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Autore: BlackVanilla    25/10/2019    1 recensioni
* ATTENZION SEQUEL - E' CONSIGLIATA LA LETTURA DI HEART AND LIFE * Dopo Heart and Life, Gwennie ritorna più desiderosa che mai di guarire dal suo terribile virus...riuscirà Law ad aiutarla? Come andrà a finire tra i due? La loro storia avrà un futuro o incontrerà troppi ostacoli da affrontare? Lo sapremo solo leggendo!!! Un racconto ambientato nella magica Wano accompagnerà i lettori che vorranno gentilmente seguirla!
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Mugiwara, Trafalgar Law
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Al campo base dei mugiwara regnava una discreta tranquillità.
Zoro aveva accettato di rendere al paese di Wano Acqua d’Autunno, considerata dagli abitanti una vera e propria reliquia dato che era appartenuta al grande Ryuma, l’eccezionale spadaccino vissuto in passato e natìo proprio di quella terra.
Hiyori aveva proposto di sostituire Shuusui con Enma, la preziosa katana che era stata di suo padre, Lord Oden, e che era riuscita a scalfire le scaglie di Kaido durante un combattimento, perciò il pirata si stava allenando con la nuova spada: l’arma era davvero molto potente e tagliava decisamente più di quanto desiderato...era quindi necessario prendere la giusta confidenza.
Rufy era da poco tornato da Udon, era stremato per essersi duramente allenato per riuscire ad usare il suo Busoshoku Haki come spiegato da Hyo, uno dei prigionieri conosciuti durante la sua cattura e rivelatosi poi nientemeno che uno dei nove foderi rossi.
Insomma ogni membro dell’alleanza aveva qualcosa che lo teneva impegnato.
Robin uscì rapida da una delle tende in tessuto che stavano usando per dormire, facendo ben attenzione a non fare alcun rumore.
“Si è addormentata?”, le chiese Nami, comparsa alla sua destra e reggendo in mano una tazza di tè fumante.
L’archeologa annuì.
Aveva cullato e consolato Toko per ore dopo che il padre le era praticamente morto davanti agli occhi...era stato un compito difficile ma lo aveva svolto con estremo affetto.
In quel momento ricordò come si era sentita lei, ancora bambina, mentre assisteva impotente al rogo della sua casa, Ohara...avrebbe desiderato avere una spalla amica su cui piangere, su cui sfogare la propria rabbia, tristezza, desolazione...ma invece non aveva avuto nessuno accanto a sé.   
Chopper interruppe il filo dei suoi malinconici pensieri.
“Ecco, tenete”, porse ad entrambe dei piccoli pacchettini fatti con una stoffa pesante di un colore marrone scuro, gli involti erano tenuti fermi da uno spago.
Il dottore spiegò che si trattava di un mix di erbe curative facilmente assimilabili in caso di bisogno.
“E’ possibile anche applicarle su di una ferita, bloccheranno l’emorragia e impediranno ad una eventuale infezione di avanzare!”, sorrise dolce, come sempre del resto.
La navigatrice fermò la piccola renna: volle sapere se era vero ciò che Rufy aveva raccontato, ovvero che a Udon era stato contagiato da un terribile virus, ma che Chopper era stato in grado di trovare facilmente un antidoto.
“Sì, era il virus Zombie sviluppato artificialmente da Queen...sembra che quel tipo abbia per hobby la creazione di bacilli estremamente aggressivi”, spiegò il medico sistemandosi lo zainetto in spalla.
Robin posò l’indice sul mento.
“Potresti quindi trovare un antidoto anche per quello di Gwennie…”, pensò ad alta voce la corvina.
“Purtroppo il suo caso è molto diverso. Non solo il VDM-03 è fortemente mutageno, ma ha anche la caratteristica di logorare gli organi bersaglio con grande velocità. Se anche trovassi un antidoto, una volta somministrato sarebbe efficace solo per un piccolo periodo di tempo...poi il virus muterebbe per poter tornare ad essere attivo. Ne ho lungamente parlato anche con Law il quale mi ha spiegato tutto ciò che ha scoperto studiando i campioni prelevati da Gwennie...”, concluse amaro guardandosi con nervosismo i piccoli zoccoli.
“Perciò è condannata”, sbuffò tristemente la rossa.
Chopper negò con forza.
“Law è convinto di poter trovare un fattore purificante in qualche frutto o erba presente qui a Wano...mi ha detto di voler consultare la biblioteca nazionale una volta sistemato Kaido. Se solo ci contattasse tramite lumacofono…”.
Per un momento nessuno parlò.
In effetti era da parecchio tempo che Law non si faceva sentire...precisamente dalla sfuriata di Shinobu, la quale aveva accusato Bepo, Shachi e Penguin di aver spifferato il piano dell’alleanza durante la loro prigionia.
“Speriamo che torni…”, sussurrò Nami osservando distrattamente Momonosuke mentre si allenava con la sua katana di bambù.
Il dottore ci pensò un attimo, poi decise che fosse arrivato il momento di andare a recuperare altre erbe medicinali...voleva essere preparato al massimo per poter aiutare i suoi nakama durante la battaglia.
Robin sedette accanto all’amica, il movimento fluido accompagnato dal leggero fruscio del suo kimono colorato.
“Sei pensierosa Nami…”.
“In effetti hai ragione...sono preoccupata…”.
Sospirò.
“Lo sono anche io. Tuttavia non possiamo fare altro che sperare nelle potenzialità di Law...sono certa che si stia impegnando al massimo per aiutare Gwennie…”.
La navigatrice drizzò la schiena dopo aver appoggiato i palmi delle mani sul tronco dove si era accomodata.
“Non lo metto in dubbio ma...sarà sufficiente?”.
 
Rufy aveva fame.
Si erano allenato molto con Hyo e ora non desiderava altro che poter mangiare della favolosa carne cucinata da Sanji.
Il cuoco aveva provato a ricordare al proprio capitano che tutti gli animali di Wano erano in qualche modo avvelenati e quindi non esattamente commestibili, ma Cappello di Paglia aveva dimostrato di non preoccuparsene quando si era presentato all’accampamento con un grosso bovino appena cacciato.
In quel momento, mentre la carne cuoceva meravigliosamente, il ragazzo di gomma riusciva a trattenere a stento il desiderio di afferrare un grosso pezzo e di portarselo alla bocca.
Ne era la prova inconfutabile l’abbondante bava che colava dalle sue impazienti labbra.
“E’ pronta?”, domandò per la quattromillesima volta.
“Quasi”, rispose laconico il biondo che nel frattempo aveva preparato un delizioso sughetto dove intingere la carne.
Arrivò Zoro, attratto dall’appetitoso profumo.
“Si mangia?”, grugnì sedendosi accanto al capitano.
Sanji sbottò infastidito...quell’alga umana non aveva proprio maniere.
“Hai finito di tagliuzzare cose a caso?”, provocò girando con forza e abilità l’ingombrante l’arrosto.
Lo spadaccino lo ignorò, molto probabilmente completamente rapito dal piatto che il cuoco stava posando sul tavolo da pranzo improvvisato che Franky aveva fabbricato quel pomeriggio.
Poco dopo furono tutti a tavola.
“Nessuna notizia degli altri?”, bofonchiò Usopp trangugiando rapidamente dell’acqua, aveva rischiato di strozzarsi a causa della mole esagerata di cibo che si era messo in bocca.
Franky scosse la testa, aveva le mandibole troppo impegnate per poter parlare.
“Non importa, forse non verranno più…”, disse Shinobu che aveva preso posto accanto a Momonosuke.
“Cosa dici Shinobu? Law è fortissimo! Hai mai visto cosa è in grado di fare?”, esclamò stupito Chopper mentre si serviva riempiendo il proprio piatto.
La donna non commentò preferendo abbassare lo sguardo.
“Quindi Gwennie è con loro, giusto?”, fece Rufy tra un boccone e l’altro.
Nami confermò e il capitano annuì soddisfatto...non c’era niente al mondo che potesse preoccupare in qualche modo Monkey D.Rufy, lui viveva semplicemente e non si faceva inutili problemi.
“Speriamo che la sua salute non abbia qualche peggioramento…”, pensò ad alta voce Brook, intento a pulirsi la bocca con un tovagliolo.
“Torao è un bravissimo dottore...mi ha salvato la pelle...se Gwennie è con lui, non corre pericolo. Mi fido di Traffy!”, comunicò Mugiwara gettando un osso completamente ripulito dalla carne che lo aveva avvolto fino a poco prima.
Robin sorrise appoggiando il bicchiere che teneva in mano sulle morbide labbra.
L’archeologa era molto affezionata alla ragazza, la sentiva un pò come una sorellina minore...aveva un buon rapporto anche con Nami, ma la Gatta Ladra era talmente esplosiva da non aveva bisogno di alcun supporto.
Gwennie era diversa.
Nonostante il suo carattere forte e determinato, a volte dimostrava anche una forte sensibilità che la portava inesorabilmente a far emergere il suo lato più fragile.
Robin sentiva di dover fungere da spalla in quei momenti particolari e si offriva volentieri di ascoltare le pene dell’amica, regalandole parole di conforto.
Era stata la profonda natura del loro rapporto a permetterle di intuire cosa legasse in realtà Law e Gwennie, ma aveva saggiamente scelto di tenere tutto per sé.
“Robin!”, la chiamò il cyborg, “Credi che qui a Wano ci siano numerosi poignee griffe? O ce ne sarà solo uno magari di colore rosso?”.
“Secondo me troveremo qualcosa di decisamente interessante...non dimentichiamo che questa nazione è esattamente dove quelle pietre sono state create”, posò il bicchiere incrociando le braccia sotto al seno.
“Le troveremo tutte e andremo di volata a Raftel!”, esclamò radioso Usopp, gli occhi sognanti.
Rufy mise il broncio, esattamente come era accaduto all’interno dell’albero a forma di balena, a Zou.
“Sì, sì, lo sappiamo che vuoi combattere”, borbottò il cecchino scuotendo la mano come per liquidare la cosa.
Nami rise sotto ai baffi.
Zoro vuotò il suo bicchiere per poi alzarsi: avrebbe continuato il suo allenamento con Enma, annunciò agli altri.
Il banchetto proseguì spensieratamente: ogni membro dell’alleanza serbava nel cuore la gioiosa speranza di un esito positivo della battaglia che, tra non molto, si sarebbero trovati a dover affrontare.
Ogni piccolo gesto a tavola era un modo per esorcizzare il timore del fallimento, della sconfitta...sentimento presente soprattutto in Kin’emon e negli altri foderi rossi, abitanti di Wano costretti a vedere il proprio amato paese nelle grinfie di uno spietato dittatore.
Tuttavia l’animo leggero dei mugiwara li coinvolse, riuscendo a regalare loro dei momenti di pura spensieratezza.
Nessuno di loro poteva solo immaginare cosa invece stava accadendo a Gwennie in quel esatto momento, nei pressi della capitale...e forse fu decisamente meglio così.
 
Gwennie provò a muoversi ma senza apparente risultato.
La testa le doleva, sentiva il proprio sangue pulsare fastidiosamente sulle tempie.  
Dopo aver aperto gli occhi constatò di non notare nessuna differenza...e ciò poteva significare solo una cosa: in quel momento doveva trovarsi in una stanza completamente buia.
Provò a ricordare nel dettaglio cosa le fosse successo, ma la cosa risultò molto più complicata di quanto credesse...tutto ciò che riusciva a far riemergere dalla memoria era la scena a cui aveva assistito poco prima di perdere i sensi, ovvero quella di uomo piuttosto alto che le si avvicinava rapidamente.
Poi il buio più totale.
Emise un grugnito rabbioso, questa situazione le dava sui nervi.
Ad un tratto una porta scorrevole fu aperta e una debole luce penetrò nella stanza.
“Ti sei svegliata”, constatò una voce maschile.
Qualcuno si avvicinò a Gwennie e la prese per le braccia, le mani erano strettamente legate dietro alla schiena da una corda piuttosto ruvida ed estremamente fastidiosa sulla pelle.
Una volta che la prigioniera fu in piedi, venne condotta nella stanza adiacente.
Ci vollero diversi minuti affinché gli occhi della pirata si abituassero alla luce che proveniva dalle diverse finestre che adornavano le pareti, ma alla fine riuscì a scorgere un uomo seduto davanti ad un piccolo tavolino di legno scuro.
Sembrava intento a versare del tè bollente in una piccola tazza color argilla.
“Benvenuta Gwennie King. Gradisci del tè?”, domandò con gentilezza.
Non ne sapeva il motivo, ma quell’uomo non dava un’impressione negativa alla giovane che, dopo averci pensato qualche secondo, accettò l’offerta.
Ignorava quanto tempo avesse trascorso in quella stanza, al buio e legata, ma una cosa era certa: era decisamente assetata.
Un uomo le liberò i polsi da quella dannata corda, erano rossi e irritati, perciò se li massaggiò con delicatezza in modo da poter ristabilire la circolazione del sangue alle mani intorpidite.
Sedette al tavolino studiando il suo interlocutore: era massiccio ed imponente, non sembrava originario di Wano, difatti i suoi capelli erano decisamente corti, tagliati a spazzola.
I lineamenti duri davano una parvenza di militaresco, tuttavia aveva una dimestichezza notevole nel servire il tè, cosa che portò la giovane a pensare che per lui fosse un rito quotidiano.
“Come sapete il mio nome? Chi siete?”, domandò infine appoggiando le mani in grembo.
L’uomo le fece cenno di aspettare.
Le porse poi una tazza fumante e, poco dopo, versò la bevanda anche per sé.
“Per prima cosa vorrei chiedere scusa per il trattamento che hai subito, ma non ci hai lasciato altra scelta. Continuavi a scappare senza voler sentire ragioni...quindi abbiamo dovuto usare un potente sedativo per riuscire a catturare la tua persona e quindi la tua attenzione”, posò la tazza sul tavolino.
Gwennie sorbì un sorso di tè ma preferì mantenere il silenzio.
“Noi siamo qui per il VDM-03”, annunciò infine.
Alla ragazza quasi cadde di mano il recipiente che teneva tra le dita, fece per parlare ma con un gesto l’uomo la bloccò.
“Lascia che ti spieghi tutto. Solo in questo modo potrai capire bene la situazione.”, alzò la mano verso uno degli individui che aveva aiutato la ragazza ad alzarsi, poi gli chiese di chiamare qualcuno.
Seguirono diversi minuti di attesa silenziosa, dove entrambi si preoccuparono solamente di svuotare la propria tazza.
Infine entrò un altro uomo: era piuttosto alto, decisamente bello, dagli occhi castani e i capelli dello stesso colore ma con riflessi biondi, tagliati corti ma non troppo e portati spettinati, il volto era gentile ma suscitava un certo timore, un timore dovuto alla sua forza combattiva, probabilmente.
Prese anche lui posto presso il tavolo.
“Così tu saresti Gwennie King. Sei un pò diversa dalle foto”, sorrise genuino, strizzando leggermente gli occhi.
La sua voce era profonda e calma, decisamente affascinante.
“Noi siamo marine, il mio nome è Sasaki, mentre lui è Leroy.”, intervenne il tizio che aveva servito il tè.
La giovane fece per alzarsi di scatto, ma Leroy le posò delicatamente una mano sul braccio per bloccarla.
“Siamo dalla tua parte, non ricominciare a correre per favore!”, sorrise nuovamente come aveva fatto poco prima.
Lei lo guardò valutando se potergli credere o meno...decise infine di rimettersi seduta per sentire cosa avevano da dire.
“Calixte Aubert ha viaggiato sulla nostra nave. Abbiamo avuto questo ordine dall’alto e la cosa ci ha lasciato molto perplessi, così ho chiesto a Leroy di fare alcune indagini sulla faccenda...spiegale tutto”, disse Sasaki riempiendo nuovamente la propria tazza.
“Il Governo ha dichiarato in alcuni rapporti strettamente confidenziali che tuo padre era un terrorista e che ha rubato il VDM-03 per poter causare disordini in tutto il mondo. Sembra anche che tu stessa sia considerata come tale e, per questo, la marina era coinvolta in prima linea nella tua cattura. Qualche settimana fa però, ci hanno tolto improvvisamente la missione giustificando il fatto in maniera superficiale. Abbiamo poi saputo da una fonte molto attendibile che qualcun altro è stato mandato sulle tue tracce, un individuo sanguinario che in questo momento si trova qui, a Wano”.
Gwennie boccheggiò, la voce si rifiutava di rispondere alle sue sollecitazioni.
Suo padre considerato un terrorista?
Lui che era stato l’uomo più buono che avesse mai conosciuto, che aveva visto il lavoro di una vita trasformato in un orrendo incubo da mani oscure, che si era sacrificato per permettere a sua figlia di trovare un vaccino...era ora considerato un criminale della peggior specie.
Era insopportabile.
Sentì delle lacrime iniziare a pungerle gli occhi desiderose di poter scorrere liberamente sulle guance arrossate, ma non permise loro di farlo...respirò a fondo un paio di volte riprendendo il pieno controllo delle proprie emozioni.
Non avrebbe pianto davanti a due marines.
“Stai bene?”, domandò Leroy notando il turbamento della pirata.
In risposta lei annuì mordendosi leggermente il labbro inferiore.
“E’ quindi ovvio come qualcuno stia muovendo le fila di questa faccenda rimanendo ben nascosto nell’ombra e che questo qualcuno abbia anche amicizie molto in alto nella gerarchia interna della Marina stessa. In ogni caso noi siamo uomini d’onore e di giustizia, questo tipo di cose ci danno letteralmente il voltastomaco…”, Sasaki era intervenuto dopo aver acceso un sigaro tratto da una delle pieghe del suo kimono azzurro.
La giovane si perse per un momento ad osservare i disegni prodotti dal fumo leggero mentre volteggiava libero nell’aria.
La voce di Leroy la riportò con i piedi per terra.      
“Vogliamo aiutarti. Se ci consegni il campione di VDM-03, la tua vita sarà salva. Penseremo noi a sistemare il mercenario che è stato mandato qui per il virus. Inoltre andremo a fondo con le indagini per scoprire chi si cela dietro a tutto questo una volta per tutte”, gli occhi scuri erano accesi dall’impeto.
La pirata non parlò, si guardò le mani abbandonate in grembo per un lungo momento.
“Mi state chiedendo di fidarmi...ma non vi conosco, so poco di voi e quel poco mi spinge a essere diffidente. Siete marines, il nemico principale di quelli che, come me, hanno scelto di navigare sotto ad una bandiera nera. Quindi come potrei mai credere a tutto ciò che mi avete detto?”, parlò con tono cristallino.
Sasaki prese qualcosa da terra e lo appoggiò sul tavolo: si trattava di un quotidiano risalente a qualche giorno prima.
Invitò la ragazza a leggere un determinato articolo che le indicò con un dito.
Il trafiletto descriveva l’assassinio brutale di un ristoratore, il quale era morto a causa un paio di bacchette di legno che gli erano state violentemente conficcate nel collo...il tutto era accaduto per un motivo decisamente futile, ovvero l’esaurimento delle scorte di sake del locale.
Gwennie guardò il marine con aria interrogativa.
“Siamo certi che questo omicidio sia avvenuto per mano del sicario che si trova qui per te, signorina King. Si fa chiamare Jonnmaru da quando è giunto a Wano, ma nel mondo è conosciuto sotto lo pseudonimo di John Smith”, spiegò dopo aver aspirato il fumo profumato del proprio sigaro.
“Sono ben capace di difendermi”, sbottò lei assumendo un’espressione piccata, “Inoltre non sono sola...ci sono anche i miei compagni”.
“Ragazza, non mettiamo in dubbio il fatto che siate dei pirati piuttosto forti. Il tuo capitano è ben conosciuto dal Governo. Ma in questo caso non si tratta di una semplice diatriba pirati contro Marina...qui si parla della salute e della vita di migliaia di persone. Se quel virus cadesse nelle mani sbagliate, l’effetto sarebbe apocalittico. Sai cosa succederebbe ad un organismo umano se il VDM-03 entrasse in circolo?”, domandò Sasaki piantando gli occhi duri in quelli verdi di lei.
Gwennie avrebbe voluto spiegare che conosceva molto bene i devastanti sintomi del VDM-03, ma preferì tenere tutto per sé.
“Chi mi garantisce che non sia tutto un trucco per poter catturare noi mugiwara e i nostri alleati?”, assottigliò lo sguardo.
“Il commodoro Sasaki è persona di grande onore, puoi stare certa che non farebbe mai una cosa tanto meschina. In questa situazione non ci sono differenze, siamo tutti ugualmente in pericolo”, rassicurò Leroy abbozzando mezzo sorriso.
Doveva essere proprio il modo in cui quel ragazzo sorrideva, assottigliando gli occhi quasi facendoli chiudere completamente, pensò la ragazza.
“Se decidessi di credervi, di fidarmi di voi...quale sarebbe il piano?”, chiese infine sospirando rumorosamente.
Se solo Law fosse stato lì con lei.
 
Era arrivato il fatidico giorno, il Festival del Fuoco avrebbe avuto luogo l’indomani.
Le vie della capitale riflettevano quello che era lo stato d’animo degli abitanti: decorate con festoni di carta colorati, lanterne rotonde dentro alle quali sarebbero state collocate delle candele non appena fosse calata la sera.
Agli angoli delle strade c’erano numerosi musicisti che suonavano abilmente dei grossi tamburi, alcuni però preferivano altri tipi di strumenti, come ad esempio lo shamisen o il dizi.
Gwennie ammirava tutto questo dalla piccola finestra di quella che era diventata la sua stanza da letto per la notte appena trascorsa: Leroy e Sasaki le avevano offerto di dormire nell’abitazione che stavano occupando e lei aveva accettato di buon grado.
La sera prima avevano parlato lungamente, era quasi mezzanotte quando avevano concluso la loro discussione, la giovane si era sentita stanca ed assonnata, perciò un comodo e sicuro giaciglio non le era dispiaciuto per niente.
Qualcuno bussò piano alla porta.
“Buongiorno!”, era Leroy, “Sono venuto a vedere se eri già sveglia...la colazione è pronta se vuoi favorire”.
La pirata annuì compiendo qualche passo verso il marine.
Non desiderava essere troppo amichevole con lui, dopotutto erano pur sempre nemici.
Il percorso dalla stanza della giovane alla sala da pranzo fu veloce e silenzioso, una volta arrivati Gwennie notò che il tavolo era apparecchiato solo con due coperti.
“Il commodoro ha fatto colazione all’alba”, la precedette il suo accompagnatore, “quindi siamo solo io e te...spero che non ti dispiaccia...sai, si capisce che non ti vado a genio!”.
Lei lo spiò con la coda dell’occhio: indossava un kimono blu scuro con i bordi di un bianco candido, la fascia in vita era bordeaux e portava sempre con sé una katana dal fodera particolarmente decorato.
Inoltre doveva essere mancino dato che l’arma pendeva dalla parte destra del suo corpo.
Il viso era disteso e rilassato, sulle labbra l’accenno di un sorriso...sembrava decisamente una brava persona, soprattutto sincera.
“Non ce l’ho con te personalmente...ma capirai che i nostri ruoli sono esattamente opposti, insomma trovo difficile riuscire ad imitare il tuo atteggiamento spensierato…”, alzò le spalle.
Lui fece uno dei suoi sorrisi, uno di quelli che faceva ridurre gli occhi a due fessure.
“Sì, capisco”, disse infine mentre prendeva posto a tavola, “credo sia naturale pensarla come te, ma posso assicurarti che non vogliamo assolutamente ingannarti e non nuoceremo in alcun modo alla tua ciurma o a quella dei vostri attuali alleati”, afferrò le bacchette con la mano sinistra, confermando i sospetti di Gwennie.
La ragazza si servì usando a sua volta le hashi, poi portò alla bocca una porzione di dolce ai fagioli rossi.
“Sei sempre così taciturna?”, chiese lui non smettendo di incurvare le proprie labbra.
“Soltanto quando mi trovo con degli estranei”, replicò tranquillamente lei.
Leroy scoppiò in una risata, posò le bacchette sul tavolo scegliendo invece di bere dell’acqua, successivamente piantò gli occhi scuri in quelli di lei che lo stavano osservando con diffidenza.
“Parola mia, non ho mai incontrato nessuno come te. Una pirata che vuole salvare il mondo dalla minaccia di un terribile virus ma che vuole fare tutto da sola perchè non riesce a fidarsi della gente…”, depose anche il bicchiere ormai vuoto sul tavolo.
“Non mi pare di aver mai detto di voler fare tutto da sola. Se qui abbiamo finito io andrei…”, fece per alzarsi ma la mano ferma di lui la bloccò.
Gwennie lo trafisse con lo sguardo.
“Ehi, non vorrai uccidermi con quegli occhi minacciosi...non ti sto impedendo di andartene, voglio solo consegnarti questo”, estrasse dalla tasca con piccolo Den Den Mushi, “se non riuscissimo a stanare John Smith in tempo e lui facesse in modo di trovarti, beh non devi fare altro che chiamare e io accorrerò in tuo aiuto…”.
La giovane accettò il lumacofono per poi girare sui tacchi ed andarsene.
 
Setsuko rotolò nel futon sfatto cercando con la mano quello che era stato il suo compagno per la notte, ma dovette constatare di essere già rimasta sola.
Sul tavolino bianco poco lontano dall’ingresso giacevano tre pezzi d’oro, l’esatto prezzo da pagare per poter trascorrere del tempo con la famosa juuyo.
Sospirò godendosi quel momento di pace assoluta nella propria stanza, quella che occupava presso il conosciuto bordello Hottokisu, il quale si ergeva quasi al centro della capitale. 
Circa mezz’ora dopo udì dei passi pesanti in corridoio, si alzò dal proprio giaciglio coprendosi il seno con il lenzuolo colorato, infine attese che il suo ospite annunciasse il proprio nome, ma ciò non avvenne: la porta si spalancò all’improvviso permettendo all’uomo che era comparso sulla soglia di entrare facilmente.
“Jonnmaru-sama, che piacere rivederti”, mentì la donna sentendo un primo brivido di paura percorrerle la schiena nuda.
Lui sorrise in modo perverso mentre richiudeva con lentezza il fragile uscio di legno.
Si gettò rudemente su Setsuke, strappandole di dosso il lenzuolo e consumando con lo sguardo ogni centimetro della sua pelle candida.
Armeggiò con la propria cintura per poi gettare frettolosamente a terra il kimono con il quale era vestito, desiderando fare piena mostra della sua crescente eccitazione.
La baciò voracemente, facendole quasi male.
“A cosa devo tanto impeto?”, chiese lei con un sussurro.
Jonnmaru ghinò a lungo prima di rispondere.
“Questo credo sia meglio che tu non lo sappia…”, afferrò la gamba sinistra della sua amante obbligandola così ad aderire completamente al suo corpo.
La juuyo emise un debole gemito mentre reclinava la testa all’indietro e si abbandonava al ritmo selvaggio che l’uomo le stava imponendo.
Per sua fortuna le risultò impossibile notare la chiazza di sangue ancora fresco che macchiava la parte inferiore del kimono del suo amante, così come non fece caso alle voci concitate delle guardie che correvano come impazzite per la via della capitale alla ricerca di un pericoloso assassino.   
 
Un saluto a tutti i miei gentilissimi lettori!
Da questo momento in poi la pubblicazione dei capitoli non sarà regolare, quindi non più con cadenza quindicinale.
Un abbraccio!
BV
 
   
 
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