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Autore: Miharu_phos    27/10/2019    0 recensioni
Quando c’era lui a Caleb bastava scivolargli affianco ed abbracciarlo per poter riprendere a dormire.
Ma da quando lui se n’era andato era impossibile riaddormentarsi, la sua assenza era martellante e Caleb non tollerava più quel maledetto materasso che sapeva ancora di lui.
Dove Caleb è stato lasciato da Jude e continua a vivere nei ricordi.
~
Sarà una storia composta principalmente da flashback.
Per il titolo mi sono ispirata ad una frase della canzone “animal” di troye sivan.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Caleb/Akio, Jude/Yuuto
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Caleb camminava a piedi nudi sul pavimento gelato della sua casa, scansando sapientemente i vari oggetti e le cianfrusaglie disseminati in modo disordinato.

 

Jude aveva sempre deriso questa sua ostinazione a non usare i calzini neanche d’inverno, cosa che lo faceva urlare come una femminuccia quando il castano gli toccava le gambe con i piedi gelati, mentre erano a letto.

 

Caleb sorrise, un sorriso amaro, malinconico.

 

La sua gattina gli si strofinava fra le gambe, aveva fame e cercava di comprarsi il suo padrone, per poi andare a farsi i fatti suoi una volta che avesse avuto la pancia piena.

 

Il ragazzo si piegò in ginocchio, la accarezzò.

 

-Mi sei rimasta soltanto tu piccolina- le disse grattandole la testa mentre la micetta socchiudeva gli occhi, godendosi le attenzioni del suo padrone.

 

-Tu non mi lascerai vero?- le domandò sentendo un groppo in gola crescere, ma deglutì, non voleva piangere, non di primo mattino.

 

La gattina miagolò, gli si strofinò più vicino, lui sorrise.

 

-Vuoi la pappa eh? Ruffiana- sogghignò il castano, mettendosi in piedi per prendere il pasto da dare alla gattina.

 

Erano quasi le sei del mattino.

 

Caleb era ritornato a casa soltanto poche ore prima e si era infilato a letto senza neanche farsi una doccia.

 

Poi senza alcun motivo si era svegliato.

 

Quella era decisamente la parte peggiore della sua vita senza Jude, il risveglio senza di lui.

 

Quando c’era lui a Caleb bastava scivolargli affianco ed abbracciarlo per poter riprendere a dormire.

 

Ma da quando lui se n’era andato era impossibile riaddormentarsi, la sua assenza era martellante e Caleb non tollerava più quel maledetto materasso che sapeva ancora di lui.

 

Oppure forse era il contrario, quel materasso, quelle lenzuola, quel cuscino erano tutto quello che gli rimaneva.

 

Erano quello di cui doveva accontentarsi per non annegare nella disperazione.

 

Fuori era ancora buio.

 

Le prime luci dell’alba non erano ancora spuntate, dopotutto era inverno.

 

E Caleb adorava la pace del mattino più di ogni altra cosa.

 

Quel freddo paralizzante che lo costringeva ad andare verso la cucina con la coperta sulle spalle, facendolo sentire come se portasse un mantello.

 

Caleb dovette trattenere una risata, gli capitava spesso di pensare al mantello che Jude usava da ragazzino, lo trovava ridicolo.

 

Con quella sua mania per gli occhiali poi, era veramente un personaggio.

 

Gli ultimi occhiali che portava glieli aveva regalati Caleb.

 

Chissà se li aveva ancora, si domandò.

 

A piedi nudi si diresse ai fornelli dove mise su il caffè.

 

Lo prendeva lungo, amaro.

 

A Jude invece era sempre piaciuto dolce e Caleb spesso lo aveva sfottuto per questo, gli diceva che era un bimbo che non riesce a rinunciare allo zucchero.

 

A Caleb mancava dover riempire anche la sua tazza.

 

Era ancora lì, non l’aveva portata via con sé.

 

Forse perché era stato un regalo di Caleb.

 

Il castano riempì il suo tazzone e si avvicinò alla finestra con le dita attorno all’oggetto bollente.

 

Adorava farlo, gli teneva le mani al caldo e nel frattempo poteva godersi il forte profumo che saliva silenzioso.

 

Si appoggiò al davanzale, sorseggiò la bevanda.

 

La città era già in moto, automobili che passavano, bus già in giro, moto che sfrecciavano.

 

Eppure pioveva, chissà perché quella gente usciva di casa. Caleb se lo domandava sempre.

 

“Perché hanno un lavoro, un lavoro vero” gli diceva sempre Jude.

 

Caleb sentì risuonare quella voce nella sua testa.

 

Lo avrebbe detto anche in quel caso, sicuramente.

 

Non perdeva occasione di far pesare a Caleb il fatto che fosse un fallito, che continuasse a lavorare in quel posto chissà perché e che gente che aveva cominciato gli studi dopo di lui in facoltà si era già laureata ed ora aveva un lavoro vero.

 

“Come te” avrebbe risposto Caleb, acido.

 

Caleb strizzò gli occhi, detestava dover ricordare sempre quelle discussioni, loro non erano stati soltanto litigi e incomprensioni.

 

Caleb non voleva ricordarlo così.

 

Non voleva odiarlo.

 

Caleb lo amava ancora, ed ancora sperava in un suo ritorno, disperatamente.

 

Era vero, si era rassegnato, era andato avanti.

 

Ma questo non gli impediva di abbandonarsi alla propria fantasia ogni volta che poteva restare solo, per pensare a Jude.

 

Pensava al suo sorriso, ai suoi capelli morbidi e lunghi.

 

Pensava alla sua pelle liscia, delicata, quella pelle che in quasi cinque anni di relazione aveva sopportato morsi e succhiotti, schiaffi addirittura.

 

Caleb adorava schiaffeggiarlo sulle natiche sode.

 

Sorrise, mentre continuava a fissare la pioggia.

 

Jude impazziva quando le prendeva da Caleb durante il sesso, era come se le sue pacche sul sedere lo mandassero in estasi, facendolo eccitare ancora di più.

 

Poi però non poteva fare a meno di pensare ai suoi occhi.

 

Quegli occhi maledetti, talmente profondi da potercisi specchiare.

 

Caleb aveva sempre amato quegli occhi preziosi ma al tempo stesso ne era intimorito.

 

Erano particolari, tradivano una nota di furbizia e cattiveria.

 

Forse era quella loro forma leggermente a mandorla.

 

Caleb non lo aveva mai capito.

 

Sapeva soltanto che ogni volta in cui Jude si toglieva gli occhiali le sue gambe quasi cedevano e si sentiva improvvisamente debole, come se avessero un potere ipnotico.

 

In quei momenti si sarebbe lasciato fare tutto da Jude.

 

E infatti se lo lasciava fare.

 

Caleb sospirò chiudendo gli occhi per un secondo.

 

Ecco, lo stava rifacendo, si stava abbandonando ai ricordi.

 

Quel che voleva era, se possibile, ricordarsi soltanto dei momenti belli passati insieme, ed anzi, delle parti belle di Jude, quelle che lui amava, quelle che lo facevano impazzire.

 

Non ci trovava niente di male se ripensando ai loro momenti intimi finiva per eccitarsi.

 

Anzi, ne era felice, significava che non era rimasto traumatizzato.

 

In quei momenti Caleb si toccava, dimenticando tutto.

 

Tutti i problemi, i fallimenti, l’università, gli esami...tutto spariva, perché c’era Jude, anche se solo nella sua testa.

 

Caleb si toccava, piano, ed immaginava le mani di Jude, immaginava le sue labbra, la sua lingua calda.

 

Immaginava le sue dita insinuarsi dentro di lui ed affondava la testa nel cuscino, per non gemere a voce troppo alta. 

 

Respirava forte, lo chiamava.

 

Ma lui non rispondeva mai, o almeno, non più.

 

Poi raggiungeva il culmine del piacere e si lasciava andare su quelle stesse lenzuola.

 

Nessuno se ne sarebbe lamentato.

 

Chissà perché però, ogni volta, quando finiva, si sentiva stupido.

 

Si guardava allo specchio ed aveva voglia di prendersi a pugni.

 

Una volta lo aveva fatto, o meglio, se lo era lasciato fare.

 

Aveva provocato dei tizi loschi durante il turno di lavoro e loro lo avevano aspettato fuori, fino alle tre del mattino, solo per potergli dare una lezione.

 

E lui se l’era presa con piacere quella lezione, se l’era assaporata, pugno dopo pugno, calcio dopo calcio.

 

E nel frattempo rideva.

 

Finalmente era riuscito a non pensare.

 

Caleb sospirò ancora, contro il vetro della finestra.

 

Infine posò sul davanzale la tazza ormai vuota e sprofondò nella sua poltrona sfondata, avvolto ancora nella coperta.

 

Aprì un libro a caso, non un libro da studiare, ma un libro di narrativa, il primo che gli era capitato fra le mani.

 

Sorrise, era di Jude.

 

Aveva dimenticato anche quello.

 

 

 

   
 
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