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Autore: laisaxrem    30/10/2019    1 recensioni
[KakaSaku] Sono passati due mesi dalla fine della guerra e si avvicina il primo natale di pace tra le Nazioni ninja.
Gai decide di dare una festa, e non una festa qualunque ma un Ugly Christmas Sweater Party.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kakashi, Hatake, Naruto, Uzumaki, Sakura, Haruno, Sasuke, Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke, Sai/Ino, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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Capitolo 3: All the Way Home I’ll Be Warm


Fictober 2019 – Day 8: “Can you stay?”

TITOLO: Let it Snow
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Sakura era stanca. Era appena tornata da una missione con un gruppo di ANBU. Tecnicamente parlando lei non faceva parte delle squadre speciali e Kakashi era stato riluttante ad affidarle l’incarico, la prima volta, ma c’era carenza di medici. E così venti giorni prima, in piena notte, era partita insieme a tre squadre di ANBU per quella che era stata la sua terza missione. Avevano varcato il portone d’ingresso del Villaggio quel mattino presto, con quasi cinque giorni di ritardo sulla tabella di marcia; ma erano tornati tutti e per Sakura questo era il risultato che più contava. Aveva già scritto e lasciato a Tenzō il suo rapporto sulla missione e tutto ciò che desiderava era allungarsi e dormire per un mese. E magari prima bersi un paio delle birre che teneva in frigorifero… o anche una dozzina, visto come si sentiva. E invece no, aveva promesso che sarebbe andata alla festa di Natale che, a quanto pareva, stava diventando una tradizione.
Da un lato era contenta perché aveva davvero voglia di rivedere i suoi amici (e Kakashi, rivedere Kakashi… ma questo particolare desiderio non l’avrebbe mai ammesso, nemmeno con sé stessa). Ma sentiva le ossa così pesanti che non era sicura di riuscire ad essere di particolare compagnia. Sdraiata sul divano sbirciò l’orologio. Aveva ancora più di un’ora prima di doversi avviare verso la residenza del Rokudaime ma sapeva che se fosse rimasta accoccolata tra i cuscini morbidi si sarebbe sicuramente addormentata, perciò iniziò a rassettare e spolverare e riordinare i libri e fare qualunque cosa le permettesse di tenere gli occhi aperti.
Comunque, ad un certo punto la sua mente doveva aver inserito l’autopilota perché, senza sapere come, si ritrovò sulla via della casa di Kakashi, il suo maglione nuovo addosso, una borsa con un paio di bottiglie di sake in mano ed in tremendo ritardo.
Le strade di Konoha erano gremite di famiglie, civili e non, e Sakura decise di prendere la via dei tetti. In dieci minuti si ritrovò davanti al cancello della casa a due piani in cui Kakashi viveva ormai da più di un anno. L’aveva così preso in giro, all’inizio, per il radicale passaggio dal suo appartamentino da scapolo ad una casa-per-famiglie, ma la verità era che era una struttura meravigliosa ed in un qualche modo gli si addiceva.
Nel giardino anteriore, parzialmente nascosto all’ombra di un albero, c’era Shikamaru, una sigaretta in bocca, gli occhi rivolti al cielo. Sakura si bloccò un momento, indecisa se ignorare la sua presenza e semplicemente unirsi alla festa. Dopotutto il giovane assistente dell’Hokage era un tipo introverso che amava la solitudine. Ma era suo amico, perciò doveva almeno provare a vedere se aveva bisogno d’aiuto. Perciò gli si avvicinò a passo lento, un sorriso incoraggiante in volto.
«Sakura», la salutò distrattamente l’uomo lanciandole un’occhiata.
«Ehi, Shikamaru, Temari è dentro? Ho qui la ricetta di quei biscotti che mi aveva chiesto».
«È tornata a Suna qualche giorno fa».
«Oh, è già il momento del ritorno a casa delle Delegazioni?»
«Mmm…»
Dopo la fine della guerra i cinque Kage avevano deciso di cementare l’Alleanza creando le Delegazioni. Ogni Villaggio aveva scelto quattro gruppi di cinque shinobi che avrebbero ricoperto il ruolo di ambasciatori permanenti. Ovviamente si era stabilito un calendario per permettere saltuariamente ai Delegati di tornare a casa a salutare famiglie ed amici e a fare rapporto al proprio Kage. Le Delegazioni erano in funzione ormai da quasi un anno e parevano funzionare perfettamente (soprattutto per Shikamaru e Temari che erano coinvolti in una relazione sentimentale).
«Allora ci sarà anche Lee, oggi», rifletté Sakura, parlando più a sé stessa che all’amico. «Gai-san sarà al settimo cielo».
Rock Lee era uno dei cinque Delegati di stanza a Suna. Era stato entusiasta di accettare l’incarico affermando che allenarsi nel clima torrido del Paese del Vento sarebbe stato un’enorme sfida contro sé stesso.
«Mmm…»
«Ok, ti lascio ai tuoi pensieri. Ma non rimanere qui fuori troppo a lungo o ti congelerai. Ordine del medico».
Soddisfatta dal cenno d’assenso, Sakura tornò alla porta e bussò. La risposta giunse praticamente all’istante quando Naruto spalancò l’uscio e la trascinò all’interno afferrandola per un braccio.
«Sakura-chan, sei in ritardo!» la rimproverò stringendola in uno dei suoi abbracci-frantuma-costole.
«Ho avuto da fare», si giustificò lei togliendo cappotto e scarpe. «Bel maglione, comunque», aggiunse con un sorriso, scrutando il suo ex compagno di squadra che indossava un maglione di lana rossa con il ricamo di una renna che reggeva una birra ed un cartello con scritto “REINBEER”.
«Anche il tuo è molto bello. Vieni, devi provare l’eggnog: l’ho preparato io».
Ok, questo era un problema. Conoscendo Naruto probabilmente in quell’eggnog c’era abbastanza alcol da resuscitare tutti i Kage della storia e forse anche il Rikudō Sennin. Oh, bè, dato che il suo programma iniziale era di rimanere a casa a ubriacarsi di birra dopotutto non importava granché, perciò lo seguì al tavolo delle bibite e tracannò un bicchiere di liquido chiaro (che come previsto era davvero davvero alcolico).
Era al suo quarto bicchiere e stava chiacchierando con Sai e Ino quando sentì una mano sfiorarle il braccio.
Accanto a loro era comparso Rock Lee, un maglione verde e rosso con un Babbo Natale culturista sopra alla sua solita tuta di spandex.
«Sakura-san, posso parlarti?»
«Certo. Ma ti prego, avevamo detto niente più onorifici. Siamo amici, no?»
Lee sorrise, ma non era il suo solito sorriso a trentadue denti. Sakura si preoccupò.
«Possiamo spostarci in un posto più… silenzioso?» aggiunse, lanciando un’occhiata ad Ino e Sai.
Ok, ora era tremendamente preoccupata. Lee, il caciarone, l’energetico Lee, che voleva andare in un posto più silenzioso?!
«Ma certo», s’affrettò a dire e gli fece strada fuori dal salotto verso la piccola porta che conduceva alla chashitsu.
La sala era piccola ed accogliente, e Lee le si sedette di fronte, un po’ rigido.
Sakura attese in silenzio che il ragazzo radunasse i pensieri, o il coraggio, o qualunque cosa gli servisse per parlare.
«Come si fa a sapere se una persona è innamorata di te?» esordì infine, incatenando gli occhi scuri a quelli verdi di lei.
«Ah». Ok, questa era una cosa che non si aspettava. Fosse stata più saggia e più sobria probabilmente avrebbe cercato il modo di svignarsela da quella situazione, ma rispettava troppo Lee per ignorare la sua richiesta di aiuto. «Ecco… Non credo ci siano dei… parametri standard per dirlo. Dipende anche dalla persona in questione, da com’è il suo comportamento abituale con gli altri e com’è con te».
«È molto silenzioso, di solito, ma con me parla tanto», iniziò Lee, incerto. Sakura, sebbene un po’ a disagio, gli sorrise incoraggiante. «E a volte, mentre parliamo, mi prende la mano o mi accarezza un braccio. È un buon segno?»
La situazione iniziava ad essere seriamente imbarazzante.
«È una persona… ah… fisica con gli altri?»
L’uomo scosse il capo.
«Allora è probabile che provi qualcosa per te», asserì Sakura dipingendosi in volto un sorriso incoraggiante.
Ma Lee non pareva per nulla sollevato.
«Allora perché quando l’ho baciato e gli ho detto che lo amo non ha risposto?» chiese, le lacrime che gli riempivano gli occhi.
Ah. Merda. Ora capiva il perché della tristezza del suo amico.
«Ha detto o fatto qualcosa dopo il bacio?» chiese incerta.
Lui scosse il capo di nuovo. Poi, come ripensandoci, aggiunse: «Mi ha toccato il braccio ed è andato ad una riunione».
«E nei giorni seguenti? Ne avete parlato?»
«Sono partito per Konoha due ore dopo».
«Ah». Che cavolo. Come ci era finita ad ascoltare i problemi di cuore di Rock Lee? «Non è da te, lasciare qualcosa non detto. Ricordo piuttosto chiaramente che ci conoscevamo da cinque minuti quando mi hai confessato il tuo amore».
Questo gli strappò un mezzo sorriso che rimase però annacquato dalle lacrime che ora scorrevano libere sulle sue guance.
«Sì, bè, con lui è diverso».
«Sì, immagino». Sakura sorrise e gli strinse brevemente la mano. «Allora cosa pensi di fare?»
Lui la guardò ad occhi spalancati.
«Non lo so. Pensavo me l’avresti detto tu».
«Oh, Lee, non è così che funziona. Devi capire tu quanto sono profondi i tuoi sentimenti per Gaara».
Lee s’immobilizzò, la bocca spalancata, gli occhi già enormi che sembravano inghiottire il resto del suo volto.
«Come hai fatto a capire che parlavo di Gaara-kun?!»
«Chiamalo intuito femminile», disse Sakura, trattenendo una risata.
Ok, più che intuito femminile era stata tutta una serie di coincidenze ed il fatto che li aveva visti in più di un’occasione mormorare tra loro con le teste vicine, o sfiorarsi appena ma in modo così dolce che Sakura non aveva potuto ignorarlo. Ed ora la sua reazione aveva confermato i suoi sospetti. Onestamente li vedeva molto bene, insieme, ed era felice per loro… perciò doveva fare quanto poteva per aiutare quei due deficienti a risolvere la situazione. Non voleva che Lee e Gaara finissero come Naruto e Sasuke che ancora non avevano capito di essere innamorati.
Sakura si rese conto che quella malsana idea di fare da Cupido era parzialmente dettata dai quattro bicchieri di eggnog, ma mise da parte il pensiero dicendosi che, comunque, era stato Lee a chiederle aiuto, quindi era suo dovere di amica fare quanto in suo potere.
«Senti Lee, non sono un’esperta in faccende di cuore, lo sai», iniziò, prendendogli la mano per attirare la sua attenzione. «Ma posso dirti che, se ciò che provi è reale, allora devi parlare con Gaara. Appena torni a Suna; come primissima cosa».
«E se non vorrà ascoltare?»
«Vorrà ascoltare. Fidati. Non conosco Gaara così bene, ma lo conosco abbastanza per dire che probabilmente l’hai colto di sorpresa; doveva rimuginare sulla tua confessione, capire i suoi sentimenti». Sakura esitò un attimo ma decise di continuare. «Conosci il suo passato, probabilmente lo conosci meglio di me; sai cos’ha dovuto sopportare da bambino, sai che per tredici anni non ha conosciuto l’amore. Devi dargli il tempo di capire».
La kunoichi tacque per permettergli di rimuginare su ciò che aveva detto.
«Pensi che io abbia una possibilità?» chiese infine Lee, la voce un po’ rotta.
Lei sorrise incoraggiante e gli strinse più forte la mano.
«Se avessi ereditato il vizio del gioco da Tsunade-sama, sicuramente scommetterei su di voi».
E finalmente l’uomo sorrise ed era un sorriso di quelli dei suoi, così luminoso da scaldare la stanza. Poi balzò in piedi, si asciugò le lacrime e le fece un inchino profondo.
«Grazie per la tua assistenza, Haruno-san».
«Sì, ok, adesso torniamo alla festa o si domanderanno dove siamo finiti», borbottò Sakura, un poco in imbarazzo ma anche compiaciuta.
Sì, era fiduciosa, tra quei due poteva funzionare. Forse doveva assumere il ruolo di Cupido anche per Sasuke e Naruto… Il pensiero svanì all’istante quando posò gli occhi sui due giovani in questione che litigavano aspramente davanti alla porta che dava sull’engawa. Oh bè, loro non avevano chiesto aiuto e, come aveva detto Kakashi l’anno precedente, era una cosa che esulava totalmente dai suoi compiti.
Stanca morta, s’avviò di nuovo al tavolo delle bibite… il fatto che il padrone di casa era proprio lì davanti, intento a versarsi un bicchierino di sake, era solo una coincidenza.
«Ho bisogno di bere», esordì senza nemmeno salutare, riempiendo una tazza con l’eggnog (davvero, dava dipendenza quella roba. Doveva chiedere la ricetta a Naruto).
Kakashi sollevò un sopracciglio e sorrise.
«Hai l’età?»
«A marzo compirò vent’anni e tu lo sai benissimo».
«Sono l’Hokage. È mio dovere assicurarmi che non vengano infrante le leggi».
Sakura scosse il capo e fece tintinnare la tazza di vetro contro il bicchierino di Kakashi, prima di dare un generoso sorso alla bevanda tiepida. L’Hokage la stava guardando in modo strano ma lei ignorò l’occhiata.
«Posso chiederti cosa stai cercando di dimenticare?»
«Pensieri. Pensieri e immagini di due certi ninja in attività interessanti».
«Pensavo che ormai avessi fatto pace con l’idea di Naruto e Sasuke a letto insieme», la punzecchiò lui dandole un paio di colpetti alle costole con il gomito.
«Non parlavo di loro», borbottò lei, «ma grazie per aver aggiunto anche quest’immagine».
Senza aggiungere altro Kakashi s’avviò verso un paio di sedie che erano sistemate in un angolo del salotto e Sakura lo seguì senza esitare.
«Allora, a chi ti riferivi?» chiese dopo che si furono accomodati, un po’ lontani dagli altri invitati.
«Non posso parlartene, è una confidenza fatta da un amico».
«Mmm». Kakashi si tamburellò la gamba con le dita e rimase in silenzio un momento, tanto che Sakura, stanca e con la mente annebbiata dall’alcol, si stava per addormentare. Ma poi lui parlò e lei si costrinse ad aprire di nuovo le palpebre. «Visto che prima ti ho vista uscire con Rock Lee immagino si tratti di lui e Gaara», buttò lì, quasi casualmente.
Sakura spalancò la bocca, incredula.
«Come hai…? Ti odio».
«Ho due occhi anch’io, Sakura-chan», ridacchiò lui.
«Ti odio», ripeté lei mentre si avvicinava la tazza alle labbra e sorseggiava ancora l’eggnog per nascondere un sorriso. Dopotutto quello era Kakashi, la cui intelligenza e capacità di analisi rivaleggiava con quella di Shikamaru, non avrebbe dovuto stupirsi della sua perspicacia.
Sospirando, Sakura chiuse gli occhi un momento, cercando di scacciare la stanchezza.
***
Si era addormentata. Aveva visto i suoi muscoli rilassarsi e l’istante dopo le aveva tolto di mano la tazza ormai vuota e lei aveva appoggiato la testa alla sua spalla, il respiro lento e regolare.
Nell’istante in cui l’aveva vista varcare la soglia di casa sua scortata da Naruto aveva capito quanto fosse stanca, e certo non poteva biasimarla: la missione era stata dura e l’aveva costretta ad attingere al potere del Byakugō più di una volta per salvare i suoi compagni.
Kakashi si sentiva in colpa. Si sentiva in colpa per essere stata la causa del suo esaurimento, si sentiva in colpa per non averle mandato a dire di riposare ed ignorare l’invito alla festa di Gai e si sentiva in colpa perché era tremendamente felice di averla lì. Una persona più saggia avrebbe svegliato la giovane donna e l’avrebbe rispedita a casa a dormire, ma sentire il calore del suo corpo e il profumo dei suoi capelli era una tentazione troppo forte e voleva godersela finché poteva.
Purtroppo quel piacere proibito era destinato ad avere vita breve. Infatti, nemmeno quindici minuti dopo che aveva ceduto al sonno, gli schiamazzi ubriachi di Genma e Kiba le fecero aprire gli occhi.
«Mmm», mugolò mentre si stiracchiava. «Mi sono addormentata, vero?»
Lui sorrise ed annuì, cercando di non pensare alla perdita del suo peso leggero contro il fianco. Sakura si coprì il volto con le mani, evidentemente imbarazzata.
«Mi dispiace tanto. Che vergogna», biascicò, un po’ per la stanchezza, un po’ per l’alcol che aveva già ingerito – cinque bicchieri colmi di eggnog, se non aveva contato male. «Ok, ho bisogno di bere qualcosa», continuò balzando in piedi.
«Forse dovresti andare a casa a riposare», suggerì Kakashi, pienamente consapevole che le sue parole sarebbero cadute nel vuoto.
«Assolutamente no. Sono uscita di casa ed ora ho intenzione di godermi la festa. Vuoi che ti porti qualcosa?»
«Sono apposto così, grazie».
Sakura annuì e lo lasciò lì.
Nell’ora seguente rimase in disparte ad osservarla chiacchierare e ridere e ballare. E bere, bere tanto. Decise d’intervenire quando la vide barcollare fuori dal salotto ed in un attimo le fu accanto.
«Torni a casa?» le chiese cautamente. Non aveva mai visto Sakura così ubriaca e temeva che avesse ereditato la leggendaria sbronza-violenta dalla Godaime; in quel caso non voleva trovarsi dal lato sbagliato dei suoi pugni.
«No. Bagno», rispose lei mentre in effetti s’avviava verso il bagno del piano terra. Lui la seguì. «Posso andarci da sola», brontolò lanciandogli un’occhiataccia e barcollando paurosamente. Kakashi allungò un braccio e la afferrò per la spalla, dandole quel tanto di stabilità che le serviva per non finire faccia a terra.
«Lo so bene. Ma permetti a questo vecchio di fingersi un gentiluomo».
«Mmm, ok, se proprio vuoi».
E così Kakashi la scortò fino in fondo al corridoio ed attese fuori dalla porta del bagno ma dovette precipitarsi ad afferrarla prima che cadesse mentre usciva.
«Ok, bambina, ti riporto a casa», sussurrò mentre se la stringeva al petto.
«Non sono una bambina. Sono una donna ormai», biascicò lei mentre chiudeva gli occhi e gli permetteva di sorreggere il suo peso.
«Sì, lo so». “Ne sono fin troppo consapevole”, aggiunse tra sé prendendosi a calci mentalmente un secondo dopo.
«E sei il padrone di casa. Non puoi andar via».
«Tornerò presto. Sono tutti abbastanza grandi da cavarsela senza di me per la prossima mezz’ora», la rassicurò mentre dentro di sé pregava che lei cedesse.
«Ok».
Sorridendo compiaciuto, Kakashi s’avviò verso l’uscita facendo cenno a Tenzō che gli affidava casa e ospiti. Si avvolse nel mantello e riuscì a far indossare a Sakura il cappotto con cui era arrivata, e dopo aver messo le scarpe uscirono nell’aria gelida.
La donna inciampava ogni dieci metri e Kakashi doveva sostenere completamente il suo peso e ad un certo punto decise di arrischiarsi a porre la domanda che avrebbe dovuto fare prima ancora di uscire di casa: «Se ti porto in braccio tenterai di uccidermi o strapparmi gli arti a morsi?»
Bravo così, tono rassicurante e divertito e forse non ti ucciderà”, lo derise una parte di sé.
«Va bene».
Oh.
«Davvero?»
«Sono così stanca», annuì lei, gli occhi chiusi, la voce solo un soffio.
E Kakashi non esitò più e la prese tra le braccia. Lei si accomodò contro il suo petto, il viso affondato nell’incavo del suo collo, le braccia attorno alle sue spalle.
Kakashi sentiva il cuore battergli a mille e sperava che lei non se ne accorgesse. La camminata verso l’appartamento di Sakura fu probabilmente la più lunga e la più corta della sua vita e una parte di lui gemette in protesta quando vide all’orizzonte la loro destinazione.
Ci volle qualche manovra ma alla fine riuscì a pescare le chiavi dalla sacca cosciale della donna e si ritrovarono al caldo. Per un attimo contemplò l’idea di rimetterla con i piedi a terra e semplicemente tornare alla festa (non che morisse dalla voglia di ritrovarsi ancora immerso nel frastuono). Ma decise di dar ascolto al suo lato egoistico e, dopo aver scalciato in un angolo i sandali suoi e quelli di Sakura, si diresse verso la camera da letto e la posò sul materasso morbido con tutta la delicatezza di cui era capace.
«Starai bene da sola? Devo chiamare qualcuno? Ino, magari…»
«No. Va bene, grazie», lo rassicurò lei sorridendo appena, gli occhi un po’ più a fuoco di quando erano partiti. «Devo solo… puoi aspettare qui mentre mi cambio? Ora come ora potrei cadere a terra e svenire lì».
«Nessun problema». E tornò in corridoio socchiudendo la porta dietro di sé, ignorando il fruscio di vestiti, cercando di non immaginare Sakura che si sfilava di dosso il maglione.
Qualche minuto dopo la kunoichi lo richiamò e Kakashi si stupì un poco di trovarla già sepolta tra le coperte.
«Tutto a posto?»
«Sì. Mi sento già molto meglio», disse lei sorridendogli, gli occhi già chiusi. «Grazie per avermi riportata a casa. Forse ero più stanca di quanto pensassi».
Lui ricambiò il sorriso e scrollò le spalle.
«Non è un problema. Buonanotte, Sakura».
E si avviò alla porta a passo leggero.
«Kakashi», lo richiamò lei. «Puoi rimanere?»
Kakashi esitò un momento sulla soglia, la sua mente che lottava tra il suo bisogno di accontentarla e la più razionale consapevolezza che non poteva; ma poi tornò indietro, si sfilò il maglione rimanendo con la canotta a cui era attaccata la maschera e s’infilò sotto le coperte dall’altro lato del letto rispetto a Sakura, che sospirò contenta e sorrise.
«Buonanotte Kakashi».
«Buonanotte Sakura».
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Ebbene sì, signore e signori, sono entrata nel grande e meraviglioso mondo della GaaLee (o LeeGaa? Non ho idea di quale sia il nome "ufficiale" per la ship, ma io preferisco come suona GaaLee). E la colpa è tutta dei disegni di hikanon1336 su Tumblr. Se non conoscete quella pagina fateci un giro perché sono troppo teneri (anche se Gaara è un po' troppo femminile).
  
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