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Autore: EleWar    26/10/2019    6 recensioni
L’aria era satura di elettricità, immobile.
Due persone si fronteggiavano sulla terrazza di un palazzo di mattoni.
Una tempesta stava per scoppiare.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Care lettrici, intanto GRAZIE dal profondo del mio cuore matto per la vostra pazienza, e per le vostre belle rec; Grazie anche a chi legge in “silenzio”… spero che anche voi apprezzerete lo stesso.
Bene, eccoci arrivati a questo 3° capitoletto un po’ più lunghetto, in cui ci addentriamo nel vivo della storia. Il titolo la dice lunga… quindi basta tediarvi e…buona lettura.
Vi lovvo





Cap.3 Guardarsi dentro
 
La mattina seguente Saeko si presentò alla porta di City Hunter.
Ryo la fece entrare ed accomodare sul divano, le offrì una tazza di caffè fumante. Lei sedendosi si guardò intorno e chiese:
“Kaori dov’è? Dorme ancora? Come sta?”
“Sì, dorme ancora: quelle medicine che gli ha dato il Doc sono molto forti, la fanno dormire tantissimo, ma è un bene, così se ne sta tranquilla e guarisce”
“E tu? Come stai?”
Saeko conosceva Ryo e sapeva quanto fosse legato alla sua socia, nonostante lui minimizzasse sempre la cosa, e soprattutto immaginava quanto il suo amico stesse soffrendo in quel momento. Veramente non era la prima volta che Kaori, in seguito ad un trauma, perdesse la memoria, ma questa volta non aveva semplicemente avuto un’amnesia, aveva principalmente dimenticato lui e la loro vita insieme. Ryo poteva recitare la parte del duro quanto voleva, ma quella ragazza gli era entrata dentro, era la sua ragione di vita, l’aveva cambiato con la sola presenza, l’aveva reso un uomo migliore.
A quella domanda diretta, lo sweeper non rispose subito, ma indubbiamente con Saeko non poteva fingere più di tanto; si passò una mano fra i capelli, in un gesto di frustrazione, e disse:
“È convinta che Maki sia ancora vivo… è straziante questa cosa” e incredibilmente ammise: “Non so cosa devo fare”.
Il giorno prima l’ispettrice era presente nella stanza di Kaori, quando se ne era uscita tranquillamente con quelle parole, e lei aveva avuto una stretta al cuore: irrazionalmente una parte di lei avrebbe voluto che fosse davvero così, che Hideyuki fosse vivo e semplicemente assente, perché impegnato in una missione. In quel caso, quando sarebbe tornato gli avrebbe detto finalmente che lo amava, che sceglieva lui, che voleva stare con lui e non avrebbero più perso tempo. Ma la parte razionale avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto tapparsi le orecchie con le mani, per non sentire la sorella del suo amore parlare in quel modo, così serenamente come se niente fosse, ignara della tragedia che si era abbattuta su di loro. Si era trattenuta a stento, e un nodo le si era stretto in gola impedendole di dire alcunché. Anche gli altri non erano stati in grado di dire niente, del resto, anche se in quella stanza solo lei e Ryo avevano conosciuto Makimura, e solo loro due sapevano quanto dolore suscitasse quella situazione paradossale.
Saeko capiva l’indecisione di Ryo, perché anche lei, al suo posto, non avrebbe saputo da dove cominciare; però il particolare legame che lo univa alla ragazza, era talmente esclusivo che solo lui, infine, sarebbe riuscito a trovare il modo di aiutarla.
Per un attimo tacquero, ognuno chiuso nei propri dolorosi pensieri, poi Ryo con un sospiro disse:
“Per il momento l’asseconderò, le farò credere che può rimanere qui temporaneamente finché non si ristabilisce, finché… finché non torna suo fratello a riprenderla” era difficile anche dirlo, poi aggiunse: “Ma non potremo continuare in eterno. Doc dice che la devo aiutare a ritrovare la memoria, forse sarebbe meglio che le parlassi di lei, di chi è in realtà, della vita che ha vissuto con me, di me… ma…”
“Che c’è Ryo? Perché non vuoi che ricordi? Non vorrai di nuovo approfittarti di questa situazione per ritrattare, per tirarti indietro ancora una volta?” ribatté Saeko, con la voce alterata dalla rabbia crescente.
Era stanca del comportamento immaturo del suo amico: aveva la felicità a portata di mano e la sprecava inutilmente; non gli avrebbe permesso di fare il suo stesso errore, di perdere l’amore della sua vita per orgoglio, per poi pentirsene amaramente quando era troppo tardi ormai.
“No, non è questo… stavolta non è per questo…” non riusciva a dirglielo.
“Allora cos’è che ti frena? Non ti sembra di aver deciso per lei fin troppo a lungo?”
“Ho detto che non è questo!” rispose esasperato e arrabbiato insieme “L’altra sera, quando è caduto il fulmine, stavamo litigando e lei… lei… voleva andarsene, aveva deciso di lasciarmi!” esplose.
“Ecco! Lo sapevo che sarebbe andata a finire così” e gli assestò un bello scappellotto “E certo! L’hai esasperata così tanto che alla fine si è stancata! Vorrei dirti che mi dispiace, ma non è così! Sei un idiota, un idiota senza speranza, anzi un idiota doppio…”
“Saeko non esagerare io…”
“Zitto, non dire niente! Mi fai una rabbia che ti ucciderei con le mie stesse mani… Ma non capisci?”  
Ma lui la guardava con sguardo ebete.
“No, non capisci, è chiaro!”
Erano seduti vicini, sullo stesso divano; lei posò la sua tazza di caffè sul basso tavolino e si girò per guardarlo meglio, con l’aria accigliata, pronta a farsi sentire.
“L’hai esasperata e lei è scoppiata, ovvio! Ed ora, alla prima difficoltà, ti arrendi. Tu lo sai che ti ama, come sai che tu ami lei, e lascerai che se ne vada così, senza lottare? Vuoi buttare all’aria tutti gli anni che avete passato insieme? Lei avrà pure perso la memoria ma tu, santi numi! Hai la possibilità di rimediare ai tuoi errori… e DEVI sfruttare quest’opportunità, perché forse non ce ne saranno altre!” poi, facendosi improvvisamente triste: “Ti prego, non fare come me” e le si riempirono gli occhi di lacrime.
La gelida, sensuale, professionale Saeko, aveva infine deposto la maschera, e si mostrava al suo amico per quella che era: una donna fragile, che viveva di rimpianti e che non riusciva a darsi pace.
Ryo ne rimase sconvolto: anche lei celava i suoi veri sentimenti, e si era costruita una corazza per non soffrire; in questo erano molto simili, ma la strana amnesia di Kaori li aveva costretti a guardarsi dentro, e a fare i conti con sé stessi.
Lo sweeper, ammutolito, le prese delicatamente una mano e lei si rifugiò nelle sue braccia soffocando i singhiozzi.
Quando Kaori entrò nella stanza li trovò ancora abbracciati e, stupita, trasalì.
Si sentì improvvisamente imbarazzata, convinta di aver sorpreso due innamorati.
Si schiarì la voce e abbozzò un:
“Scusate… io… io non volevo…”
Ryo si voltò di scatto sentendo la voce della socia, e come riflesso condizionato si portò le mani sulla testa, aspettandosi la solita martellata, e iniziò a farfugliare:
“Scusa, scusa, scusa non lo farò più!”
Ma Kaori lo guardava con sguardo limpido e sereno, e quando si accorse che la donna lì presente aveva pianto e si stava asciugando discretamente le lacrime, sentì un moto di compassione.
Vedendo la non-reazione della ragazza, l’uomo, sorpreso, dovette constatare dolorosamente che… Kaori non era nemmeno più capace di esternare la sua rabbia e la sua gelosia; fino a quel punto non ricordava?
All’improvviso fu preso dall’angoscia, ma poi si ricordò delle raccomandazioni che gli aveva fatto poco prima Saeko e si riscosse; quella doveva pensarla e viverla come una situazione temporanea, tutto si sarebbe risolto e Kaori sarebbe tornata quella di prima, nel bene e nel male.
Si tirò su in piedi e, riacquistato il suo aplomb, disse rivolto all’ispettrice:
“Visto che ci sei tu, ne approfitto per fare dei giri. Potresti tenere compagnia a Kaori per un po’?” e la guardò con occhi supplicanti; lei era l’unica che poteva continuare la farsa di Maki ancora vivo.
Saeko annuì e Ryo, poi, poco prima di uscire, le bisbigliò:
“Di’ agli altri che per un po’ fingeremo… Così se dovessero passare, sapranno come comportarsi”
“Va bene. Ma Ryo… non mi deludere”.
Lui le fece un sorriso storto e si diresse alla porta. Poi, come a ricordarsi di qualcosa, si voltò e, rivolgendosi alla socia, disse:
“Kaori, visto che esco, ti serve qualcosa?”
“Be’ non saprei… oggi mi sento meglio e vorrei darti una mano in cucina. Me la cavo ai fornelli, sai? Magari potrei preparare il pranzo” rispose torturandosi le dita.
Lei era lì, ritta al centro del salotto, ed era così indifesa, sembrava un cucciolo smarrito. Lo sweeper si sentì travolgere dalla tenerezza che lei gli suscitava; avrebbe voluto correre da lei, abbracciarla e poterle trasmettere tutto il suo affetto, ma allo stesso tempo doveva uscire da lì: si sentiva in gabbia, aveva bisogno di pensare e riordinare le idee. Si sforzò di sorriderle e rispose brevemente: “Va bene”.
E se ne andò.
 
Uno strano silenzio era sceso nella stanza; le due donne, a disagio, non sapevano come comportarsi.
Infine l’ispettrice disse:
“Kaori, hai fame? Ryo ha preparato la colazione… magari ti farebbe bene mangiare qualcosa”.
La ragazza, sempre sensibile alle gentilezze, le rivolse un sorriso e rispose:
“Oh grazie, effettivamente ho un leggero languorino. Siete tutti così gentili con me, mi chiedo come farò a sdebitarmi con voi”
Ma Saeko dolorosamente pensò:
Sapessi invece quanto bene ci hai fatto tu con la tua sola presenza, durante tutti questi anni!”
Poi Kaori, rivolgendosi di nuovo alla donna:
“Se non ha già fatto colazione, vorrebbe unirsi a me?”
Questa nuova Kaori non era minimamente in soggezione nei confronti della bella poliziotta: nella sua amnesia non la vedeva come una rivale che voleva portarle via Ryo; non si sentiva costantemente in gara con le altre donne; non si confrontava con loro sminuendosi. Semplicemente, l’aspetto fisico per lei era indifferente. E Saeko ebbe la percezione dell’enorme influenza che il suo amico aveva sulla sua collega. Gran parte dell’insicurezza della ragazza, inevitabilmente era colpa sua.
Però ad essere sincera, anche lei, Saeko, con quel continuo far ricorso al suo fascino per convincere Ryo a lavorare per lei, alla lunga aveva danneggiato l’autostima della giovane. Onestamente anche lei aveva fatto la sua parte.
Mentalmente sospirò.
In ogni caso l’ispettrice raggiunse l’amica al tavolo della cucina, vi appoggiò i gomiti e s’incantò a guardarla: mangiava con appetito ed era di buon umore; per un attimo la invidiò e avrebbe tanto voluto essere come lei, spensierata; probabilmente era proprio così, prima della perdita dell’amato fratello.
Kaori, sentendosi osservata, alzò lo sguardo dalla sua tazza di caffè e sorrise alla bella poliziotta: Saeko si sentì a disagio sotto quello sguardo candido, quasi che potesse leggerle dentro; che enorme potere aveva su di lei! Non se ne era mai accorta. In un certo senso si condizionavano a vicenda.
Kaori disse:
“E così lei è l’ispettrice Saeko Nogami… mio fratello mi ha parlato molto di lei”.
La donna si sentì male a quelle parole, ma aveva promesso a sé stessa che sarebbe stata forte: doveva fingere, fingere sempre, e non perse tempo a crogiolarsi nel dolore, quindi l’interruppe subito con:
“Ti prego non essere così formale, diamoci del tu, vuoi?”
La ragazza annuì.
“Sono contenta di poterti conoscere, mio fratello ha una tale stima di te, sei una donna eccezionale e a quanto vedo anche molto bella” e le sorrise ancora.
Saeko inghiottì il nodo che aveva in gola.
“Ti ringrazio. Anche io stimav… stimo molto tuo fratello, era un collega davvero speciale, abbiamo lavorato sempre molto bene insieme. Mi è dispiaciuto quando ha lasciato la polizia”
“Già… non ho capito molto bene che tipo di lavoro sia quello che fa attualmente, ho anche scoperto che ha un collega, il signor… emm cioè Ryo; anche lui mi sembra un tipo in gamba. È così gentile con me…” e Saeko si stupì non poco, ma apprezzò che il suo amico testone tirasse fuori il meglio per Kaori “… è stata davvero una fortuna che lui mi abbia trovata subito dopo essere stata colpita dal fulmine, e portata immediatamente in clinica. Gli devo la vita”
“Sì, sei stata fortunata a trovare Ryo” disse la poliziotta, con un tono indecifrabile.
“A proposito…” riprese Kaori, stavolta con la voce malferma e in imbarazzo “scusami per prima… io non volevo… non volevo interrompervi”.
Saeko trasalì.
Se Kaori avesse ricordato tutte le volte che li aveva interrotti, tempestivamente per giunta e a suon di martellate! Ma la donna si affrettò a chiarire l’equivoco:
“Niente scuse, quello era semplicemente un abbraccio. Siamo vecchi amici e lui mi stava solo consolando… io, lui e Maki siamo grandi amici”.
Kaori parve rasserenarsi.
Poco dopo l’ispettrice si alzò dicendo:
“Sono desolata, ma ora devo proprio andare. Mi dispiace lasciarti qui da sola, in questa grande casa, ma il lavoro mi chiama”.
Non era una fuga, quella, ma veramente la donna doveva tornare alla centrale, e soprattutto sentiva di aver terminato gli argomenti di conversazione con la ragazza, e preferiva andarsene prima che il disagio scendesse di nuovo su di loro.
Kaori si alzò a sua volta e l’accompagnò alla porta, come fosse effettivamente la padrona di casa e le disse:
“Oh non preoccuparti per me. Qui è così accogliente, che mi sembra come… come di essere a casa mia” e le sorrise in maniera disarmante.
Saeko non riuscì ad aggiungere nient’altro, si sentiva totalmente spiazzata da quella situazione e sperò ardentemente che tutto si risolvesse in breve tempo. Temeva però che, una volta che a Kaori fosse tornata la memoria, la ragazza sarebbe andata in mille pezzi e avrebbe perso questa meravigliosa, ritrovata innocenza.
 
Quando la sweeper rimase sola nel grande salotto, sospirò: ed ora che cosa avrebbe potuto fare? Si annoiava già al solo pensiero di starsene lì con le mani in mano. Decise allora di fare un giro per la casa; incredibilmente sapeva già cosa trovarsi di fronte ogni volta che apriva una porta, e provava sentimenti contrastanti: a volte si sentiva serena, poi improvvisamente triste, poi arrabbiatissima, poi ancora felice ed emozionata. Le sembrava strano provare tutte quelle emozioni solo varcando la soglia delle stanze.
Finì nella camera di Ryo, indubbiamente la stanza di uno scapolo a cui piacevano le donne poiché c’era un grande poster di nudo che campeggiava sulla parete, e  giornaletti di dubbia moralità sparsi qua e là; il disordine la faceva da padrone. Inconsapevolmente, si mise a riordinare i vestiti lasciati in giro dall’uomo, come se lo avesse sempre fatto. Ripose quelli sporchi nel cesto della biancheria e le sfuggì un sospiro esasperato e divertito insieme. Era un po’ come prendersi cura di suo fratello; finì per pensare che tutti gli uomini erano uguali e che senza la presenza di una donna sarebbero stati persi.
Si ritrovò nella stanza degli ospiti, quella in cui aveva dormito la notte prima, e più per noia che per curiosità, iniziò ad aprire i cassetti, rovistò in giro e si convinse che lì avesse abitato una ragazza; lo capiva da tanti piccoli indizi.
In fondo ad un cassetto trovò una scatolina da orefice, l’aprì e poté ammirare così un bellissimo anello, con una pietruzza rossa. S’incantò a guardarlo, rigirandolo tra le dita, lo infilò… le andava a pennello. D’improvviso provò un tale senso di nostalgia che le si riempirono gli occhi di lacrime, inspiegabilmente. Ebbe una tale voglia di chiamare suo fratello, sentire la sua voce, ma poi si ricordò che era in missione e che non aveva lasciato un recapito.
Quel testone”, sbuffò, “sempre a fare il misterioso”.
Rimise l’anello nella custodia e la ripose dove l’aveva trovata.
Sospirò di nuovo, frustrata.
L’ustione sulla schiena le dava fastidio; il dolore era già scomparso con quelle dosi massicce di unguento, però si sentiva tutta appiccicosa e soprattutto iniziava a sentire prurito. Pensò che una doccia non le avrebbe fatto male, di sicuro sarebbe stata attenta e non si sarebbe strofinata la schiena.
Raggiunse il bagno, dove lentamente si spogliò di fronte allo specchio.
Prima si sciolse la fasciatura sulla testa: constatò che la ferita sulla fronte si stava già rimarginando e che un semplice cerotto sarebbe stato più che sufficiente. Poi si portò una mano ai capelli bruciacchiati e inspirò pesantemente.
Quando, ormai completamente nuda, cercò di guardarsi la schiena, rabbrividì. Sì, decisamente era stata fortunata a riportare solo un’ustione; con quel fulmine sarebbe potuta morire.
S’infilò sotto la doccia e non seppe se l’acqua tiepida le desse più sollievo o pena, quindi non indugiò a lungo.
 
Nel frattempo Ryo era tornato all’appartamento, e non trovando la socia, iniziò a chiamarla allarmato girando tutte le stanze con crescente apprensione. Dove poteva essere andata? Lei non conosceva la casa, o meglio, non si ricordava che quella fosse casa sua; cercava di ripetersi che aveva avuto una semplice amnesia e che non era diventata una pazza furiosa che poteva farsi del male così, solo vagando da una stanza all’altra.
Quando arrivò davanti alla porta del bagno, udì il rumore dell’acqua scorrere, e si sentì improvvisamente sollevato: che sciocco era stato a preoccuparsi, lei si stava facendo semplicemente una doccia.
Si allontanò senza farsi sentire, non voleva che lei lo sorprendesse lì a spiarla, anche se non era propriamente così.
 
Kaori scese più tardi al piano di sotto e trovò Ryo seduto sulle scale che, assorto nei suoi pensieri, stava fumando una sigaretta. La ragazza vedendolo esordì:
“Oh ciao, Ryo, sei tornato!”
Era così allegra! Era davvero la gioia di vivere fatta persona; lo sweeper si voltò a guardarla e si sentì rimescolare dentro.
Era bellissima, come sempre del resto, e quel suo sorriso sincero era come un abbraccio caloroso.
Lei gli faceva sempre questo effetto: quando rientrava e la trovava lì, sapeva di essere tornato a casa. Se ne rendeva conto solo nel momento in cui lei lo accoglieva; e gli andava bene anche quando era arrabbiata e furiosa con lui e lo prendeva a male parole, perché significava che lei si era preoccupata; oppure quando, stizzita, non lo calcolava affatto, perché anche così, al contrario, voleva dire che lui era importante e presente nella sua vita. Quando invece lo accoglieva con il sorriso sulle labbra, come in quel momento, si sentiva al settimo cielo, e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo.
E dalla sera in cui avevano litigato, e da quando lei aveva perso la memoria, ogni volta che dimostrava di avere un debole per lui, d’interessarsi a lui, si emozionava come un adolescente alle prese con la prima cotta.
Lei si sedette sul suo stesso scalino e le sfuggì un piccolo gemito. Lui, subito apprensivo, le chiese:
“Tutto bene? Come stai?”
“Meglio grazie. Mi sono fatta una doccia, che proprio non ne potevo più” e sorrise ancora; quei suoi sorrisi avevano il potere di stregarlo, si sentiva senza difese. Mascherò l’improvviso imbarazzo chiedendo ancora:
“Ho visto che non hai più quella brutta fasciatura”
“Sì, mi dava parecchio fastidio, ma tu non dirlo al Doc” e gli fece l’occhiolino; poi proseguì: “Ah i miei poveri capelli! Si sono danneggiati parecchio, spero che ricrescano presto, altrimenti dovrò andare in giro con un cappello per un po’” e ridacchiò.
C’era da incantarsi a sentirla ridere.
“Magari, se avrò pazienza, li farò allungare ancora, tu che ne dici? Non starei meglio con i capelli lunghi?”
A Ryo sfilarono in testa tutte le volte in cui lei aveva messo una parrucca, come quella sera che si era finta Cenerentola, e pensò che ogni volta era sempre fantastica, ma lui la preferiva così; e già stava per allungare la mano a scompigliarle i capelli come faceva spesso, quando si trattenne e disse invece:
“Io dico che sei bellissima anche come sei ora”.
Lei arrossì vistosamente, ma subito disse, abbassando lo sguardo:
“Ti ringrazio, ma scommetto che lo dici a tutte. Io penso che tu ci sappia fare con le donne, hai l’aria del seduttore. Immagino che tutte cadranno ai tuoi piedi, dico bene?” e scoppiò a ridere di cuore, ma non era una risata sarcastica, o una presa in giro.
Ryo rimase a bocca aperta, senza riuscire a ribattere.
Implicitamente gli stava dicendo che era un bell’uomo e forse ammetteva che le piacesse, ma era triste e frustrante insieme constatare che non sapesse come stessero in realtà le cose. Lui era un allupato, un dongiovanni sfortunato, che non riusciva mai a sedurre una donna perché sul più bello gli partivano le fregole da maniaco. Ma soprattutto non voleva mai concludere, perché l’unica donna che gli interessava veramente era lì accanto a lui, l’unica con cui però non ci provava mai.
La guardò, e improvvisamente la desiderò come mai prima d’ora, ne era così tanto attratto che tutto sembrava possibile; stavano incredibilmente flirtando, proprio loro due! Pensò allora di stuzzicarla e le rispose con un’altra domanda:
“E cosa te lo fa pensare?”
“Be’, di sicuro non sei brutto, con questa tua aria da bel tenebroso: non sorridi quasi mai e nel complesso sembri misterioso e inaccessibile, atteggiamenti questi che, al contrario, attirano molto noi donne. E poi ho visto come ti guardavano ieri quelle ragazze alla clinica, quella… quella… come si chiamava? Ah, sì: Reika. Per non parlare dell’ispettrice Nogami. Lei mi ha detto che siete solo amici, ma secondo me c’è sotto  qualcosa di più. Comunque, tu e lei formate una bella coppia” e sorrise di nuovo in un misto d’innocenza e malizia.
Ryo ne rimase sconvolto.
No, no, no, non poteva, non doveva pensare una cosa del genere.
Normalmente con Saeko faceva lo stupido solo perché… era da tanto che andava avanti quel loro giochetto, anche se inevitabilmente questo scatenava le ire della collega che finiva per prenderlo a martellate. E quella mattina, quando li aveva visti insieme, erano seri, certo, ma non in atteggiamento amoroso; non c’era niente fra loro, e anche Saeko sapeva che il suo cuore apparteneva all’altra metà di City Hunter.
Riuscì solo a dire:
“Non è come credi. Reika… be’, Reika scherza sempre; e Saeko è una cara e vecchia amica”.
Kaori a quelle ammissioni, e notando l’espressione seria dell’uomo accanto a lei, fu presa dalla vergogna; quello che era iniziato come uno scherzo, sembrava aver impressionato tantissimo il suo ospite, tanto da rattristarlo, e si affrettò a scusarsi:
“Scu-scusami, ho parlato a sproposito… non dovevo…” e si chiuse a bozzolo, imbarazzata.
Ma Ryo allungò una mano a toccarle il ginocchio e, quando lei risollevò lo sguardo, lo vide sfoggiare uno di quei suoi rari sorrisi, prima di dirle:
“Non devi scusarti per così poco”.
E poi, incredibilmente, successe.
Non seppero mai chi dei due avesse iniziato, ma si ritrovarono uno nelle braccia dell’altra, persi in un bacio dolcissimo, che li lasciò senza fiato, e profondamente turbati.
Quando si ritrassero, si guardarono con occhi sognanti e per un attimo rimasero senza parole. Kaori si riscosse per prima e disse:
“Oh scusami, non volevo… non dovevo… non so cosa mi sia preso. Di solito non sono così audace… col primo che capita… ma è come se ti conoscessi da sempre” e mentalmente finì la frase con “e mi piaci da impazzire”.
A quelle parole Ryo trattenne a stento l’emozione, e fu assalito da una folle speranza: allora lei provava ancora qualcosa per lui! Da qualche parte, nella sua mente, lui c’era, tornava a galla il suo ricordo e, soprattutto, ancora lo voleva.
Più sconvolto di lei, rispose:
“No, no tranquilla… va tutto bene…”.
Avrebbe voluto dirle che era successo perché anche lui lo aveva desiderato dal primo momento che l’aveva vista scendere quelle scale, anzi da moltissimo tempo prima, ma era tutto così strano.
Si erano baciati, il loro primo vero bacio, e lei era convinta che si fossero conosciuti giusto il giorno prima!
Fu preso dalla disperazione.
Lei lo aveva baciato, ma ignorava chi lui fosse in realtà, non lo aveva riconosciuto, tutti i loro anni passati insieme, non esistevano...
Lui non voleva sedurla, o era lei che aveva sedotto lui?
Che confusione!
Ma di una cosa era certo: rivoleva la Kaori di prima, la sua partner, la sua compagna, quella che sapeva tutto di lui, che lo aveva accettato così com’era nonostante tutti i suoi lati negativi.
Kaori doveva ricordare, doveva ricordare lui.
E poi… e poi avrebbe fatto di tutto per convincerla a restare! L’avrebbe riconquistata se necessario!
Certo, baciarla era stata l’esperienza più eccitante della sua vita, qualcosa che nemmeno nei suoi sogni era mai stato così dolce e coinvolgente, ma sentiva che mancava qualcosa.
Mancava, forse, la consapevolezza da parte della sua Kaori.
 
Ma ora come fare? Cosa dire? Da dove cominciare?
Iniziò con la prima cosa che gli venne in mente:
“Sai, un tempo avevo una collega che viveva qui con me”
“Dormiva forse nella camera degli ospiti, dove ora sto io?”
Ryo rimase spiazzato e annuì.
“Allora deve aver dimenticato qui il suo anello. Scusami, ma mi annoiavo qui a casa da sola e… e… ho curiosato un po’ e ho rovistato nei cassetti” ridacchiò portandosi la mano alla bocca.
Ma anche l’uomo sorrise divertito, pensando che la curiosità fosse una sua fantastica caratteristica, e che oltre ad averla cacciata, a volte, in un mare di guai, molto spesso, però, li aveva aiutati nel lavoro: almeno quella dote non l’aveva persa.
Vedendo che il ragazzo sorrideva, e non se l’era presa per quella sfacciataggine, Kaori proseguì:
“È un bellissimo anello, ed è un peccato che l’abbia lasciato qui. O forse conta di tornare?”
Lo sweeper fece una smorfia indecifrabile, allora la ragazza chiese:
“Parlami di lei, vuoi?”
Ancora una volta Kaori lo aveva sollevato dall’empasse. Quella benedetta ragazza era un dono del cielo! Sorrise dentro di sé e iniziò.
“Dunque, cosa vuoi che ti dica? È una bellissima giovane donna, ha un fisico atletico e tonico che tiene in forma con l’aerobica e con lo sport. Ha un fascino particolare che… non sa nemmeno di avere; è testarda, ma è anche molto dolce e generosa, sempre pronta a spendersi per chiunque. Io e lei sul lavoro andavamo sempre molto d’accordo, ci capivamo con un semplice sguardo, eravamo molto affiatati e ci fidavamo totalmente uno dell’altra. Lei si è sempre impegnata tantissimo e, anno dopo anno, è diventata una sweeper davvero molto in gamba: non avrei potuto desiderare una partner migliore. È un’ottima cuoca, anche se io, per farla arrabbiare, criticavo sempre la sua cucina” entrambi sorrisero a questa celia “Spesso mi rimetteva in riga in maniera energica, quando facevo il cretino, ma se non ci fosse stata lei non so dove sarei finito. Mi ha cambiato tantissimo, in meglio. È…  fantastica. ” concluse con un filo di voce, che tradiva una profonda tristezza.
Kaori notò subito il cambiamento d’umore del suo ospite e immaginò che fra i due intercorresse un legame molto profondo. Provò a chiedere:
“Ed ora dov’è? Perché non lavorate più insieme?”
Dov’è, chiedi? Sembra lontanissima… ” rispose in maniera sibillina, e poi aggiunse: “È andata via perché… perché abbiamo litigato ”
“Ah, scusa…” pareva che parlare della partner lo facesse soffrire, ma era stato lui ad iniziare; era come se volesse sfogarsi con qualcuno, e lei era così inspiegabilmente curiosa di sapere.
“No, non fa niente… e comunque è colpa mia, abbiamo litigato per colpa mia e per colpa mia se n’è andata”
“Ma a te… a te manca tanto, vero?”
“Sì, mi manca da morire, e non credevo che potesse essere così”.
Kaori era intrigata dalla storia che gli stava raccontando quel giovane uomo, lui che sembrava poter avere tutte le donne che voleva, magari con un semplice schiocco delle dita, sempre circondato da belle ragazze, si struggeva per una collega, per una collega di lavoro! Allora lei doveva essere davvero speciale.
Il suo istinto di donna le diceva che sotto c’era molto di più.
Provò a spingersi oltre, tanto l’atmosfera che si era venuta a creare fra loro due era intima e predisponeva alle confidenze.
“Ne sei forse innamorato? Perché non mi spiego questo tuo attaccamento… oh, scusami, l’ho fatto di nuovo! Perdonami se sono stata troppo indiscreta. Se vuoi puoi anche non rispondere ”.
Era una situazione talmente paradossale, quella che stavano vivendo: Ryo le confessava di tenere a lei; e Kaori ignorava che quelle parole fossero indirizzate proprio a lei!!
“Oh, non ho nulla da perdere, a questo punto, e per una volta voglio essere sincero, con te…” fece una pausa “Sì, ne sono perdutamente innamorato: la amo più della mia stessa vita, ma non sono mai riuscito a dirglielo. Ecco perché abbiamo litigato e lei se n’è andata”
“Allora vuoi dire che anche lei ti ama?”
“Una volta credevo che fosse così, ed egoisticamente me ne stavo tranquillo, tanto sapevo che lei non mi avrebbe mai lasciato, anche se io non ricambiavo i suoi sentimenti. Poi però… ho messo a dura prova la sua pazienza, e la sua sopportazione, e alla fine, esasperata… be’ insomma, il resto lo sai”.
Kaori si fece pensierosa.
Come poteva spiegarsi una situazione del genere? Se erano così affiatati, se lavoravano bene insieme, se erano innamorati, perché non si erano mai messi insieme? Cosa gli impediva di diventare una coppia anche nella vita? Le sembrava tutto così assurdo: condannarsi all’infelicità per cosa?
Le scappò detto:
“Ma scusa, se è vero che l’ami, te la sei lasciata sfuggire così? Non hai lottato per farla restare? E soprattutto perché non hai mai voluto confessarle i tuoi sentimenti?”
Ryo tagliò corto con un:
“Perché sono un idiota ed un codardo”.
Kaori non aggiunse altro. Non le piaceva immischiarsi nelle faccende altrui, e sentiva che il tempo delle confidenze era finito; evidentemente per Ryo era doloroso parlare di queste cose, e non chiese più nulla.
La ragazza allora si alzò in piedi, e guardandolo gli disse:
“Allora, signor Saeba, andiamo a preparare il pranzo? Mi permetterà di darle una mano in cucina?” e gli sorrise con uno sguardo luminoso, che in un attimo spazzò via i cattivi pensieri che si erano insinuati nella mente dello sweeper.
Di rimando lui sorrise a sua volta, e pensò che effettivamente niente fosse perduto: Kaori era lì con lui, e davvero doveva a tutti costi sfruttare quella seconda possibilità.
Alzandosi anche lui e spolverandosi i pantaloni rispose divertito:
“Signorina Makimura, per quanto mi riguarda le cedo il pieno dominio della mia cucina, ne faccia tutto ciò che vuole”
“A patto che mi aiuti però! Dai, sarà divertente!”
Sarebbe stata una cosa inedita quella, di cucinare insieme; però Ryo era felice perché avevano recuperato un po’ di buonumore, lei era allegra e solare e non c’era motivo per avercela con lui, e anzi, quella era la prima volta che scherzavano dopo tanto tempo, da molto prima che lei perdesse la memoria.
   
 
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