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Autore: mikimac    27/10/2019    2 recensioni
Sherlock e John sono sposati e vivono insieme. Possono dire di avere raggiunto un rapporto equilibrato e appagante per entrambi. Fino al giorno in cui la Donna appare nelle loro vite. E nulla sarà più come prima.
Omegaverse. Omega John Watson. Alfa Sherlock Holmes.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Mpreg, Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Fotografie'
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La Donna
Era stato tutto molto strano.
Il sole splendeva su Londra ed era una giornata piacevolmente calda. Sherlock e John stavano rientrando a casa, dopo la visita inattesa a Buckingham Palace, ridendo come due ragazzini, mentre l’ignaro autista di Mycroft li stava accompagnando a Baker Street con una delle solite auto nere. Sherlock era riuscito, chissà come e chissà quando, a sottrarre un posacenere dal salotto di sua maestà. John non osava pensare a che cosa avrebbe detto il maggiore degli Holmes, nel momento in cui avessero notato l’assenza dell’oggetto e compreso chi lo avesse preso, ma la situazione era così surreale, che non riusciva a essere arrabbiato con Sherlock o scandalizzato dal suo comportamento infantile. L’Omega era scoppiato a ridere di cuore e l’Alfa si era unito a lui, in una delle sue rare risate spontanee.
Era stato tutto ordinario.
Arrivati a casa, Sherlock aveva impiegato ore per decidere che cosa indossare per incontrare Irene Adler. John lo aveva aspettato pazientemente, guardando un paio di episodi di Doctor Who. Incuriosito da tanta attesa, era entrato nella loro camera, trovando il letto invaso dagli abiti scartati da Sherlock. Sembrava che tutto ciò che di solito si trovava dentro al guardaroba dell’Alfa, ordinatamente appeso, si fosse magicamente trasferito sul loro letto. L’Omega aveva alzato un sopracciglio e fissato il marito: “Lo sai che dovrai mettere tutto a posto, prima di andare a dormire, vero?”
“Certo che riordineremo il letto, prima di notte! Altrimenti, come possiamo andare sotto le coperte, con tutta quella roba sopra?” Aveva ribattuto Sherlock, come se l’osservazione di John fosse stata completamente assurda e fuori luogo.
“Riordinerai. Seconda persona singolare. Cioè tu,” aveva puntualizzato John.
I due si erano fissati negli occhi per qualche secondo. Per enfatizzare la propria presa di posizione, il dottore aveva persino incrociato le braccia sul petto. Per tutta risposta, il consulente investigativo aveva raccolto gli abiti dal letto, li aveva buttati dentro al guardaroba e lo aveva chiuso, girandosi verso il marito con un irriverente sorriso pieno di soddisfazione sulle labbra. John aveva roteato gli occhi e sospirato, senza commentare.
Era andato tutto bene.
Sherlock aveva chiesto a John di colpirlo, per presentarsi a casa Adler fingendo di essere stato aggredito. Il medico non capiva il perché di quella buffa sceneggiata. Se la signora Adler aveva espressamente chiesto di Sherlock come intermediario, doveva conoscerlo o avere preso informazioni su di lui. La dominatrice doveva avere visto qualche fotografia del consulente e sapere quale aspetto avesse. Non si sarebbe certo fatta ingannare da un livido su una guancia. L’Omega aveva comunque obbedito diligentemente all’ordine impartitogli dal proprio Alfa. Non voleva fare la parte dell’Omega testardo e disobbediente. Inoltre, chi era lui per negare un pugno a Sherlock Holmes?
Sì.
Era stato tutto perfetto.
Fino al momento in cui il cuore di John saltò un colpo.
Era stato tutto perfetto.
Fino al momento in cui John capì che il suo mondo stava per crollare e i suoi sogni di una vita serena stavano per andare in pezzi.

La Donna

John non aveva colpito Sherlock troppo forte. Per quanto, a volte, l’Alfa lo esasperasse e l’Omega dovesse usare tutto il proprio autocontrollo per non reagire, John non si arrabbiava mai veramente con Sherlock fino al punto di prenderlo a pugni con cattiveria. Quindi non gli aveva fatto molto male. Un segno leggero, però, c’era e John voleva medicare il piccolo taglio di Sherlock. In attesa della padrona di casa, era andato a prendere un piccolo contenitore con dell’acqua fredda e un asciugamano pulito. Entrando nel salotto, in cui aveva lasciato il marito, John si trovò davanti una scena che gli gelò il sangue. Una donna, bellissima e completamente nuda, incombeva seducente su Sherlock. E lui non la stava respingendo. Non stava facendo nulla per allontanarla.
Anzi!
La stava guardando come se non avesse mai visto nulla di più affascinante e intrigante in tutta la propria esistenza. Fu in quel momento che John comprese che la sua vita con Sherlock Holmes, come la aveva vissuta fino a quel giorno, era finita.

Ricordando quel momento, John si era spesso chiesto perché Sherlock e Irene si fossero girati all’unisono verso di lui. Era stato molto silenzioso e la porta era spalancata, quindi non potevano averlo sentito entrare. Se fosse stato una sdolcinata ragazzina adolescente, avrebbe potuto supporre che avessero sentito cadere a terra i pezzi del suo cuore infranto. John, però, era un uomo adulto. Un medico. Un ex soldato. Non riusciva proprio a vedersi calato nei panni dell’adolescente disperata, perché innamorata del bellissimo ragazzo di turno e non ricambiata. Decisamente questo era un ruolo che non si confaceva a John Watson. No. Probabilmente aveva emesso qualche verso. Di sorpresa, ovviamente. Oppure erano stati attratti dal suo odore di Omega. Sì. Probabilmente doveva essere stato il suo profumo a distrarre i due Alfa dalla schermaglia di stuzzicante seduzione che stavano giocando l’uno con l’altra. John non avrebbe mai soddisfatto la propria curiosità, ma non era poi così importante avere una risposta. L’unica cosa che ricordava, erano due teste di capelli corvini che si voltavano con un movimento elegante e simultaneo verso di lui, mentre quattro occhi fissavano il loro sguardo intenso e indagatore su di lui. John si sentì avvampare. Percepì chiaramente il calore partire dal centro del petto e salire, invadendo il viso e le orecchie. Sapeva di essere arrossito violentemente: “Nemmeno avessi dieci anni,” si rimproverò fra sé e sé.
Un sorriso vorace increspò le labbra rosso fuoco di Irene Adler: “L’Omega John Holmes, presumo,” mormorò, come se stesse facendo le fusa.
Fu in quel momento che John riuscì a riprendere il controllo della propria mente e del proprio corpo. Irrigidì la schiena e serrò le labbra: “Sono il dottor John Watson, sposato con l’uomo su cui lei è praticamente sdraiata, signora Adler. Le sarei grato se indossasse qualcosa. Non che mi scandalizzi la sua nudità, come le ho detto sono un medico e lei non è certo la prima donna che vedo nuda. Credo, però, che sarà più confortevole per tutti discutere delle sue richieste alla Corona se indosserà un abito,” ribatté, in tono cortesemente gelido.
Irene Adler si drizzò e si mise di fronte a John, spavalda e senza fare nulla per nascondere le proprie parti intime: “Davvero non le piace quello che vede, dottor Watson? Eppure, le posso assicurare che si divertirebbe con me. Potrei insegnarle qualche giochetto per intrattenere suo marito, che sono sicura troverà estremamente interessante e intrigante. Anzi… mi lasci dire che sarebbe divertente fare una bella cosa a tre. Sherlock da una parte… io dall’altra… lei in mezzo… le faremmo provare sensazioni che non può nemmeno immaginare. Mi creda, dottore, le piacerebbe,” sussurrò, in tono suadente.
“Grazie per la gentile offerta, ma sono costretto a declinarla. Anche mio marito potrà certamente confermarle quanto io sia convenzionale e tradizionale. Preferisco gli uomini e le cose solo a due,” sibilò John, controllando a stento la rabbia e lo sdegno per la proposta della donna.
Irene Adler scoppiò a ridere, divertita: “Non sa che cosa si perde, dottore,” ridacchiò, strizzando l’occhiolino al medico. Prese il cappotto di Sherlock dal divano e se lo infilò, mentre si andava a sedere su una poltrona, proprio accanto al consulente investigativo. John raggiunse il marito sul divano, ma si guardò bene dal medicarlo. In quel momento avrebbe voluto prenderlo nuovamente a pugni, per non essere intervenuto nello scambio di battute che lui aveva avuto con la donna.
“Direi che sia giunto il momento di giocare a carte scoperte, signora Adler…”
“Irene…” sussurrò la donna in tono seducente. Sherlock continuò, come se non lo avesse interrotto: “… ha chiesto che io facessi da mediatore fra lei e la Corona per…”
“No,” lo interruppe nuovamente la donna.
Stavolta Sherlock la fissò interdetto: “No?”
“Sì, ho chiesto il suo… tuo intervento. Potremmo essere un po’ meno formali? Tutti questi conformismi mi stancano,” propose Irene, in tono annoiato.
“Concordo. Essere costretti ad adeguarsi a comportamenti perbenistici fa disperdere energie che potrebbero essere utilizzate in modo più adeguato e producente,” sorrise Sherlock.
“Non avevo dubbi che vi sareste trovati d’accordo sull’inutilità delle buone maniere,” ringhiò John, guadagnandosi uno sguardo di rimprovero dai due Alfa. Il medico non si fece intimidire. Ricambiò incrociando le braccia sul petto e sistemandosi meglio sul divano. Irene e Sherlock tornarono a fissarsi, come se l’Omega non fosse stato presente nella stanza.
“Come ti spiegavo, Sherlock, ho chiesto il tuo aiuto, ma non come mediatore. Io non ho alcuna intenzione di ricattare la famiglia reale. Ho scattato quelle fotografie per puro scopo lavorativo, non per pretendere denaro dai miei clienti o per renderle pubbliche.”
“Certo, come no. Un angioletto, con aureola e ali, e coda” borbottò John in tono basso, quasi non volesse farsi sentire, ma facendosi udire benissimo.
Sherlock sbuffò infastidito, ma non fece commenti. Con un cenno della testa e un lieve sorriso invitò la donna a proseguire. Gli occhi chiari di Irene brillarono maliziosi, facendo irritare ancora di più John. Il dottore sapeva che si stava comportando in maniera assurda. Irragionevole. Infantile, persino, ma non poteva farci nulla. Si sentiva minacciato. Vedeva in quella bellissima Alfa un pericolo per il suo matrimonio con Sherlock e doveva impedire che lei si insinuasse nelle loro vite. John non capiva da dove nascesse questo sentimento irrazionale, quasi primordiale. Lui non era mai stato possessivo o territoriale. Fra lui e Sherlock c’era un matrimonio di convenienza, non una promessa di eterno amore. La gelosia non avrebbe mai dovuto fare capolino nel loro rapporto, ma John sentiva questa spinta e non riusciva a tenerla sotto controllo. Vedere che Irene Adler trovava il tutto molto divertente, lo stizziva ancora di più.
“Qualcuno ha cercato di rubare il cellulare con cui ho scattato le fotografie. Fortunatamente il furto è stato sventato, ma il ladro potrebbe non desistere. Se quel cellulare cadesse nelle mani sbagliate…” Irene non ebbe modo di terminare la frase. Tre uomini armati fecero irruzione nella stanza.
“Tutti in ginocchio con le mani sulla testa,” ordinò quello che sembrava il capo. Era un Alfa, alto, moro e ben piazzato. Anche gli altri due erano Alfa. John non li guardò. Abbassò gli occhi sul pavimento, perché fu investito da un’ondata di nausea. Si sentiva come se stesse per vomitare. Non voleva fare la figura dell’Omega impaurito, bisognoso della protezione del proprio Alfa. Lui non aveva mai avuto bisogno di essere difeso da altri. Soprattutto Alfa. Il suo cuore iniziò a battere furiosamente. Non poteva crederci, ma aveva paura! Lui! Che era stato per mesi in servizio come soldato in una zona di guerra! Stava decisamente succedendo qualcosa di strano.
“Apri la cassaforte e dammi il cellulare, così ce ne andremo senza che nessuno si faccia male,” il capo del commando parlò nuovamente.
“Vi darò tutto quello che volete, ma non fateci del male,” mormorò Irene, con voce tremante. Si alzò da terra e si diresse verso il camino. Spostò uno specchio, scoprendo una cassaforte incassata nella parete: “Ora inserirò la combinazione e potrete avere tutto quello che c’è dentro,” continuò con lo stesso tono spaventato, voltandosi verso il capo della banda, ma cercando Sherlock con lo sguardo. Il consulente investigativo fece un leggero cenno di assenso con la testa. Irene digitò una sequenza di numeri sulla tastiera della cassaforte, sbloccò la maniglia e spalancò lo sportello, buttandosi di lato, mentre Sherlock spingeva John a terra. Un colpo di pistola esplose nella stanza. Il capo del commando cadde a terra, con un foro in mezzo alla fronte e un’espressione sorpresa sul viso. Sherlock attaccò l’uomo che lo stava sorvegliando. John scattò in piedi e mise fuori combattimento il terzo Alfa. Il suo addestramento militare ebbe la meglio sull’istinto, che gli gridava di raggomitolarsi sul pavimento e lasciare che fosse il suo Alfa a prendersi cura di lui. Nella stanza cadde un silenzio irreale.
“Dobbiamo scappare! Non sappiamo in quanti fossero e non abbiamo più il vantaggio della sorpresa,” sussurrò Irene, con urgenza. Afferrò la mano di Sherlock e lo condusse velocemente verso un’uscita secondaria. Arrivati all’esterno, si fermarono il tempo necessario per assicurarsi che non ci fosse nessuno, poi iniziarono a correre. Sherlock e Irene mano nella mano. John li seguiva. Un gusto acido gli riempì la bocca, ma non disse nulla. Non era quello il momento di comportarsi da Omega isterico. Prima dovevano raggiungere un porto sicuro, poi avrebbe messo in chiaro le cose con quella donna, che stava cercando di portargli via ciò che era suo.




Angolo dell’autrice

Se per caso qualcuno dovesse pensare che il racconto rasenti l’ironico, soprattutto in alcuni punti, vorrei ricordare che questi sono i ricordi di John, che sa perfettamente come si sia conclusa la storia, quindi può ripensarci anche con un po’ di allegria.

Grazie a chi stia leggendo la storia e la serie.
Grazie a chi abbia segnato la storia in qualche categoria.
Grazie a paffy333 per il commento allo scorso capitolo.

L’appuntamento è sempre per domenica prossima.

Ciao!
   
 
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