Camminando
per le strade che portavano al centro di Montmartre, Noël
lasciò che la sua
mente vagasse verso l'ignoto, verso qualcosa di piacevole ma anche
estremamente
pericoloso.
Qualcosa
che avrebbe potuto costarle tutto e non darle nulla in cambio.
Passò
davanti al cimitero, e notò distrattamente una piccola folla
formarsi davanti
all'entrata, probabilmente a causa di un imminente funerale, o forse di
uno
appena concluso.
Uomini
e donne vestiti di nero, alcune con cappelli eleganti, altri con scarpe
colorate
decisamente stonanti.
Nel
mezzo della folla, però, c'era un buco occupato da un
bambino con un
orsacchiotto in mano.
Lui
non era ben vestito come gli altri, e quando si volse verso di lei,
Noël fu
sicura di vedere una macchia sul suo viso, come un livido rossastro.
I
capelli del bambino erano chiari e lucenti alla luce del sole, ma i
suoi occhi
erano inquietanti.
Le
ricordava il protagonista di un quadro che sua madre
acquistò tempo prima per
pochi soldi, sostenendo che “due bambini donano un'aria di
ospitalità e
accoglienza all'interno della casa”.
La
tela, posta al centro del corridoio, raffigurava due fanciulli, un
maschio e
una femmina: la bambina indossava un vestitino azzurro estivo e
guardava
assorta qualcosa davanti a sé.
Il
bambino invece era voltato dalla parte opposta, e il suo sguardo aveva
evidentemente catturato qualcosa di inquietante.
Se
fosse stato per le due figure e il paesaggio sterrato sullo sfondo,
Noël
avrebbe apprezzato quella tela; ma dietro la porta semiaperta alle loro
spalle
una figura sfocata era appena visibile, come nascosta, nera e
rosseggiante.
Le
uniche caratteristiche comprensibili erano i capelli e le mani.
Queste
ultime erano sfumate, come in movimento, e sembravano voler afferrare
il
bambino, più vicino.
I
capelli invece erano di un colore verde petrolio e parevano dotati di
vita
propria, perché formavano una figura incomprensibile sopra
la testa di
quell'essere.
Peccato
che sua madre non si fosse accorta di quel piccolo dettaglio.
Le
gambe e i lunghi vestiti delle persone attorno a lui coprivano quasi
interamente il giovane, ma Noël sapeva che la stava guardando.
Così,
imbarazzata, si avviò di nuovo verso il centro, fino a
quando non arrivò alla
Basilica del Sacro Cuore.
Senza
nemmeno rendersene conto, la sua mente tornò a pensare a
Denis: erano giorni
che non lo vedeva né lo sentiva.
Si
sedette lentamente in un angolo della scala, lontano dai turisti.
Si
maledisse perché la sua mente vagava e rifletteva sempre
troppo, spesso più di
quello che avrebbe dovuto.
Denis
era apparentemente molto diverso da lei, più estroverso ed
espansivo e pareva
che tutto per lui fosse estremamente semplice.
Nessuno
lo obbligava a stare con lei. Non c'era nessun vincolo.
Poteva
andarsene quando voleva.
E
Noël sapeva che quando lui voleva qualcosa, se la prendeva e
basta.
~
Montmartre,
Parigi, settembre 2010
Una
bambina di undici anni camminava lentamente verso la scuola.
Era
il primo giorno e quella mattina aveva litigato con la madre,
insistente sul
fatto che doveva imparare ad essere autonoma e ad andare a scuola da
sola.
Frequentare
la scuola media significava anche questo.
Ricordava
ancora quando, tre anni prima, il primo giorno di scuola dovette andare
senza
nessuno.
Erano
appena tornati in Francia dalla Polonia, sua madre doveva lavorare e
suo padre
era troppo ubriaco per poter presenziare al primo giorno di scuola
della
figlia.
Arrivò
con un quarto d'ora di anticipo, nonostante l’edificio fosse
lontano dal suo
quartiere, e per quindici minuti rimase lì ad osservare i
bambini che presto
sarebbero diventati i suoi nuovi compagni.
Per
quindici minuti sperò che dalla terra sotto ai suoi piedi si
aprisse un varco,
risucchiandola e riportandola a Breslavia, dalla nonna Sofia, dagli zii
e dai
cugini.
Il
soggiorno era durato soltanto dieci giorni, ma erano stati
indubbiamente i
giorni più felici della sua vita.
In
quel momento, in piedi davanti al cancello della sua nuova scuola,
aveva odiato
i suoi genitori, quei bambini e perfino se stessa.
Avrebbe
voluto scomparire per sempre, oppure ricomparire in un'altra parte del
mondo
sconosciuta, ricominciando tutto daccapo.
E
tre anni dopo, mentre si avviava a passo lento verso la scuola, si
stupì di
ricordare esattamente ogni sensazione che provò stando
lì a fissare quegli
odiosi e insopportabili marmocchi.
Era
certa che quella mattina sarebbe arrivata nuovamente in anticipo e
avrebbe
provato ancora una volta quella sensazione di disagio ed emarginazione.
E
improvvisamente si chiese per quanto avrebbe continuato a sentirla, per
quanto
tempo sarebbe ancora andata a scuola e semmai ci fosse stato anche un
solo
attimo, nella sua vita, in cui si sarebbe sentita appagata e felice.
~
Ormai
erano le undici e mezzo del mattino di un sabato di giugno troppo
normale per
essere ricordato; Noël, invece di rientrare a casa, si diresse
verso il locale della
città, giusto per mettere qualcosa dentro il suo stomaco
vuoto e affamato.
Si
allontanò dalla Basilica e ripercorse la strada davanti al
cimitero, ma ciò che
vide fu soltanto un cancello grigio, opaco anche al sole, e poco oltre
un vuoto
sentiero di pietra.
Quando
arrivò, si sedette ad un tavolino accanto al vetro,
aspettando che qualcuno le
rivolgesse attenzione.
Riusciva
quasi a scorgere la casa di Denis da quella postazione.
Le
persiane della cucina erano aperte, ma la porta di vetro interna era
chiusa,
coperta da tende color avorio.
Fece
in tempo a vedere una donna bionda e robusta uscire sulla terrazza
quando,
improvvisamente, una voce la distrasse: «Cosa desidera,
signorina?».
Una
ragazza di circa vent'anni era comparsa davanti a lei, così
alta che sembrava
sovrastarla.
I
suoi capelli erano neri e i suoi occhi così grandi da
causare un certo disagio
a chi li incontrava.
«Una
spremuta, grazie» mormorò
Noël un po' imbarazzata, abbassando lo sguardo.
Appena
la donna si girò, una ragazzina di quindici anni dalla pelle
chiara prese posto
accanto a lei.
«Samira»
mormorò, con un accenno
di irritazione nella voce.
Aveva
ancora un'espressione stupita quando la ragazza le chiese il motivo per
cui si
trovava lì.
Noël
avrebbe voluto ribattere con la stessa domanda, ma si trattenne,
rammentando ciò
che le aveva detto Denis l'ultima volta che lo aveva fatto con lui.
«Non si
risponde ad una domanda con un'altra domanda» aveva detto con
voce seria e
calma, «è maleducazione».
Così
la ragazza fu costretta a rispondere con la verità.
«Avevo
fame».
Samira
la guardò con i suoi grandi occhi castani pieni di vita.
Noël
aveva fame, ma anche tanta paura.
«Come sta
Denis?».
Non
era riuscita a impedirsi di porgerle quella domanda.
«Avete
parlato?» continuò, giusto
per non far intendere alla ragazza che il giovane fosse il suo unico
pensiero.
«Oggi non
l'ho visto» sussurrò
Samira, «Ma mi ha parlato molto di te» aggiunse,
con un lieve sorriso.
La
ragazza fu compiaciuta nel sentire quell'ultima frase, ma non si
godette
appieno quella soddisfazione.
Pensò
che fosse il minimo che Denis potesse fare, ma in quel momento,
un'altra
domanda si faceva strada nella sua mente: se non era con lei, allora
dov'era
Denis?