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Autore: Sabriel Schermann    28/10/2019    4 recensioni
[SCRITTA NEL 2014]
Vite che si intrecciano all'infinito.
Una storia di crescita, delusioni e amori giovanili.
Esperienze che formano il nostro essere, che plasmano la nostra anima.
L'arte nella sua forma più pura, vista attraverso gli occhi di un'anima creativa.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Camminando per le strade che portavano al centro di Montmartre, Noël lasciò che la sua mente vagasse verso l'ignoto, verso qualcosa di piacevole ma anche estremamente pericoloso.
Qualcosa che avrebbe potuto costarle tutto e non darle nulla in cambio.
Passò davanti al cimitero, e notò distrattamente una piccola folla formarsi davanti all'entrata, probabilmente a causa di un imminente funerale, o forse di uno appena concluso.
Uomini e donne vestiti di nero, alcune con cappelli eleganti, altri con scarpe colorate decisamente stonanti.
Nel mezzo della folla, però, c'era un buco occupato da un bambino con un orsacchiotto in mano.
Lui non era ben vestito come gli altri, e quando si volse verso di lei, Noël fu sicura di vedere una macchia sul suo viso, come un livido rossastro.
I capelli del bambino erano chiari e lucenti alla luce del sole, ma i suoi occhi erano inquietanti.
Le ricordava il protagonista di un quadro che sua madre acquistò tempo prima per pochi soldi, sostenendo che “due bambini donano un'aria di ospitalità e accoglienza all'interno della casa”.
La tela, posta al centro del corridoio, raffigurava due fanciulli, un maschio e una femmina: la bambina indossava un vestitino azzurro estivo e guardava assorta qualcosa davanti a sé.
Il bambino invece era voltato dalla parte opposta, e il suo sguardo aveva evidentemente catturato qualcosa di inquietante.
Se fosse stato per le due figure e il paesaggio sterrato sullo sfondo, Noël avrebbe apprezzato quella tela; ma dietro la porta semiaperta alle loro spalle una figura sfocata era appena visibile, come nascosta, nera e rosseggiante.
Le uniche caratteristiche comprensibili erano i capelli e le mani.
Queste ultime erano sfumate, come in movimento, e sembravano voler afferrare il bambino, più vicino.
I capelli invece erano di un colore verde petrolio e parevano dotati di vita propria, perché formavano una figura incomprensibile sopra la testa di quell'essere.
Peccato che sua madre non si fosse accorta di quel piccolo dettaglio.
Le gambe e i lunghi vestiti delle persone attorno a lui coprivano quasi interamente il giovane, ma Noël sapeva che la stava guardando.
Così, imbarazzata, si avviò di nuovo verso il centro, fino a quando non arrivò alla Basilica del Sacro Cuore.
Senza nemmeno rendersene conto, la sua mente tornò a pensare a Denis: erano giorni che non lo vedeva né lo sentiva.
Si sedette lentamente in un angolo della scala, lontano dai turisti.
Si maledisse perché la sua mente vagava e rifletteva sempre troppo, spesso più di quello che avrebbe dovuto.
Denis era apparentemente molto diverso da lei, più estroverso ed espansivo e pareva che tutto per lui fosse estremamente semplice.
Nessuno lo obbligava a stare con lei. Non c'era nessun vincolo.
Poteva andarsene quando voleva.
E Noël sapeva che quando lui voleva qualcosa, se la prendeva e basta.

 

~

 

Montmartre, Parigi, settembre 2010


Una bambina di undici anni camminava lentamente verso la scuola.
Era il primo giorno e quella mattina aveva litigato con la madre, insistente sul fatto che doveva imparare ad essere autonoma e ad andare a scuola da sola.
Frequentare la scuola media significava anche questo.
Ricordava ancora quando, tre anni prima, il primo giorno di scuola dovette andare senza nessuno.
Erano appena tornati in Francia dalla Polonia, sua madre doveva lavorare e suo padre era troppo ubriaco per poter presenziare al primo giorno di scuola della figlia.
Arrivò con un quarto d'ora di anticipo, nonostante l’edificio fosse lontano dal suo quartiere, e per quindici minuti rimase lì ad osservare i bambini che presto sarebbero diventati i suoi nuovi compagni.
Per quindici minuti sperò che dalla terra sotto ai suoi piedi si aprisse un varco, risucchiandola e riportandola a Breslavia, dalla nonna Sofia, dagli zii e dai cugini.
Il soggiorno era durato soltanto dieci giorni, ma erano stati indubbiamente i giorni più felici della sua vita.
In quel momento, in piedi davanti al cancello della sua nuova scuola, aveva odiato i suoi genitori, quei bambini e perfino se stessa.
Avrebbe voluto scomparire per sempre, oppure ricomparire in un'altra parte del mondo sconosciuta, ricominciando tutto daccapo.
E tre anni dopo, mentre si avviava a passo lento verso la scuola, si stupì di ricordare esattamente ogni sensazione che provò stando lì a fissare quegli odiosi e insopportabili marmocchi.
Era certa che quella mattina sarebbe arrivata nuovamente in anticipo e avrebbe provato ancora una volta quella sensazione di disagio ed emarginazione.
E improvvisamente si chiese per quanto avrebbe continuato a sentirla, per quanto tempo sarebbe ancora andata a scuola e semmai ci fosse stato anche un solo attimo, nella sua vita, in cui si sarebbe sentita appagata e felice.

 

~

 

Ormai erano le undici e mezzo del mattino di un sabato di giugno troppo normale per essere ricordato; Noël, invece di rientrare a casa, si diresse verso il locale della città, giusto per mettere qualcosa dentro il suo stomaco vuoto e affamato.
Si allontanò dalla Basilica e ripercorse la strada davanti al cimitero, ma ciò che vide fu soltanto un cancello grigio, opaco anche al sole, e poco oltre un vuoto sentiero di pietra.
Quando arrivò, si sedette ad un tavolino accanto al vetro, aspettando che qualcuno le rivolgesse attenzione.
Riusciva quasi a scorgere la casa di Denis da quella postazione.
Le persiane della cucina erano aperte, ma la porta di vetro interna era chiusa, coperta da tende color avorio.
Fece in tempo a vedere una donna bionda e robusta uscire sulla terrazza quando, improvvisamente, una voce la distrasse: «Cosa desidera, signorina?».
Una ragazza di circa vent'anni era comparsa davanti a lei, così alta che sembrava sovrastarla.
I suoi capelli erano neri e i suoi occhi così grandi da causare un certo disagio a chi li incontrava.

«
Una spremuta, grazie» mormorò Noël un po' imbarazzata, abbassando lo sguardo.
Appena la donna si girò, una ragazzina di quindici anni dalla pelle chiara prese posto accanto a lei.

«
Samira» mormorò, con un accenno di irritazione nella voce.
Aveva ancora un'espressione stupita quando la ragazza le chiese il motivo per cui si trovava lì.
Noël avrebbe voluto ribattere con la stessa domanda, ma si trattenne, rammentando ciò che le aveva detto Denis l'ultima volta che lo aveva fatto con lui.

«
Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda» aveva detto con voce seria e calma, «è maleducazione».
Così la ragazza fu costretta a rispondere con la verità.

«
Avevo fame».
Samira la guardò con i suoi grandi occhi castani pieni di vita.
Noël aveva fame, ma anche tanta paura.

«
Come sta Denis?».
Non era riuscita a impedirsi di porgerle quella domanda.

«
Avete parlato?» continuò, giusto per non far intendere alla ragazza che il giovane fosse il suo unico pensiero.
«
Oggi non l'ho visto» sussurrò Samira, «Ma mi ha parlato molto di te» aggiunse, con un lieve sorriso.
La ragazza fu compiaciuta nel sentire quell'ultima frase, ma non si godette appieno quella soddisfazione.
Pensò che fosse il minimo che Denis potesse fare, ma in quel momento, un'altra domanda si faceva strada nella sua mente: se non era con lei, allora dov'era Denis?


   
 
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