Eccomi
tornata! Spero che sia rimasto ancora qualcuno a seguire questa
storia:
Prima della lettura una serie di informazioni necessarie:
- Con la questione Sciro/Sciri mi ero presa delle belle
libertà, diciamo che
anche con il Sole Invitto lo ho fatto (parleremo meglio di questa
figura più
avanti, ma sappiate che ho un po’ calcato la mano, accorpando
due dei
assolutamente uguali di due mitologie che da spartire avevano poco).
- Tecnicamente ho trovato solo in un caso la denominazione Grande Madre
Idea
rispetto la semplice Grande Madre, però mi piaceva di
più, sappiate che è una
dea primordiale che trova la sua origine fin
dall’età della pietra e che poi è
stata reinterpretata anche in mitologie più moderne (per i
romani è Cibile, per
esempio).
-Atalanta e Ippomene sono due personaggi della mitologia di cui non ho
spiegato
il mito, in quanto non mi serviva, forse più avanti lo
farò, per ora il
necessario lo ho detto.
-Questo capitolo ed i prossimi saranno focalizzati sullo stesso punto,
cambieranno i narratori, ma per la prima volta abbiamo una storia
consequenziale senza salti a destra e a manca, mi spiace doverlo fare,
ma era
necessario fare un punto in questa questione.
- Questo capitolo riprende eventi già narrati nel capitolo
19 e 21.
Buona Lettura!
Il
crepuscolo degli Idoli
Il
sole, la stella e la Dea che gestisce un circolo incontri
Heather
IV
Tolse delicatamente con un coltello il bordo più duro del
pancarré, come faceva
sempre sua madre, occupandosi poi di spalmare il burro da un lato della
fetta,
poi aveva tolto la crosta anche dall’altro ma invece di
cospargerla di burro,
aveva preferito rovesciarci dalla marmellata di fragole, con
tranquillità,
aveva unito le due fette e poi con un taglio netto aveva segato in
obliquo il
panino.
Esattamente come quelli che faceva sua madre, non era mai stata una
gran
cuoca Adele Shine, neanche una persona molto materna,
preferiva di gran
lunga starsene in ufficio a scrivere i suoi articoli, era partita da
una
rivista di moda che somigliava alla brutta copia di Vouge ed era finita
in
un’importante giornale sulla finanza, dove poteva essere
contenta.
Non era stata una cattiva madre, questo Heather non lo avrebbe mai
pensato.
Solo che riusciva a malapena a figurarsi sua madre con il tacco dodici
della
decolté ed il tailleur rosa antico, lasciarsi travolgere
dalla passione con un
dio greco vicino una pianta di erica.
Aveva preso la klyx che era sul tavolo, era da vino ma per Heather
sarebbe
andata bene lo stesso e ci aveva rovesciato dentro la diavolina a cui
aveva
dato fuoco con un fiammifero.
“Padre, ti prego accetta questa mia offerta” aveva
sussurrato prima di lanciare
uno dei due triangoli di panino tra le fiamme, per un secondo il fuoco
si era
fatto blu e il cibo era stato interamente consumato, “Ho
davvero bisogno di te”
aveva aggiunto, lanciando l’altra fetta, era avvenuto come
prima, solo che il
fuoco si era spento.
“Grazie, padre, sempre sul pezzo” aveva concordato
con un leggero fastidio.
“Non è colpa sua” aveva sentito una voce
alle sue spalle, “Anzi forse lo è
questo è il punto” aveva aggiunto il ragazzo con
tranquillità, abbandonando
l’uscio per girarle attorno predatore, “Ma sono
sicuro che se potesse
risponderti lo farebbe” aveva cercato di venirle incontro,
gentile.
“Apollo? Mio padre?” aveva domandato retorica lei,
guardando la cenere nella
kylyx con biasimo.
Lui le aveva sorriso ferino, era un bel ragazzo dal naso appuntito,
l’incarnato
olivastro ed una chioma leonina di un profondo colore scuro, come
carbone.
“Tranquilla tutti gli dei sono uguali da questo punto di
vista” aveva detto
sedendosi alla sedia accanto alla sua, “Tranne la Grande
Madre Idea. Lei è
diversa” aveva raccontato con un sorriso dolce.
In quel momento erano da lei, nella casa della Grande Madre, che gli
aveva
offerto asilo e riparo, non esattamente, in vero Heather si era
risvegliata lì,
un attimo prima era lungo uno brutta strada di campagna ad affrontarsi
contro
una dea minore di nome Matelda, l’attimo dopo rinveniva in un
morbido letto a
due piazze con le lenzuola di lino ed il baldacchino.
A quanto pareva dopo aver scoccato una delle frecce della pestilenza di
suo
padre aveva perso conoscenza, il ruggito che aveva sentito
mentre sveniva
era stato proprio quello del giovane vicino a lei, Ippomene e della sua
compagna Atalanta, due guerrieri in grado di divenire leoni che
trascinavano il
carro della Dea Cibele.
Assurdo.
“Hai mangiato qualcosa?” aveva chiesto Ippomene,
“Panini burro e marmellata”
aveva chiarito lei, “Americani” era stato
l’unico commento dell’antichissimo
guerriero greco, “Mangia meglio, ci aspetta una
battaglia” aveva commentato
tutto contento.
“Ti ho portato una lattina di Doctor Pepper” aveva
detto Heather allungandola
verso Qbert, il suo amico caprino aveva annuito, raccogliendola con le
dita,
mentre con gli occhi gialli non schiodava minimamente gli occhi da Jude
Mortimar, ancora steso sul letto dove la guerriera Atalanata lo aveva
fatto
accomodare.
“Ancora nessun cenno?” aveva domandato lei con
leggera apprensione.
Jude era figlio di una qualche divinità legata alla natura,
alla terra, come
Matelda, e per questo motivo stava risentendo molto più di
lei della freccia
della pestilenza, erano ormai giorni che dormiva.
Non aveva ferite fuori, ma secondo la Grande Madre Idea era il suo
inconscio ad
essere stato scombussolato.
Heather si sentiva mortalmente in colpa, aveva scoccato la freccia
perché non
aveva trovato alcun altro modo per uscire da quella situazione, ma se
avesse
saputo del danno che avrebbe arrecato a Jude ne avrebbe trovato un
altro.
Una ninfa dal sorriso caramelloso si era affacciata nella loro stanza
ed aveva
chiamato cortesemente Qbert, il satiro aveva annuito defilandosi.
La Casa della Grande Madre Idea era come un ospedale, anzi no,
più come un
centro di recupero, ma non come quello degli alcolisti anonimi, un
po’ come un
ritrovo per senza-tetto, per gente che non aveva più un
luogo, che era turbata
da tantissime cose, con spa e corsi di yoga inclusi.
“Giuro Jude mi dispiace tantissimo” aveva
sussurrato allungando una mano verso
di lui e toccandola la sua pelle, fredda come quella di un morto,
immobile.
Non sembrava neanche che i suoi sogni fossero beati, il suo viso era
contratto,
come in una profonda agonia.
“Non
è colpa tua bambina” aveva sussurrato la Grande
Madre Idea, mentre si
affacciava da dietro il baldacchino, “Non l’avevo
vista” aveva cinguettato
Heather, “Non ero qui” era stata la risposta
pratica della donna, era così
strana da guardare, perché non pareva mai uguale, un
secondo, la prima volta
che l’aveva veduta aveva pensato fosse sua madre, con lo
stesso vestito rosa
antico ed i capelli ruggine raccolti in una treccia
all’olandese, severa, poi
era stata un po’ come la logopedista che aveva frequentato
durante le
elementari per la dislessia.
Una miriade di donne che erano state figure dolci e gentili, nella sua
vita,
che si sovrapponevano in un continuo puzzle in movimento, da dare quasi
fastidio alla testa.
La Grande Madre Idea una delle più antiche
divinità esistenti ed allo stesso
modo pareva così intangibile.
“Come volevo dirti non è colpa tua, hai solo
aperto una ferita che era lì a
sanguinare da un po’, devi lasciare che lui guarisca da
solo” aveva cercato di
dire, con un tono di voce materno.
Heather era rimasto seduta accanto a quel letto, sentendo nella tasca
dei suoi
pantaloncini l’immortale pianta d’erica, era stato
solo grazie all’aiuto di
Jude se era riuscito a mutarla fino ad assumere la forma di un arco,
neanche
Darren figlio di Demetra che aveva tenuto quel ramo tra le sue mani per
tempo
era mai riuscito a scrutarne il segreto.
Forse era destino che lei e Jude si incontrassero, di nuovo.
“Le tre grigie lo hanno chiamato ragazzo maledetto”
aveva sussurrato solamente
lei cupa, “Lo è, purtroppo” aveva
commentato la dea, “Povero tesoro, una
maledizione crudele che solo un dio molto spietato poteva scegliere di
lanciare
contro un’anima così innocente” aveva
aggiunto, toccata.
Heather si era ritrovata a concordare, aveva passato relativamente poco
tempo
con Jude, però si lo aveva capito che era buono dentro, dal
modo che aveva di
relazionarsi con Ennoia e con Qbert, l’empatia e la dolcezza
delle sue azioni,
anche dannatamente riservato.
“Questo spiega perché uno come lui era filo-crono,
almeno” aveva constato,
guardando il viso sofferente del suo amico, lì sul
sopracciglio un piccolo
taglio lo segava storto, era stata opera sua, durante la battaglia di
Manhattan.
Conscia di quel pensiero si era voltata spaventata verso la dea, Jude
era un
ramingo!
“Tranquilla bambina, il C.I.B.E.L.E. è un luogo
dove rifugiarsi per tutte le
anime perse che ne hanno bisogno, mortali, immortali che
siano” aveva detto
cheta la dea, “Noi non giudichiamo nessuno, in particolar
modo un giovane
ragazzino di quindici anni così sfortunato” aveva
commentato.
“Dovrebbero esserci più dee come lei, grande madre
idea” aveva sussurrato
Heather, tra se e se, pensando all’offerta che quella mattina
aveva fatto a suo
padre.
“Ricordatevi che qui potete rimanere tutto il tempo che
desiderate, ti ho già
parlato di Michael lo chef? Davvero bravo! Ci sono corsi di yoga,
cross-fit ed
anche capoeira” aveva ripreso a parlare la donna,
“Si, mi pare siano dopo le
orge del venerdì” aveva scherzato Heather,
arrossendo sulle gote, “Ecco, il
problema di voi giovincelli e che negli ultimi secoli siete diventati
così
pudichi, il nudo è espressione e l’amore
è completamento – è pace!”
aveva
stabilito, “Ma da mille anni a questa parte è
tutto un no, scandalo, sporco,
no, no” aveva commentato la dea.
Heather aveva pensato che non avesse tutti i torti, poi aveva pensato
alle
malattie veneree e quant’altro ed aveva deciso che forse il
giusto poteva
trovarsi nel mezzo.
Era comunque arrossita ferocemente, pensando a Darren ed i baci furenti
che si
erano scambiati e … poco altro.
“Lei
è una dea così buona, ma sta preparando una
battaglia” aveva riportato
poi Heather, “In vero è desiderio di Atalanta,
inoltre …” aveva risposto la
dea, prendendo un momento di silenzio, aveva il viso abbattuto di Adele
Shine
in quel momento, “È così recriminante
combattere per proteggere ciò che si
ama?” aveva domandato.
Gea stava arrivando per il C.I.B.E.L.E.; questo Heather lo aveva
capito, ma tra
loro ed un ingente massa dell’esercito della Madre Terra
c’era qualcosa in
mezzo ed era probabile che la battaglia si sarebbe svolta lì.
Heather non era stata costretta a partecipare ma aveva comunque
accettato per
ripagare dell’ospitalità che era stata lei fornita.
“I romani lo dicevano sempre: se vuoi la pace, preparare la
guerra[1]”
aveva commentato la dea alla fine.
Si
era svegliata nel cuore della notte, non perché sogni
avessero inquietato
i suoi pensieri, anzi no, era stata una notte fosca e buia come poche,
ma
perché aveva sentito una mano sulla sua spalla.
“Ennoia” era stato il primo pensiero, ma aveva
potuto sentire il respiro ferace
dell’amazzone appollaiata nel suo nido di lenzuola e gambe di
sedie che si era
costruita.
“No, non ti agitare Heather” la voce che
l’aveva chiamata era maschile e
suadente, ci aveva messo un secondo per metterlo a fuoco, un ragazzo di
circa
la sua età con il viso da putto ed i riccioli biondi che
scivolavano sulle
guance e le labbra tinte d’oro.
“Tu chi sei?” aveva domandato spaventata,
allungando la mano, non aveva vicino
a se niente se non le frecce, “Io sono il Sole
Invitto” aveva chiarito quello,
“Tuo padre non ha potuto risponderti ma io si”
aveva mormorato, gentile,
paterno.
“Come?” aveva domandato Heather spaventata, mentre
si tirava indietro, “Be, in
una parte di c’è una scintilla di sole quindi in
un certo senso, sei anche un
po’ figlia mia” aveva detto calmo il Sole Invitto,
toccandosi lo sterno, Heather
aveva realizzato indossasse una camicia con i volant di seta rossa
semitrasparente, strano.
“Grazie, signor Sole Invitto, ma ho già un padre
divino piuttosto sui generis
non credo potrei resistere a due” aveva detto secca lei.
Ma il dio non era parso molto turbato, passandosi una mano sui riccioli
da
putto, “Ma io ci sarei, Heather Shine” aveva detto
calmo, “Io sono il Sole, io
sono eterno, ed ho sempre favorito chi mi ha seguito” aveva
aggiunto poi,
prendendole una mano, la sua pelle era calda, incandescente come un
fuoco, ma
non bruciava.
Era quasi ipnotico.
“Quando andrai al palazzo di Sciro” aveva ripreso
suadente la voce, “Lì,
nell’unico posto dove la magia può ancora
funzionare” aveva comunicato il dio,
ma Heather era distratta da quelle informazioni, non del tutto chiara
di cosa
l’uomo stesse farneticando, “Lì ecco:
c’è un cartiglio, con il nome di Aton”
aveva detto calmo, “Un discendente di Amon-Ra ci ha confinato
il mio potere, ma
tu, splendida figlia del sole, puoi liberarlo” aveva
sussurrato, con un occhio
di un colore caldo come l’oro liquido, aveva occhieggiato le
due frecce
rimaste.
“Libera il mio potere e non avrai eguali” aveva
sussurrato, “Ti proteggerò in
battaglia da ogni male, anche dal tuo tristo fato”
aveva detto,
baciandola con le labbra tinte d’oro brillante il dorso della
mano e lì come un
marchio infuocato era rimasto l’impronta di quel bacio.
Ma quando Heather aveva sbattuto gli occhi il Sole Invitto non era
più lì.
“Ma
cos-” era riuscita solamente a sussurrare, “Ennoia!
Ennoia!” aveva
strillato con vigore svegliando l’arpia, che era saltata in
piedi spiegando le
ali corvine, “Un dio! Lei ne sente
l’odore” aveva gracchiato con bruciante
vigore la creatura.
Aveva svegliato interamente tutto il suo piano, che presto si era
riversato
all’interno della propria stanza, tutti pallidi visi nella
notte.
“Cos’è questo baccano?” aveva
ringhiato la prode Atalanta, alta e flessuosa,
“Qui al C.I.B.E.L.E. abbiamo una politica molto restrittiva
per i baccani
notturni” aveva detto rigida.
“Sono accettati solo baccanali di Dionisio e castrazioni
notturne” aveva
ridacchiato un ragazzino alle sue spalle.
“C’era un dio qui, lei può
sentirlo” aveva detto Ennoia, mentre Heather faceva
staccare la luce della stanza per illuminare l’ambiente, alla
luce delle
lampade la pelle sul suo dorso era di un bianco spettrale, nessun
rossetto
dorato.
Atalanta con i suoi vaporosi capelli biondi aveva sniffato
l’aria interessata,
“Lo sento anche io, uno molto antico” aveva
stabilito secca, “Antichissimo!
Dove chiamare la Grande Madre Idea ” lo aveva detto subito,
bruciante e forse
anche timorosa.
“Sono perplessa, credevo il C.I.B.E.L.E. accogliesse
tutti” aveva stabilito
Heather, mentre osservava la tazza di te che gli era stata offerta da
uno
ragazzo tutto sorridente che si era seduto al suo fianco.
“Sai per cosa sta la sigla?” aveva domandato lui,
era giovane, con un viso
affilato, come se uno scultore avesse dimenticato di sbozzare gli
angoli e
dunque di dare armonia alla sua creazione; il suo nome era Jordan o
Josh, non
riusciva a ricordarlo con precisione.
“Pensavo fosse il nome di una dea” aveva commentato
lei, ma non ne era troppo
sicura. “Si, Cibele è una dea romana, è
una delle molteplici forme che la
Grande Madre Idea ha preso nel corso dei secoli” aveva
ridacchiato, “Però ci
abbiamo costruito sopra un acronimo: Centro Incontri per Bistrattati
Esseri
Leniti Eternamente” aveva spiegato.
“Sembra uno di quelli di Harry Potter, tipo il
C.R.E.P.A.” aveva ipotizzato lei
con una mezza risata, “Esatto, si, modestamente è
opera mia” aveva risposto,
“Qualche genio lo ha tradotto in greco antico come esercizio
ed io lo ho letto,
fantastico” aveva dichiarato il ragazzo.
“Comunque la morale è che noi siamo disposti ad
aiutare chiunque senza
eccezioni che venga qui a chiedere aiuto” aveva chiarito
immediatamente, “Ma
non chi passa dalla porta di servizio per insidiare i nostri bisognosi
ospiti”
aveva detto secco.
“Si, lui mi era sembrato molto insidioso” aveva
riconosciuto Heather.
La Grande Madre Idea aveva fatto la sua comparsa, in un pesante pigiama
di
flanella acquamarina con ed il cipiglio un po’ offeso di
Danielle Brown, la
capo cabina della casa di Apollo quando Heather era arrivata al campo
la prima
volta, una sorella maggiore esemplare, amorevole, gentile, ma anche
rigida e
severa.
L’anno che era andata al college non era tornata per
l’estate perchè era
indietro per gli esami e poi non era mai più tornata ed
Heather non ne aveva
saputo molto altro.
“Sono stata brava” aveva detto la Grande Madre
Idea, “Poche regole: chiunque
può venire, invitato o meno, ma nessuno può
introdursi” aveva detto
infastidita, “E doveva essere uno davvero potente, un
protogeno per avermela
fatta sotto i baffi” si era lamentata poi, offesa mortalmente.
Josh-Jordan l’aveva guardata muovendo una mano, esortandola a
parlare, “Si è
presentato come il Sole Invitto” aveva detto.
Atalanta aveva afferrato lo stipite con la porta con così
forza che il legno si
era crepato, la sua mano si era tramutata in una dorata zampaccia
felina.
“Impossibile” aveva stabilito la dea, oltraggiata,
“Sono certa che il Sole
Invitto sia stato messo sotto vuoto anni orsono da uno stregone
egiziano, se
fosse stato libero per il mondo lo avremmo sentito” aveva
risposto lei cercando
di mantenere la calma.
“Mi ha detto che è stato fatto prigioniero il suo
potere in un cartiglio che
ora si trova a Sciro” aveva risposto Heather onesta.
Atalanta si era avventata su di lei, “Cosa? Giura laida di
non mentire?”
l’aveva imbeccata, “Dico la verità, mi
ha detto di spezzare il cartiglio” aveva
risposto Heather togliendosela via di dosso, con le unghia feline le
aveva
segnato la pelle.
Jordan-Josh era balzato su dalla sedia rovesciando il tè sul
tavolo, “Questo
vuol dire che nella barriera c’è uno spiraglio o
la maledizione sul cartiglio sarebbe
già caduta” aveva sentenziato allegro.
“Si” aveva stabilito sicura di se la Grande Madre
Idea, agli occhi di Heather
il suo volto era mutato ancora, sembrava una versione a
metà tra la Tomb
Rider di Angelina Jolie e … sua madre quando guardava fiera
il suo nome
pubblicato.
“Non ho capito” aveva esclamato secca Heather.
“Ecco, devi sapere che un grosso dell’esercito di
Gea, non sta marciando verso
di noi, ma verso il Palazzo di Sciro, nell’Antelope
Valley” aveva spiegato
didascalica Atalanta, “Al suo interno
c’è una pietra molto, molto, particolare:
roccia viva, una stella del cielo infernale, presa dritta dal manto di
Erebo”
aveva riportato, “Capace di sollevare un velo che cadente sul
mondo ne cancella
ogni incanto, la realtà nuda e cruda” aveva detto.
“Gaia la vuole” era stato il sottile commento di
Heather.
Che finalmente avesse trovato la pericolosa arma di cui
l’oracolo al campo gli
aveva parlato, il motivo della sua missione?
“Si” aveva detto Grande Madre Idea, “E
noi non lo vogliamo e non vogliamo
neanche rimanga nelle mani degli sciri, gente infida” aveva
stabilito secca.
“Neanche l’esercito di Gea per quel che ne sappiamo
può varcare la barriera
quando essa è su, ma per qualche ora, anche solo secondo,
essa viene abbassata
ciclicamente” aveva raccontato Jordan-Josh.
“Inoltre Gea è una dea primordiale, ben
più di me, pari ad Erebo e ne conosce i
segreti” aveva riportato la Grande Madre Idea.
“Ma se il Cartiglio è lì, integro,
allora nel palazzo vi deve essere un luogo
dove la barriera non esiste perennemente” aveva stabilito
Atalanta affamata di
gloria, “Troviamo il cartiglio troviamo
l’ingresso” aveva sussurrato Heather
con vigore, “Ma come?” aveva aggiunto poi,
più preoccupata.
E poi aveva chinato il suo sguardo sul suo dorso, dove neanche
un’ora prima il
dio l’aveva baciata, non era rimasta alcuna prova del suo
rossetto d’oro, ma …
“Spegnete le luci” aveva ordinato, Atalanta stava
per dirle su qualcosa, ma il
suo compagno aveva fatto scattare la luce, scintillante in oro era
comparso il
segno del rossetto.
“Meglio delle tinture fluorescenti che vanno di
moda” aveva provato a scherzare
Jordan-Josh, ma la sua battuta era caduta nel vuoto cosmico,
“Credo mi abbia
marchiato” aveva mormorato Heather, la Grande Madre Idea
aveva allungato una
mano e l’aveva presa per studiare quelle singolari labbra,
“Si, mia cara
bambina, pare anche a me un marchio” aveva soppesato poi.
“Fantastico” aveva commentato a mezza-bocca Heather
non trovando nulla di
quella situazione tranquilla, la dea aveva lasciato la sua mano quasi
scottata,
prima di voltarsi verso tutti, “Fuori tutti” aveva
stabilito poi, ma dallo
sguardo che le aveva rivolto, Heather aveva sospettato
l’ordine non fosse stato
esteso anche a lei.
“Ascoltami
bene, con questo marchio sei l’unica che può
trovare il
cartiglio, bambina” aveva detto cheta la Grande Madre Idea,
sedendosi di fianco
lei, con espressione materna e gentile, “Ma il cartiglio
serve per trovare un
modo per infiltrarsi non per essere spezzato” aveva mantenuto
un tono calmo, ma
c’era urgenza nella sua voce.
“Qualsiasi cosa il Sole Invitto ti abbia promesso:
mente” aveva riportato,
“Egli è un dio antico, uno dei più
antichi, ricorrente in quasi ogni credo,
insidioso in quasi ogni culto ed è una creatura estremamente
egoista, famosa
per consumare i suoi devoti e passare ai successivi” la sua
voce era greve e
pericolosa.
“Non toccherò il cartiglio, qualunque cosa
sia” aveva bisbigliato Heather,
“Sarai tentata” aveva detto la Grande Madre Idea,
“Quello che porti sulla tua
mano è una dolce tentazione, che dalla pelle,
arriverà al tuo sangue, alla tua
mente e al tuo cuore” aveva sussurrato la signora.
“Ma tu dovrai resistere” l’aveva
avvertito ed Heather aveva annuito, non del
tutto convinta, in quel momento non sentiva minimamente il bisogno di
liberare
nessun dio pericoloso, ma non aveva la stessa certezza che il marchio
lasciato
dal Sole Invitto avrebbe funzionato ancora.
“Adesso
dobbiamo parlare di come penetrare la barriera” aveva
precisato la
dea, “Pensavo non ci fosse una barriera” aveva
stabilito, “Si, infatti, non c’è
una barriera dove c’è il cartillio, ma tutto in
torno ci sarà” aveva
precisato, “Non conosco un modo per penetrarla, ti confesso,
però tu porti con
te due armi che potrebbero farlo” aveva aggiunto.
“Le frecce della pestilenza” aveva mormorato
Heather, sentendo salire
nuovamente su di lei, l’angoscia di quel potere che aveva
sperimentato appena
pochi giorni prima, “E la spada di ferro di stige del tuo
amico, un’arma che
non appartiene a questo mondo e che non rispetta le regole di questo
mondo”
aveva detto onesta.
“Se non fosse che gli Sciri pattugliano ogni loco nella
barriera, ti avrei
chiesto di provare a fenderla con la spada dall’esterno, al
sicuro” aveva
aggiunto.
“Ma dovrò farlo dall’interno”
aveva percepito Heather, “Si, una fenditura
piccola, abbastanza perché tu possa scivolare dentro e
rimuovere la stella dal
luogo in cui è stata sottoposta” aveva detto
onesta, “Però dobbiamo essere
veloci” aveva aggiunto, “Perché
l’esercito di Gea sta arrivando” aveva
terminato la frase Heather.
Jude dormiva divorato dai suoi incubi, il ragazzo maledetto,
così lo avevano
chiamato ed anche la dea lo aveva confermato.
Pallido come un cencio, lo spettro di se stesso, divorato da un male
che non
gli permetteva di guarire, chi sa cosa nel suo inconscio lo torturava
così
duramente, chi sa cosa era la maledizione che lo affligeva, aveva
recuperato il
portafoglio del ragazzo dal comodino ed aveva guardato ancora la foto
che
ritraeva lo sconosciuto, non c’era quasi null’altro
di intimo lì dentro, un
documento, una foto e qualche contante – a e dracme come se
piovesse. Heather
era certa di aver visto il ragazzo ritratto altrove ma non riusciva a
ricordarsi dove, “Senti Jude, mi pare ovvio lui sia
importante e se resti
addormentato non credo potrai ritrovarlo” aveva provato
osservando la vecchia
foto rovinata, aveva grandi e spettrali occhi verdi cerchiati di
profonde
occhiaie.
“Jude, ti prego, devi svegliarti, ho bisogno di te”
aveva pregato, posando la
sua fronte a quella del ragazzo addormentato, ma come tutte le volte
precedenti
lui non aveva aperto i suoi occhi.
Così Heahter si era sollevata, raccogliendo dal muro dove
era stata accatastata
la pesante spada in ferro di stige, ed aveva messo a tracolla la
bretella del
fodero, tenendola così sulla schiena come uno zainetto,
proprio accanto alle
frecce.
“Ho una pessima sensazione Heat” la voce di Qbert
era arrivata simile ad un
belato, anche lui sembrava pronto per la guerra, “Non sei
costretto a venire lo
sai” aveva provato lei, “No, ma Grande Madre Idea
ci ha recuperato dalla
strada, poi non so” aveva confidato il satiro,
“Chiunque sia nemico di Gea, mi
sembra un potenziale mio amico” aveva stabilito,
“Però allo stesso modo: tutto
questo ambiente così pacifico e loro organizzano guerre
contro gli Sciri e
Gea?” aveva domandato il Satiro; la verità era che
la guerra era una missione
di recupero, non avevano voglia di inimicarsi gli Sciri, ma evitare che
venissero sconfitti da Gea e saccheggiati del loro tesoro, molto
importante.
Si, non sembrava bello, ugualmente.
“Se vuoi la pace prepara la guerra, no?” aveva
domandato retorica Heather,
“Laddove fanno il deserto, lo chiamano pace[2],
se vuoi parlare per frasi fatte ci sono, eh” aveva commentato
Qbert; Heather lo
aveva raggiunto, “Lascia perdere: penso che la stella di
Erebo sia l’arma che
cercavo” aveva confidato, ma Qbert non sembrava esattamente
convinto, “Non so,
per trovarla avevamo bisogno di Jude” aveva chiarito e
“Tecnicamente Jude è …
così” aveva aggiunto ammiccando al ragazzo in coma
nel suo letto.
“Be, un passo alla volta” aveva proposto lei,
ricordava che Rachel aveva
parlato di marce praterie e Jude era impregnato di morte e di fiori, ma
per un
secondo bruciante pensò che la profezia di Rachele
quella di Cassandra
potessero trovare un appiglio in comune: la discesa nell’Ade.
“Se non dovessi sopravvivere, Heath, voglio dirti che
è stato un onore essere
il tuo satiro guida” aveva detto quello toccandosi con una
mano il petto
orgoglioso, Heather avrebbe voluto rassicurarlo con delle parole
sagaci, ma
invece si era sporta per abbracciarlo, “Per me lo
è stato essere tua amica,
invece” aveva sussurrato, “Ma non preoccuparti ne
usciremo indenni, forse con
qualche ossa-rotto” aveva scherzato cheta.
“Ennoia ti porta a volo, sei pronta?” aveva
domandato l’arpia tutta contenta,
leccandosi le labbra crepate con la lingua, ancora sporche delle
briciole della
colazione, “Non molto” aveva risposto Heather,
mentre non vedeva davanti a se
altro che mero nulla, alle sue spalle, non lontano era tutto il
C.I.B.E.L.E. ad
attenderla, solo Ippomene era venuto con loro, un fiero leone massiccio
dal
manto cacao e la criniera nera lucente, lei aveva allungato una mano ed
aveva accarezzato
tra le orecchie, aveva un pelo più ispido di quanto avesse
immaginato.
Il leone aveva emesso un verso, non sembrava un ruggito, somigliava
più ad un
miagolio, forse era una sorta di incoraggiamento, Heather aveva annuito.
Atalanta prima quella mattina era stata chiara, se lei non avesse tolto
la
pietra dal meccanismo che apriva la barriera non avrebbe potuto
intervenire, di
positivo non avrebbe dovuto affrontare l’esercito di Gaia, di
negativo
probabilmente quello degli Sciri si, o forse peggio ancora sarebbe
rimasta
prigioniera di un solo punto per l’eternità, in
compagnia del latente potere di
un dio instabile.
Fantastico.
Come avrebbe voluto che almeno le comunicazioni funzionassero,
così avrebbe
potuto chiamare Darren.
“Andiamo Ennoia” aveva detto poi guardato
l’arpia,”Inoltre se non ricordo male
le tre invasate sul taxi hanno detto che la figlia di Nyx è
a Sciro” aveva
stabilito guardando l’arpia, non se lo ricordava con certezza
ma così le era
parso; la creatura aveva annuito immediatamente, sollevandosi in volo
ed
arpionando con le sue zampe da rapace le braccia di Heather e poi
s’era alzata
in volo con le sue grosse ali scure, verso la direzione che la figlia
di Apollo
strillava, guidata dal bacio dorato del Sole Invitto.
Provava un dolore bruciante alle braccia, che doveva tenere alzate ed
aperte e
temette le si sarebbero disarticolate anche le spalle, ma ogni volo
nella
direzione, poteva sentire la sua mano bruciare più forte.
“Le la sente!” aveva trillato Ennoia, “Il
cartiglio?” aveva urlato Heather
mentre il vento le schiaffeggiava il viso brutale, “La figlia
della Notte,
Ennoia sente il suo odore” aveva strillato l’arpia,
certo l’amica di Jude, o
almeno la conoscente, non aveva indagato molto.
“Bene, Ennoia, allora due piccioni con una fava”
aveva strillato Heather,
sentendo un’improvvisa euforia scorrerle dentro,
probabilmente era vicina al
cartiglio,
Poi lo aveva visto sotto di se, zenitale, una statua, in una piscina,
nel bel
mezzo del nulla, assoluto, quasi sospesa in cielo.
“Credo che questo sia il posto!” aveva esclamato
allegra e neanche finite
quelle parole Ennoia l’aveva fatta cadere giù di
violenza nel cerchio, si
sarebbe probabilmente sfracellata, se l’arpia non avesse
compreso le sue azioni
e si fosse guardata dal riprenderla a volo per farle toccare il
piedistallo
della statua in sicurezza.
Era una rappresentazione di Achille Pie Veloce e tra i suoi piedi
c’era una
lastra di pietra larga quanto un braccio, non troppo alta ed
incredibilmente
sottile, su cui erano incisi dei geroglifi, il Cartiglio! Ma era stato
un
pensiero fugace, perché la scena di fronte a lei si era
mostrata limpida,
nonostante davanti a lei dall’altro sembrava deserto, ma ora
vedeva con
splendore la corte a peristilio di un palazzo rale.
Una
ragazza lì guardava, una nuvola di riccissimi capelli neri,
sporca di
sangue, senza la maglietta, con la pelle d’ebano e gli occhi
così scuri sa
sembrare buchi neri.
“Finalmente Ennoia ti ha trovata” aveva ghignato
l’arpia, dritta vero la
ragazza, era lei la figlia della notte, “Me?” aveva
bisbigliato quella confusa.
Heather non ci aveva poi dato molto peso, “Non so come la
prenderete ma
dobbiamo andarcene. Una parte dell’esercito di Gaia vuole
prendere questa
roccaforte!” aveva detto con sicurezza e la stella di Erebo,
aveva pensato.
“Siamo prigionieri dentro” aveva risposto
l’altra ragazza, tastandole davanti
il muro invisibile, Heather aveva preso un respiro, era solo questione
di una
breccia una piccolissima,
“Il C.I.B.E.L.E. arriverà!” aveva
strillato, prendendo la lama di Jude e
prendendo a fendenti il muro invisibile, come aveva detto la Grande
Madre Idea
una piccola crepa traslucida si era aperta nell’aria!
“E tu chi, per l’Ade, saresti?” aveva
strillato un uomo che Heather non aveva
notato, era un tipo poco raccomandabile, un boy builder biondo ruggente
e
bruciante, come una belva, aveva recuperato una spada da terra, mentre
tutta la
corte veniva invasa da guardie.
“Oh!” si era lasciato sfuggire lei, “Io
sono Heather Shine!” si era presentata,
tirando un'altra falciata alla barriera, creando un minuscolo varco.
“Il cartiglio!” aveva strillato la figlia della
notte, “La stella!” aveva
risposto di rimando lei, la fessura non era che un piccolo varco ampio
qualche
centimetro, non abbastanza per che lei potesse usarlo, ma abbastanza
perché
potesse far scivolare la punta della spada, verso la ragazza,
la figlia
della notte aveva toccato la punta della spada di stige.
“Io sento il suo potere” aveva stabilito con voce
onesta e meravigliata,
l’attimo dopo un nemico aveva provato a passarla con la
spada, ma l’arma aveva
tagliato in due l’ombra della ragazza che scomparsa in un
fumo nero si era
ritrovata davanti a quello che sembrava un timone parallelo al
pavimento, da
esso veniva una luce violacea intensa.
“Questa?” aveva strillato, ottenendo la risposta
positiva di Heather, che aveva
forzato la spada ancora un po’ per infilarsi nella fenditura,
cadendo l’attimo
dopo nella piscia nella villa, dove l’acqua le arrivava oltre
l’ombelico, aveva
affondato immediatamente la lama nel fianco d’un uomo, mentre
Ennoia al suo
fianco aveva graffiato la faccia di un guerriero.
L’uomo burbero armato di spada si era lanciato contro la
figlia della notte ma
lei aveva evitato la fenditura con un movimento lesto, “Credo
di aver bisogno
della tua arma” aveva strillato verso la ragazza verso di
lei, per un
secondo Heather guardo le sue spalle dove era il cartiglio del Sole
Invitto,
poi si era tuffata di faccia nella piscina intrisa di rosso, per
raccogliere
una spada caduta ad un guerriero, poi zuppa aveva tirato la spada verso
Ennoia
che a volo l’aveva presa e lanciata verso la figlia di Nyx
lei l’aveva presa
per un miracolo ed era fuggita alla lama del guerriero scomparendo
nelle
tenebre, quella che era disperata adesso era Heather che aveva solo una
spada
mediocre e niente di superpotente a cui potersi appellare, almeno
così aveva
sentito fino a che non aveva trovato il suo corpo rinvigorirsi ed il
mondo
farsi improvvisamente a colore.
“Heather Shine” aveva sentito urlare e si era
voltata, il tempo di vedere la
figlia della Notte dall’altro lato della piscina, in una mano
la spada nera di
stige, così scura da sembrare un buco nero,
dall’altro teneva invece una pietra
di un luminoso nero-viola.
La barriera era rotta.
Heather aveva efferato i raggi del sole come se fossero stati fili di
luce
reale e gli aveva puntati contro i suoi nemici, “Ennoia
avverti Ippomene!”
aveva strillato lei.
Un suo nemico aveva provato a colpirlo, Heather aveva potuto vedere
l’attimo in
cui la spada avrebbe fenduto le sue carni, ma aveva sentito un tocco
sulla sua
spalla, l’attimo dopo era stato come se un vortice brutale la
risucchiasse,
tutte le sue ossa avevano sfrigolato e l’attimo dopo si era
ritrovata zuppa,
con le ginocchia su un pavimento lercio a vomitare.
“Ho raggiunto il Cartiglio ma come aveva detto
l’uomo vestito di bianco è stato
il sole a raggiungermi!” aveva detto la figlia di Nyx a
qualcuno, Heather con
ancora il sapore di bile in bocca si era sollevata per osservare che
erano nel
corridoio di una prigione.
Heather era impallidita nel sentire quella frase, nel cartiglio
c’era il sole!
Quale dio vestito di bianco? Aveva guardato il suo dorso ma mancava il
rossetto
brillante.
“La gabbia è rotta, amici miei” aveva
esclamato subito, “Heather Shine, loro
sono Xander e Trevor!” aveva detto ammiccando a due
prigionieri, un ragazzo
bassino dall’incarnato caffèlatte ed un biondo
slavato che sanguinava da una
spalla.
“Posso aiutarti” aveva detto guardato lui, mentre
la figlia della notte le
allungava una mano per aiutarsi a rimettersi in piedi, aveva posato la
spada di
Jude per terra, ma non aveva lasciato la pietra, “Scusa i
viaggi ombra fanno
sempre una gran nausea la prima volta” aveva cinguettato,
“Comunque io sono
Bernie LaFayette” si era presentata la figlia della notte,
“E devo ritrovare i
miei amici” aveva stabilito.
[1]
Citazione piuttosto nota dello scritto latino Vegezio (Si vis pacem,
bara bellum),
questa frase è stata utilizzata ed interpretata con i
più variegati
significati, nessuno dei quali si sposa bene con quello inteso in
questa ff (ma
facciamo finta di nulla).
[2][2]
E’ una citazione tratta dall’Agricola di
Tacito (Ubi solitudinem
faciunt, pacem appellant)