CAPITOLO
2
L’ultimo
grafico apparve sullo
schermo, affiancato da un’infinita tabella di dati. La
dottoressa Stella si
tolse gli occhiali e si strofinò stancamente gli occhi. Era
appena passata metà
mattinata, ma si sentiva già sfinita. Sospirando,
afferrò la tazza di caffè
posata sulla pila di rapporti, ogni giorno sempre più alta,
e ne bevve un
sorso. Il liquido freddo le lasciò un retrogusto fastidioso
e amaro in bocca,
inghiottì e posò la tazza con una smorfia.
Rimise
gli occhiali e si obbligò a
confrontare gli ultimi risultati. In quegli anni diversi centri di
ricerca,
anche grazie all’aiuto dei Mazoku, erano rinati e la mole di
lavoro era
ridistribuita nel network che avevano creato. Ma non era ancora
abbastanza.
Resoconti e rapporti venivano continuamente inviati dalle astronavi
sparse per
il mondo e dai vari osservatori a terra.
Era
un lavoro senza fine, senza
sosta e senza veri risultati: deprimente, in una parola soltanto.
Stella
si pentì di non essersi
portata la bottiglietta di vodka. Almeno il caffè freddo
avrebbe avuto un
sapore meno schifoso.
Arrivò
appena all’ottava colonna. La
sirena dell’allarme rimbombò nel corridoio, a
malapena attutita dalla porta
chiusa. La dottoressa scattò in piedi e la sedia
scivolò via sbattendo contro
gli archivi. Il telefono sulla sua scrivania iniziò a
suonare. Afferrò la
cornetta.
“Dottoressa
Stella,” esordì con
durezza aprendo allo stesso tempo il primo cassetto.
“Incursione, dottoressa.
Nell’ala ovest.”
La
donna trasalì e le sue dita si
strinsero sull’impugnatura della pistola. “La
macchina del tempo.”
“Affermativo. La squadra di difesa si sta
già dirigendo sul luogo.”
“Qualcuno
avverta il comandante.
Mi dirigo là.”
Sbatté
il telefono al suo posto e
corse alla porta. Nel corridoio, scienziati e ricercatori venivano
fatti
allontanare, computer e dati più importanti stretti tra le
braccia. La donna fermò
il primo soldato che incrociò, un giovane Mazoku.
“Una
volta che sono entrata,
isolate l’area.”
Il
Mazoku annuì portando la mano
alla ricetrasmittente e la donna proseguì, il camice che
sbatteva contro le
gambe. Raggiunse le scale di sicurezza e si lanciò
giù da esse saltando due
gradini alla volta. Arrivata al piano di destinazione,
aspettò il clic della
sicura ed entrò nella sala di controllo.
Un
soldato e un tecnico, gli unici
presenti, si voltarono appena.
“Cosa
sta succedendo?”
“È
stato registrato un picco di
energia. Si sta aprendo un varco,” replicò il
tecnico continuando a digitare
sul proprio portatile.
“Potrebbe
essere un errore dei
nostri sistemi?”
“Negativo.
La nostra macchina è
spenta. Ho controllato.”
La
dottoressa Stella affiancò il
soldato e guardò oltre la vetrata. Una dozzina tra umani e
Mazoku era allineata
a una decina di metri dalla colonna della macchina del tempo, le armi
puntate
verso un punto luminoso che si stava espandendo, a pochi passi dal
luogo in cui
il varco si era aperto e chiuso per l’ultima volta ormai
quasi otto anni prima.
Quel
varco non era artificiale.
La
luce emessa crebbe sempre di
più, riflettendosi sulle pareti metalliche della stanza. E
il portale aumentava
e ondeggiava, assumendo istante dopo istante una forma rettangolare. E
finalmente si stabilizzò. Nel ritrovato silenzio, il rumore
delle armi che
venivano puntate contro il portale riecheggiò contro le
pareti metalliche. La
dottoressa Stella strinse le dita attorno al grilletto.
Una
prima sagoma scura apparve nel
varco ed emerse rischiando di inciampare e finire a terra. Una seconda
persona
emerse e lo afferrò per un braccio. La scienziata
sgranò gli occhi. I soldati
puntarono le armi contro di loro.
“Non
un passo!”
I
due ragazzi trasalirono e
arretrarono bruscamente, evidentemente colti alla sprovvista dalle armi
puntate
contro di loro. Una ragazza emerse e si ritrovò a sbattere
contro i due
davanti. Un ultimo ragazzo la seguì e il varco si chiuse.
Tutti e quattro
alzarono le mani.
“Non
siamo nemici!” esclamò con
voce acuta il più basso del gruppo.
La
dottoressa Stella premette con
fin troppa foga il pulsante dell’altoparlante, continuando
sbattere le
palpebre, il cuore che batteva all’impazzata nel suo petto.
Il dispositivo si
attivò gracchiando.
“Dottoressa?”
La
donna ignorò il soldato e si
avvicinò al microfono. “Abbassate le armi.
È un ordine!”
Poi
riprese a correre, lasciando i
due uomini nella stanza e dirigendosi al piano inferiore lungo la scala
di
servizio. Spalancò la porta che sbatté contro il
muro e si fermò a fissare i
quattro arrivati. Il ragazzo dai capelli verdi avanzò con un
enorme sorriso.
“Dottoressa
Stella!”
“Bella
accoglienza,” aggiunse
ridendo il ragazzo dai capelli blu.
“Hyoudo,
che diamine ci fate qui?”
“Dottoressa,
conoscete queste
persone?”, domandò una Mazoku avvicinandosi alla
donna. Gli altri soldati
avevano abbassato le armi, ma tenevano sotto controllo il gruppo pronti
al
minimo segnale di pericolo.
“Sì.
Comunicate il cessato allarme
e avvisate il comandante che sono arrivati i Maestri della
Luce.”
“Sì,
signora.”
La
Mazoku raggiunse gli altri
soldati e parlò velocemente e sottovoce con un altro.
Dopodiché, quest’ultimo
attivò la ricetrasmittente e si avviò insieme
agli altri verso l’uscita. Più di
qualcuno lanciò un rapido sguardo, un vago riconoscimento
riflesso nei loro
occhi, sul gruppo.
La
dottoressa Stella tornò a
prestare attenzione ai Maestri della Luce. E li fissò.
Scosse la testa e li
fissò ancora. Kenzo la affiancò e la
afferrò per un braccio, obbligandola a
piegarsi verso di lui.
“Dan
non ricorda nulla.”
Quelle
parole appena sussurrate
nel suo orecchio furono sufficienti a far riprendere il controllo alla
donna,
che spinse tutte le domande in un angolo della sua mente. Non poteva
permettersi di essere emotiva proprio in quel frangente. Non aveva idea
di come
gli altri avrebbe deciso di affrontare la situazione e, fino a quel
momento,
avrebbe dovuto fare il possibile per non insospettirli inutilmente.
“Non
ci aspettavamo una simile
accoglienza,” riprese Kenzo, l’unico che si era
avvicinato. Lo sguardo del
ragazzo si alternava tra la porta da cui erano usciti i soldati e la
pistola
ancora nella sua mano.
La
dottoressa seguì il suo sguardo
e si accorse dell’arma: non si era neppure resa conto di
averla ancora con sé.
Ghignò e riattivò la sicura.
“Hyorò,
non so voi, ma non siamo
abituati a ricevere inaspettate visite da portali luminosi,”
replicò infilando
la pistola nella tasca del camice. “O nel passato avete
macchine del tempo di
cui non ci avete parlato?”
Il
Guerriero Verde sbuffò, le
guance che si tingevano di rosso, e abbassò lo sguardo.
“Andresti tanto
d’accordo con M.A.I.A.,” borbottò.
“Dottoressa
Stella è un piacere
ricontrarla.”
Mai
si avvicinata porgendo la mano
con un sorriso. Dietro di lei, avanzarono anche Hideto e Dan.
Quest’ultimo
aveva lo sguardo puntato verso l’alto, meraviglia, entusiasmo
e confusione che
trapelavano dal suo volto.
Stella
strinse la mano di Mai. “A
cosa dobbiamo questa visita?”
“Ci
siamo ritrovati una certa
situazione tra le mani.”
“E
pensiamo che i Brave potrebbero
esserci di grande aiuto”, concluse Hideto affiancando Kenzo.
La
scienziata annuì e inconsciamente il suo sguardo si diresse
verso l’ultimo dei
Maestri della Luce. Solo allora anche gli altri si resero conto che il
Guerriero Rosso non era più al loro fianco.
Dan
era già stato nel futuro. Era
una delle poche cose di cui poteva essere sicuro. Come fosse stato il
futuro,
cosa fosse successo lì, quello era tutto un altro discorso.
Nell’attesa che
venisse aperto il varco, aveva provato in tutti i modi a far
riaffiorare i
ricordi. Dopotutto, andare nel futuro doveva pur aver lasciato un
impatto.
Ma
non era servito a niente.
Nella
sua mente c’era solo il
vuoto.
Dan
si era voltato verso Mai,
Hideto e Kenzo, gli unici nel gruppo che avevano condiviso la stessa
esperienza. Erano a pochi passi da lui eppure era come se fossero su un
piano
diverso.
I
tre ridevano e scherzavano,
sprizzavano euforia da tutti i pori. Non vedevano l’ora di
tornare nel futuro,
di rincontrare amici che credevano di aver salutato per sempre. Amici
di cui
lui non ricordava neppure i nomi.
Aveva
cercato di far finta di
niente, ma vedeva la malinconia nei loro sguardi quando si voltavano
verso di
lui. Quando gli avevano detto che il precedente Guerriero Giallo era
rimasto
nel futuro e che lui e tutti gli altri sarebbero stati felici di
rivederlo,
aveva visto il disappunto celato a fatica per la sua mancata reazione.
Aveva
visto le ombre nei loro sguardi, quando gli aveva chiesto come mai
Yuuki non
fosse andato con loro.
E
si era sentito a disagio.
E,
nell’istante in cui il portale
si era aperto e mentre coloro che restavano auguravano buona fortuna,
li aveva
invidiati. Il loro affiatamento, i loro ricordi condivisi. Li aveva
invidiati e
si era sentito solo, messo da parte.
Dan
si era subito sentito in
colpa, perché non era giusto, perché era
irragionevole. Non era colpa loro, se
lui non ricordava più nulla.
Kenzo
fu il primo a svanire nella
porta di luce.
Hideto
lo seguì a ruota.
Mai
inclinò la testa verso di lui.
“Sei pronto?”
Dan
sorrise e annuì, ricacciando
quelle odiose accuse dentro di lui. Ma, nel seguirla, non
poté evitare di
sentire la mancanza di quello che era stato. Un vuoto che lentamente si
insinuava e prendeva forma dentro di lui.
La
luce lo avvolse e Gran RoRo
scomparve alle sue spalle.
“Ehi,
fermale! Non posso
farlo!”
“Andranno
benissimo quelle del
luogo.”
Dan
sentì una fitta e strinse le
palpebre, portando una mano alla tempia. La luce scemò
attorno a lui e inciampò
sull’inatteso pavimento di metallo. Per un soffio
evitò di finire contro Mai.
Alzò
lo sguardo e imitò di scatto
gli altri. C’erano dei soldati, uomini e creature di Gran
RoRo, davanti a loro.
E li tenevano sotto mira.
“Non
siamo nemici!”
Dan
non si era aspettato molto
dall’arrivo nel futuro, ma quello non gli era neppure passato
per la mente.
Neanche gli altri sembravano esserselo aspettato.
“Cosa
abbiamo fatto per cambiare
il futuro?” bisbigliò costernato Hideto.
Il
Guerriero Rosso gelò, temendo
di vedere la sua stessa realizzazione nei loro movimenti, nei loro
sguardi.
Forse era lui la causa di tutti i cambiamenti. Forse era la sua
presenza che
aveva cambiato tutto.
Un
ronzio statico si diffuse
nell’aria.
“Abbassate
le armi. È un ordine.”
Al
comando della donna, tutti i
soldati si rilassarono impercettibilmente e le armi smisero di essere
puntate
contro di loro.
Dan
e gli altri abbassarono le
braccia, visibilmente sollevati.
A
lato, una porta sbatté con
violenza contro il muro e ne uscì una donna in camice bianco
che si fermò, il
busto inclinato e gli occhi sgranati.
Kenzo
avanzò senza esitazione.
“Dottoressa Stella!”
“Tutto
è a posto, visto?
Pessimista!” disse Mai ridendo.
“Bella
accoglienza,” sbuffò il
Guerriero Blu.
“Hyoudo,
che diamine ci fate qui?”
Dan
seguì gli altri, anche se si
fermò un passo più indietro. Conoscevano quella
donna. L’aveva conosciuta anche
lui? Osservò il suo volto, sperando che potesse far
riaffiorare qualcosa, come
le poche parole che avevano riecheggiato nella sua testa attraversando
il
portale.
Una
dei soldati si avvicinò,
scrutandoli dall’alto verso il basso, lo sguardo sospettoso e
la mano posata
sull’arma che aveva a tracolla.
“Sì.
Comunicate il cessato allarme
e avvisate il comandante. Sono arrivati i Maestri della Luce.”
La
granroriana annuì una singola
volta e ritornò con passo spedito verso gli altri soldati.
Dan
lasciò vagare lo sguardo
attorno a lui. Era una specie di hangar, il soffitto alto e le pareti
di lucido
metallo. Avrebbe voluto che gli sapesse dir qualcosa. Si
allontanò dagli altri,
lasciandoli riallacciare i rapporti con la donna. Lui sarebbe stato di
troppo.
Raggiunse
una delle pareti e vi
posò la mano. Continuò a camminare, lasciando
scivolare le dita sulla
superficie fredda. Si fermò una volta tornato
all’area del varco.
In
un certo senso era familiare.
Era
una sensazione indefinita, che
non riusciva a spiegare.
“Benvenuto
nel futuro. La data
di oggi è 30 settembre 2650.”
Aggrottò
la fronte. Il ricordo
svanì nelle ombre della sua mente, tormentandolo con la sua
vaghezza.
Dan
strinse la mano a pugno. Era
inutile. Sospirò e si voltò verso gli altri. Lo
stavano fissando tutti. Non si
era accorto di essersi allontanato per così tanto tempo.
Scacciò i pensieri di
poco prima e avanzò verso di loro ad ampie falcate,
nascondendo ogni
inquietudine dietro un sorriso.
Si
fermò davanti alla dottoressa e
le porse la mano. “Non so se ci siamo già
conosciuti, ma… Bashin Dan.”
La
donna lo fissò e rimase
immobile. Il sorriso di Dan vacillò. L’ansia si
insinuò nel volto degli altri.
Stava
quasi per abbassare la mano,
convinto di aver fatto un qualche errore, quando la donna
allungò la mano e
gliela strinse. La tensione scivolò via da tutti loro.
“Sono
la dottoressa Stella
Aleksàndrovna.”
Dan
sbatté le palpebre, tentando
di ripetere il nome nella sua testa. Cominciò a sudare.
Kenzo
alzò gli occhi al cielo. “E
non hai sentito il suo cognome…”
La
dottoressa rise e allontanò la mano.
“Puoi limitarti a dottoressa Stella.”
Il
Guerriero Rosso annuì, senza neanche provare a nascondere la
sua gratitudine. Stella
era molto più semplice.
Angers
alzò di scatto la testa dal
cuscino. Il telefono vibrò tra le coperte. Tastò
accanto a lei un paio di volte
prima di trovarlo. Lo posizionò sull’orecchia
nello stesso momento in cui
infilò la prima ballerina.
“Loché.”
“Mon ange, ti ho svegliato?”
La
donna afferrò il borsone ai
piedi del letto, scuotendo leggermente la testa per scacciare via le
ultime
tracce di sonno. Un riccio le scivolò sulla guancia.
“L’allarme
ti ha preceduto. La
situazione?”
“Allarme rientrato. Prendi un
respiro.”
Si
lasciò scivolare sul letto.
“Che cos’è successo? Non eri in
riunione?”
“Siamo stati interrotti nel bel mezzo
della relazione.” Clarky
si interruppe, voci concitate in
sottofondo si accavallarono per poi affievolirsi. Doveva essersi
allontanò di
qualche passo dagli altri.
“Si è
aperto un varco nell’area D. Il protocollo di confinamento
è stato interrotto
dalla dottoressa Stella.”
Sgranò
gli occhi. “L’ala della
macchina del tempo?”
Dall’altra
parte del collegamento
le rispose solo il rumore statico. Angers aggrottò la
fronte, stringendo
istintivamente la cinghia del borsone, ancora tra le sue dita.
“Mon nounours?
Clarky?”
L’uomo
sospirò. Quasi lo vedeva mentre si passava una
mano tra i
capelli, camminando avanti e indietro nella sala.
“Sono
tornati,” rispose infine con
una voce carica di emozione. Dubbio. Gioia. Paura? “Mai,
Hideto, Kenzo…”
Seguì
un secondo sospiro, ancora
più pesante del primo. “Dan.”
La
donna inalò bruscamente. Faticò
a non far tremare la voce. “Sei sicuro che-”
“La dottoressa li ha fatti scannerizzare
immediatamente. I DNA coincidono
con il database.”
Angers
sfiorò il fianco con una
mano, prese un respiro e si rimise in piedi. “Cosa vuoi che
faccia?”
Quasi
percepì il sorriso del
marito.
“Il loro arrivo richiede una riunione
urgente di tutti gli stati
maggiori. Non è una questione che possiamo tenere nascosta.
Anche vista la
situazione.”
Angers
passò davanti alla
scrivania e afferrò il proprio badge, agganciandolo alla
blusa.
“Pensi
siano tornati a Gran RoRo?”
“Non può essere diversamente,
Ange. I dati raccolti all’apertura del
portale dovrebbero confermarlo.”
“Ok”,
sussurrò spostando il riccio
dietro l’orecchio. Odiava lasciarlo solo, soprattutto quando
non poteva
evitarlo. Sperava davvero che la sonnolenza finisse prima di quanto le
fosse
stato comunicato.
“Ho bisogno che tu li tenga occupati
insieme a Yus e Plym. Almeno
finché non sarà deciso il da farsi.”
Attivò
la porta e uscì nel
corridoio, un sorriso divertito che piegava le sue labbra.
“Non ti fidi di
lasciare quei due da soli?”
“Sai che li adoravano, senza di te
racconterebbero ogni cosa. Ho
bisogno che ci sia tu lì, a fare da filtro.”
Angers
premette il pulsante di
chiamata dell’ascensore. “O speri che la mia
presenza sia in grado di distrarli
a sufficienza?”
Clarky
rise dall’altra parte. Le
porte dell’ascensore si aprirono e lei entrò,
scegliendo senza esitazione il
piano di collegamento.
“Mi fido di te, Ange.”
Sorrise
inumidendosi le labbra e
inclinando il capo. “Aspetto il tuo via libero
allora.”
“T’adore.”
Il
silenzio nel comunicatore fu
quasi inatteso, ma Angers sapeva che non potevano permettersi di
perdere tempo.
Inspirò e drizzò la schiena, passando in rassegna
mentalmente tutto quello che
non poteva assolutamente dire ai Maestri della Luce, non senza un via
libera.
Non
sarebbe stato semplice.
Sarebbero
stati pieni di domande.
Troppe domande.
L’ascensore
si fermò. Due voci
dietro la porta continuavano ad accavallarsi. Angers scosse la testa.
Le porte
si aprirono e Plym si fiondò all’interno,
afferrandosi al suo braccio e
trattenendosi appena dal saltellare.
“Angers!
Hai sentito? Hai sentito?”
Yus
la seguì, fermandosi accanto a
loro a braccia conserte, l’indice che tamburellava
insistentemente. Come faceva
sempre quando cercava di mantenere il decoro che ci si aspettava dal
suo ruolo.
Aveva ancora indosso l’uniforme. Ma non avrebbe partecipato
alla riunione quel
giorno.
“Clarky
mi ha avvisato.”
“Io
non ci posso credere!”, trillò
la ragazza nascondendo il sorriso dietro le mani. “Sono
tornati! E hanno
riportato indietro Dan!”
“E
il Capitano ci ha detto che
dobbiamo stare attenti a cosa diremo,” la
rimproverò il ragazzo.
Plym
sbuffò, incrociando le
braccia. “Non sarà certo sufficiente a frenare il
mio entusiasmo! Yus, ma ti
rendi conto? Credevamo che non li avremmo più visti. E
Dan!”
Angers
si infilò tra i due prima
che iniziasse uno dei loro soliti battibecchi.
“Ragazzi,
possiamo assolutamente
mostrare la nostra felicità. Non è questo il
problema. Dobbiamo solo stare
attenti a cosa diremo.”
I
due ragazzi tornarono seri e,
per lunghi istanti, il silenzio regnò
nell’ascensore. Poi, Plym si voltò verso
Angers.
“Clarky
ti ha svegliato, vero?”
La
donna alzò gli occhi al cielo.
“Ovviamente, non mi sembra di fare altro in questo periodo.
Mangio, dormo e
riinizio da capo.”
“Ma
se il Capitano ha dovuto quasi
supplicarti in ginocchio per convincerti a non restare così
a lungo in laboratorio,”
ribatté Yus.
“Quando è troppo, è troppo,”
aggiunse Plym imitando il tono di
Clarky. “Cos’era? Ti aveva trovata addormentata sul
divanetto vero?”
“Stavo
appena riposando un po’ gli
occhi,” puntualizzò Angers mentre i due
trattennero appena una risata. “Clarky
si preoccupa sempre troppo.”
Ma la
sua voce si addolcì su quelle ultime parole. Sorrise e
sfiorò con il pollice la
fede, facendola ruotare delicatamente.
La
vibrazione delle loro ricetrasmittenti li colse di sorpresa. Yus fu il
più
veloce ad attivarla.
“C’è
un
aggiornamento.”
Le
due
donne si affrettarono ad attivare le loro.
“Comunicazione
urgente a tutto il personale in servizio e non: confermata
l’arrivo dei Maestri
della Luce. Protocollo 25B7 attivo.”
Plym
sbuffò. “Lo sapevamo già
questo.”
Yus
le
intimò di fare silenzio.
“Confermata
la presenza di Shinomiya Mai, Suzuri Hideto, Hyoudo Kenzo e Bashin Dan.
Si
informa che Bashin Dan risulta essere colpito da amnesia retrograda. Il
comandante richieda massima discrezione-”
I tre
spensero le comunicazioni in silenzio, occhi sgranati ed espressioni
angosciate. Plym aveva gli occhi lucidi.
“Dan
non ricorda nulla?”
I
tre si ritrovarono davanti alla
porta dell’ufficio della dottoressa Stella. Parte
dell’entusiasmo di pochi
minuti prima era svanito. Come poteva essere diversamente? Erano
felici,
entusiasti di rivedere Mai, Hideto e Kenzo. Ma avrebbe voluto poter
anche
essere felici per Dan, poterlo riabbracciare.
Notando
l’esitazione degli altri, Plym
allungò la mano verso la maniglia. Angers le
afferrò il braccio.
La
donna fissò negli occhi
entrambi i due ragazzi.
“Ricordate”,
ripeté con la voce
poco più alta di un sussurro. “Non una parola
sulla situazione. E tenete a
mente che Dan non ricorda nulla.”
I
due annuirono solennemente.
Angers liberò il polso di Plym e la ragazza aprì
la porta. All’interno, tutti
scattarono in piedi. La dottoressa, a un passo da Kenzo,
incrociò il loro
sguardo.
Poco
oltre c’erano Mai e Hideto.
Non
li vedevano da quasi otto
anni.
“Supermecha
fantastico!”
Plym
si fiondò in corsa verso di
loro, lanciando le braccia al collo di Mai. La Maestra della Luce
ondeggiò
sotto il peso inaspettato ma nel suo sguardo si poteva leggere la
stessa
felicità. E anche tanta sorpresa.
“Mi
siete mancati così tanto!”
biasciò Plym tra le lacrime. Continuava a stringersi a Mai
quasi avesse paura
che svanisse da un momento all’altro.
Yus
la seguì più lentamente, con
la schiena rigida e le mani strette a pugno. Si fermò
davanti a Hideto. Il
Guerriero Blu inarcò un sopracciglio, lo scrutò
dalla testa ai piedi e alla
fine gli assestò una pacca sulla spalla.
“Sei
cresciuto! E più di quanto mi
aspettassi!”
Yus
si rilassò e sorrise,
ricambiando la pacca di Hideto. “È bello
rivedervi.”
“Aspettate
un attimo!” Kenzo si
fece avanti e si fermò tra i due umani del futuro, alterando
lo sguardo tra uno
e l’altra. Il primo lo superava in altezza per più
di un palmo, mentre la
seconda di almeno un paio di centimetri. “Ma non è
giusto! Perché sono sempre il
più piccolo?”
Plym
rise tra le lacrime e allungò
la mano a scompigliargli i capelli. “Come sei
carino!”
Il
Guerriero Verde arretrò,
sbuffando e borbottando oltraggiato.
Angers
si avvicinò al gruppo
sorridendo e posò una mano sulla spalla del ragazzo.
“Puoi ancora crescere, non
temere.”
“Lo
spero.”
Lo
sguardo della donna incrociò
quello di Mai, ancora avvinghiata dalle braccia di Plym. E vide la
realizzazione nel suo sguardo. Ma venne interrotta da Yus.
“Dan?”
La
sua voce suonò titubante. Il
sorriso svanì dai volti del Maestri della Luce. Plym si
separò da Mai,
camminando all’indietro fino ad affiancare Yus, strofinandosi
la faccia con il
dorso della mano.
A
pochi passi da loro, rimasto in disparte fino a quel
momento, c’era Dan. Il ragazzo ricambiò il loro
sguardo con un sorriso
imbarazzato, le mani infilate in tasca. Per
lui stava diventando sempre più snervante
vedere l’entusiasmo negli occhi di quelle persone, che
evidentemente lo avevano
conosciuto, trasformarsi in delusione e tristezza.
Dan
cominciava a rimpiangere l’avere accettato di venire con
loro. Avrebbe fatto meglio a restare a Gran RoRo. Ma ormai era
lì.
“Posso,”
Plym deglutì, “posso abbracciarti?”
Il
ragazzo spalancò gli occhi a quella richiesta inattesa,
non solo da lui ma anche da tutti gli altri, ma non riuscì a
dire no al tono
disperato e speranzoso della ragazza. Annuì.
Plym
singhiozzò e si fiondò contro di lui, affondando
la
testa sulla sua spalla e aggrappandosi a lui con forza. Non sapendo
cosa fare,
Dan ricambiò piano l’abbraccio.
“Mi
dispiace, mi dispiace, mi dispiace!” ripeté Plym
tra i
singhiozzi. “Avrei dovuto controllare quella maledetta
colibrì.”
Dan
sorrise.
“È
ok. Ora sono qui, il resto non ha importanza.”
Plym
scoppiò a ridere tra le lacrime e si staccò da
lui. Yus
si avvicinò lentamente. Mai ne approfittò per
affiancare Angers e intrecciare
le loro braccia, rivolgendo alla donna un luminoso sorriso.
“Le
congratulazioni sono d’obbligo. Quanti mesi?”
“Quasi
cinque. Un inaspettato regalo scoperto al nostro
terzo anniversario.”
La
Guerriera Viola emise un gridolino e abbracciò Angers.
“Sono così contenta per voi! Non vedo
l’ora di incontrare anche Clarky.”
Angers
rise e, quando si separarono, alzò la mano sinistra.
Sull’anulare brillavano una fede dorata con piccoli topazi.
“Abbiamo
sentito la vostra mancanza al matrimonio.”
“Il
vecchio Clarky si è sposato?” si intromise Hideto
divertito. “Quanti giorni ha aspettato prima di
chiedertelo?”
Tutti
scoppiarono a ridere. Angers scosse la mano. “Se non
era per tutta la faccenda della ricostruzione, avremmo organizzato
tutto molto
prima.”
“Siete
davvero anime gemelle!” ribatté il Guerriero Blu.
Kenzo
aggrottò la fronte e cominciò a contare sulle
dita. Si
interruppe e ricominciò. Arrivò a due e poi si
voltò verso la dottoressa
Stella.
“Quanti
anni sono passati?”
“Quasi
otto, Kendurò.”
I
Maestri della Luce si scambiarono un’occhiata sbalordita.
Quell’informazione spiegava un sacco di cose. In primis
quanto fossero
cresciuti rispetto a loro. Plym e Yus erano di un anno più
grandi anche di Mai.
Avevano creduto che Aileen fosse riuscita ad aprire il portale molto
più vicino
al giorno in cui erano partiti.
Yus
li scrutò perplesso.
“Perché?
Per voi quanti anni sono passati?”
SPAZIO
AUTRICE:
Salve a tutti! Sono molto
contenta di
essere riuscita a pubblicare questo capitolo nei tempi che mi ero
ripromessa.
Sono molto soddisfatta di
questo
capitolo: esplorare il futuro da punti di vista esterni ai Maestri
della Luce
(che, poveri, sperano/credono che tutto sia rose e fiori almeno
lì) è stato
davvero divertente. Come noterete, ci sono molte cose diverse rispetto
a Saga
Brave. Anche se, ovviamente, Clarky e Angers sono sposati (e in attesa
del loro
primo pargolo). E sì, Clarky e Angers parlano in francese
tra di loro (anche se
non mi vedrete mai trascrivere loro dialoghi con google translate).
La parte di Dan è
stata interessante per
tutta una serie di altri aspetti. In un certo senso, è stata
un po’ una sfida
riuscire a rendere Dan il Dan di sempre ma allo stesso tempo
riflettendo la
situazione particolare in cui si trova.
Ah, ho leggermente
modificato il nome di
Stella (nella mia storia il nome completo sarà Stella
Aleksàndrovna Korabelishchikova)
nel tentativo di aderire all’onomastica russa. Spero di non
aver sbagliato.
Detto questo, spero che il
capitolo vi
sia piaciuto. Per qualunque cosa, dubbio e commento, io sono qui e se
volete
potete lasciarmi una recensione per dirmi cosa ne pensate.
A presto,
HikariMoon