Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: RLandH    30/10/2019    0 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eccomi tornata! Spero che sia rimasto ancora qualcuno a seguire questa storia:
Prima della lettura una serie di informazioni necessarie:
- Con la questione Sciro/Sciri mi ero presa delle belle libertà, diciamo che anche con il Sole Invitto lo ho fatto (parleremo meglio di questa figura più avanti, ma sappiate che ho un po’ calcato la mano, accorpando due dei assolutamente uguali di due mitologie che da spartire avevano poco).
- Tecnicamente ho trovato solo in un caso la denominazione Grande Madre Idea rispetto la semplice Grande Madre, però mi piaceva di più, sappiate che è una dea primordiale che trova la sua origine fin dall’età della pietra e che poi è stata reinterpretata anche in mitologie più moderne (per i romani è Cibile, per esempio).
-Atalanta e Ippomene sono due personaggi della mitologia di cui non ho spiegato il mito, in quanto non mi serviva, forse più avanti lo farò, per ora il necessario lo ho detto.
-Questo capitolo ed i prossimi saranno focalizzati sullo stesso punto, cambieranno i narratori, ma per la prima volta abbiamo una storia consequenziale senza salti a destra e a manca, mi spiace doverlo fare, ma era necessario fare un punto in questa questione.
- Questo capitolo riprende eventi già narrati nel capitolo 19 e 21.
Buona Lettura!

 
Il crepuscolo degli Idoli
 


Il sole, la stella e la Dea che gestisce un circolo incontri



Heather  IV

 
Tolse delicatamente con un coltello il bordo più duro del pancarré, come faceva sempre sua madre, occupandosi poi di spalmare il burro da un lato della fetta, poi aveva tolto la crosta anche dall’altro ma invece di cospargerla di burro, aveva preferito rovesciarci dalla marmellata di fragole, con tranquillità, aveva unito le due fette e poi con un taglio netto aveva segato in obliquo il panino.
Esattamente come quelli che faceva sua madre, non era mai stata una gran cuoca  Adele Shine, neanche una persona molto materna, preferiva di gran lunga starsene in ufficio a scrivere i suoi articoli, era partita da una rivista di moda che somigliava alla brutta copia di Vouge ed era finita in un’importante giornale sulla finanza, dove poteva essere contenta.
Non era stata una cattiva madre, questo Heather non lo avrebbe mai pensato.
Solo che riusciva a malapena a figurarsi sua madre con il tacco dodici della decolté ed il tailleur rosa antico, lasciarsi travolgere dalla passione con un dio greco vicino una pianta di erica.
Aveva preso la klyx che era sul tavolo, era da vino ma per Heather sarebbe andata bene lo stesso e ci aveva rovesciato dentro la diavolina a cui aveva dato fuoco con un fiammifero.
“Padre, ti prego accetta questa mia offerta” aveva sussurrato prima di lanciare uno dei due triangoli di panino tra le fiamme, per un secondo il fuoco si era fatto blu e il cibo era stato interamente consumato, “Ho davvero bisogno di te” aveva aggiunto, lanciando l’altra fetta, era avvenuto come prima, solo che il fuoco si era spento.
“Grazie, padre, sempre sul pezzo” aveva concordato con un leggero fastidio.
“Non è colpa sua” aveva sentito una voce alle sue spalle, “Anzi forse lo è questo è il punto” aveva aggiunto il ragazzo con tranquillità, abbandonando l’uscio per girarle attorno predatore, “Ma sono sicuro che se potesse risponderti lo farebbe” aveva cercato di venirle incontro, gentile.
“Apollo? Mio padre?” aveva domandato retorica lei, guardando la cenere nella kylyx con biasimo.
Lui le aveva sorriso ferino, era un bel ragazzo dal naso appuntito, l’incarnato olivastro ed una chioma leonina di un profondo colore scuro, come carbone.
“Tranquilla tutti gli dei sono uguali da questo punto di vista” aveva detto sedendosi alla sedia accanto alla sua, “Tranne la Grande Madre Idea. Lei è diversa” aveva raccontato con un sorriso dolce.
In quel momento erano da lei, nella casa della Grande Madre, che gli aveva offerto asilo e riparo, non esattamente, in vero Heather si era risvegliata lì, un attimo prima era lungo uno brutta strada di campagna ad affrontarsi contro una dea minore di nome Matelda, l’attimo dopo rinveniva in un morbido letto a due piazze con le lenzuola di lino ed il baldacchino.
A quanto pareva dopo aver scoccato una delle frecce della pestilenza di suo padre  aveva perso conoscenza, il ruggito che aveva sentito mentre sveniva era stato proprio quello del giovane vicino a lei, Ippomene e della sua compagna Atalanta, due guerrieri in grado di divenire leoni che trascinavano il carro della Dea Cibele.
Assurdo.
“Hai mangiato qualcosa?” aveva chiesto Ippomene, “Panini burro e marmellata” aveva chiarito lei, “Americani” era stato l’unico commento dell’antichissimo guerriero greco, “Mangia meglio, ci aspetta una battaglia” aveva commentato tutto contento.




“Ti ho portato una lattina di Doctor Pepper” aveva detto Heather allungandola verso Qbert, il suo amico caprino aveva annuito, raccogliendola con le dita, mentre con gli occhi gialli non schiodava minimamente gli occhi da Jude Mortimar, ancora steso sul letto dove la guerriera Atalanata lo aveva fatto accomodare.
“Ancora nessun cenno?” aveva domandato lei con leggera apprensione.
Jude era figlio di una qualche divinità legata alla natura, alla terra, come Matelda, e per questo motivo stava risentendo molto più di lei della freccia della pestilenza, erano ormai giorni che dormiva.
Non aveva ferite fuori, ma secondo la Grande Madre Idea era il suo inconscio ad essere stato scombussolato.
Heather si sentiva mortalmente in colpa, aveva scoccato la freccia perché non aveva trovato alcun altro modo per uscire da quella situazione, ma se avesse saputo del danno che avrebbe arrecato a Jude ne avrebbe trovato un altro.
Una ninfa dal sorriso caramelloso si era affacciata nella loro stanza ed aveva chiamato cortesemente Qbert, il satiro aveva annuito defilandosi.
La Casa della Grande Madre Idea era come un ospedale, anzi no, più come un centro di recupero, ma non come quello degli alcolisti anonimi, un po’ come un ritrovo per senza-tetto, per gente che non aveva più un luogo, che era turbata da tantissime cose, con spa e corsi di yoga inclusi.
“Giuro Jude mi dispiace tantissimo” aveva sussurrato allungando una mano verso di lui e toccandola la sua pelle, fredda come quella di un morto, immobile.
Non sembrava neanche che i suoi sogni fossero beati, il suo viso era contratto, come in una profonda agonia.

“Non è colpa tua bambina” aveva sussurrato la Grande Madre Idea, mentre si affacciava da dietro il baldacchino, “Non l’avevo vista” aveva cinguettato Heather, “Non ero qui” era stata la risposta pratica della donna, era così strana da guardare, perché non pareva mai uguale, un secondo, la prima volta che l’aveva veduta aveva pensato fosse sua madre, con lo stesso vestito rosa antico ed i capelli ruggine raccolti in una treccia all’olandese, severa, poi era stata un po’ come la logopedista che aveva frequentato durante le elementari per la dislessia.
Una miriade di donne che erano state figure dolci e gentili, nella sua vita, che si sovrapponevano in un continuo puzzle in movimento, da dare quasi fastidio alla testa.
La Grande Madre Idea una delle più antiche divinità esistenti ed allo stesso modo pareva così intangibile.
“Come volevo dirti non è colpa tua, hai solo aperto una ferita che era lì a sanguinare da un po’, devi lasciare che lui guarisca da solo” aveva cercato di dire, con un tono di voce materno.
Heather era rimasto seduta accanto a quel letto, sentendo nella tasca dei suoi pantaloncini l’immortale pianta d’erica, era stato solo grazie all’aiuto di Jude se era riuscito a mutarla fino ad assumere la forma di un arco, neanche Darren figlio di Demetra che aveva tenuto quel ramo tra le sue mani per tempo era mai riuscito a scrutarne il segreto.
Forse era destino che lei e Jude si incontrassero, di nuovo.
“Le tre grigie lo hanno chiamato ragazzo maledetto” aveva sussurrato solamente lei cupa, “Lo è, purtroppo” aveva commentato la dea, “Povero tesoro, una maledizione crudele che solo un dio molto spietato poteva scegliere di lanciare contro un’anima così innocente” aveva aggiunto, toccata.
Heather si era ritrovata a concordare, aveva passato relativamente poco tempo con Jude, però si lo aveva capito che era buono dentro, dal modo che aveva di relazionarsi con Ennoia e con Qbert, l’empatia e la dolcezza delle sue azioni, anche dannatamente riservato.
“Questo spiega perché uno come lui era filo-crono, almeno” aveva constato, guardando il viso sofferente del suo amico, lì sul sopracciglio un piccolo taglio lo segava storto, era stata opera sua, durante la battaglia di Manhattan.
Conscia di quel pensiero si era voltata spaventata verso la dea, Jude era un ramingo!
“Tranquilla bambina, il C.I.B.E.L.E. è un luogo dove rifugiarsi per tutte le anime perse che ne hanno bisogno, mortali, immortali che siano” aveva detto cheta la dea, “Noi non giudichiamo nessuno, in particolar modo un giovane ragazzino di quindici anni così sfortunato” aveva commentato.
“Dovrebbero esserci più dee come lei, grande madre idea” aveva sussurrato Heather, tra se e se, pensando all’offerta che quella mattina aveva fatto a suo padre.
“Ricordatevi che qui potete rimanere tutto il tempo che desiderate, ti ho già parlato di Michael lo chef? Davvero bravo! Ci sono corsi di yoga, cross-fit ed anche capoeira” aveva ripreso a parlare la donna, “Si, mi pare siano dopo le orge del venerdì” aveva scherzato Heather, arrossendo sulle gote, “Ecco, il problema di voi giovincelli e che negli ultimi secoli siete diventati così pudichi, il nudo è espressione e l’amore è completamento – è pace!” aveva stabilito, “Ma da mille anni a questa parte è tutto un no, scandalo, sporco, no, no” aveva commentato la dea.
Heather aveva pensato che non avesse tutti i torti, poi aveva pensato alle malattie veneree e quant’altro ed aveva deciso che forse il giusto poteva trovarsi nel mezzo.
Era comunque arrossita ferocemente, pensando a Darren ed i baci furenti che si erano scambiati e … poco altro.

“Lei è una dea così buona, ma sta preparando una battaglia” aveva riportato poi Heather, “In vero è desiderio di Atalanta, inoltre …” aveva risposto la dea, prendendo un momento di silenzio, aveva il viso abbattuto di Adele Shine in quel momento, “È così recriminante combattere per proteggere ciò che si ama?” aveva domandato.
Gea stava arrivando per il C.I.B.E.L.E.; questo Heather lo aveva capito, ma tra loro ed un ingente massa dell’esercito della Madre Terra c’era qualcosa in mezzo ed era probabile che la battaglia si sarebbe svolta lì.
Heather non era stata costretta a partecipare ma aveva comunque accettato per ripagare dell’ospitalità che era stata lei fornita.
“I romani lo dicevano sempre: se vuoi la pace, preparare la guerra[1]” aveva commentato la dea alla fine.

 

 

Si era svegliata nel cuore della notte, non perché sogni avessero inquietato i suoi pensieri, anzi no, era stata una notte fosca e buia come poche, ma perché aveva sentito una mano sulla sua spalla.
“Ennoia” era stato il primo pensiero, ma aveva potuto sentire il respiro ferace dell’amazzone appollaiata nel suo nido di lenzuola e gambe di sedie che si era costruita.
“No, non ti agitare Heather” la voce che l’aveva chiamata era maschile e suadente, ci aveva messo un secondo per metterlo a fuoco, un ragazzo di circa la sua età con il viso da putto ed i riccioli biondi che scivolavano sulle guance e le labbra tinte d’oro.
“Tu chi sei?” aveva domandato spaventata, allungando la mano, non aveva vicino a se niente se non le frecce, “Io sono il Sole Invitto” aveva chiarito quello, “Tuo padre non ha potuto risponderti ma io si” aveva mormorato, gentile, paterno.
“Come?” aveva domandato Heather spaventata, mentre si tirava indietro, “Be, in una parte di c’è una scintilla di sole quindi in un certo senso, sei anche un po’ figlia mia” aveva detto calmo il Sole Invitto, toccandosi lo sterno, Heather aveva realizzato indossasse una camicia con i volant di seta rossa semitrasparente, strano.
“Grazie, signor Sole Invitto, ma ho già un padre divino piuttosto sui generis non credo potrei resistere a due” aveva detto secca lei.
Ma il dio non era parso molto turbato, passandosi una mano sui riccioli da putto, “Ma io ci sarei, Heather Shine” aveva detto calmo, “Io sono il Sole, io sono eterno, ed ho sempre favorito chi mi ha seguito” aveva aggiunto poi, prendendole una mano, la sua pelle era calda, incandescente come un fuoco, ma non bruciava.
Era quasi ipnotico.
“Quando andrai al palazzo di Sciro” aveva ripreso suadente la voce, “Lì, nell’unico posto dove la magia può ancora funzionare” aveva comunicato il dio, ma Heather era distratta da quelle informazioni, non del tutto chiara di cosa l’uomo stesse farneticando, “Lì ecco: c’è un cartiglio, con il nome di Aton” aveva detto calmo, “Un discendente di Amon-Ra ci ha confinato il mio potere, ma tu, splendida figlia del sole, puoi liberarlo” aveva sussurrato, con un occhio di un colore caldo come l’oro liquido, aveva occhieggiato le due frecce rimaste.
“Libera il mio potere e non avrai eguali” aveva sussurrato, “Ti proteggerò in battaglia da ogni male,  anche dal tuo tristo fato” aveva detto, baciandola con le labbra tinte d’oro brillante il dorso della mano e lì come un marchio infuocato era rimasto l’impronta di quel bacio.
Ma quando Heather aveva sbattuto gli occhi il Sole Invitto non era più lì.

“Ma cos-” era riuscita solamente a sussurrare, “Ennoia! Ennoia!” aveva strillato con vigore svegliando l’arpia, che era saltata in piedi spiegando le ali corvine, “Un dio! Lei ne sente l’odore” aveva gracchiato con bruciante vigore la creatura.
Aveva svegliato interamente tutto il suo piano, che presto si era riversato all’interno della propria stanza, tutti pallidi visi nella notte.
“Cos’è questo baccano?” aveva ringhiato la prode Atalanta, alta e flessuosa, “Qui al C.I.B.E.L.E. abbiamo una politica molto restrittiva per i baccani notturni” aveva detto rigida.
“Sono accettati solo baccanali di Dionisio e castrazioni notturne” aveva ridacchiato un ragazzino alle sue spalle.
“C’era un dio qui, lei può sentirlo” aveva detto Ennoia, mentre Heather faceva staccare la luce della stanza per illuminare l’ambiente, alla luce delle lampade la pelle sul suo dorso era di un bianco spettrale, nessun rossetto dorato.
Atalanta con i suoi vaporosi capelli biondi aveva sniffato l’aria interessata, “Lo sento anche io, uno molto antico” aveva stabilito secca, “Antichissimo! Dove chiamare la Grande Madre Idea ” lo aveva detto subito, bruciante e forse anche timorosa.




“Sono perplessa, credevo il C.I.B.E.L.E. accogliesse tutti” aveva stabilito Heather, mentre osservava la tazza di te che gli era stata offerta da uno  ragazzo tutto sorridente che si era seduto al suo fianco.
“Sai per cosa sta la sigla?” aveva domandato lui, era giovane, con un viso affilato, come se uno scultore avesse dimenticato di sbozzare gli angoli e dunque di dare armonia alla sua creazione; il suo nome era Jordan o Josh, non riusciva a ricordarlo con precisione.
“Pensavo fosse il nome di una dea” aveva commentato lei, ma non ne era troppo sicura. “Si, Cibele è una dea romana, è una delle molteplici forme che la Grande Madre Idea ha preso nel corso dei secoli” aveva ridacchiato, “Però ci abbiamo costruito sopra un acronimo: Centro Incontri per Bistrattati Esseri Leniti Eternamente” aveva spiegato.
“Sembra uno di quelli di Harry Potter, tipo il C.R.E.P.A.” aveva ipotizzato lei con una mezza risata, “Esatto, si, modestamente è opera mia” aveva risposto, “Qualche genio lo ha tradotto in greco antico come esercizio ed io lo ho letto, fantastico” aveva dichiarato il ragazzo.
“Comunque la morale è che noi siamo disposti ad aiutare chiunque senza eccezioni che venga qui a chiedere aiuto” aveva chiarito immediatamente, “Ma non chi passa dalla porta di servizio per insidiare i nostri bisognosi ospiti” aveva detto secco.
“Si, lui mi era sembrato molto insidioso” aveva riconosciuto Heather.
La Grande Madre Idea aveva fatto la sua comparsa, in un pesante pigiama di flanella acquamarina con ed il cipiglio un po’ offeso di Danielle Brown, la capo cabina della casa di Apollo quando Heather era arrivata al campo la prima volta, una sorella maggiore esemplare, amorevole, gentile, ma anche rigida e severa.
L’anno che era andata al college non era tornata per l’estate perchè era indietro per gli esami e poi non era mai più tornata ed Heather non ne aveva saputo molto altro.
“Sono stata brava” aveva detto la Grande Madre Idea, “Poche regole: chiunque può venire, invitato o meno, ma nessuno può introdursi” aveva detto infastidita, “E doveva essere uno davvero potente, un protogeno per avermela fatta sotto i baffi” si era lamentata poi, offesa mortalmente.
Josh-Jordan l’aveva guardata muovendo una mano, esortandola a parlare, “Si è presentato come il Sole Invitto” aveva detto.
Atalanta aveva afferrato lo stipite con la porta con così forza che il legno si era crepato, la sua mano si era tramutata in una dorata zampaccia felina.
“Impossibile” aveva stabilito la dea, oltraggiata, “Sono certa che il Sole Invitto sia stato messo sotto vuoto anni orsono da uno stregone egiziano, se fosse stato libero per il mondo lo avremmo sentito” aveva risposto lei cercando di mantenere la calma.
“Mi ha detto che è stato fatto prigioniero il suo potere in un cartiglio che ora si trova a Sciro” aveva risposto Heather onesta.
Atalanta si era avventata su di lei, “Cosa? Giura laida di non mentire?” l’aveva imbeccata, “Dico la verità, mi ha detto di spezzare il cartiglio” aveva risposto Heather togliendosela via di dosso, con le unghia feline le aveva segnato la pelle.
Jordan-Josh era balzato su dalla sedia rovesciando il tè sul tavolo, “Questo vuol dire che nella barriera c’è uno spiraglio o la maledizione sul cartiglio sarebbe già caduta” aveva sentenziato allegro.
“Si” aveva stabilito sicura di se la Grande Madre Idea, agli occhi di Heather il suo volto era mutato ancora,  sembrava una versione a metà tra la Tomb Rider di Angelina Jolie e … sua madre quando guardava fiera il suo nome pubblicato.
“Non ho capito” aveva esclamato secca Heather.
“Ecco, devi sapere che un grosso dell’esercito di Gea, non sta marciando verso di noi, ma verso il Palazzo di Sciro, nell’Antelope Valley” aveva spiegato didascalica Atalanta, “Al suo interno c’è una pietra molto, molto, particolare: roccia viva, una stella del cielo infernale, presa dritta dal manto di Erebo” aveva riportato, “Capace di sollevare un velo che cadente sul mondo ne cancella ogni incanto, la realtà nuda e cruda” aveva detto.
“Gaia la vuole” era stato il sottile commento di Heather.
Che finalmente avesse trovato la pericolosa arma di cui l’oracolo al campo gli aveva parlato, il motivo della sua missione?
“Si” aveva detto Grande Madre Idea, “E noi non lo vogliamo e non vogliamo neanche rimanga nelle mani degli sciri, gente infida” aveva stabilito secca.
“Neanche l’esercito di Gea per quel che ne sappiamo può varcare la barriera quando essa è su, ma per qualche ora, anche solo secondo, essa viene abbassata ciclicamente” aveva raccontato Jordan-Josh.
“Inoltre Gea è una dea primordiale, ben più di me, pari ad Erebo e ne conosce i segreti” aveva riportato la Grande Madre Idea.
“Ma se il Cartiglio è lì, integro, allora nel palazzo vi deve essere un luogo dove la barriera non esiste perennemente” aveva stabilito Atalanta affamata di gloria, “Troviamo il cartiglio troviamo l’ingresso” aveva sussurrato Heather con vigore, “Ma come?” aveva aggiunto poi, più preoccupata.
E poi aveva chinato il suo sguardo sul suo dorso, dove neanche un’ora prima il dio l’aveva baciata, non era rimasta alcuna prova del suo rossetto d’oro, ma … “Spegnete le luci” aveva ordinato, Atalanta stava per dirle su qualcosa, ma il suo compagno aveva fatto scattare la luce, scintillante in oro era comparso il segno del rossetto.
“Meglio delle tinture fluorescenti che vanno di moda” aveva provato a scherzare Jordan-Josh, ma la sua battuta era caduta nel vuoto cosmico, “Credo mi abbia marchiato” aveva mormorato Heather, la Grande Madre Idea aveva allungato una mano e l’aveva presa per studiare quelle singolari labbra, “Si, mia cara bambina, pare anche a me un marchio” aveva soppesato poi.
“Fantastico” aveva commentato a mezza-bocca Heather non trovando nulla di quella situazione tranquilla, la dea aveva lasciato la sua mano quasi scottata, prima di voltarsi verso tutti, “Fuori tutti” aveva stabilito poi, ma dallo sguardo che le aveva rivolto, Heather aveva sospettato l’ordine non fosse stato esteso anche a lei.

“Ascoltami bene, con questo marchio sei l’unica che può trovare il cartiglio, bambina” aveva detto cheta la Grande Madre Idea, sedendosi di fianco lei, con espressione materna e gentile, “Ma il cartiglio serve per trovare un modo per infiltrarsi non per essere spezzato” aveva mantenuto un tono calmo, ma c’era urgenza nella sua voce.
“Qualsiasi cosa il Sole Invitto ti abbia promesso: mente” aveva riportato, “Egli è un dio antico, uno dei più antichi, ricorrente in quasi ogni credo, insidioso in quasi ogni culto ed è una creatura estremamente egoista, famosa per consumare i suoi devoti e passare ai successivi” la sua voce era greve e pericolosa.
“Non toccherò il cartiglio, qualunque cosa sia” aveva bisbigliato Heather, “Sarai tentata” aveva detto la Grande Madre Idea, “Quello che porti sulla tua mano è una dolce tentazione, che dalla pelle, arriverà al tuo sangue, alla tua mente e al tuo cuore” aveva sussurrato la signora.
“Ma tu dovrai resistere” l’aveva avvertito ed Heather aveva annuito, non del tutto convinta, in quel momento non sentiva minimamente il bisogno di liberare nessun dio pericoloso, ma non aveva la stessa certezza che il marchio lasciato dal Sole Invitto avrebbe funzionato ancora.

“Adesso dobbiamo parlare di come penetrare la barriera” aveva precisato la dea, “Pensavo non ci fosse una barriera” aveva stabilito, “Si, infatti, non c’è una barriera dove c’è il cartillio, ma tutto in torno ci sarà” aveva  precisato, “Non conosco un modo per penetrarla, ti confesso, però tu porti con te due armi che potrebbero farlo” aveva aggiunto.
“Le frecce della pestilenza” aveva mormorato Heather, sentendo salire nuovamente su di lei, l’angoscia di quel potere che aveva sperimentato appena pochi giorni prima, “E la spada di ferro di stige del tuo amico, un’arma che non appartiene a questo mondo e che non rispetta le regole di questo mondo” aveva detto onesta.
“Se non fosse che gli Sciri pattugliano ogni loco nella barriera, ti avrei chiesto di provare a fenderla con la spada dall’esterno, al sicuro” aveva aggiunto.
“Ma dovrò farlo dall’interno” aveva percepito Heather, “Si, una fenditura piccola, abbastanza perché tu possa scivolare dentro e rimuovere la stella dal luogo in cui è stata sottoposta” aveva detto onesta, “Però dobbiamo essere veloci” aveva aggiunto, “Perché l’esercito di Gea sta arrivando” aveva terminato la frase Heather.
 
Jude dormiva divorato dai suoi incubi, il ragazzo maledetto, così lo avevano chiamato ed anche la dea lo aveva confermato.
Pallido come un cencio, lo spettro di se stesso, divorato da un male che non gli permetteva di guarire, chi sa cosa nel suo inconscio lo torturava così duramente, chi sa cosa era la maledizione che lo affligeva, aveva recuperato il portafoglio del ragazzo dal comodino ed aveva guardato ancora la foto che ritraeva lo sconosciuto, non c’era quasi null’altro di intimo lì dentro, un documento, una foto e qualche contante – a e dracme come se piovesse. Heather era certa di aver visto il ragazzo ritratto altrove ma non riusciva a ricordarsi dove, “Senti Jude, mi pare ovvio lui sia importante e se resti addormentato non credo potrai ritrovarlo” aveva provato osservando la vecchia foto rovinata, aveva grandi e spettrali occhi verdi cerchiati di profonde occhiaie.
“Jude, ti prego, devi svegliarti, ho bisogno di te” aveva pregato, posando la sua fronte a quella del ragazzo addormentato, ma come tutte le volte precedenti lui non aveva aperto i suoi occhi.
Così Heahter si era sollevata, raccogliendo dal muro dove era stata accatastata la pesante spada in ferro di stige, ed aveva messo a tracolla la bretella del fodero, tenendola così sulla schiena come uno zainetto, proprio accanto alle frecce.
“Ho una pessima sensazione Heat” la voce di Qbert era arrivata simile ad un belato, anche lui sembrava pronto per la guerra, “Non sei costretto a venire lo sai” aveva provato lei, “No, ma Grande Madre Idea ci ha recuperato dalla strada, poi non so” aveva confidato il satiro, “Chiunque sia nemico di Gea, mi sembra un potenziale mio amico” aveva stabilito, “Però allo stesso modo: tutto questo ambiente così pacifico e loro organizzano guerre contro gli Sciri e Gea?” aveva domandato il Satiro; la verità era che la guerra era una missione di recupero, non avevano voglia di inimicarsi gli Sciri, ma evitare che venissero sconfitti da Gea e saccheggiati del loro tesoro, molto importante.
Si, non sembrava bello, ugualmente.
“Se vuoi la pace prepara la guerra, no?” aveva domandato retorica Heather, “Laddove fanno il deserto,  lo chiamano pace[2], se vuoi parlare per frasi fatte ci sono, eh” aveva commentato Qbert; Heather lo aveva raggiunto, “Lascia perdere: penso che la stella di Erebo sia l’arma che cercavo” aveva confidato, ma Qbert non sembrava esattamente convinto, “Non so, per trovarla avevamo bisogno di Jude” aveva chiarito e “Tecnicamente Jude è … così” aveva aggiunto ammiccando al ragazzo in coma nel suo letto.
“Be, un passo alla volta” aveva proposto lei, ricordava che Rachel aveva parlato di marce praterie e Jude era impregnato di morte e di fiori, ma per un secondo bruciante pensò che la profezia di Rachele  quella di Cassandra potessero trovare un appiglio in comune: la discesa nell’Ade.
“Se non dovessi sopravvivere, Heath, voglio dirti che è stato un onore essere il tuo satiro guida” aveva detto quello toccandosi con una mano il petto orgoglioso, Heather avrebbe voluto rassicurarlo con delle parole sagaci, ma invece si era sporta per abbracciarlo, “Per me lo è stato essere tua amica, invece” aveva sussurrato, “Ma non preoccuparti ne usciremo indenni, forse con qualche ossa-rotto” aveva scherzato cheta.
 
 
“Ennoia ti porta a volo, sei pronta?” aveva domandato l’arpia tutta contenta, leccandosi le labbra crepate con la lingua, ancora sporche delle briciole della colazione, “Non molto” aveva risposto Heather, mentre non vedeva davanti a se altro che mero nulla, alle sue spalle, non lontano era tutto il C.I.B.E.L.E. ad attenderla, solo Ippomene era venuto con loro, un fiero leone massiccio dal manto cacao e la criniera nera lucente, lei aveva allungato una mano ed aveva accarezzato tra le orecchie, aveva un pelo più ispido di quanto avesse immaginato.
Il leone aveva emesso un verso, non sembrava un ruggito, somigliava più ad un miagolio, forse era una sorta di incoraggiamento, Heather aveva annuito.
Atalanta prima quella mattina era stata chiara, se lei non avesse tolto la pietra dal meccanismo che apriva la barriera non avrebbe potuto intervenire, di positivo non avrebbe dovuto affrontare l’esercito di Gaia, di negativo probabilmente quello degli Sciri si, o forse peggio ancora sarebbe rimasta prigioniera di un solo punto per l’eternità, in compagnia del latente potere di un dio instabile.
Fantastico.
Come avrebbe voluto che almeno le comunicazioni funzionassero, così avrebbe potuto chiamare Darren.
“Andiamo Ennoia” aveva detto poi guardato l’arpia,”Inoltre se non ricordo male le tre invasate sul taxi hanno detto che la figlia di Nyx è a Sciro” aveva stabilito guardando l’arpia, non se lo ricordava con certezza ma così le era parso; la creatura aveva annuito immediatamente, sollevandosi in volo ed arpionando con le sue zampe da rapace le braccia di Heather e poi s’era alzata in volo con le sue grosse ali scure, verso la direzione che la figlia di Apollo strillava, guidata dal bacio dorato del Sole Invitto.
Provava un dolore bruciante alle braccia, che doveva tenere alzate ed aperte e temette le si sarebbero disarticolate anche le spalle, ma ogni volo nella direzione, poteva sentire la sua mano bruciare più forte.
“Le la sente!” aveva trillato Ennoia, “Il cartiglio?” aveva urlato Heather mentre il vento le schiaffeggiava il viso brutale, “La figlia della Notte, Ennoia sente il suo odore” aveva strillato l’arpia, certo l’amica di Jude, o almeno la conoscente, non aveva indagato molto.
“Bene, Ennoia, allora due piccioni con una fava” aveva strillato Heather, sentendo un’improvvisa euforia scorrerle dentro, probabilmente era vicina al cartiglio,
Poi lo aveva visto sotto di se, zenitale, una statua, in una piscina, nel bel mezzo del nulla, assoluto, quasi sospesa in cielo.
“Credo che questo sia il posto!” aveva esclamato allegra e neanche finite quelle parole Ennoia l’aveva fatta cadere giù di violenza nel cerchio, si sarebbe probabilmente sfracellata, se l’arpia non avesse compreso le sue azioni e si fosse guardata dal riprenderla a volo per farle toccare il piedistallo della statua in sicurezza.
Era una rappresentazione di Achille Pie Veloce e tra i suoi piedi c’era una lastra di pietra larga quanto un braccio, non troppo alta ed incredibilmente sottile, su cui erano incisi dei geroglifi, il Cartiglio! Ma era stato un pensiero fugace, perché la scena di fronte a lei si era mostrata limpida, nonostante davanti a lei dall’altro sembrava deserto, ma ora vedeva con splendore la corte a peristilio di un palazzo rale.

Una ragazza lì guardava, una nuvola di riccissimi capelli neri, sporca di sangue, senza la maglietta, con la pelle d’ebano e gli occhi così scuri sa sembrare buchi neri.
“Finalmente Ennoia ti ha trovata” aveva ghignato l’arpia, dritta vero la ragazza, era lei la figlia della notte, “Me?” aveva bisbigliato quella confusa.
Heather non ci aveva poi dato molto peso, “Non so come la prenderete ma dobbiamo andarcene. Una parte dell’esercito di Gaia vuole prendere questa roccaforte!” aveva detto con sicurezza e la stella di Erebo, aveva pensato.
“Siamo prigionieri dentro” aveva risposto l’altra ragazza, tastandole davanti il muro invisibile, Heather aveva preso un respiro, era solo questione di una breccia una piccolissima,
“Il C.I.B.E.L.E. arriverà!” aveva strillato, prendendo la lama di Jude e prendendo a fendenti il muro invisibile, come aveva detto la Grande Madre Idea una piccola crepa traslucida si era aperta nell’aria!
“E tu chi, per l’Ade, saresti?” aveva strillato un uomo che Heather non aveva notato, era un tipo poco raccomandabile, un boy builder biondo ruggente e bruciante, come una belva, aveva recuperato una spada da terra, mentre tutta la corte veniva invasa da guardie.
“Oh!” si era lasciato sfuggire lei, “Io sono Heather Shine!” si era presentata, tirando un'altra falciata alla barriera, creando un minuscolo varco.
“Il cartiglio!” aveva strillato la figlia della notte, “La stella!” aveva risposto di rimando lei, la fessura non era che un piccolo varco ampio qualche centimetro, non abbastanza per che lei potesse usarlo, ma abbastanza perché potesse far scivolare la punta della spada,  verso la ragazza, la figlia della notte aveva toccato la punta della spada di stige.
“Io sento il suo potere” aveva stabilito con voce onesta e meravigliata, l’attimo dopo un nemico aveva provato a passarla con la spada, ma l’arma aveva tagliato in due l’ombra della ragazza che scomparsa in un fumo nero si era ritrovata davanti a quello che sembrava un timone parallelo al pavimento, da esso veniva una luce violacea intensa.
“Questa?” aveva strillato, ottenendo la risposta positiva di Heather, che aveva forzato la spada ancora un po’ per infilarsi nella fenditura, cadendo l’attimo dopo nella piscia nella villa, dove l’acqua le arrivava oltre l’ombelico, aveva affondato immediatamente la lama nel fianco d’un uomo, mentre Ennoia al suo fianco aveva graffiato la faccia di un guerriero.
L’uomo burbero armato di spada si era lanciato contro la figlia della notte ma lei aveva evitato la fenditura con un movimento lesto, “Credo di aver bisogno della tua arma” aveva strillato verso la ragazza verso di lei,  per un secondo Heather guardo le sue spalle dove era il cartiglio del Sole Invitto, poi si era tuffata di faccia nella piscina intrisa di rosso, per raccogliere una spada caduta ad un guerriero, poi zuppa aveva tirato la spada verso Ennoia che a volo l’aveva presa e lanciata verso la figlia di Nyx lei l’aveva presa per un miracolo ed era fuggita alla lama del guerriero scomparendo nelle tenebre, quella che era disperata adesso era Heather che aveva solo una spada mediocre e niente di superpotente a cui potersi appellare, almeno così aveva sentito fino a che non aveva trovato il suo corpo rinvigorirsi ed il mondo farsi improvvisamente a colore.
“Heather Shine” aveva sentito urlare e si era voltata, il tempo di vedere la figlia della Notte dall’altro lato della piscina, in una mano la spada nera di stige, così scura da sembrare un buco nero, dall’altro teneva invece una pietra di un luminoso nero-viola.
La barriera era rotta.
Heather aveva efferato i raggi del sole come se fossero stati fili di luce reale e gli aveva puntati contro i suoi nemici, “Ennoia avverti Ippomene!” aveva strillato lei.
Un suo nemico aveva provato a colpirlo, Heather aveva potuto vedere l’attimo in cui la spada avrebbe fenduto le sue carni, ma aveva sentito un tocco sulla sua spalla, l’attimo dopo era stato come se un vortice brutale la risucchiasse, tutte le sue ossa avevano sfrigolato e l’attimo dopo si era ritrovata zuppa, con le ginocchia su un pavimento lercio a vomitare.
“Ho raggiunto il Cartiglio ma come aveva detto l’uomo vestito di bianco è stato il sole a raggiungermi!” aveva detto la figlia di Nyx a qualcuno, Heather con ancora il sapore di bile in bocca si era sollevata per osservare che erano nel corridoio di una prigione.
Heather era impallidita nel sentire quella frase, nel cartiglio c’era il sole! Quale dio vestito di bianco? Aveva guardato il suo dorso ma mancava il rossetto brillante.
“La gabbia è rotta, amici miei” aveva esclamato subito, “Heather Shine, loro sono Xander e Trevor!” aveva detto ammiccando a due prigionieri, un ragazzo bassino dall’incarnato caffèlatte ed un biondo slavato che sanguinava da una spalla.
“Posso aiutarti” aveva detto guardato lui, mentre la figlia della notte le allungava una mano per aiutarsi a rimettersi in piedi, aveva posato la spada di Jude per terra, ma non aveva lasciato la pietra, “Scusa i viaggi ombra fanno sempre una gran nausea la prima volta” aveva cinguettato, “Comunque io sono Bernie LaFayette” si era presentata la figlia della notte, “E devo ritrovare i miei amici” aveva stabilito.

 


[1] Citazione piuttosto nota dello scritto latino Vegezio (Si vis pacem, bara bellum), questa frase è stata utilizzata ed interpretata con i più variegati significati, nessuno dei quali si sposa bene con quello inteso in questa ff (ma facciamo finta di nulla).

[2][2]  E’ una citazione tratta dall’Agricola di Tacito (Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant)

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: RLandH