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Autore: Napee    31/10/2019    0 recensioni
[IwaOi] [omegaverse]
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Questa mini long è stata scritta usando i prompt del WritOber indetto da Fanwriter.it
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Tratto dalla storia:
“Non lo so, dimmelo tu…” aveva risposto dubbioso, mostrandogli fra le mani la lettera dell’ente sanitario che lo “chiamava al dovere” e gli forniva l’indirizzo dell’omega che aveva bisogno del suo aiuto.
“Penso ci sia stato un qualche errore del cazzo. Domani faccio chiamare mamma e-…”
“Nessun errore.” Ammise Tooru in un sospiro, tutto d’un fiato, espirando quel segreto che aveva custodito gelosamente per tutti i suoi sedici anni.
Hajime lo guardò sconvolto e confuso. I suoi occhi verde smeraldo non erano mai stati così pieni di dubbi e domande.
Una parte di Tooru se ne dispiaceva. Hajime era sempre stato onesto con lui, fin dall’inizio, non gli aveva mai nascosto niente, non aveva mai omesso niente.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'WritOber2019'
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Dopo una settimana da quando Tooru era andato in calore per la sua prima volta, sembrava che nulla fosse successo.
Non era mutato niente nel loro rapporto. Erano amici e si comportavano come tali. Passavano sempre meno tempo insieme da soli però. Hajime non aveva potuto fare a meno di notare come Tooru fosse in difficoltà in alcuni momenti e cercasse un appiglio ogni volta che lui gli proponeva di passare un po’ di tempo insieme.
A scuola, al club era lui. Era l’insopportabile altezzoso di sempre con quella bella faccia e quel carattere da schiaffi.
Se si trattava di lui invece, ecco che cambiava rapidamente comportamento e se la dava metaforicamente a gambe.
Hajime ne soffriva di questo suo atteggiamento schivo, ma sentiva anche lui un certo imbarazzo fra loro che appena pochi giorni non erano riusciti ancora a dissipare.
Avevano scopato come animali per una settimana, si erano graffiati, morsi feriti e poi amati, coccolati, baciati. Le loro bocche avevano conosciuto il sapore del sangue, ma anche il sapore della pelle l’uno dell’altro finché non si erano riempite di parole d’amore che Hajime ancora non sapeva se fossero autentiche o meno.
Da parte sua lo erano state quantomeno. Sdraiati sul letto di Tooru, coperti con le lenzuola che sapevano di loro due e l’odore di omega tranquillo ad arieggiare intorno a lui, Hajime lo aveva baciato svegliandolo e gli aveva confessato i suoi sentimenti con naturalezza.
“Sono innamorato di te da una vita, ti amo Tooru Oikawa.”
E Tooru aveva riso felice e lo aveva baciato in risposta, asserendo che per lui era lo stesso e che non aspettava altro che di udire quelle parole.
I restanti giorni di calore li avevano passati in quel letto senza essere realmente capaci di levarsi le mani di dosso.
Si erano amati in ogni modo possibile e alla mattina dell’ottavo giorno, quando il profumo di Tooru era tornato normale e non più dannatamente invitante, Hajime si era visto sbattere fuori di casa senza nemmeno il tempo di dire mezza parola.
Aveva capito che Tooru si vergognasse incredibilmente, aveva capito cosa frullava in quella testa bacata che ragionava secondo la logica del “se non lo vedo, non è successo”. Aveva cercato un modo per parlarci quel giorno, prima della scuola, ma quel cretino del suo amico se l’era battuta a gambe levate e si era fatto accompagnare dal padre ad un orario improponibile.
Una volta a scuola era riuscito ad intercettarlo, ma di parlarne non c’era stato verso.
Tooru glissava e se la dava letteralmente a gambe ogni volta che percepiva quel l’argomento avvicinarsi.
Poi gli impegni erano subentrati nelle loro vite e vedersi ogni giorno non era più così possibile.
Il club di pallavolo e gli allenamenti li tenevano occupati, in particolare Tooru che, vedendo arrivare sempre più vicino il giorno della partita contro la Karasuno, aveva iniziato ad allenarsi fino allo stremo.
Delle volte addirittura si tratteneva fino a tardi dopo gli allenamenti con la squadra e continuava a provare e riprovare i suoi servizi micidiali.
Hajime sapeva che fosse il suo modo di sfogare il nervosismo: prepararsi al peggio e dare tutto sé stesso in quello che faceva era tipico di Oikawa dopotutto.
Sospettava però che ci fosse coinvolto anche il loro vecchio kohai Kageyama, l’anemesi di Tooru dei tempi delle medie. Non aveva mai saputo il motivo reale per cui il suo migliore amico lo odiasse a morte, aveva da sempre bevuto la scusa banale che Tooru aveva rifilato ai più e l’aveva presa come buona senza farsi troppe domande.
“È un alzatore come me. È pura competizione.”
Ma vedendolo lì in palestra alle tre del mattino, stremato, sudato e talmente stanco da non riuscire nemmeno a reggersi in piedi, Hajime iniziava a classificare quella scusa come l’ennesima cazzata.
Frustrato perché l’ennesima palla aveva impattato contro la rete, Oikawa aveva sbattuto i piedi e ringhiato fra i denti una serie di imprecazioni davvero poco eleganti.
“E ci baci tua madre con quella bocca?” Esordì per farsi notare dall’amico.
Oikawa verteva in uno stato pietoso: le occhiaie sotto agli occhi erano scure e profonde come abissi. Sembrava persino pallido e più magro e Hajime ebbe il dubbio che non si stesse nutrendo con regolarità.
D’altro canto, anche Hajime non lo faceva. Dopo quella settimana non aveva fatto altro che pensare a Tooru, a quanto lo amasse e come lo stesse facendo stare male il suo comportamento schivo. Mangiare con lo stomaco pieno di pensieri non era poi ‘sta gran cosa.
“Iwa-chan… che ci fai qui?” Domandò Tooru sentendosi messo alle strette. Un senso di panico lo avvolse. Era come se fosse finalmente in trappola, almeno era così che si sentiva.
“Ti aspettavo a casa tua, ma non tornavi.”
“Ho bisogno di allenarmi, i miei servizi non vanno nemmeno più nell’altro campo.” Si giustificò prendendo un altro pallone fra le mani e chiudendo lì la questione. Senza nemmeno sapere cosa volesse Hajime, senza nemmeno preoccuparsi del fatto che lo avesse aspettato fino alle tre di notte.
Hajime sentì i suoi nervi saltare uno ad uno.
Osservò il servizio di Oikawa con attenzione ed in silenzio finché la palla non impattò fragorosa contro la rete per l’ennesima volta. A quel punto si concesse di commentare.
“Sei talmente stanco che non riesci nemmeno più a saltare, è per questo che non te ne va bene una.”
“Finché non ne faccio una, non torno a casa.” Commentò a testa bassa il capitano della Seijo e Hajime fu sicuro di aver sentito la propria pazienza volatilizzarsi e abbandonarlo.
“Ti propongo l’alternativa: smetti di comportarti come un coglione.” Berciò incrociando le braccia al petto e costringendosi sulla soglia della palestra.
Se avesse avanzato anche solo di mezzo passo, era certo che avrebbe fatto coriandoli con il suo migliore amico.
Oikawa sorrise derisorio.
“Anche tu ci baci tua madre con quella bocca?”
“Ci ho baciato pure te e non ho sentito lamentele.” Stavolta vide il servizio dell’amico impattare contro il soffitto della palestra.
“Avrai spaventato a morte qualche piccione con quel colpo.” Commentò in seguito, godendosi l’esatto momento in chi gli occhi imbarazzati e furiosi di Oikawa si posarono su di lui.
“Se sei qui per questo, non voglio parlarne. Anzi, lascia proprio perdere la questione per favore.” Mise in chiaro il capitano, con una voce gelida e un comportamento talmente rigido da sembrare robotico.
“Quindi, quello che hai detto, erano solo cazzate perché eri in calore?” Chiese irritato e ferito, ignorando le parole dell’amico.
“Ti ho detto che non voglio discuterne, Hajime.”
“E io ti ho chiesto se erano solo cazzate, Tooru.” Replicò altrettanto gelido, avanzando di un passo nella sua direzione. Sentiva già le mani tremargli per la tensione.
“No che non lo erano!” Gli urlò in faccia Oikawa, abbassando lo sguardo fino a farlo impattare con il parquet e le sue scarpe degli allenamenti.
“Ero sincero, Hajime. Quello che ho confessato, lo provo davvero.” Aggiunse infine, sentendo la sua voce farsi meno ferma e gli occhi riempirsi di lacrime.
Non voleva che accadesse questo, non voleva crollare davanti a lui in quel modo. Non voleva più mostrarsi fragile agli occhi del suo Iwa-chan.
Intravide le scarpe del suo amico entrare nel suo campo visivo e chiuse gli occhi nel momento esatto in cui la mano calda e grande di Iwaizumi si poggiò fra i suoi capelli fradici di sudore.
Hajime lo spinse contro di sé, offrendogli la sua spalla come caldo conforto per piangere e Tooru si lasciò andare ad un pianto fatto di frustrazione e dolore.
“Perché sei scappato allora? Perché ti sei rintanato negli allenamenti invece di ascoltare quello che anche io avevo da dirti?”
“Perché mi avresti detto ancora una volta che mi ami, perché ci saremmo messi insieme e sarebbe…”
“Si sarebbe saputo il tuo secondo genere.” Concluse per lui Hajime, mordendosi l’interno della guancia quando Tooru annuì silenzioso.
Non aveva pensato a questo… non aveva pensato a come si sarebbe sentito Tooru se il suo segreto fosse stato rivelato. Aveva pensato solo a sé stesso, Hajime, ascoltando solo i suoi sentimenti e quel senso di frustrazione derivante dal fatto che Tooru lo stesse ignorando.
Se il segreto fosse venuto fuori, Tooru avrebbe perso tutto: il posto in squadra, il rispetto della gente e per non parlare dell’emarginazione a cui sarebbe stato costretto.
Era stato uno stupido. Si era comportato da stupido.
“Era più facile fuggire.” Aggiunse infine Tooru dopo qualche secondo di silenzio. Alzò lo sguardo umido di lacrime e trovò l’espressione contratta del suo amico ad accoglierlo.
“Iwa-chan…”
“Perdonami.” Esordì interrompendolo con la viglia di piangere a pungergli gli occhi.
“Ti ho cercato fino a ora solo per ottenere quello che volevo io senza pensare a quello che volevi tu.”
Oikawa accolse le sue scuse con un sorriso sereno sulle labbra. Carezzò la sua guancia ispida di barba e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Lo aveva perdonato. Lo avrebbe sempre perdonato.
Le loro labbra si separarono con il rumore ovattato di un bacio scambiato di nascosto. I loro occhi si guardarono per secondi interminabili, scambiandosi frasi d’amore segrete che non potevano esprimere a parole.
Ma erano le mani che agivano per loro, stringendosi attorno ai corpi e impedendogli di allontanarsi.
Perché ci voleva distanza.
Perché stare insieme non poteva essere possibile.
Perché Oikawa avrebbe perso tutto.
Ma sembravano motivazioni futili e lontane mente le loro mani li spogliavano di tutte le insicurezze, di tutte le frustrazioni, dei pregiudizi e delle ingiustizie.
Poi anche le loro bocche si ribellarono alla tirannia dell’imposizione. Si cercarono ancora, ancora e ancora, trovandosi a metà strada come se non si fossero mai separate.
“Ti amo, Tooru”
“Anche io Hajime.”
Si baciarono con la foga e la fretta di chi è concio che quel bacio sia l’ultimo addio. E le lacrime al sapore di un malinconico per sempre si aggiunsero presto al sapore della passione.
Si accasciarono sui vestiti che erano caduti a terra. Il parquet della palestra era sporco e aveva un odore sgradevole, ma Tooru non desiderava essere da nessun altra parte che non fossero le braccia di Hajime.
Gli scivolò dentro con calma e pazienza. I loro corpi si conoscevano a memoria e si incastravano alla perfezione come se fossero stati creati appositamente per quello.
Due pezzi di un puzzle che si completano. Due metà di un intero.
“Oh… Ti amo così tanto!” Gemette Tooru gettando indietro la testa preda del piacere più intenso.
“Anche io…” rispose Hajime, baciandogli la mano con il segno dei suoi denti.
Fecero l’amore consacrando i loro sentimenti una volta per tutte.
Non avevano più bisogno del mondo, in quel momento si bastavano a vicenda.
Tooru raggiunse l’apice poco dopo, soffocando una preghiera accorata sulle labbra del suo amato.
“Dentro, ti prego.”
“Ma-…”
“Almeno per una volta voglio sentirlo.”
E Hajime lo accontentò. Non avrebbe mai saputo negargli qualcosa.
Lo baciò appassionatamente mentre l’orgasmo lo coglieva e si liberava dentro Tooru per la prima volta.
Il knot si gonfiò fra loro tenendoli uniti e incastrati in quell’abbraccio d’amore e d’addio. Una lacrima corse via dalle ciglia di Tooru e Hajime la raccolse con le sue labbra.
Pensava che gli avrebbe fatto male, pensava che sarebbe stato doloroso. Ma lo era in modo diverso. Non fisico, ma emotivo.
Era legato all’unica persona al mondo a cui volesse essere legato, erano uniti insieme in quell’abbraccio intimo per la prima volta e per l’ultima.
Era bello. Era straziante.

Ti amo, ma non posso averti

Ti amo e ti amo troppo per costringerti ad una vita che non vuoi

Il sapore di un addio silenzioso iniziò a diffondersi nell’aria, ma Tooru non voleva pensarci. Non in quel momento. Non nel loro piccolo frammento di per sempre.

  
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