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Autore: giamma21    29/10/2019    1 recensioni
Una baita isolata, cinque amici e un oscuro presentimento... quale sinistro segreto si cela dietro un weekend di festeggiamenti?
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Apro gli occhi e vedo un soffitto, mi sento quasi intorpidito, come se avessi dormito troppo.
Cerco di localizzarmi e noto dai colori accesi delle lenzuola che sono nella mia camera da letto. Mi alzo lentamente, come se volessi fare attenzione a non rompermi le ossa. Provo una strana sensazione, simile ai postumi di una sbornia, come se i miei ricordi fossero offuscati. Dormivo? Quando è successo? Come, semmai, ho fatto ad addormentarmi?
Lentamente acquisisco il controllo dei miei sensi, e sento il suono dell’acqua scorrere nella doccia. È Marcus? Dal soggiorno proviene un vociare di giovani, saranno gli altri che hanno cominciato a bere senza di noi. Stronzi.
Mi alzo, guardando con cautela dove metto i piedi. Non voglio rischiare di crollare al suolo, finirei per rompermi qualcosa, i dottori mi hanno avvertito riguardo la fragilità delle mie ossa.
“Ma… Marcus? Sei in bagno?”, mugugno, ancora senza forze.
Dio, ma cosa mi è successo? Sono uno straccio.
Sono stato drogato? Ma è impossibile, in quale lasso di tempo sarebbe potuto capitare?
Vado verso la porta del bagno, e ruoto la maniglia. Si libera una notevole quantità di vapore, intrappolato nella stanza angusta. L’acqua continua a scorrere, e io mi avvicino alla tendina. Continuo a sentirmi intorpidito, ma proseguo, perché ho bisogno di Marcus. Devo chiedergli cosa mi è successo.
Allungo la mano e le mie dita toccano la tendina che copre la doccia. Afferro un lembo di tessuto e scorro lentamente. Vedo una gamba, è muscolosa, con poco pelo. Man mano che sposto la tendina vedo più parti di quel maestoso corpo e lo riconosco. Finalmente provo di nuovo familiarità con qualcosa. È Marcus, ricoperto di sapone.
I nostri occhi si incontrano, e non si separano più. Le sue mani accarezzano delicatamente ogni parte del suo corpo. Il petto possente, l’addome scolpito, fino a strisciare lungo il pene, eretto e scoperto. Entro nella doccia e lascio che i miei vestiti si sfilino.
Comincio a sentire il suo tocco, le sue carezze. Mi tocca dappertutto, mi desidera in ogni angolo. Si spinge nella mia bocca e geme, mentre le mani mi sfiorano e si insidiano in me.
Lo sento quasi dentro di me quando osservo lo specchio del bagno. Quello che vedo non è Marcus, ma qualcosa di più grande, più imponente, oscuro e maligno. Io… non sono io.
Il ragazzo nel riflesso è… PAPA’?
 
Apro gli occhi e attorno a me ci sono Parker, Lilah, Tess e Marcus.
Sento qualcosa di umido sulla fronte, forse ho una fascia bagnata.
I ragazzi sembrano preoccupati. Nei loro volti leggo preoccupazione.
“Ethan, stai bene?”, chiede Lilah, con la voce tremante.
Marcus mi stringe la mano.
Mi guardo intorno, sono steso sul pavimento del soggiorno. Siamo ancora nella baita.
“Cosa cazzo è successo?”, esulto, cercando di riacquistare i sensi.
I ragazzi si guardano confusi.
“Ti abbiamo trovato steso a terra, vicino al cavo della stufetta. Improvvisamente è saltata la luce e tu eri qui, con il cavo vicino...-, spiega Marcus, continuando a stringere la mia mano.
Tess si allontana e torna poco dopo con un bicchiere d’acqua.
Riesco a farmi sollevare e mi siedo con la schiena appoggiata alla parete.
“Io… ho trovato una chiave, lì dentro”, spiego, ma quando indico la fessura nella parete c’è solo una normale presa della corrente. Cosa? Dov’è finito il buco che ho fatto prima? Passo una mano nelle tasche dei pantaloni, sono vuote.
Gli altri mi guardano confusi, e vorrei schiaffeggiarli.
“Giuro, non mi volevo suicidare”, li rassicuro, e guardo Marcus negli occhi. Lo riconosco, ora è lui che mi fissa.
“Credetemi, credimi… ho visto qualcosa. È stato tutto così… cazzo, surreale”.
Tess mi stringe la mano.
“Cos’hai visto?”, chiede. Ha le pupille completamente dilatate, come se avesse assunto qualche droga estrema o fosse sotto l’effetto dell’adrenalina.
Esito a rispondere e mi stacco dalla sua presa.
Ho bisogno di respirare.
“Fatemi uscire, non respiro qui”, ordino, chiedo, non lo so nemmeno io.
Parker controlla la porta d’ingresso, ma sembra incerto.
“Sta nevicando di brutto, è pericoloso aprire la porta ora”, dice, chiudendola a chiave.
Chiudo gli occhi un istante poi li riapro.
“Allora aprite un po’ la finestra o soffoco”, replico.
Lilah mi aiuta ad alzarmi e mi accompagna alla finestra, dove posso riprendermi e respirare aria pulita.
Di fuori c’è una tempesta di neve, così forte che ha coperto quasi totalmente la nostra macchina. Fa freddo, l’aria è graffiante.
Continuo a guardare fuori finché non mi sento meglio. Sento in sottofondo gli altri che parlano e che provano a chiamare i soccorsi, ma i telefoni non prendono.
Non voglio voltarmi, preferisco restare a fissare il vuoto, che pare quasi più reale di ciò che è alle mie spalle.
Sento le braccia di Marcus, il suo calore, mi sta stringendo e mi bacia il collo.
Quando mi sento in grado di camminare faccio un lungo e profondo respiro, mi volto e cominciò a pensare a come sopravvivere a questa notte.
 
“Vi giuro che ho avuto uno dei sogni più fuori di testa di tutta la mia”, dico, sorseggiando un po’ di birra fresca. Ci siamo ripresi leggermente e abbiamo cominciato a giocare a carte. La serata sembra essersi ripresa, e sono contento di non aver rovinato nulla.
Prima pensavo che qualcuno mi volesse uccidere o di essere impazzito, sono contento di stare meglio. Non riesco a ricordare il sogno in modo lucido, ho solo qualche sprazzo di immagini, poi non vedo più nulla. Preferisco smettere di pensarci.
“Hai rischiato grosso, scemo”, commenta Parker.
Marcus è seduto accanto a me e mi stringe silenziosamente con un braccio.
Non volevo che si preoccupasse, averlo vicino mi rilassa parecchio.
Mi ricorda quasi com’era stare con i miei vecchi amici, prima che iniziassi il college.
Tess e Lilah discutono le tattiche di gioco, e Parker cambia canzone sul telefono, collegato ad una cassa Bluetooth.
Ho bisogno di fare pipì, quindi mi scuso con gli altri e vado in camera mia.
Il corridoio mi trasmette un senso di pericolo, è come se ricordassi di qualcosa di brutto, ma non so cosa. Sto per entrare in camera quando qualcuno mi strattona.
È Parker.
“Ehi”, lo saluto, leggermente confuso.
Lui ricambia il saluto e mi lascia andare.
“Volevo assicurarmi che non cadessi all’improvviso”, dice sorridendo.
“Grazie Park, sto bene ora”.
Entro in camera e lui mi segue, chiudendosi la porta alle spalle.
Io e Parker siamo amici, ma non abbiamo mai approfondito il nostro rapporto più del dovuto.
Lui è sempre stato particolarmente legato a Lilah, e al resto della scuola. Sì, ci siamo divertiti quando uscivamo tutti insieme, però lo vedo solo come un normale amico. Vorrei che fossimo più uniti, ma è passato solo un anno, c’è ancora tempo.
Vado in bagno, piscio e mi pulisco le mani.
Prima di uscire sposto la tenda della doccia e controllo di essere solo.
Mi avvicino alla porta del bagno, rimasta socchiusa, e vedo qualcosa di strano.
Parker tiene qualcosa premuto sul naso, come se la annusasse. È di spalle, ma riconosco cos’ha in mano: un mio paio di mutande.
Sobbalzo, ma cerco di non fare rumore e trattengo il fiato.
Con l’altra mano sembra che si stia... toccando?
Che cazzo stai facendo, Parker?
Afferro la maniglia della porta e la richiudo, per dargli il tempo di fermarsi, poi fingo di non aver visto niente e riapro la porta. In camera non c’è più nessuno.
Controllo bene ogni angolo, ma sono solo.
Il mio zainetto è aperto, mi ci avvicino. Sembra che non manchi niente, le mutande ci sono   ed è tutto in ordine.
Sto avendo una serie di allucinazioni o le mie voglie sessuali si stanno proiettando nella realtà?
Forse ho solo bisogno di dormire, magari in un’altra camera, questa mi dà i brividi ormai.
Dal soggiorno provengono le risate degli altri e qualcosa nella mia testa scatta, come se avessi un déjà-vu. Non ho ancora pensato di prendere un’aspirina, ma sono certo di non aver preso medicinali. Marcus dove aveva lasciato lo zaino?
Controllo nell’armadio, ma è vuoto. Provo a guardare sotto il letto e lo trovo. Caspita, ha paura che qualcuno vada a frugare tra le sue cose?
Mi sento un po’ in colpa ora, ma cerco solo un’aspirina. Marcus è un personal trainer, deve avere per forza qualche medicina con sé.
Tiro la zip dello zaino e comincio a cercare. Tasto qualcosa di duro, forse una scatola?
Uso la torcia del telefono per farmi luce e scopro cos’è l’oggetto che sto tastando: una pistola.
“Ma che cazzo…?”, dico tra me e me, sconvolto. Non ho mai visto una pistola dal vivo, e questa sembra essere professionale. Pesa un sacco, quindi la lascio nello zaino.
Mi sono assentato da troppo ormai. Rimetto lo zaino sotto il letto e lascio la camera.
Perché Marcus si sarebbe portato appresso un’arma? Non mi è mai sembrato il tipo di persona che potesse usare una pistola. Sono scioccato, sento le mani tremarmi, ma finché non scopro le sue intenzioni non posso mostrare il mio timore.
Torno in soggiorno, e trovo solo Marcus, ironicamente. Si è addormentato.
Questa è proprio una vacanza di merda. E dove sono finiti gli altri?
Devo avvisarli.
Sgattaiolo nella camera di Tess, ma è chiusa a chiave.
“Tess?”, sussurro, sperando che mi senta, “Sono Evan”.
Non ottengo risposta e comincio a chiedermi se non siano andati via tutti.
Mi chiedo anche se non stia partecipando ad un prank show, perché finora è stato tutto troppo sospetto e incredibile.
Vado a mettermi il giubbotto, e corro alla porta d’ingresso. Marcus è ancora steso sul divano, immobile. Il fuoco del camino arde, e ha scaldato tutta la stanza.
Provo ad aprire la porta d’ingresso ma è bloccata.
Parker, l’ha chiusa prima. Ma dove ha lasciato la chiave? Se la sarà messa in tasca, quell’idiota.
Mi volto a guardare la fine del corridoio, dove una porta mi separa dalla sua camera da letto. Improvvisamente ho paura di svegliare Marcus, come se avessi realizzato solo ora che si è portato dietro una pistola. Sto con uno psicopatico? Vuole ucciderci tutti?
Ricordo una conversazione che abbiamo avuto tempo fa…
“Ti è mai capitato di sentirti in pericolo?”, mi chiese lui.
“Non recentemente, anche se da piccolo avevo paura di perdere la mia famiglia.”
“E i tuoi amici, ti fanno sentire bene?”
“I tuoi?”
“Ne ho pochi, ma so di poter contare su di loro.”
“Lo stesso vale per me. Questi ragazzi mi vogliono bene, lo sento.”
Forse è ossessionato da Parker, Lilah e Tess. Forse io sono solo un mezzo per arrivare a loro. Oppure Parker si è scopato qualche ex di Marcus, in preda ad una crisi sessuale?
Sto dando di matto, dovrei semplicemente svegliarlo e chiedergli spiegazioni.
Mi avvicino al divano e appoggio la mano sulla sua spalla, scuotendolo leggermente.
“Marcus, svegliati.”
Continua a dormire. Lo strattono.
Perché non si sveglia?
Mi accorgo che sta sbavando e cerco di stenderlo sul lato. Non può essere in coma etilico, avrà bevuto sì e no una birra.
La sua lattina è rovesciata per terra.
Sta male?
Devo farlo, per quanto disgustoso, non posso lasciarlo così.
Gli apro la bocca e infilo due dita fino in fondo alla gola. Le muovo intorno, sperando di provocargli un conato.
Finalmente vomita e mi assicuro che resti di lato, per evitare che si soffochi.
“Marcus cos’è successo?”
Lui fatica a parlare.
“Scappa, Evan, mi hanno drogato.”
Cosa?
“Chi ti ha drogato?”
“I tuoi amici. Loro non sono chi dicono di essere, devi scappare.”
Ma di cosa sta parlando? Perché insinua che siano capaci di drogarlo?
“Marcus, non ti seguo. Come mai avrebbero dovuto farlo?”
“Tu… non posso. Devi scappare, ora!”
Sembra che stia trattenendo delle informazioni. Comincio ad avere paura.
“Questa cosa non ha senso, ne ho le palle piene di questa serata, ora vado a chiamare i ragazzi.”
Marcus mi tira a sé.
“Non farlo. Ti prego, scappa.”
“Marcus, mi stai spaventando, forse hai avuto un incubo.”
“Non capiresti, Evan.”
“Già. Non capisco perché sei venuto qui con una pistola e ora vuoi che me ne vada. Penso che dovrei chiamare la polizia.”
“Quella era proteggere te, ma ho abbassato la guardia e mi hanno drogato.”
Voglio che condivida più informazioni, quindi lo tento.
“Adesso chiamo Lilah.”
Lui cerca di tenermi fermo nuovamente.
“Non puoi, Evan. Quei ragazzi non sono reali, vogliono farti del male.”
È impazzito, e devo allontanarmi immediatamente.
“Marcus, tu non stai bene.”
Provo ad andarmene ma lui si alza e mi raggiunge. Grido in cerca di aiuto, ma devo vedermela da solo. Dove diavolo sono finiti gli altri?
“Non posso lasciarti”, ripete Marcus. Suona minaccioso.
Esito un istante, poi scappo verso il corridoio. Provo di nuovo ad aprire la porta della camera di Tess, ma è chiusa. Corro verso la mia ed entro. Me la chiudo alle spalle.
“Parker! Lilah! Tess!”, urlo. Nessuna risposta. Cazzo.
Marcus prova ad entrare, si getta di peso contro la porta, che non regge sotto il peso.
Merda, sta per entrare. Cosa vuole farmi?
Penso che la porta sia sul punto di cedere quando non sento più rumori.
Tutto diventa silenzioso. L’unica cosa che sento è il mio battito, forte come non mai.
Oltre la porta è come se non ci fosse più nessuno.
Indietreggio e inciampo sullo zaino di Marcus. Cado a terra, ma fortunatamente non mi ferisco. Lo avevo messo sotto il letto, chi l’ha spostato?
Il silenzio viene infranto da un forte respiro, quasi disumano. Pervade tutto il mio corpo e mi provoca intensi brividi. Qualcosa sta grattando la porta. Sento graffiare, come se degli affilati artigli stessero intagliando un messaggio nel legno. Poi un colpo secco alla porta, che comincia ad aprirsi lentamente.
Non sono io a reagire, ma il mio istinto di sopravvivenza. Prendo lo zainetto e cerco la pistola. La stringo tra le mani e punto verso la porta. Non so se la sto maneggiando bene, non so cosa sto facendo, ma premo il grilletto. Un’onda d’urto mi spinge indietro, e un fulmine irradia la stanza come un flash della macchina fotografica.
Il suono dello sparo mi assorda.
Ho paura di muovermi, ma devo scappare. Non posso più restare qui dentro.
Avanzo a gattoni verso la porta. Ho ucciso Marcus? L’ho solo ferito?
Controllo il pavimento del corridoio, è pulito, non c’è un corpo.
Allora è ancora vivo? Forse non l’ho colpito ed è scappato.
Avverto una nebbia di energia negativa, e temo di non riuscire a rialzarmi.
Stringo salda la pistola e faccio un profondo respiro.
   
 
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