l’anziano che Carlos spalancarono parimenti gli occhi e Anita, con uno sbuffo simpatico e il gesto divertito di una mano, asserì senza problemi: «Pensavate davvero di potermi ingannare, sommo Zeus?»
 
***

Appollaiato sul sedile del pick-up dei Rodriguez nelle sue vesti di gatto, mentre Carlos guidava con aria costernata e Anita se la rideva soddisfatta, Zeus si chiese per la millesima volta come la donna fosse riuscita a riconoscerlo.

Si era tramutato in un anziano per non essere spaventoso e minaccioso ai suoi occhi e, al tempo stesso, aveva creato l’immagine di un uomo fragile grazie al bastone e all’aria smarrita.

Il tutto, però, non aveva minimamente ingannato l’umana, madre dei mariti delle sue figlie, e questo lo aveva sconvolto non poco, oltre che angustiarlo in maniera davvero insolita.

Com’era possibile che una semplice umana potesse percepire la sua aura divina?

«Mi spieghi perché si è dovuto trasformare in un gatto?» brontolò a un certo punto Carlos, lanciando un’occhiata sdegnosa al felino tigrato che era seduto al fianco della moglie.

«Perché, nelle sue forme abituali, non avrebbe mai trovato spazio qua dentro, caro. E tu sai che sono allergica al pelo di cane» sottolineò Anita, con tutta calma.

«Ai segugi di Artemide, no» borbottò lui.

«Caro… ma è ovvio. E’ lei che impedisce che io possa star male» ci tenne a precisare la donna, dandogli una pacca sul braccio.

«Beh, visto quello che sappiamo, non mi va l’idea che ti sieda vicino… neanche nelle sembianze di un gatto!»

Il soriano miagolò irritato mentre Anita, scoppiando in una fragorosa risata, esalava: «Oh, mi querido, ma io sono troppo vecchia per interessare al sommo Zeus!»

«Tu non sarai mai vecchia, mi amor» replicò Carlos, dandole un bacetto veloce mentre rallentava per svoltare nel loro cortile di casa.

Anita sorrise tutta orgogliosa ma, quando l’auto si fermò dietro alla berlina della donna, si limitò a dire: «Sai benissimo che non è vero. Comunque, ti ringrazio per il complimento.»

Aperto poi lo sportello, permise a Zeus-gatto di scendere con un balzo dopodiché, lasciato a Carlos il compito di scaricare il pino, indicò al loro strano ospite di seguirla.

Una volta aperta la porta a vetri della loro villetta a un piano - che sorgeva lungo la Gold Creek Way, una dolce collina a sud ovest del centro città - Anita disse: «Prego, entrate, sommo Zeus.»

Il gatto si avventurò all’interno con la coda ben diritta e fiera ma, quando trovò ad attenderlo uno dei segugi della figlia, miagolò inviperito e si nascose subito dietro Anita.

Aster ringhiò immediatamente, nel vederlo, ma la donna lo rabbonì dicendo: «So che la tua mamma ti ha detto diversamente, ma l’ho invitato io, perciò va bene. Ora, potresti uscire in giardino? Lo rendi un po’ nervoso.»

Il segugio assentì, pur non sentendosi propriamente a suo agio nel lasciare la sua protetta assieme a Zeus e, dopo un ultima occhiata ferale al gatto, se ne andò a lunghe falcate fino a raggiungere la veranda.

Lì, spostò la zanzariera col muso prima di fare la stessa cosa una volta uscito e, solo a quel punto, Zeus-gatto si sentì abbastanza sicuro per scostarsi dall’umana.

Ciò fatto, riprese sembianze umane e, lasciato perdere il suo travestimento – ovviamente inutile – si presentò alla suocera delle sue figlie con il suo vero aspetto.

Ribelli chiome bruno dorate attorniarono un volto piacente e dalla pelle olivastra, mentre drappi di seta bianca e rossa avvolgevano il suo corpo in un tipico himation di epoca greca.

Anita levò gli occhi per incrociarne lo sguardo – ora, la figura di Zeus sfiorava i due metri di altezza – e, sollevando ammirata le sopracciglia, chiosò: «So da chi hanno preso bellezza e portamento le vostre ragazze.»

Lo sguardo ambrato di Zeus si abbassò per incontrare quello corvino di Anita Rodriguez ma, ben lungi dal sentirsi a proprio agio, le domandò: «Posso sapere come avete indovinato la mia reale identità, mortale?»

«Perché è una bruja… vede oltre il velo della menzogna e conosce gli spiriti» brontolò una voce sull’entrata.

Zeus si volse in direzione del marito di Anita e, sollevando sorpreso le sopracciglia, esalò: «Una… strega? Ho capito bene?»

«Non ho scopa e cappello a punta, mi spiace» celiò Anita, invitandolo a sedersi sul divano, ove Zeus si accomodò dopo alcuni attimi di indecisione.

Carlos, da parte sua, fissò aspramente il dio entrato suo malgrado nella sua abitazione e Anita, notando il nervosismo del marito, borbottò: «Sii gentile e smettila di fissarlo a quel modo, caro. Sei davvero maleducato.»

«Perdonami, querida, se sono un tantino prevenuto nei suoi confronti» replicò Carlos, pur andandosene verso la cucina open-space, dove si preparò una tazza di tè alla menta.

Scrollando le spalle, Anita tornò a prestare attenzione al suo inconsueto ospite e, dubbiosa, chiese: «Prendete qualcosa da bere?»

«Non occorre» scosse il capo il dio, prima di guardarsi intorno con curiosità.

La casa era ampia, arieggiata e profumata di fiori. I colori decisi delle pareti stuccate grossolanamente, così come i mobili in legno dalle forme modeste e semplici, ricordavano certe abitazioni messicane che aveva visto nei film.

Gli sembrava di ricordare da alcuni racconti di Hermes che, a suo tempo, anche Athena avesse vissuto in una casa simile, assieme a Miguel.

Ciò che però lo colpì, di quella casa così diversa dai suoi standard, furono le fotografie alle pareti.

Erano tantissime, e raffiguravano solo persone. Alcune erano immagini di Athena e Miguel, felici sulla barca di lui, mentre solcavano il mare in una bella giornata estiva.

In altre, invece, erano visibili Alekos ed Érebos su un go-kart, o Athena e il suo nuovo compagno mentre erano indaffarati di fronte a un barbecue.

Nei pressi del salone, Zeus vide altresì le fotografie di Artemide e Felipe in abiti da cerimonia e con le gemelline in braccio.

Anita ne intercettò lo sguardo e disse sommessamente: «Si sono sposati due mesi fa, al Parco di Yellowstone. E’ stata una cerimonia intima, se così si può dire di un branco di duecento invitati, tra parenti umani e immortali.»

«Capisco» mormorò il dio, distogliendo lo sguardo per puntarlo sulla donna. «Spiegatemi, per favore. Non sono addentro alla cultura mesoamericana, e non so di preciso cosa sia una bruja, pur conoscendone il significato letterale.»

«Una bruja può essere molte cose, sia nel bene che nel male. Sente e vede gli spiriti, parla con l’aldilà e sa cosa sono la verità e la menzogna, o dove esse si possono nascondere» gli spiegò Anita, offrendogli un vassoio colmo di biscotti alle gocce di cioccolato.

«Avete i poteri di una Pizia?» domandò sorpreso Zeus.

«Niente affatto» sorrise divertita Anita, scuotendo il capo. «Ho conosciuto le veggenti di vostro figlio Apollo, e loro sono ben più brave e competenti di me. Io… percepisco in modo diverso il mondo che mi circonda. Per questo, compresi che le parole del mio Miguel erano vere. E per questo credetti alle parole di Athena, quando si presentò a noi la prima volta.»

Nel sentire nominare il marito della figlia, Zeus ci tenne a dire: «Ci è spiaciuto non poter intervenire per salvare Miguel ma, in quel periodo, nessuno di noi sapeva di lui, e così non potemmo impedire che Thanatos portasse via la sua anima.»

Annuendo, Anita lanciò un’occhiata alla foto del figlio – ritratto su un’onda mentre faceva surf – e disse: «Athena ci spiegò tutto. Sappiamo, e capiamo.»

Zeus scrutò il volto ombroso di Carlos, in piedi accanto all’isola della cucina, ma non vi trovò rabbia, solo confusione e ansia, sentimenti che lui stesso aveva causato, piombando senza invito nella loro casa.

Quando aveva congegnato quel piano, aveva pensato di fare tutto molto in fretta, di parlare per qualche minuto con la madre di Miguel e risolvere l’impiccio con Artemide e Athena.

A quel punto, però, comprese senza problemi che, di tutte le sue idee strampalate, quella si stava rivelando la peggiore di tutte.

Non avrebbe mai e poi mai potuto risolvere in breve tempo quel guaio ma, soprattutto, non avrebbe mai potuto ingannare, o impressionare, una donna enigmatica come Anita Rodriguez.

Si era aspettato di trovare una donnina fragile e sottomessa, mentre invece aveva di fronte una donna volitiva e dall’animo di un guerriero.

Il marito, inoltre, non era per nulla turbato dall’idea di mettersi tra la moglie e il signore dell’Olimpo, qualora fosse servito il suo intervento, a riprova di una tempra davvero rara.

Tutto ciò constatando, Zeus non poté che sospirare sconfitto e dire: «Credo di aver bisogno del vostro aiuto per risolvere un problema che, ormai, reputo insormontabile.»

«Se siete qui perché prendiamo le vostre difese di fronte ad Artemide e Athena, allora quella è la porta» sbottò Carlos, indicando rabbioso il battente a vetri da cui tutti loro erano entrati. «Ciò che avete fatto a quelle due adorabili bambine è indegno di qualsiasi padre, e io non starò qui ad ascoltare le vostre lagnanze, dio o non dio quale voi siete.»

Soddisfatto per quella manfrina, Carlos se ne andò prima che Anita o Zeus potessero dire alcunché e, quando l’uomo infilò la porta che conduceva al seminterrato, aggiunse: «Hanno fatto bene ad arrabbiarsi con voi!»

Lo sbattere del battente chiuse la partita e Anita, con uno sbuffo infastidito, esalò: «Ecco il caratteraccio dei Rodriguez che viene fuori.»

Zeus non poté che muovere freneticamente le palpebre, rimasto senza parole e del tutto frastornato all’idea di essere stato appena minacciato da un mortale.

In circostanze diverse, avrebbe dato in escandescenza e avrebbe fulminato il povero folle di turno ma, trattandosi di due persone speciali per le figlie, non emise fiato.

«Mi scuso per il comportamento di mio marito, ma va detto che adora le vostre figlie come se fossero sue, e questi sono i risultati» chiosò Anita, sorridendo divertita mentre faceva spallucce. «Abbiamo sempre voluto anche delle figlie femmine, ma non abbiamo mai ricevuto questo regalo, perciò l’arrivo di Athena e Artemide è stato per noi, letteralmente, un dono divino.»

«Forse, vostro marito non sa che hanno anche un lato diabolico, dietro la facciata eterea e affascinante» si lasciò sfuggire Zeus, prima di fissare contrito Anita, che però rise per diretta conseguenza.

«Oh, almeno nel caso di Artemide, il caro Carlos ha assaggiato le sue zanne, per così dire. L’ultimo mese di gestazione delle gemelle, Artemide era davvero intrattabile. Brutto da dire, ma era così. Aveva sempre dolori ovunque, e niente sembrava darle pace» gli spiegò Anita, sospirando spiacente. «In uno dei suoi giorni ‘no’, Artemide sbraitò così forte da diventare afona per qualche ora, e Carlos rimase così scioccato da ciò che le uscì dalla bocca da portarlo a prepararle tè al miele nei successivi dieci giorni.»

«Tè al miele?» esalò sorpreso Zeus.

«Per tentare di calmare il suo mal di gola… sperando, nel frattempo, che non esplodesse ancora» ammiccò divertita la donna. «Penso di non averlo mai visto così turbato… ancora adesso non so cosa disse Artemide, ma dubito fosse qualcosa di piacevole.»

Grattandosi la barba lunga e folta, la divinità assentì e borbottò: «Conosco bene quelle urla e, di solito, mi salvo con le cuffie dell’iPod, o i tappi di sughero.»

Anita rise sommessamente, di fronte a quell’ammissione così umana ma, più seriamente, disse: «Non vi mentirò, perché non amo farlo e non credo sia necessario. Pur se non userò le stesse parole di mio marito, vi assicuro che non vi aiuterò a ritrovare la serenità con le vostre figlie. Non sarebbe corretto nei confronti di nessuno di voi. Ugualmente, sarò imparziale e, se mi verrà chiesto, dirò che siete stato educato con entrambi noi e non avete tentato di costringerci a parteggiare per voi.»

Accigliandosi, Zeus si ritrovò ad affogare in un classico cul de sac. Con quelle semplici parole, Anita lo aveva bloccato in un loop senza via d’uscita.

Se avesse tentato qualsiasi approccio violento, le sue figlie lo avrebbero saputo e si sarebbero adirate ancor di più ma, al tempo stesso, se Anita e Carlos non lo avessero aiutato, lui non avrebbe trovato scorciatoie per riavvicinare le figlie.

Sconsolato, si lasciò andare contro lo schienale del divano su cui era assiso quando, all’improvviso, la risata adamantina di Era si espanse nella casa, sorprendendo sia Zeus che Anita.

In uno scintillio argentato, la dea fece la sua apparizione in un elegante completo giacca-pantalone color fumo di Londra e, sorridendo soddisfatta ad Anita, dichiarò: «I miei sinceri complimenti, signora. Lo avete sistemato nel miglior modo possibile.»

Sinceramente sorpresa da quell’entrata in scena davvero imprevista, Anita si portò una mano al petto e, preso un bel respiro, esalò: «Oh, bella! Siete Era, per caso?»

«Esattamente e, se mio marito si è dimenticato il mio ruolo, gli rinfrescherò la memoria immantinente» ciangottò la donna prima di fissare glaciale il Padre degli Dèi.

Impallidendo non poco, Zeus si levò dal divano per chetare la moglie ma lei, fissandolo sprezzante, borbottò: «Ma tu guarda se devi presentarti a casa dei mortali con le vesti che porti sull’Olimpo. Ammodernati, per tutti noi!»

Zeus la fissò malamente ma accettò il rimprovero e, con uno schiocco di dita, l’himation scomparve per lasciare il posto a pantaloni di lana secca e maglione e quadri.

«Va un po’ meglio» brontolò Era, critica. «E ora, visto che la signora si è dichiarata, sparisci da qui.»

«Che diavolo sei venuta a fare, si può sapere?»

Sospirando, Era si volse verso una dubbiosa Anita e chiosò: «A volte, i mariti sanno essere così tardi…»

Ciò detto, si interpose tra la padrona di casa e Zeus per poi aggiungere: «Forse non rammenti che io sono la dea preposta alla pace del focolare domestico, e tu stavi decisamente guastando questa pace!»

Facendo tanto d’occhi, il marito replicò caustico: «Da quando in qua ti occupi direttamente di queste cose? Soprattutto, di questa famiglia?!»

Accigliandosi non poco, Era gli puntò contro il petto un dito munito di unghia affilatissima e, sibilante, ribatté: «Se proprio lo vuoi sapere, Artemide mi ha fatto conoscere le sue gemelline. Me le ha portate Hermes durante uno dei suoi turni come baby-sitter, e abbiamo giocato tutto il giorno. Per questo, mi occupo di questa famiglia!»

Quella notizia fece avvampare di rabbia Zeus che, ormai paonazzo in viso, sbraitò: «Com’è possibile che proprio tu abbia potuto conoscerle?!»

«Semplice. Perché ho permesso ad Artemide e Apollo di far visita alla loro madre, senza incorrere per questo nella mia ira» sottolineò aspra Era. «Quando chiedi le cose per favore, e non cerchi di farmela sotto il naso, tutto può accadere magicamente.»

«Te lo do io il per favore!» urlò Zeus, proprio mentre Carlos riemergeva dal seminterrato, attirato dalle urla del dio.

Era si volse per salutare il nuovo venuto con un sorriso e, nel frattempo, centrò il marito al volto con un destro d’eccezione. Quel colpo proditorio lo mandò al tappeto, e l’urto della testa contro il tavolino da salotto completò il tutto, tramortendolo abbastanza da farlo svenire.

Mentre Anita e Carlos fissavano l’intera scena senza riuscire a dire alcunché, Era spalancò gli occhi per la sorpresa e, vagamente divertita, esalò: «Oh, cielo! Stavolta l’ho fatta grossa.»
 
***

Di tutte le cose che avrebbero potuto succedere, quel giorno, ritrovarsi con il Padre degli Dèi svenuto nel suo salotto mentre la sua sposa, Era, se ne stava accomodata su una poltrona, Anita non lo aveva di certo previsto.

«Mi scuso ancora per il suo comportamento. Perde le staffe per un nonnulla» cinguettò Era, fissando poi bieca il marito ancora steso a terra.

«Ehm… sicuramente apprezziamo la visita, ma come mai siete giunta qui?» domandò dubbiosa Anita, lanciando un’occhiata davvero confusa all’indirizzo del marito, che scrollò impotente le spalle.

Tornando seria, e perdendo qualsiasi desiderio di essere dolce o svenevole, Era si limitò a dire: «Sono davvero intervenuta per i motivi che ho detto prima, ma anche perché trovo assai scorretto il comportamento di Zeus. Non è assolutamente giusto che lui cerchi delle scorciatoie per aggiustare ciò che ha rotto. Si è comportato da idiota, con le sue figlie, e dovrà ammetterlo davanti a loro. Nient’altro funzionerà.»

Sospirando, poi, aggiunse: «Neppure io ho avuto comportamenti degni di una dea, in passato e, pur se va detto che molti miei atteggiamenti erano dovuti alle di lui scappatelle, non avrei mai dovuto prendermela con il frutto dei suoi tradimenti. Anche per questo, ho voluto chiarirmi con Artemide e Apollo, e la visita delle bambine è stato il loro modo di ringraziarmi.»

Anita sorrise appena, annuendo, e disse: «Sono due birbanti che si fanno voler bene con facilità.»

Era sorrise genuinamente e assentì, dichiarando: «Le mie ancelle erano disperate, al pensiero che potessero farsi male, e correvano loro appresso tutto il tempo. Ma io ero abbastanza tranquilla, sapendo di che pasta è fatta la madre e, dopo aver conosciuto voi, posso dire che anche il padre non può essere da meno.»

«Beh… grazie» chiosò una voce sulla porta d’entrata.

All’unisono, Era, Anita e Carlos si volsero verso un sorpreso Felipe che, riposte le chiavi di casa dei genitori, si avvicinò all’insolito trio prima di notare la figura di Zeus stesa sul divano.

Sbattendo le palpebre per la confusione, l’uomo esalò: «Ehm… che è successo? O sta succedendo? Ditemi voi, perché ho le idee un po’ confuse.»

Era si levò in piedi per allungare una mano verso Felipe e l’uomo, non sapendo che altro fare, la accettò e disse: «Conosco quasi tutti, ormai, perciò oserei dire che voi siete la divina Era, giusto?»

«Esattamente, Felipe. Hai due figlie davvero energiche, sai?» dichiarò Era, sorridendo affabile.

«Hermes mi ha detto che si sono divertite molto, al vostro tempio. Grazie per averle guardate per un po’» dichiarò Felipe, non sapendo esattamente come sentirsi.

Già da anni aveva che fare con divinità di ogni genere, eroi o presunti tali e semidei di varia origine, ma ritrovarsi a colloquiare con la sposa di Zeus gli risultò assai ostico da accettare. Vista soprattutto la nomea di quest’ultima.

Hermes, però, non solo aveva garantito per la dea ma, sopra a ogni altra cosa, aveva tenuto a sottolineare quanto, l’apparente gentilezza di Era, non dipendesse da sue prestazioni particolari.

Persino Efesto gli aveva detto di essere riuscito a parlare con la madre con toni cordiali, pur non essendo ancora riuscito a perdonarla per i suoi errori.

Molto semplicemente, come lo stesso Hermes aveva detto con una buona dose di incredulità, era bastato ringraziarla per la gentilezza concessa a Latona, e offrirle la possibilità di essere una nonna adottiva.

Questo semplice gesto l’aveva quasi trasformata.

Quasi, ovviamente, almeno a giudicare dalla condizione attuale di Zeus.

«A gentilezza si risponde con gentilezza, e loro sono davvero adorabili» chiosò Era, lanciando poi uno sguardo verso la figura sdraiata di Zeus prima di aggiungere: «Coraggio, smettila di far finta di dormire e saluta tuo genero, prima che ti dia un pugno più forte, stavolta.»

Sbuffando, il Padre degli Dèi aprì un occhio e, nel sollevarsi lentamente, borbottò: «Pensavo di avertela fatta.»

La dea lo irrise con lo sguardo, replicando: «Non basta un mio pugno – e neanche una zuccata ben data – per mandarti al tappeto, altrimenti lo avrei fatto molte volte, nei secoli passati.»

«La solita simpaticona» si lagnò Zeus, lanciando quindi uno sguardo pieno di contrizione a una sorpresa Anita prima di levarsi in piedi e scrutare da vicino Felipe Rodriguez.

Naturalmente, aveva fatto controllare attentamente l’umano dalle sue aquile, all’insaputa della figlia, ma non aveva mai ravveduto nulla di strano – o malvagio – in lui.

Nonostante questo, il primo impatto nell’incrociare il suo sguardo gli procurò rabbia e gelosia, che tenne però a freno.

Érebos lo aveva accusato di essere geloso dei propri figli e, a mente fredda e con l’aiuto della sorella Demetra, aveva dovuto ammettere con se stesso la triste verità.

Si era sentito defraudato dell’amore dei figli, quando questi ultimi avevano convogliato tale affetto incondizionato sugli umani da loro conosciuti. Aveva provato rabbia per essere stato tagliato fuori ma, più di ogni altra cosa, non aveva saputo come dire ‘mi dispiace’ al momento giusto.

Prima ancora di poter dire qualcosa, Zeus venne però spiazzato dal gesto di Felipe che, allungando una mano verso di lui, sorrise a mezzo e disse: «E’ un piacere conoscervi. E grazie per i pannolini. Sono stati ampiamente utilizzati.»

Il Padre degli Dèi scrutò quella mano aperta, la pelle così simile alla sua e, nello stringerla quasi remissivamente, mormorò: «Mi era stato detto che potevano servire.»

«E così è stato. L’ambrosia sembrava essere un purgante naturale, per loro e, quando la mangiavano, si liberavano di qualsiasi problema intestinale… con risultati più o meno profumati, però» gli spiegò Felipe, cercando di non pensare al fatto che stava discorrendo con il Signore dei Fulmini di pappette e pannolini puzzolenti.

Zeus accennò un sorriso goffo, già sul punto di replicare al commento di Felipe, quando Aster iniziò a ululare nel giardino, mettendoli in allarme.

Subito, i presenti nella casa si volsero verso le vetrate della veranda e Zeus, avvertendo un sordo prurito alla base della nuca, seppe di essere nei guai.

In un turbinio di foglie, ululati e ringhi, le porte della veranda si aprirono per lasciar entrare una furibonda Artemide che, alla vista del padre, lasciò scatenare senza remore l’icore nel suo sangue.

Per ogni evenienza – e forse memore di altre sfuriate simili da parte di Artemide, Carlos trascinò lontano la sgomenta Anita mentre Felipe, a occhi sgranati, esalava: «Madre de Dios…»

«COSA CI FAI QUI?!» sbraitò Artemide, rifulgendo al pari di un astro entro le pareti di casa.

Era si pose in modo apparentemente casuale dinanzi a Felipe ma lui, con un sorriso, la ringraziò per la cortesia e passò oltre, raggiungendo la furiosa mogliettina.

Incurante di ciò che stava succedendo, la prese per mano e, subito, lo scintillio dell’icore venne a sparire dall’arto sfiorato da Felipe, rimanendo rilucente in tutto il resto del corpo.

«Vai via… devo ammazzare mio padre» ringhiò fuori dai gangheri Artemide.

«Esagerata…» la irrise bonariamente lui.

«Niente affatto!» urlò a quel punto Artemide, levando la mano libera per far apparire una delle sue lance da caccia.

«Oh, per amor del cielo…» esalò Era, spostandosi ulteriormente per pararsi dinanzi ai coniugi Rodriguez, ormai senza parole.

Artemide, però, replicò al gesto della dea con tono apparentemente pacifico che, però, non rassicurò per nulla Era. «Tranquilla. Il bersaglio non sono loro.»

«Non si sa mai» scrollò le spalle la dea, mentre Zeus teneva le mani levate a mo’ di scudo – e di scusa – per chetare la riottosa figlia.

«Tesoro, ti sembra davvero il caso di fare tutta questa confusione in casa dei tuoi suoceri?» tentennò il Padre degli dèi, non sapendo come affrontare le ire di Artemide.

Lei sogghignò per diretta conseguenza, lasciò la mano di Felipe e sibilò: «Non farei mai dei danni in casa di Anita.»

Ciò detto, si lanciò contro il padre e, non appena lo sfiorò, entrambi scomparvero in un alone argentato, lasciando che una calma irreale si deponesse come un sudario sulla casa.

«Oh, ma dai, Arty!» esclamò contrariato Felipe, accigliandosi un attimo dopo averla vista svanire.

«Ma che è successo?» domandò Carlos, guardandosi intorno con espressione più che mai confusa. Era forse passato un tornado, all’interno della villetta?

Era si passò una mano sul volto, sospirò esasperata e infine ammise: «Questa teatralità l’ha presa tutta dal padre. Lo ha portato a Delo per dargli una lezione.»

«In che senso?» esalarono i tre mortali, chiaramente sorpresi.

Era sospirò, scrollò le spalle e ammise preoccupata: «Gli darà la caccia. A Delo, è Artemide che comanda, e neppure Zeus può nulla, in quelle terre.»







N.d.A: direi che il piano congegnato da Zeus per fare pace con le figlie non sta andando esattamente per il verso giusto.
Questo però ci offre la possibilità di scoprire che, almeno per quel che riguarda Era, le cose stanno migliorando - sul fronte parentado - e che molte delle tensioni del passato si sono calmate. Che dite, riuscirà anche Zeus nell'impresa?
  
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