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Autore: time_wings    02/11/2019    4 recensioni
Alla 1-A viene data l'opportunità di passare un'estate in un resort di lusso. Sembra forse esserci un modo migliore di combattere il caldo e i duri allenamenti al chiuso?
Purtroppo, però, sogni così inverosimili, si sa, finiscono sempre per schiantarsi al suolo ed i ragazzi scopriranno presto, a loro spese, che non è tutto oro quello che luccica e che, come ogni eroe che si rispetti, anche a loro toccherà guadagnarsi la fortuna che tanto desiderano.
Riusciranno i nostri futuri eroi a trovare il modo di godersi l'estate nonostante imprevisti ed incidenti di percorso?
Piccole avventure e brevi sconfitte riempiranno i capitoli con il fascino travolgente dei personaggi che abbiamo amato.
Una storia di amicizia e di paura, che mostra il percorso di adolescenti in cerca di loro stessi, alle prese con timori da superare e amori da conquistare.
[KiriBaku, KamiJirou, Tododeku]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ACHLUOPHOBIA

paura del buio


 

Non ho paura delle tempeste, perché sto imparando a guidare la mia nave.
Louisa May Alcott





Il tempo sembrò dilatarsi agli occhi di Ashido, mentre l’oggetto scivolava via dalle mani del suo compagno di classe, giù, nell’oblio, nelle tenebre della notte. Fu nell’arco di quei pochi millisecondi che non poté che domandarsi come diavolo avesse fatto a finire in quella situazione. E, purtroppo per lei, sapeva benissimo come era accaduto.

Il tragitto per arrivare al tugurio si stava rivelando più insidioso del previso, soprattutto se si considerava il fatto che la sabbia non offrisse una superficie stabile e sicura per uno che barcollava.
“Ehi, Todoroki, ti dispiacerebbe farmi un po’ di luce?” Domandò cauto Midoriya, rinforzando la presa sul fianco del compagno.
Da quando avevano superato il piccolo golfo che avevano scelto come rifugio la luce del falò era stata bloccata da una manciata di alberi che, se prima rappresentavano la loro copertura, ora rappresentavano a tutti gli effetti la seccatura di Midoriya.
Todoroki annuì impercettibilmente e si lasciò scappare una fiammella tra le dita, illuminando fiocamente la sabbia umida di sera.
“Vuoi vedere un’altra cosa che so fare con la mia Unicità?” Propose il ragazzo a metà.
Ecco, arrivato a quel punto della serata se Midoriya aveva ancora qualche dubbio sulla sua presunta cotta, adesso Todoroki glieli stava gentilmente risolvendo tutti. Le parole del ragazzo, infatti, oltre che essere estremamente equivoche, venivano anche spesso e volentieri pronunciate con un tono tutt’altro che ingenuo e le gambe di Midoriya tremavano ogni volta che la sua voce si abbassava di qualche tono.
“Forse è meglio se non…”
“Tranquillo, ce la faccio.” Lo interruppe Todoroki, liberandosi dalla sua presa e avvicinandosi a passo ciondolante al mare, per poi chinarsi e mettere una mano a mollo.
“Ma che stai facendo?” Domandò confusissimo Midoriya, quando vide che l’amico stava letteralmente assaggiando l’acqua.
“Non è molto salato.” Constatò Todoroki, illuminandosi ancora la mano. Midoriya notò che aveva gli occhi rossi quando lo guardò e il contrasto che faceva con il turchese acceso di quello sinistro era strabiliante: “Il mare, intendo.”
“M-mi fa piacere per lui.” Rispose in imbarazzo Deku, conscio del fatto che, a quel punto, non aveva senso essere ragionevoli.
“No,” Todoroki ridacchiò, voltandosi verso l’amico, che era ancora in piedi. Midoriya per poco non svenne: lo sguardo che gli regalò era così puro che gli fece venir voglia di piangere: “intendo che, in questo caso, posso fare una cosa.” Continuò il ragazzo a metà, che sembrava non essersi accorto del tumulto di emozioni che si agitavano nel giovane animo di Midoriya.
“Oh, ma certo.” Replicò lui, sentendosi, tra i due, quello che più aveva perso la testa.
E ne fu pienamente certo quando Todoroki eseguì una magia in piena regola davanti ai suoi occhi.
“La salinità…” Cominciò a spiegare Shoto, poggiando una mano sulla superficie dell’acqua: “è inversamente proporzionale alla temperatura di congelamento.” Concluse ed un sottile strato di ghiaccio si formò sull’acqua.
“In parole povere, meno sale c’è…”
“Più sarà facile congelare l’acqua, ma certo!” Concluse per lui Midoriya. Ed eccolo di nuovo: Todoroki gli regalò l’ennesimo sorriso spensierato. Perché non ne faceva mai di così sinceri quando era lucido?
“Che te ne pare?” Domandò Todoroki, dopo aver congelato già un metro d’acqua davanti a lui.
“Mi piace tantissimo!”
“Allora testiamolo.” Propose con leggerezza lui, poggiando un piede sull’acqua, continuando a ghiacciarne altra attorno a sé.
“Cosa? No!” Gridò Midoriya, ma era troppo tardi. Todoroki l’aveva già afferrato per i polsi e l’aveva trascinato sul ghiaccio.
Deku guardava con orrore lo strato gelato che aveva tutta l’aria di essere decisamente troppo fragile, ma Todoroki non sembrava preoccupato e Midoriya era stanco di pensare sempre così tanto.
Era con lui. Erano insieme e tutto quello che voleva era godersi il momento. Midoriya alzò esitando gli occhi sul viso di Todoroki, che gli teneva ancora le mani, e non poté fare altro che sorridere, quando incontrò il suo sguardo.
“È divertente.” Si ritrovò costretto ad ammettere.
“Vero?” Domandò Todoroki, con una curiosità quasi infantile. Midoriya annuì.
“L’ho sempre voluto fare, ma… Non lo so, mi sembrava da stupidi.” Todoroki sorrise e scosse la testa e Deku trovò che ci fosse una quantità di tristezza immane in quel sorriso accennato. Avrebbe tanto voluto vederlo sempre così... debole: “Ci sono così tante cose che vorrei fare.”
Una strana tensione si diffuse nell’aria. Midoriya si sentì quasi elettrico: “E allora falle.”
Todoroki fissò lo sguardo nel suo, penetrante. Midoriya ebbe paura che potesse leggere le sue emozioni, vedere i suoi pensieri, ma non gli importava. Dovevano essersi avvicinati ogni secondo di più perché adesso sentiva il suo soffio caldo sulle labbra e gli sembrava impossibile.
E infine accadde. Midoriya, d’altro canto, se lo aspettava da tempo.
Il ghiaccio si crepò ed un secondo dopo i due ragazzi caddero nell’acqua con un sonoro splash. Ci fu un attimo di silenzio, in cui constatarono che, sì, erano già fradici, ma poi non ressero e scoppiarono a ridere contemporaneamente.
“Io te l’avevo detto!” Riuscì a stento a dire Midoriya, tra una risata e l’altra.
“Mi sono distratto!” Provò a giustificarsi Todoroki: “Stai sciogliendo il mio ghiaccio.” Aggiunse il ragazzo con leggerezza, uscendo dall’acqua e spazzolandosi invano i vestiti fradici.
“Che… Che cosa hai detto?” Esalò Midoriya, attento a non farsi sentire e ancora in acqua.
“Esci da lì? Credevo che qui fossi tu l’adulto responsabile.”
“Cosa? Oh, sì, arrivo!” Si riscosse Midoriya, uscendo dall’acqua rapidamente: “Scusa.” Aggiunse, come se davvero avesse avuto bisogno di dirlo.
 
Tutto era iniziato un paio d’ore prima, quando Mina aveva visto Todoroki e Midoriya abbandonare la spiaggia. Non era certo a causa loro che adesso guardava sconsolata il punto in cui se ne erano andati, ma piuttosto per via di Jiro, che aveva preso quella strada una manciata di secondi prima di loro.
Ashido, infatti, era tantissime cose, ma non era stupida. Aveva capito che l’umore della sua compagna di stanza si era incrinato in seguito al bacio con Kaminari e, per quanto lei negasse di provare qualsiasi sentimento nei confronti del biondo, era ovvio, limpido e cristallino che ci fosse qualcosa di grosso in ballo.
Improvvisamente si sentì svuotata di qualsiasi voglia di fare. Non aveva alcun senso giocare, se poi nessuno si divertiva.
“Andiamo avanti?” La incitò Hagakure, riportandola sulla Terra e facendola uscire dalla bolla di pensieri che la teneva ancorata con lo sguardo ad un punto indeterminato della spiaggia, con il due di picche ancora tra le mani.
“Scusate, ragazzi, ma neanch’io ho più voglia di giocare.” Esalò la ragazza.
“Sì, tanto questo gioco faceva schifo comunque.” Si lamentò Mineta, alzandosi e spazzolandosi i vestiti con gesti secchi e irritati.
“Mi rimangio tutto. È stata una pessima idea.” Iida sentiva la testa vorticare e non riusciva a reggersi in piedi.
“Mi occupo io di lui,” Annunciò Hagakure, sorreggendo il capoclasse: “tu va’ da Jiro.” Aggiunse la ragazza, sottovoce, facendo in modo che solo Ashido potesse sentirla. Mina fu investita da un’ondata di affetto nei confronti dell’amica e le regalò uno sguardo carico di gratitudine per aver capito, senza bisogno di parole.
“Sto volando?” Si chiese confuso Iida, sorretto da mani invisibili.
“Ti do una mano.” Si aggiunse Ojiro.
“Davvero? Cioè… ehm… Grazie.” Si affrettò a rispondere Hagakure.
“Oh, ecco…” Ojiro arrossì violentemente: “Figurati.”
Ashido osservò, con un sorriso consapevole, i due allontanarsi, seguiti da Tsuyu, Uraraka e Momo, che cercavano di scrollarsi di dosso Mineta. Il ragazzo, infatti, voleva approfittare del buio per allungare le mani. Purtroppo per loro, ahimè, non c’era Todoroki a fare luce e Momo, per la disperazione, fu costretta a usare tutte le forze che le restavano dall’allentamento giornaliero per evocare una torcia rudimentale.
Mina finì di raccogliere le carte e salutò velocemente gli ultimi rimasti, imboccando la strada per tornare alle camere. Una mano si poggiò però sulla sua spalla, impedendole di proseguire.
“Posso parlarti?” Domandò Kirishima, la luce del falò, qualche metro più in là, proiettava ombre lunghe sul suo viso, del quale la ragazza riuscì a stento a riconoscere i lineamenti. L’indecisione vagò per qualche attimo nei suoi occhi. Avrebbe voluto correre da Jiro, ma anche con una così scarsa fonte di luce riuscì a vedere l’indecisione e la vergogna oscurare gli occhi tristi dell’amico.
Sospirò. Avrebbe sicuramente trovato Jiro sveglia, al suo ritorno e, conoscendola, in quel momento le avrebbe comunque chiesto un po’ di tempo da sola.
“Va bene.” Esalò, con un sospiro: “Ma allontaniamoci un po’.”
E, così dicendo, lo trascinò al buio sotto un albero sulla strada di casa.
 
“Io vi precedo. Devo fare una cosa.” Annunciò Kaminari, barcollando e allontanandosi dal falò senza degnare i due rimasti seduti di uno sguardo.
Sero e Bakugo guardavano fisso davanti a loro, i volti contratti in una smorfia di regale calma e pacatezza che celava emozioni tutt’altro che calme e pacate. Poi si decisero a voltarsi l’uno verso l’altro.
“Beh, allora torniamo?” Propose Sero, con falsa disinvoltura.
“Se apri ancora bocca ti…”
“Sì, mi fai saltare in aria la testa, eh?” Lo interruppe Sero, con un sorriso sornione che non avrebbe mai avuto il coraggio di rivolgere a Bakugo se non fosse stato per l’effetto della marijuana.
“No, quello è un trattamento che riservo solo a Kirishima.”
“Che carini.” Commentò l’altro, alzandosi e dirigendosi verso il viale di sabbia buio.
“Che cazzo hai detto?” Gli urlò dietro Bakugo: “Almeno vieni a spegnere questo cazzo di fuoco!” Si lamentò ancora il biondo, quando il compagno lo ignorò.
Sero si voltò verso di lui: “Come si dice?”
Bakugo lo fissò. Era uno sguardo di sfida. Spaventoso, sì, ma di sfida. Sero raccolse tutto il coraggio che il suo esile corpo fatto gli riuscì ad offrire e sostenne il suo sguardo come se ne fosse valso della sua vita, o peggio, della sua reputazione. Seguirono dei secondi interminabili, il fuoco scoppiettante come unico suono a squarciare quello che altrimenti sarebbe stato un silenzio assordante. Poi un singolo pensiero attraversò la mente di Bakugo, come un dardo: Inutile ragionare con uno nelle sue condizioni. Tanto domani se lo dimenticherà.
“Per favore.” Esalò infine, con un tono che rasentava più quello di una minaccia.
“Non ho capito.” Scherzò Sero, con un sorriso divertito.
“Vieni qua o giuro che ti ammazzo.”
“Okay.” Concesse il ragazzo, spaventato a morte dall’ultima affermazione di Bakugo.
 
Jiro sbatté furiosa la porta della camera E-77 e prese a fare avanti e indietro come se una forza oscura si fosse impadronita della sua mente, impedendole di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse la sua rabbia. Alzò lo sguardo sulla finestra, le veneziane davano filo da torcere al passaggio della luce lunare, che risultava essere spezzata da sottili striscioline d’ombra.
Jiro si impose di regolare il respiro e di darsi un contegno. Non importava che fosse sola, non voleva farsi vedere così fragile neanche davanti al suo stesso sguardo. Trasse un respiro profondo e chiuse gli occhi.
Una parte di lei si chiese se tutta quella rabbia, più che essere indirizzata verso Kaminari, non fosse invece causata dalla sua indecisione, o meglio, dalla crescente e sempre più confermata paura che lui le piacesse sul serio.
In quel momento arrovellarsi su simili questioni era l’ultimo dei suoi desideri, ma non era neanche sicura che sarebbe stata capace di addormentarsi in quelle condizioni, quindi fece ricorso alla sola cosa da sempre in grado di farla stare bene: la musica.
Estrasse la chitarra dalla custodia e si beò della sensazione ruvida delle dita che scontravano con le corde. Sospirò e suonò un paio di accordi. Un sorriso rilassato le comparve sul viso.
A rovinare la perfetta atmosfera furono un paio di colpi secchi alla porta, che la riscossero dallo stato di tranquillo intorpidimento in cui era consapevolmente piombata.
“Avanti.” Rispose annoiata, certa del fatto che Ashido fosse venuta a parlarle, ma un colpo di tosse conosciuto la costrinse a ricredersi sull’identità del suo visitatore.
“Ehm… ciao.” La salutò Kaminari, la testa che sbucava dalla fessura aperta della porta.
“Che c’è?” Gli domandò lei, cercando di mostrarsi quanto più indifferente possibile. Anche solo arrabbiarsi avrebbe tradito un qualche tipo di emozione.
“Ecco, io…” Kaminari sembrò pensare alla frase che stava per pronunciare e poi sembrò anche cambiare idea: “Non mi avevi promesso di farmi sentire qualcosa?” Disse invece, facendo cadere lo sguardo sulla chitarra, con una nota di speranza nella voce.
“Non stasera.” Sospirò esausta la ragazza, poggiando lo strumento sul letto e stringendosi nelle spalle.
“Mi metto in un angolo e ti ascolto.” Tentò ancora lui, con un sopracciglio alzato. Era divertito, ma non sbeffeggiante.
“È tardi, Kaminari, va’ a dormire.” Lo congedò lei, in tono triste, consapevole del fatto che, per quanto si stesse visibilmente sforzando, non fosse ancora in condizioni mentali adeguate per fare qualsiasi cosa che non fosse dormire o ridere stupidamente.
“Mi prometti che domani mi suoni qualcosa?”
“Va’ a dormire.” Ripeté lei, adesso fredda e sicura.
Kaminari percepì tutto il gelo nella sua voce.
“Anche solo ‘tanti auguri a te’?”
Jiro rise. Non seppe bene se per puro divertimento o per nervosismo. “Solo ‘tanti auguri a te’.” Concesse, sicura del fatto che il giorno successivo lui avrebbe dimenticato quella promessa. Kamianrì annuì soddisfatto, poi le diede la buonanotte e richiuse la porta.
Jiro sospirò e decise di mettere a tacere qualunque istinto che le intimasse di correre da lui e qualunque pensiero che la incitasse a fare i conti con i suoi sentimenti. Afferrò di nuovo la chitarra e le note di una versione malinconica di ‘tanti auguri a te’ riempirono la stanza, senza che se ne rendesse davvero conto.
Kaminari, con un orecchio incollato alla porta, sorrise raggiante.
 
“Io sono un po’ fatto.” Ridacchiò Kirishima, sedendosi scompostamente accanto ad Ashido. Per poco non le cadde addosso.
“Lo vedo.” Replicò seccata la ragazza, che aveva paura che fosse troppo andato per riuscire ad elaborare qualunque pensiero di senso compiuto.
“Bene, bene, bene, bene.” Esordì il ragazzo.
Ashido non resse e ridacchiò: gli voleva troppo bene, in fin dei conti: “Bene.” Scherzò la ragazza.
“Bene.” Ripeté lui, ma questa volta il suo tono era decisamente più teso e… serio?
“Io… Credo di aver capito una cosa mooolto importante.” Iniziò il ragazzo, la voce stanca e spezzata.
“Buon per te.”
“Ecco… Rimarresti sorpresa se ti dicessi che potrei…” Iniziò Kirishima, esitando e prendendosi strane pause: “Sì, beh, ecco, che potrei… in linea teorica…” Ci stava decisamente mettendo troppo, per i gusti di Mina: “essermipresounacottamegagalatticaperBakugo?” Sputò fuori il ragazzo tutto d’un fiato.
“Sì, rimarrei sorpresissima.” Esordì Ashido, senza esitare neanche un secondo.
“Beh, allora credo rimarrai sorpresa del fatto che mi sono preso una cotta megagalattica per Bakugo.” Confessò Kirishima, con tono solenne. Mina non lo vedeva al buio, ma era certa che avesse alzato un dito con fare austero.
“Ero ironica.” Lo rassicurò la ragazza, ridacchiando.
“Cosa? Lo sapevi?”
“Certo che no, ma non c’è comunque da stupirsi.” Ashido scrollò le spalle.
“Che vuoi dire?”
“Ecco… Non so come dirtelo, ma…” Mina si sentì un po’ a disagio, d’un tratto: “Diciamo che è da un po’ che ho la sensazione che si rendano conto tutti di quanto il vostro rapporto sia… singolare, ma manchiate solo voi a notarlo.”
“Oh.” Kirishima annuì, come a metabolizzare la notizia: “Ma l’hai visto, no? A me non sembra che lui sia, ecco… interessato a me in quel senso.”
“Ecco, parlando di questo...” Kirishima percepì un movimento: Ashido si era certamente voltata nella sua direzione, come se avesse voluto guardarlo negli occhi: “ma perché, tra tutti, proprio Bakugo?” Domandò la ragazza, un attimo prima di scoppiare a ridere, trascinando anche Kirishima nelle risate.
“Guarda che non è così male.”
“Oh, sono sicura che quando non urla, non ti insulta e non ti fa saltare in aria dev’essere una gran bella persona.” Replicò ironica Ashido. Kirishima ridacchiò.
“Davvero, non è così male. Si preoccupa, è intelligente e gli insulti fanno parte del suo fascino.”
“Se lo dici tu…”
Passò qualche minuto di rilassato silenzio. Erano al buio, senza fiatare, eppure Kirishima si sentì pienamente a suo agio con lei. E se ne rendeva conto solo in quel momento.
Ora che una tensione invisibile che da qualche giorno vagava fra loro due si era appena frantumata, grazie alla semplicità di una risata. Sentì che un macigno che non aveva notato neanche lui depositarsi lentamente sul suo petto, si era appena dissolto in una nuvola di rilassatezza.
Sorrise.
“Senti…” Riprese Ashido, con un po’ di nervosismo nella voce. Kirishima si agitò. Forse lei non la pensava come lui? “Hai intenzione di dirlo agli altri?”
“Chi sono gli altri?” Kirishima lo sapeva benissimo chi erano gli altri, ma sentì l’urgenza di prendere tempo. Ashido doveva essersene accorta, perché rispose con pazienza e dolcezza: “Kaminari e Sero.”
Già, Kaminari e Sero. Un conto era dirlo ad Ashido (e c’erano voluti giorni di conflitto interiore ed una bella dose di erba, per sputare il rospo), ma dirlo a Kaminari e Sero era tutta un’altra storia. Cos’avrebbe dovuto fare? Urlare all’improvviso: ‘Ehi, mi piacciono i ragazzi, ma, tranquilli, ho occhi solo per Bakugo’? Era fuori discussione e la loro reazione lo terrorizzava.
“Certo che sì. Lo farò prestissimo. So già quando.” Dammi solo il tempo di prenotare una bara ed una band rock che suoni al mio funerale, ma questo pensiero preferì non esternarlo.
Il suo tono non doveva essere stato disinvolto come avrebbe voluto, perché Mina replicò con la voce di una che, invece, aveva capito proprio tutto: “Non voglio pressarti, ma… Che ne diresti di farlo dopo lo scherzo?”
Kirishima annuì, poi si ricordò che Ashido non poteva vederlo: “Va bene.” Esalò. Avrebbe voluto usare un tono deciso, quasi militare, ma tutto ciò che riuscì a conquistare fu uno squittio spaventato.
Oh, no, questo non era stato affatto virile.
Si maledisse.
 
“Shhh.” Uraraka si arrestò di colpo, costringendo anche gli altri a fermarsi. Adesso il buio li avvolgeva e non avevano più il rumore dei loro passi sulla sabbia a tener loro compagnia.
Momo ebbe paura.
“Che cos’è stato?” Domandò Ojiro dopo qualche secondo. Le ragazze lo stavano aiutando, ma sorreggere Iida per lo più da solo si stava rivelando un compito più difficile del previsto.
“Non ne ho idea, ma proveniva dal mare.” Esalò Uraraka. Le tremavano le ginocchia dalla paura. Avevano affrontato supercriminali e creature terrificanti, eppure quello scenario buio e tetro era degno di un film horror.
“Bene, voi rimanete pure qui a scovare i cattivoni, io me la squaglio.” Disse Mineta.
Ojiro si era quasi dimenticato della sua presenza. Il che era tutto dire, considerato che tra loro c’era una ragazza invisibile che notava comunque più di lui.
“Che si fa?” Domandò Momo, non appena Mineta se ne fu andato.
“Odio doverlo dire, ma forse dovremmo seguire l’esempio di Mienta e…”
Delle voci costrinsero Uraraka ad interrompersi, poi una fiammella diede un’improvvisa speranza al gruppo: “Aspettate, ma quelli sono…”
“Todoroki, Deku!” Gridò Uraraka, correndo verso il punto in cui aveva visto il fuoco qualche secondo prima. Gli altri non poterono far altro che seguirla.
Al suono di quelle parole, un’altra fiammella, decisamente più grande, si accese nelle mani di Todoroki, che si accigliò: “Che ci fate qui?”
“Accompagniamo Iida in stanza.”
“Oh mio Dio, sta bene? Gli avete dato un po’ d’acqua? Forse dovrebbe…” Ecco, a questo punto c’era una sola cosa che si poteva fare, quando Midoriya si preoccupava fino a quel punto: “Ha solo bisogno di dormire, cra.” Tagliò corto Tsuyu, rassicurandolo.
Midoriya sospirò, sollevato.
“Voi perché siete fradici?” Domandò Momo, confusa.
I due sembrarono rendersi conto solo in quel momento di essere coperti d’acqua dalla testa ai piedi. Si scambiarono uno sguardo veloce, poi si voltarono di nuovo verso i loro amici: “È una lunga storia.” Spiegò Todoroki, in modo decisamente esaustivo, grazie alle sue sopraffine abilità retoriche.
“Già, ecco…” Midoriya sembrava più a disagio e decisamente più sull’orlo di snocciolare tutti i suoi segreti e Uraraka si sentì in dovere di correre in suo aiuto: “Ehm, vogliamo iniziare ad andare verso il tugurio?”
“Ottima idea.” Gracchiò Deku, non molto convincente, le iridi verdi che sembravano urlare ‘grazie’ da ogni pagliuzza. Uraraka lo trovò divertente.
“Andiamo.” Convenne Ojiro, che non ne poteva più di trascinarsi dietro Iida.
 
Fu quando Aoyama sentì bussare alla porta della sua stanza che la situazione iniziò a precipitare.
Se non avesse aperto lui, molte cose sarebbero andate diversamente.
Momo aveva lasciato Ojiro, Hagakure, Uraraka e Tsuyu da soli a portare Iida in camera e si era decisa a dare una mano a Midoriya, certa del fatto che tutto sarebbe andato liscio e sarebbe presto tornata nella comodità del suo letto.
Si sbagliava.
“Avete spostato la festa qui?” Aoyama li accolse con il sorriso vittorioso di chi la sapeva lunga.
Indossava un completino coperto di paillettes viola che creavano uno strano gioco di luci nella stanza. Il soffitto e le pareti, infatti, sembravano quelli di una discoteca.
“In realtà abbiamo accompagnato Todoroki in stanza.” Spiegò Momo, con un cipiglio confuso.
“Dove sei stato? Sei scomparso all’improvviso.” Domandò Midoriya, ricordandosi in quel momento che avevano perso l’amico, sulla via del falò.
“Avevo una commissione importante da sbrigare.” Replicò vago Aoyama.
Momo inarcò un sopracciglio: “A mezzanotte?”
“Le stelle brillano di più la sera.” Ribatté il biondo, come se quella fosse la spiegazione esaustiva e adatta che Momo stava cercando.
“Vado a prendere un po’ d’aria. Fa caldissimo.” Annunciò Todoroki, facendo del suo meglio per camminare dritto fino alla portafinestra e beandosi della leggera brezza notturna. Poi, con un gesto veloce, si liberò della giacca e della maglietta fradicie che indossava.
Aoyama storse il naso, osservandolo dalla testa ai piedi come per assicurarsi che avesse tutti gli arti al posto giusto.
“Ha fumato.” Spiegò Midoriya, lasciandosi scappare uno sguardo in direzione dell’amico, per assicurarsi che stesse bene (o per guardarlo a petto nudo, chissà).
Aoyama replicò con un Ooooh tipico di chi sembrava saperla lunga.
A quanto pareva Aoyama la sapeva lunga su tutto.
Poi accadde.
Todoroki aveva davvero in testa di fare la bella lavanderina, ma col buio ed i riflessi rallentati era inevitabile che dalla giacca che tentava di stendere scappassero le chiavi della stanza e che, ahimè, cadessero nella terrazza degli ospiti al piano di sotto del tugurio.
I tre ragazzi si precipitarono fuori, sporgendosi dalla ringhiera e guardando in basso, assieme a Todoroki.
“Tranquilli, ho tutto sotto controllo.” Disse il ragazzo a metà, preparandosi a calarsi dal terrazzo.
“Assolutamente no.” Lo dissuase Momo, con una mano sul petto e lo sguardo puntato lontano, tra i pini dormienti, pensando a cosa fare.
“Wow, l’erba ti ha fatto trasformare in Mr. Hyde?” Domandò Aoyama, un angolo della bocca sollevato in un sorriso ironico. Lui non sembrava particolarmente toccato dalla vicenda, più che altro pareva divertito. Fin troppo.
“Dobbiamo recuperarle al più presto o i professori si insospettiranno.” Si aggiunse Midoriya, con la determinazione che ardeva nel petto, per impedire che si trasformasse in panico. Iniziò a ponderare le varie possibilità. Calarsi da lì era fuori discussione: sarebbero dovuti scendere di almeno tre metri.
Lo chiamavano tugurio, ma era tutt’altro che una casetta fatiscente, dopotutto.
“Ho un’idea.” Momo ruppe il silenzio e i tre ragazzi si voltarono a guardarla. Arrossì.
“Ci metterei troppo tempo ad evocare una corda abbastanza lunga, ma, ecco… Ricordate che ho aiutato Ashido a preparare la valigia, prima di partire?”
“Ce ne avete messo di tempo, in effetti.” Considerò Aoyama, che era stato l’ultimo a farsi vivo a quell’incontro. Tre paia d’occhi si puntarono su di lui, inquisitori.
“Comunque sia,” Riprese Momo: “L’ho aiutata a far entrare una cosa che… Ecco, non mi ha voluto dire perché l’abbia portata, ma datemi qualche minuto. La vado a chiamare, sarà tornata in stanza, ormai.”
E, detto ciò, Momo lasciò tre ragazzi confusi su una terrazza, alle due del mattino.
Il che, si sa, non è mai una buona scelta.
“Vado a prepararmi del ramen istantaneo.” Annunciò Todoroki dopo qualche secondo di generale confusione, rientrando nella stanza sotto lo sguardo attonito di Midoriya.
 
Mina e Kirishima avevano incontrato Bakugo e Sero sulla via del ritorno, ma, prima che avessero avuto anche solo il tempo di darsi la buonanotte, Momo era corsa verso di loro, spiegando a grandi linee e con il fiatone il motivo di tanta fretta.
Ed ecco come Ashido si era ritrovata con la canna da pesca che aveva faticato tanto ad infilare in valigia al tugurio, dopo aver convinto Bakugo, Kirishima e Sero a seguirla in quell’avventura.
L’amo era stato difficilissimo da gestire, soprattutto se si consideravano le continue folate di vento, che vanificavano in una manciata di secondi il lavoro di minuti di concentrazione.
D’un tratto, Bakugo si era riscosso dal muro su cui si era appoggiato e aveva strappato la canna da pesca dalle mani di Midoriya, dato che toccava a lui provare.
“Spostati, nerd di merda, fai fare a me.” Sentenziò perentorio, ordinando a Sero di applicare una pallina di scotch all’amo, per facilitare la presa e per avere un peso che contrastasse meglio quel vento irritante.
“Bene. Ora state a vedere.” Bakugo prese la canna da pesca tra le mani e iniziò a calare l’amo. Tutti rimasero col fiato sospeso e non osarono proferir parola, mentre osservavano il filo snodarsi fino alla terrazza dei vicini. Il biondo inspirò profondamente, preparandosi per un’ultima manovra, che gli avrebbe consentito di ancorare le chiavi all’amo e chiudere quella storia ridicola una volta per tutte.
Purtroppo per lui le cose non andarono come previsto.
Un prurito leggero si impossessò del dorso della sua mano. Gli occhi gli caddero involontariamente sull’arto, in cerca della causa di tanto fastidio.
E poi lo vide.
Un ragno, grande più o meno la metà della sua unghia, camminava indisturbato tra le sue nocche.
“CAZZO!” Gridò il biondo mollando la presa sulla canna da pesca ed incendiandola sulla parte del manico.

Ed ecco come il tempo sembrò dilatarsi agli occhi di Ashido, mentre l’oggetto scivolava via dalle mani del suo compagno di classe, giù, nell’oblio, nelle tenebre della notte. La canna giaceva sulle mattonelle lussuose della terrazza, con l’amo ancorato con successo alle chiavi del tugurio.
Seguirono degli attimi di silenzio imbarazzante.
“Se non fossi stato fatto avrei fatto di meglio.” Lo provocò Todoroki, masticando i suoi noodles.
“Ti strozzo con quegli spaghetti falsi, bastardo!” Gli urlò dietro Bakugo.
“E ora noi come facciamo?” Domandò Kirishima, guardando incredulo Ashido e Sero negli occhi.
“Non ne ho idea. A Kaminari che diciamo?” Esalò sconsolata Mina.
“Beh, è ovvio.” Sero guardò gli amici ad uno ad uno, con determinazione: “Dobbiamo recuperarla ad ogni costo.”
A quel punto gli occhi di tutti erano puntati sui tre, per cercare di capire a cosa diavolo si riferissero e perché la perdita di una canna da pesca sembrasse paragonabile a quella della morte del loro animale domestico.
“Ehm, ragazzi, scusate…” Iniziò Midoriya, cercando di farsi spazio come poteva nella loro disperazione.
Bakugo si impossessò della domanda di Deku e, pragmatico come sempre, pose una sola, semplice e cordiale domanda: “Perché cazzo vi siete portati dietro una canna da pesca?”




Note di El: Omataseshimashita, lettori!
So bene che è tardissimo, ma è stata una settimana lunga e piena di impegni, in cui una fanfiction di compleanno (per di più ancora in corso) era la priorità.
E quindi ecco come mi sono ritrovata ad aggiornare ad orari improbabili.
Beh, che dire.
Todoroki si scioglie un po'... letteralmente (minchia, come sono simpatica) ed è ampiamente OOC. Uso la fattanza un po' come scusa, un po' perchè ce lo vedo davvero a fare queste cose sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
Kirishima capisce di avere una cotta clamorosa (oh, acciderboli, caro, sei stato velocissimo! Sono sarcastica, comunque) e Ashido è lì per fargli sapere che SHE KNEW, BITCH. Wow.
Io lo so che sono un po' scontata e clichè, ma, andiamo ragazzi, vi aspettavate qualcosa di diverso quando avete aperto questa storia che aveva la parola TRASH scritta tra le righe di ogni pagina?
Il senso è farci una risata e mettere in imbarazzo i nostri cari personaggi. Per le turbe adolescenziali c'è tempo, orsù, tra qualche capitolo!
Oh, tranne per la KamiJiro. Ohibò, che faranno?
E poi vabbè, la storia della canna da pesca. Vi giuro che ha senso, è già stata scritta, aspettate e vedrete!
Bene, è l'una e mezzo, quindi se ci sono errori ditemelo che sicuro mi sono persa qualcosa.
Vi ringrazio per star seguendo (ma si può dire "per star seguendo"?) ancora questa storia folle alla deriva (Cioè, davvero, ho notato un incremento di viuz all'ultimo capitolo, negli ultimi giorni, come a dirmi 'OHHHHHH, TI MUOVI?')
(Ma davvero le leggete tutte, queste stupide parentesi? Beh, scusate)
A martedì [O venerdì prossimo (ma è già sabato! Gnè gnè), non lo so, devo pensare se ce la faccio con i capitoli di scorta].
Scusate lo sclero notturno!
Adieu,

El.

 
   
 
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