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Autore: StregattaLunatica    01/11/2019    0 recensioni
Mentre gli occhi del mondo sono puntati su Skyhold e l'Inquisitore, pochi si chiedono cosa facciano alcuni dei loro membri.
Gli Agenti dell'Inquisizione vengono inviati negli angoli più remoti del Thedas, a risolvere e prevenire qualsivoglia genere di problema venga indicato loro alla Sala di Guerra.
Tre di loro si incontreranno per la prima volta, partendo in viaggio per il regno di Nevarra dove dovranno fronteggiare i nemici dell'Inquisizione.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'insistente bussare alla porta fece capire a Veeta d'essere più in ritardo del previsto. Sbuffò sonoramente, e mise giù la spazzola dal manico in avorio finemente lavorato. Osservò il proprio riflesso nello specchio posto al di sopra del mobiletto portacipria, mentre si dava un ultima occhiata. Aveva da poco raggiunto la maggior età, la pelle era rosea, le guance leggermente imporporate denotavano la sua salute. I vivaci occhi azzurri splendevano sotto i raggi solari mattutini che penetravano dalla finestra, i lunghi e lucidi capelli neri legati in una morbida treccia che le ricadeva davanti la spalla destra. Gli occhi erano messi in risalto dal trucco color ardesia, le labbra carnose erano state invece colorate con un acceso rosso cremisi.
Si alzò, prendendo la semplice staffa magica poggiata contro la parete. Indossava una veste dalla gonna lunga color cobalto che le nascondeva i piedi, stretta in vita da un corsetto di semplice cuoio con lacci neri. Le maniche lunghe e bianche le scivolavano morbidamente lungo le braccia, decorate con alcuni arabeschi dello stesso colore della gonna, che si ripetevano sulla parte della veste a sbuffo che le copriva il seno.
Andò ad aprire la porta, e si trovò davanti la faccia preoccupata del suo compagno di studi. «Questa volta, il mentore ci ammazzerà.» disse con tono greve, afferrandola per un braccio e trascinandola per i corridoi mentre lei sbuffava sollevando gli occhi verso il cielo. «Se le lezioni non iniziassero ad orari così assurdi, non saremmo mai in ritardo.»
«Non lo saremmo mai se tu non passassi quasi un ora ad imbellettarti davanti allo specchio!» la rimbeccò secco.
Mentre attraversavano di corsa i corridoi, Veeta fece scivolare lo sguardo sui templari disposti lungo i corridoi ad intervalli regolari,
Secoli prima, la profetessa Andraste disse “La magia esiste per servire gli uomini, non per governarli”, intendeva che essa doveva essere utilizzata per aiutare, anziché dominare. Ma la Chiesa distorse le sue parole nel Canto della Luce, il loro testo sacro, trasformando i maghi in dei mostri che la gente temeva; e trasformando il loro dono in una maledizione agli occhi di tutti.
Perciò non appena un bambino mostrava dei segni di magia, veniva condotto alla Torre del Circolo, dove rimaneva per sempre, a parte per rare eccezioni.
In ogni paese vi era una torre gestita dalla Chiesa, dove i maghi erano tenuti costantemente sotto controllo dai templari. Oltre ad essere il braccio armato della Chiesa erano incaricati di tenere sotto controllo i maghi. Potevano farlo per via del loro rigido addestramento che consentiva loro di imparare alcune abilità che permettevano di bloccare le abilità dei maghi. Oltretutto, alcuni erano incaricati di dare la caccia agli eretici.
Veeta e Fermin, il suo amico, entrarono nella stanza dedicata agli studi degli apprendisti già popolata dai loro compagni e dall'insegnante. Quest'ultimo si zittì nel bel mezzo della spiegazione, mentre i compagni si voltarono verso la porta non appena essa venne spalancata. «Ma bene.» disse l'uomo con voce severa «Vedo che infine avete deciso di onorarci con la vostra presenza.» alcuni compagni risero, altri fecero dei cenni di saluto. «Ci scu...»
«Risparmiatemi le vostre scuse, e sedetevi!» tagliò corto con un gesto secco della mano destra.
La vita del maghi all'interno del Circolo era abbastanza ripetitiva. Continuavi a studiare come apprendista, finchè nel bel mezzo della notte non ti trascinavano fuori dal tuo letto per sottoporti al Tormento. Il Tormento era la prova che veniva fatta ai maghi che dimostravano di essere abili e capaci dopo anni di studio. Esso consisteva nel far andare l'anima del mago nell'Oblio. Esso era il luogo dove umani ed elfi andavano quando sognavano. Ed era la dimora di terribili demoni e spiriti benevoli. Ma per un mago era terribilmente rischioso, in quanto le capacità arcane provenivano dal loro diretto legame con esso. Se il mago perdeva la concentrazione, o cedeva ai sussurri dei demoni veniva posseduto e diveniva un abominio. Un orribile mostro che avrebbe portato con se solo morte o distruzione. Durante la prova il mago avrebbe dovuto affrontare proprio un demone. Se veniva sconfitto, cedeva alle sue lusinghe o ci metteva troppo tempo, i templari erano autorizzati ad ucciderlo sul posto. Se lo superavano, venivano promossi ad Incantatori. Era una prova segreta quanto barbarica, della quale non sapevano nulla fino al giorno predestinato.
Veeta venne sottoposta al suo Tormento quella stessa notte. Riuscì a passarlo con successo e facilità, lasciando un segno indelebile nella memoria dei maghi e templari presenti. Fermin lo passò un paio d'anni dopo, ed i due amici poterono riunirsi nei livelli superiori della torre.
I loro progressi andavano a gonfie vele, e dopo tre anni, la loro monotona vita stava per avere una svolta.

Veeta stava leggendo in completa tranquillità nella biblioteca, quando un sonoro trambusto attirò la sua attenzione come quella di molti altri. Alzò il capo e vide l'amico correrle in contro rischiando di travolgere chi si trovasse sul suo cammino. «Veeta! Finalmente ti ho trovata!» Era paonazzo per la corsa, ed aveva il fiato corto. «Cosa c'è di così urgente?» gli chiese con uno sguardo divertito «Loro sono qui.» le disse mentre riprendeva fiato, facendola accigliare. «Chi?» Fermin le sorrise come chi la sa lunga. « I Mortalitasi.»
Veeta si alzò di scatto, mentre l'amico ridacchiava. Senza aggiungere altro, le fece strada portandola verso l'ingresso. Quand'erano a pochi metri da esso, Fermin la strattonò per un braccio facendola nascondere dietro ad una colonna.
Secondo le credenze Nevarriane, quando l'anima di un morto attraversa L'Oblio, diventava uno spirito. Basandosi su questo, i Mortalitasi credevano che mummificare i corpi provvedesse ad un passaggio sicuro per gli spiriti dal corpo all'Oblio. L'ordine studiava con interesse la morte, ed i suoi membri erano famosi per i loro esperimenti di negromanzia. Nonostante i Mortalitasi fossero rispettati all'interno del regno, i maghi al di fuori di Nevarra li temevano e credevano che loro in realtà seguissero un culto della morte e facessero macabri riti all'interno della Grand Necropolis; l'immensa città dove si ergevano i mausolei.
Il Primo Incantatore stava accogliendo alla torre un piccolo gruppo di cinque Mortalitasi, che indossavano preziosi vesti scure e portavano staffe di mirabile fattura. Quello che si stava rivolgendo direttamente al Primo incantatore era un anziano uomo di colore, il volto scavato da profonde rughe e la testa completamente calva.
Ma lo sguardo di Veeta venne catturato da uno dei suoi compagni in particolare. Un uomo di circa quarant'anni, la pelle ambrata con appena qualche segno del tempo, i tratti del volto scolpiti e decisi con la mascella scolpita. I suoi occhi sembravano due fredde perle grigie, i capelli legati in una bassa coda di cavallo erano castani, cosi come la barba che andava di circa un centimetro oltre il mento.
L'uomo parve quasi sentire il suo sguardo fisso su di se, e voltò il capo con espressione corrucciata. Ma quando si voltò, non vide nulla.
Lei e Fermin si erano allontanati appena in tempo. «Non posso crederci!» disse lei eccitata, mentre camminavano velocemente per non farsi beccare a spiare. «Cosa ci fanno qui? Credevo che fossero una gilda di...nobili! Perchè vengono al Circolo?» Fermin alzò le spalle con noncuranza, non condividendo il suo entusiasmo «C'è chi dice che a volte vengano al Circolo per vedere se ci siano dei validi apprendisti. Ma non li avevo mai visti prima.»
«Oh Fermin è incredibile! Sono così....così...»
«Morti.» replicò l'amico con tono di voce greve, mentre lei gli dava una spinta «Piantala di scherzare!»
«Sono serio! Li hai guardati bene? Avevano tutti gli occhi così spenti! Secondo me passare troppo tempo con i morti porta via loro un po' di vita. Non riesco a capire come tu possa ammirarli così tanto...» la maga sospirò sonoramente, alzando gli occhi al cielo. «Non dire scempiaggini. Dobbiamo scoprire cosa ci fanno qui.»
La notizia si sparse in fretta per la torre, e presto molti studenti iniziarono a fare capolino dalle loro stanze o dai corridoi, per riuscire almeno a vedere il famoso gruppo di maghi. I templari contenevano gli studenti, ma quasi non si avvicinavano ai Mortalitasi. La loro gilda aveva influenza anche a livello politico, e spesso alcuni nobili prendevano qualcuno di loro come consigliere personale.
Qualche giorno dopo, Veeta stava andando in biblioteca, stretti al petto tre libri che doveva rimettere al loro posto. Era quasi passata una settimana, ma i Mortalitasi sembravano non avere un obbiettivo preciso. O perlomeno, non lo avevano svelato. Mentre si aggirava fra gli scaffali, vide alcuni dei Mortalitasi riuniti attorno ad uno dei tavoli della biblioteca, parlottare a bassa voce. Lei si nascose dietro ad una delle librerie, assottigliando lo sguardo. Vi era l'uomo anziano dalla pelle scura, un'elfa dai capelli argentei ed un ragazzo dagli occhi verdi.
«Sono così interessanti?» domandò una voce bassa e leggermente roca alle sue spalle, facendola sobbalzare. Si voltò di scatto ad occhi sgranati, le guance rosse dalla vergogna per essersi fatta sorprendere a spiare. Era l'uomo che aveva notato il giorno del loro arrivo. La ragazza sentì il volto avvampare mentre si appoggiava con la schiena agli scaffali. «M-mi dispiace!» riuscì a dire dopo qualche secondo d'esitazione. «Non avevo intenzione di disturbare. Ero solamente...» lasciò la frase in sospeso «Curiosa?» le disse con sguardo serio, ma tono di voce divertito.
Dei passi pesanti preannunciarono l'arrivo di un templare, che fece capolino fra gli scaffali mentre controllava la zona. «C'è qualche problema?» chiese bruscamente l'uomo, guardando malamente Veeta. «Vi era stato espressamente detto di non disturbare i Mortalitasi!» la maga rizzò la schiena per ricomporsi, ma prima che potesse dire qualcosa, intervenne il mago. Le posò delicatamente una mano sulla spalla attirandola a se, facendo un mezzo sorriso al templare. «Non vi è alcuna ragione di allarmarsi. Non mi ha disturbato, stiamo conversando. Potete andare.» il templare si soffermò con lo sguardo su di loro qualche istante, per poi scrollare le spalle e riprendere la ronda. Veeta lo guardò allontanarsi stupita. Era la prima volta che vedeva un templare prendere ordini da un mago. Lui le lasciò la spalla, per poi porsi davanti a lei facendo un piccolo inchino «Il mio nome è Isaac.» le si presentò facendole un sorriso che per un attimo accese gli occhi grigi. «Posso sapere il vostro nome, curiosa Incantatrice?» Lei sorrise, sorprendendosi nel sentirsi un po' impacciata. «Veeta. Mi chiamo Veeta.»

Dopo circa una settimana dal loro incontro, lei ed una manciata dei più promettenti Incantatori furono convocati nell'ufficio del Primo Incantatore. Assieme a lui vi era il gruppo di Mortalitasi, il cui capo era al suo fianco, mentre gli altri si tenevano in disparte. Vedendo come fossero tutti molto seri, Veeta non fece nemmeno un cenno di saluto ad Isaac, lei sapeva come comportarsi. Fermin non era con lei, ed a sentire lui ne era davvero felice.
Venne detto loro che sarebbero rimasti sotto lo sguardo vigile dei membri della gilda, li avrebbero attentamente studiati per vedere se vi fosse qualcuno degno di unirsi ai loro ranghi.
Veeta venne smistata assieme ad un ragazzo più grande di lei con Isaac. Lei sentì torcersi lo stomaco mentre uscivano in sua compagnia dalla stanza, anche se non avrebbe davvero saputo dirne il perchè.
Cominciò a comprendere nelle settimane successive, quando ogni volta che lo vedeva o parlava con lui sentiva il suo battito cardiaco accelerare all'impazzata e le guance talvolta arrossire impercettibilmente. Eppure, anche se quand'erano soli tentava un approccio diverso, lui era sempre moderatamente distaccato ma costantemente gentile.
Veeta era frustata per questo. Sapeva di essere una bella ragazza, una donna. Altri spesso cedevano al battito delle sue ciglia od ai suoi ipnotici sorrisi. Ma lui non pareva venirne minimamente sfiorato. Eppure sembrava stare volentieri in compagnia della maga. Sia per lo studio sia per parlare di argomenti più mondani.
Veeta faceva costantemente progressi, e non mancava di notare un lampo di ammirazione o stupore negli occhi di Isaac, come in quelli di altri Mortalitasi che occasionalmente osservavano anche gli altri Incantatori, senza mai dire una parola al riguardo.
Ma quando i due mesi passarono, e vennero nuovamente riconvocati nell'ufficio del Primo Incantatore, la maga ebbe una brutta notizia. Solo due di loro vennero ritenuti idonei. Ma Veeta non mostrò alcuna emozione sul suo volto quando ebbe la notizia. Si limitò a star lì con gli altri, finchè non li congedarono. Si permise di perdere le staffe solo quando potè rientrare nella sua stanza.
«MALEDIZIONE!» urlò mentre il vaso si schiantava contro il muro finendo in un infinità di schegge che schizzarono per la stanza. Non era mai stata così furiosa e delusa in vita sua. Eppure doveva trattenersi per non fare troppa confusione, od i templari sarebbero arrivati di corsa ed avrebbero trovato una scusa come un altra per punirla.
S'irrigidì sul posto, stringendo le mani a pugno e chiudendo gli occhi. Mentre cercava di dominare la rabbia respirando regolarmente, sentì l'aria crepitare attorno a se. L'energia elettrica la avvolse come un pesante mantello, rendendole i capelli elettrostatici mentre cercava di dominare la sua rabbia. Persino un eccesso di emozioni era pericoloso per un mago, un demone avrebbe potuto approfittarne, come ad esempio un demone dell'ira.
Qualcuno bussò leggermente alla sua porta, facendole socchiudere gli occhi e guardando l'uscio con astio. Mai come allora avrebbe voluto buttare giù quella dannatissima porta e scappare dal Circolo. Ma sarebbe diventata un eretica, ed i templari le avrebbero dato la caccia per poi ucciderla. O peggio...
Lasciò che l'elettricità defluisse lentamente dal suo corpo, fino a sparire. Prese un respiro profondo mentre bussavano ancora, voltandosi verso lo specchio per sistemarsi velocemente i capelli.
Si voltò verso la porta, assunse una postura rigida e si portò le mani in grembo. «Avanti.» disse fermamente.
Ma quando la porta si aprì, non riuscì a nascondere la sorpresa nei suoi occhi.
Il mago richiuse la porta dietro di se senza fare rumore. Guardò accigliato i cocci sparsi sul pavimento, per poi passare a lei «Veeta...»
«Isaac.» rispose con voce più fredda di quanto avesse previsto, ma non si scompose. «Siete venuto a salutare?» domandò sollevando appena il mento. «Non partiremo che fra qualche giorno.»
«Allora perchè siete qui? Avete bisogno di qualcosa?» fece un sorriso caustico, mentre un lieve sbuffo le fuoriusciva dalle labbra. «Anche se proprio non posso immaginare cosa possiate volere dalla vostra...indegna allieva.» non riuscì a trattenere un tono di voce tagliente. Isaac le si avvicinò, parlandole con tono di voce calmo e misurato. «Lo so che sei amareggiata. Lo posso capire ma...»
«Ma, non sono di famiglia nobile.» concluse incrociando le braccia sotto al seno. Lui rimase in silenzio «Ma Jonhatan e Maia si. Lui si è bruciato i pantaloni alla prova, mentre lei a fatica evoca un famiglio.» sbuffò seccata, per poi dargli le spalle e dirigersi alla finestra. Guardò Nevarra stendersi all'orizzonte, ma la guardò con sdegno.
«Un mago dovrebbe essere testato per il suo talento, non per il suo lignaggio. È davvero vergognoso.» senti i passi di Isaac mentre le si avvicinava, poi le pose una mano sulla spalla, facendola voltare di scatto. «Che cosa vuoi che ti dica? Che sei più brava, però non hai il sangue blu, ma marrone come la fogna dalla quale provieni?» l'impatto della mano di Veeta contro la sua guancia fu così violento e fulmineo da fargli voltare di lato il capo, mentre lei rimase col braccio sollevato. La maga aveva perso la pazienza, gli parlò come se le sue parole potessero secernere veleno «Se pensate che far parte dei Mortalitasi vi dia il diritto di...» Veeta non potè finire la frase. Isaac la portò le mani al volto, spingendola contro la parete. Spinse le labbra sulle sue con foga, lei sentiva la sua barba pizzicarle piacevolmente le guance. Veeta al principio si bloccò, non aspettandosi una reazione simile. Ma poi lei l'afferrò per i fianchi attirandolo a se. Fu un bacio lungo, mosso da un ardente passione carnale che sbocciava nel centro del petto per poi diramarsi lungo l'intero corpo.
«Non ti lascerò qui.» le sussurrò più tardi, mentre le scostava una ciocca di capelli dal volto, avvolti fra le candide lenzuola con la luce morente del sole che a malapena illuminava la stanza. Veeta appoggiò il capo sul suo petto, sospirando pesantemente «Non puoi andare contro i tuoi superiori. E se io uscirò di qui...sarò un eretica. I templari mi daranno la caccia.» Isaac sorrise come non l'aveva mai visto far prima «Non potranno, senza il tuo filatterio.»
Il filatterio era una fiala di sangue che veniva prelevata dai maghi non appena entravano nel Circolo, per poi essere incantato. Essi venivano poi custoditi, più comunemente, in un magazzino sorvegliato all'interno della torre. Se fossero fuggiti, i templari l'avrebbero usato come se fosse una bussola che portava dritto dritto a loro.
Veeta si accigliò «Il mio...come pensi di fare?» gli chiese «Ti prenderò un po' di sangue, per rintracciare il tuo filatterio. Quando domani andremo a prendere quelli di Jonhatan e Maia, sottrarrò anche il tuo, e lo distruggerò.» lei era accigliata «E poi cosa?»
«E poi vivremo liberi.» aggiunse Isaac in un sussurro.
Negli anni a seguire, la sparizione di Veeta sollevò molti dubbi, specialmente perchè con lei sparì anche il suo filatterio. Qualcuno pensò che avesse ricevuto aiuto da un templare che aveva soggiogato, ma rimasero solo delle voci. Isaac le insegnò le capacità dei negromanti, nonostante fosse categoricamente vietato dal regolamento dei Mortalitasi divulgare i loro segreti. Dopo quasi due anni di vita clandestina assieme, si sposarono. Fu un matrimonio celebrato in gran segreto, nella cappella c'erano solamente loro e la sacerdotessa.
Ma i segreti non possono durare per sempre.
Isaac fu scoperto dalla gilda così come Veeta. Ma non contattarono i templari, decisero che si sarebbero fatti giustizia da soli per il doppio tradimento del loro compagno.

«Non ce la faremo mai.» disse Veeta ansante, mentre si nascondevano fra delle antiche rovine mezze sepolte dalla sabbia del deserto per sfuggire ai loro aguzzini. Isaac le strinse la mano per cercare di confortarla, il sorriso sbieco ed il volto rigato dal sangue per vie di una ferita alla testa. «Sempre positiva, eh tesoro?» lei sbuffò seccata mentre si azzardava a guardare oltre i mattoni sbeccati. I loro inseguitori alzavano un gran polverone mentre galoppavano in loro direzione «Siamo in inferiorità numerica di tre a uno! Dannazione!» vide Isaac estrarre qualcosa dalla cinta che aveva in vita, mettendo a fuoco riconobbe uno dei pugnali seghettati che venivano usati nei rituali della mummificazione. Se possibile, la donna sbiancò ancor più di quanto non fosse impallidita per via del contatto profondo che aveva sostenuto con la morte negli ultimi sei anni. «Cosa vuoi fare?» gli chiese con un filo di voce. «Non lascerò che ti prendano.»
«Isaac non puoi farlo! Se non possiamo fuggire, moriremo combattendo. Ma non lascerò che tu ti sacrifichi!» le sorrise dolcemente, posandole una mano insanguinata sulla guancia e carezzandole la gota con il pollice. «Sei sempre stata ostinata.» l'attirò a se baciandola, un contatto che significava tutto ciò che non avevano più tempo per dirsi. «Ti amo» le sussurrò all'orecchio prima di alzarsi «Isaac...» l'uomo uscì dal nascondiglio, ed iniziò a correre in campo aperto, frapponendosi fra i nemici sempre più vicini e le rovine dov'era nascosta sua moglie.
Brandendo il pugnale, con la forza della disperazione si aprì le vene ed una litania proibita usciva dalle sue labbra.
In un attimo fu circondato dal proprio sangue che gli vorticava attorno, mentre degli squarci si aprivano permettendo ad alcuni demoni di entrare nel loro mondo.
«Isaac!» urlò Veeta con la disperazione e l'orrore nella voce, mentre guardava l'uomo che amava darsi in pasto ai demoni pur di salvarla.

«Non potei fare altro che fuggire.» disse la maga, pensando a quanto fosse cambiata da allora, ed a quante cose fossero cambiate nel mondo circostante. «Dopo qualche mese sentii della ribellione a Kirkwall, e della rottura fra la Chiesa ed alcuni dei suoi organi, ed all'insorgere di antiche. Come l'Inquisizione, alla quale mi unii. Sotto un certo punto di vista, l'Inquisizione mi ha salvata. Mi ha tolto dal pericolo costante di venir riconosciuta come eretica.» sorrise tristemente, sollevando il capo per guardarli.
«Perciò...non sei proprio sposata.» disse Hall accigliato «Cioè, è morto. Più che altro, sei vedo...» si prese un potente pugno allo stomaco da Lafka, che aveva accostato il cavallo al suo, gli fece mancare il fiato costringendolo a piegarsi su se stesso nel tentativo di riprendere a respirare. Veeta non fece una piega, limitandosi a rigirarsi la fede attorno al dito. «Isaac non è sparito. Quando morirò, verrò mummificata assieme a lui, ed i nostri spiriti si riuniranno nell'Oblio.» l'ombra di un dubbio passò sugli occhi della guerriera «Avevo capito che fossero i Mortalitasi ad occuparsi della mummificazioni. Non credevo mummificassero anche i loro traditori.» Veeta abbassò lo sguardo, sospirando pesantemente. «Infatti, lo feci io.» i due rimasero in silenzio, e la maga capì di doversi spiegare «Non potevo lasciarlo lì, a marcire nel deserto. Tornai dopo qualche giorno, e lo portai a Grand Necropolis. Conosco ogni centimetro di quella città, e sapevo come non farmi sorprendere. Non potevo portarlo nella sua cripta di famiglia, così andai in uno di quei mausolei di famiglie il cui nome era stato perso negli anni. Solo una persona sa dov'è questo posto, e che quando morirò dovrò riposare accanto a mio marito.» Hall si massaggiava il ventre pensieroso «Qualcuno dell'inquisizione?» Veeta scosse il capo «Fermin.» concluse Lafka dopo un paio di secondi di riflessione. La maga annuì «Dopo la morte di Isaac siamo riusciti a tenerci in contatto, anche se all'inizio era pericoloso sia per lui che per me.»
«C'è una cosa che non ho capito.» iniziò Hall «Solo una?» lo rimbeccò la guerriera con tono di voce sarcastico, mentre lui la guardava di sottecchi «Se ci teneva tanto a te, perchè quel giorno ti ha detto una cosa del genere? Riguardo il colore dl tuo sangue intendo.» inaspettatamente, Veeta si portò la destra alle labbra, soffocando una lieve risata «Glielo chiesi anche io, lui mi disse che era per curiosità. Voleva vedere se alla fine avrei tenuto la testa bassa o se mi sarei ribellata a dispetto del suo rango.» Lafka le fece un sorriso malizioso «Deve essergli piaciuta molto la tua reazione, a giudicare da cos'è successo dopo...» Veeta arrossì impercettibilmente, scuotendo poi il capo con un sospiro trasognante «Già. Ma ora basta. Guardate.» sollevò il braccio, mostrando loro il profilo di una città che si stagliava all'orizzonte. «Siamo arrivati. Hunter Fell.»
  
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