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Autore: Eevaa    04/11/2019    4 recensioni
• Dopo otto lunghi anni dall'ultima battaglia contro Thanos, Peter trova finalmente il coraggio e il modo di mettere a posto le cose. Tuttavia riuscirà a sistemare anche il conflittuale rapporto con se stesso? •
Peter aprì gli occhi nuovamente, serrando la mandibola più forte. Non avrebbe mai dimenticato, non lo aveva mai fatto.
E, proprio per quel motivo, realizzò solo in quel momento come avrebbe dovuto agire.
Non aveva mai potuto farlo per se stesso, ma ora l'avrebbe fatto per Lei.

[TonyxPeter] [Spoiler!Endgame] [Spoiler!Far From Home]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Morgan Stark, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà della Marvel.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.



HIGH
HOPES


CAPITOLO 6 - HIGH HOPES

 
•••
 


Il sonno di Tony era sempre stato costellato da risvegli di controllo repentini. Sempre. Tuttavia, quella notte ebbe la piacevole sensazione di aver dormito come un sasso e, quando le prime luci del mattino penetrarono dalle imposte per baciargli il volto, dovette davvero faticare per aprire gli occhi.
L'ultima volta che era stato graziato da una sensazione simile era... beh, non se lo ricordava. Quindi forse non era mai esistita un'occasione simile.
Tranquillo. Era sorprendentemente tranquillo. Il rumore frenetico dei suoi pensieri era molto meno assordante del solito, e si sentì riposato.
Mentalmente, s'intende. Dall'alto dei suoi cinquant'anni suonati, dormire su un divano non era l'idea migliore per le giunture.
Si stiracchiò in modo distratto, poi si tirò a sedere ancora con gli occhi gonfi di sonno. Si guardò indietro nel sentire un piccolo grugnito da parte di chi aveva condiviso il suo giaciglio e non riuscì a fare a meno di sorprendersi.
Peter era lì, accartocciato nella loro coperta di flanella a quadretti, gli occhi chiusi e i capelli ancor più spettinati del solito. Sembrava ancora un ragazzino, sebbene fosse oramai un uomo a tutti gli effetti.
Le guance gonfie e l'espressione corrucciata di chi sta combattendo mirabolanti battaglie nel sonno.
Sorrise, Tony. Sorrise senza nemmeno rendersene conto. Sorrise perché era così piacevole guardarlo dormire. Sorrise perché non gli sembrava ancora vero, di averlo lì in carne ed ossa. Gli era mancato così tanto!
Non voglio morire, signor Stark.
Rabbrividì. Non riusciva ancora a toglierselo dalla mente, mai. Capiva Peter, i suoi incubi.
Avevano avuto entrambi un triste destino, in quella dimensione. E fu grato a quel ragazzino per aver cambiato le cose. Perché ora erano felici, sereni, tranquilli. Si era risolto tutto.
Felice. Sì, Tony si sentì veramente felice, ma la felicità era qualcosa che lo aveva sempre spaventato.
Il suo sorriso si spense all'improvviso, perché tirarsi la zappa sui piedi era sempre stata la sua specialità; avere paura delle cose positive, delle cose piacevoli ed emozionanti, di ciò che lo faceva sentire bene.
Così tipico di lui!
Si alzò in punta di piedi e sistemò meglio la coperta addosso a Peter, il quale inspirò senza però destarsi.
Quando Tony uscì dalla porta, trovò un quadro dipinto nei suoi occhi. L'alba di un nuovo giorno, un giorno con pennellate di blu, rosso e rosa. Sentì le guance pizzicare per il freddo, il bianco della neve sembrava un sorriso rivolto solo a lui.
Si strinse nelle spalle e strofinò le mani sugli avambracci per scaldarsi. Si appoggiò alla ringhiera del balconcino in legno chiaro del loro cottage e contemplò lo spettacolo naturale di fronte a sé per cercare di calmarsi, per scovare un appiglio dalle sue paure ingiustificate.
Non aveva senso avere paura. Peter era lì, e non sarebbe andato da nessuna parte.
Cosa c'era di male a sentirsi così felici, del resto? Cosa c'era di male ad avere un cuore che batte forte senza reattore ARC attaccato al petto? Cosa c'era di male a sorridere nel guardare una persona a cui si vuole bene? Cosa c'era di male a desiderare di averlo vicino... più vicino?
Tony corrucciò lo sguardo. Beh, forse non c'era niente di male. Ma qualcosa di strano c'era eccome.


 


«Più veloce, papà!» urlò Morgan, sorpassando il signor Stark e spruzzando la neve con la coda dello snowboard.
«Già, più veloce, signor Stark!» incalzò Peter, imitandola e lanciando una ragnatela a un albero più avanti per trainarsi ed aumentare la velocità. Oramai si sentiva sicuro, su quella cavolo di tavola.
«Ehi, Bimbo Ragno! Non fare troppo il gradasso, che ieri hai passato mezza mattina con il culo per terra!» lo sfotté Tony, con un ringhio. Dannato Parker! Tutto ciò che faceva gli riusciva bene, imparava anche fin troppo in fretta. «Troppo facile con i super-poteri!»
Incalzò una dunetta per darsi lo slancio e avere più velocità, ma sia Morgan che Peter erano già fin troppo avanti. Si sentì vecchio, dannazione! Ma non ebbe nemmeno il tempo di crogiolarsi nella frustrazione, che una sostanza collosa gli imprigionò la mano sinistra a tradimento.
«Ma che ca-» imprecò, sentendosi poi trascinare giù per la discesa ad una velocità fuori dal normale. «WOOOOH!» urlò nel percepire la pelle del volto bruciargli per il troppo vento. Veloce. Velocissimo! Anche fin troppo: una caduta a quella velocità sarebbe stata a dir poco rovinosa! 
Peter, però, rise come un pazzo nel vedere il sorpasso del signor Stark. Staccò la prima ragnatela e lo agganciò con un'altra per farlo frenare, affiancandosi poi a lui.
Completamente in balia degli eventi, Tony non riuscì nemmeno a parlare perché Peter – attaccato a lui con quella stracazzo di ragnatela - riprese a scivolare giù per la pista sempre più veloce.
«No, no! NO-NO-NO!» urlò Tony nel vedere una pedana apposita per i salti proprio davanti a loro, ma fu troppo tardi. Insieme la imboccarono in pieno e planarono in aria l'uno di fianco all'altro.
Tony aveva volato una miriade di volte, ma in tutta sicurezza nella sua armatura! Un vuoto d'aria gli morse lo stomaco quando, nel picco della loro ascesa, si trovarono a una decina di metri da terra. Cadere da così in alto gli sarebbe costata la tavola, se non la vita. Fece per urlare, quando Peter affrancò una ragnatela a un altissimo pino silvestre e, prendendolo per la vita, si dondolò fino al fitto bosco per evitare uno schianto al terreno.
Peccato che il bosco, per l'appunto, fosse così fitto che da lì a schiantarsi contro un abete sarebbe stato un attimo. Tony dovette chiudere gli occhi. Non voleva guardare, ma lo schianto non arrivò. Si sentì scivolare verso il basso e cadde dritto dritto in un morbido e freddissimo cumulo di neve. Si sbilanciò in avanti e ci atterò in piena faccia e Peter, cadendo a meno un metro da lui, si lasciò andare in una fragorosa risata liberatoria.
Era stato davvero divertente! Per lui, almeno. Perché Tony sembrava sull'orlo di un collasso.
«Tu sei un folle!» soffiò questi con il cuore in gola e il volto innevato. «MA CHE TI DICE IL CERVELLO?!»
Nonostante il tono minaccioso, Peter non riuscì proprio a smettere di ridere.
«I miei sensi di ragno non avrebbero mai permesso che le succedesse qualcosa di male, signor Stark!» lo tranquillizzò, levandosi dagli occhi il casco e la maschera protettiva, scompigliandosi i capelli con una mano guantata. «Non si fida di me?»
Tony ringhiò e imitò il gesto lanciando il casco pochi metri più lontano, sganciandosi la tavola dai piedi.
Fidarsi di lui? Certo che si fidava di lui. Più di ogni altra persona al mondo. Gli avrebbe affidato tra le mani la sua stessa vita e quella di sua figlia. A ripensarci bene, sotto sotto, era stato quasi divertente. A volte si dimenticava che lui non era solo Peter Parker. Era Spiderman sempre, con o senza la sua tuta. A differenza sua – che era Ironman solo con l'armatura – Peter i super poteri ce li aveva in ogni istante. 
Fece un grosso sospiro e riprese a respirare in modo naturale. Forse era risata di Peter che echeggiava nelle sue orecchie, forse era vederlo così allegro, sereno, con le guance arrossate dalla neve e gli occhi luccicanti di nuova vita, ma proprio Tony non riuscì a mantenere a lungo il cipiglio che aveva montato sul volto. Non poteva fare sempre il mentore, del resto.
Ma, anche complice tutta quell'adrenalina che la folle discesa gli aveva regalato, si sentì in diritto e soprattutto in dovere di fargliela pagare in qualche modo.
«E i tuoi sensi di ragno cosa ti dicono adesso?» domandò Tony, con un sorriso beffardo e vendicativo, dandosi poi lo slancio per caricare direttamente il suo protetto. «Perché sto per ammazzarti!»
«EHI, ASPET-» urlò Peter nel vederselo arrivare contro con due grossi cumuli di neve tra le mani. Se solo si fosse premurato di togliersi la tavola dai piedi avrebbe potuto balzare ed evitarlo, ma oramai era già una partita persa.
Si ritrovò con la schiena nella neve e un Tony Stark dall'aria minacciosa intento a spalmargli in faccia tutta la neve che riuscì a trovare intorno a loro.
«Così impari a sbeffeggiare chi è più grande di te!» ringhiò, nonostante la gran fatica a mantenere quella parvenza di serietà.
«BASTA – PUAH! - MI ARRENDO, MI – PUAH! - ARRENDO! TREGUA!» urlò Peter, sputacchiando neve nel tentativo di divincolarsi.
«Non te la caverai così facilmente!» ridacchio Tony, continuando a colpirlo.
«Ah no?!» disse Peter iniziando quindi a reagire, prendendo dalle mani altra neve e lanciandogliela contro. «E ora come la mettiamo?» domandò retorico. Decise di concludere lì quella battaglia e si diede lo slancio per potersi alzare e sollevare di peso Tony, lasciandosi poi rotolare verso il basso insieme. Perse la tavola rotolando.
Verde degli alberi, bianco della neve, azzurro del cielo. Bianco, verde, azzurro. Azzurro, verde, bianco. Ruzzolarono per qualche altro metro dentro quel fitto bosco, concludendo la loro discesa in un piccolo spiazzo appena illuminato da un raggio di sole.
Risero ancora un poco, fino a quando si accorsero entrambi di un dettaglio fin troppo significativo. Un dettaglio che non avrebbe potuto certo sfuggire, un dettaglio che forse si erano proprio andati a cercare.
Perché Peter, in quel momento, si trovava appoggiato con gli avambracci a lato delle spalle di Tony e, petto contro petto, si rese conto di essere adagiato sopra di lui, schiacciandolo un poco. Peter deglutì e schiuse appena la bocca con timore.
Le risate si fermarono. Tony spalancò gli occhi.
Il volto di Peter era così vicino da poter scorgere sul suo naso quella spruzzata di lentiggini che crescendo non erano scomparse. Se le ricordava, Tony, ma non aveva mai potuto contarle una ad una. I capelli erano umidi di neve, le guance tutte rosse per il freddo. Aveva la pelle delicata. Un timido raggio di sole gli carezzava la fronte, e i suoi denti erano bianchi come la distesa di neve che aveva visto ore prima, durante l'alba. Non si era mai accorto di quella sfumatura ambrata nei suoi occhi castani. Occhi timidi, spaventati forse almeno quanto i suoi.
Si guardarono da vicino, così vicino come non avevano mai fatto. Vicino da far sfiorare i loro nasi, le loro fronti in un contatto molto più intimo di quelli che avevano avuto. Tony si morse il labbro e percepì il proprio cuore battere fin troppo intensamente. Quasi gli fece male. Gli fischiarono le orecchie.
Peter si sentì soffocare, come se avesse bisogno di quella bocca per poter respirare. Era riuscito a farne a meno per anni e anni, a resistervi, mentre in quel momento sembrava un desiderio irrefrenabile. Avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi, sporgersi ancora un po' in avanti e coronare il suo sogno più recondito di sempre. Ma era giusto? Era davvero giusto così?
No, non sarebbe stato rispettoso nei suoi confronti. Tony era... beh, Tony era tutto. Come avrebbe potuto rovinare ciò che di meraviglioso si era creato per prendersi un rischio simile? Un'improvvisa paura lo colse.
Paura di essere rifiutato. Di fare la cosa sbagliata. Di mettere in difficoltà colui che amava in segreto, segreto che forse sarebbe stato meglio fare rimanere tale.
Troppa paura di deluderlo, di cambiare le cose. In fondo stava bene così.
Non era da lui scappare dai problemi, ma quello non poteva affatto considerarsi un effettivo problema. Scappare era l'unica via, l'unica via per difendere quello che aveva.
Con un colpo di tosse si sollevò sui gomiti per allontanarsi, mormorando scuse sconnesse così a bassa voce che Tony non comprese nulla. Non comprese ma capì una cosa: non avrebbe voluto affatto che Peter si sollevasse. Con un colpo di reni si alzò e si aggrappò alla sua giacca a vento, frenandolo dall'andarsene. Un gesto meccanico, senza pensiero. Istinto.
Ma, proprio quando stava per trascinarlo di nuovo a terra verso di sé, una voce acuta si levò da fuori il bosco, probabilmente da uno spiazzo a metà pista non troppo distante.
«PAPÀÀÀ! ZIO PETEEER! MA DOVE CAVOLO VI SIETE CACCIATI!?»
La voce di Morgan li fece sussultare entrambi, riportandoli sul piano del reale. Un reale duro e crudo come uno schiaffo in piena faccia.

 


Non si rivolsero la parola per il resto della giornata. Provarono a mantenere il sorriso, almeno con Morgan, ma la pura verità era che ciò che era successo – o meglio, ciò che NON era successo – li aveva lasciati sbigottiti. Entrambi.
Ovviamente a Morgan non sfuggì affatto l'improvviso cambiamento d'umore di suo padre e di Peter, ma decise di non metterci il becco. Del resto era abituata ai repentini cambi d'umore dello zio Peter negli ultimi tempi.
Quando verso sera Happy li raggiunse con il jet privato per riportarli alla T.S.M.A.F, Peter millantò un violento mal di testa pur di fingere di dormire e non dover affrontare conversazioni forzate lungo il tragitto.
Rincasarono al quartier generale poco prima dell'ora di cena e, a grande sorpresa, May li stava attendendo tutti e quattro con due gigantesche pizze famiglia fumanti. Sebbene Peter fosse sempre felice di avere zia May come ospite alla base degli Avengers, quella sera avrebbe davvero tanto voluto filare dritto a letto con una scusa.
E Tony, invece... beh, Tony non aveva appetito. Si sentì come se il suo stomaco fosse tra le grinfie di un Flerken e, ogni volta che si ritrovò distratto a incrociare lo sguardo di Peter, il Flerken nella sua pancia spalancava le fauci.
Fu un vero strazio quella sera riuscire a sopportare i rituali sociali del quartiere ma, giunto il momento di darsi la buonanotte e dirigersi verso le proprie stanze, il clima si fece ancora più pesante.
Sarebbe stato sì un buon momento per prendersi da parte e parlarne, peccato che nessuno dei due sapeva cosa dire. Sì, buon momento, ma pessima idea. E ancor più pessima idea quella di nascondere la polvere sotto al tappeto.


 


Se la notte precedente era stata una delle più tranquille e riposanti di tutta la sua vita, quella notte era in cima alla lista delle più insonni. In classifica insieme a quelle dopo Titano, quella dopo la morte dei suoi genitori, quelle in Afghanistan, quella dopo la guerra civile e quella prima del viaggio nel Regno Quantico.
Quella sarebbe stata denominata la notte dopo aver quasi baciato Peter Parker. Aveva quasi baciato Peter! Il suo protetto, il ragazzino che aveva accolto sotto la sua ala protettiva.
Tony spalancò gli occhi contro il soffitto e si passò una mano tra i capelli, con uno sbuffo. Il buio della notte lo tormentava, ma ogni volta che chiudeva gli occhi veniva sopraffatto dalla luce. La luce nello sguardo di Peter, le sue lentiggini, i suoi denti.
C'era qualcosa di troppo strano in tutto quello, troppo malato. Non aveva mai pensato a Peter in quel modo, cinque anni prima. Forse perché prima di Titano, Peter era un ragazzino e lui sarebbe stato oltremodo punibile penalmente, o forse perché c'era comunque Pepper nella sua vita. Erano stati amici, si erano voluti bene. Avevano trascorso nottate in laboratorio a lavorare insieme ma non c'era mai stato nulla... nulla di quello che stava accadendo in quelle ultime settimane.
Sei sempre tu. Proprio come ti ricordavo.
Adesso dormivano insieme, si abbracciavano, si sfioravano, si guardavano in modo strano e fino a quella mattina era stato convinto che fosse solo una conseguenza di tutta quella mancanza – per Tony cinque anni, per Peter otto. Ma era davvero così? Nel proprio cuore sentiva qualcosa di nuovo, qualcosa di strano. Sentiva che qualcosa fosse cambiato, ma non riusciva comunque a capacitarsene. Da quando le cose erano mutate? Da quando avevano iniziato a essere più che amici senza nemmeno rendersene conto? Forse già da qualche settimana.
Sembrate una vecchia coppia di sposi!
Quell'incremento cardiaco che percepiva nello stargli vicino avrebbe dovuto fargli venire da tempo dei sospetti. Era un uomo intelligente e colto, cazzo! Com'era possibile che non se ne fosse mai accorto?
Non che se ne stupisse, dal punto di vista fisico non era la prima volta che Tony provava attrazione per un uomo. E Peter era diventato davvero, davvero un bell'uomo.
Da giovane, durante le sue serate alcoliche prive di senso e sobrietà, Tony non aveva mai fatto grandi distinzioni tra i due sessi. E, non avesse mai provato qualcosa di romantico per Rogers, ma non si era mai tirato indietro dal guardargli quel ben di Dio che sfoggiava sul lato B. Beh, non più oramai, data la veneranda età. Sarebbe rimasto solo un bel ricordo nella sua mente. Ma aveva sempre provato troppo risentimento, troppo rispetto e poi risentimento ancora per Cap per provarci con lui. Quello era un uomo d'altri tempi, suvvia! 
Ad ogni modo voleva bene a Peter, così tanto bene che quell'improvviso cambio di rotta lo rendeva agitato. Togliendo il dettaglio che avesse la metà dei suoi anni, non aveva nemmeno idea se anche lui condividesse lo stesso tipo di sentimento. Quell'attrazione. Beh, senz'altro qualcosa sotto c'era, o altrimenti non avrebbe indugiato tanto a sfiorargli il naso con il suo quel pomeriggio. E che a Parker piacessero gli uomini, quello era un fatto risaputo oramai. C'erano tutte le carte in regola perché anche Peter ricambiasse quella cosa.
Mi è mancato da morire, signor Stark.
Trattandosi di Peter - e non di una persona qualunque - non sarebbe stato affatto il caso di fare colpi di testa e rovinare tutto per una notte sotto le lenzuola.
Si sentì d'improvviso accaldato. Con il respiro affannoso e uno strano e inequivocabile formicolio al basso ventre. Sì, decisamente le cose erano cambiate tra di loro, se solo il pensiero di avere lì Peter, nudo sotto le lenzuola, gli procurava quelle sensazioni.
Avrebbe voluto sprofondare nel proprio letto e scomparire, perché più di un'idea malsana gli attraversò la mente quella notte.
Se Stephen Strange fosse stato al corrente di tutto ciò, avrebbe visto almeno quattordicimila scenari possibili nei quali Tony correva nella stanza di Peter per portare a compimento ciò che avevano interrotto quel giorno. Ma Tony doveva resistere, doveva farlo per loro. Per non rovinare tutto.
E allora, in un barlume di consapevolezza, trovò il modo quattordicimilaeuno per evitare di uscire dalla sua stanza. Si sentì parecchio patetico, ma infilarsi una mano nei boxer fu l'unico modo per trovare pace.


 


Mancavano tre giorni a Natale, e da altrettanti tre giorni Peter e Tony evitavano accuratamente di rimanere soli nello stesso perimetro.
Si ritrovarono spesso a guardarsi addosso, arrossendo come due preadolescenti intimiditi.
Inutile dire che Tony si sentì parecchio ridicolo. E completamente in imbarazzo, dato che aveva trascorso le ultime tre notti a farsi le seghe pensando a Peter, piuttosto che parlare direttamente a lui. Che razza di perversione!
Il senso di colpa lo divorava, così come quella sensazione di smarrimento nel vederlo vicino e silenzioso. La mancanza. Gli mancava potergli parlare, poter trascorrere del tempo con lui. Tempo piacevole come l'avevano passato nelle ultime settimane. Ne sentiva il bisogno, una necessità che andava ben oltre al desiderio fisico che si era reso conto di provare per lui.
Ma allora cos'era, tutto quello? Non era solo attrazione. Non era solo amicizia.
Si sentiva un teenager alla prima cotta. C'era qualcosa di forte che lo portava nella direzione di Peter, qualcosa che non avrebbe potuto nascondere. Ed ecco da dove arrivava la paura di parlarci! Perché, se l'avesse fatto, gli sarebbe stato davvero difficile celare ciò che provava.
Con il Natale alle porte sentiva più che mai il bisogno di trascorrere del buon tempo con i propri cari, e il solo pensiero di passare quei giorni con un muro di distanza tra lui e Peter gli faceva salire la nausea.
Ma non si sentiva pronto per affrontare una cosa del genere. Un rifiuto? Forse. E se Peter avesse confermato, invece? Come poteva sentirsi pronto a vivere una situazione simile?! Era vedovo da soli tre mesi!
Si sentiva in difetto nei confronti di Pepper. L'aveva amata così tanto! Possibile che si fosse dimenticato di lei in così poco tempo? O forse, davvero, con Peter c'era sempre stato un legame speciale che non aveva mai saputo tradurre in quel tipo di sentimenti? Un legame pronto a spezzarsi o rafforzarsi alla prima occasione buona.
Gli scoppiava la testa.
Ci era abituato, certo. Il suo cervello non aveva mai smesso di pensare dal momento in cui era venuto al mondo. Ma in quei giorni la cosa si era fatta insostenibile. Non poteva continuare in quel modo. Non poteva continuare a darsi piacere di notte e soffrire di giorno.
Si prese la testa con le mani e lanciò il saldatore elettronico sul tavolo da lavoro. Era stanco, non riusciva nemmeno a concentrarsi.
«Cosa ti affligge, Stark?» la voce di Rogers fu come un salvagente pronto a tirarlo fuori da acque scure. 
Tony lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e si voltò di scatto verso l'entrata del suo laboratorio.
Non l'aveva sentito arrivare, ma ringraziò il cielo che fosse entrato in tempo per evitargli un attacco di panico. Forse avrebbe dovuto ricominciare a pensare alle chiappe del giovane capitano, di notte. E non alle lentiggini di Peter. 
«Niente» mentì Tony, senza però sforzarsi di essere anche solo lontanamente convincente.
Steve sorrise mesto e azionò la carrozzina elettrica per giungere più vicino a lui. Avrebbe tanto voluto alzarsi sulle proprie gambe per poterlo fronteggiare faccia a faccia, ma senza nessun aiuto oramai gli era davvero difficile. Ma tanto quello sguardo lo conosceva bene, fin troppo bene.
«Dire che ti conosco da quasi cento anni è abbastanza?» gli fece notare con sguardo eloquente.
Tony si sedette a braccia conserte sulla sedia girevole, portando poi il mento vicino al collo e alzando le sopracciglia con il suo consueto fare da insopportabile so tutto io.
«Beh, tecnicament-» si apprestò a correggerlo, interrotto però dalla voce rauca ma fin troppo dolce di Rogers. Non gli erano mai piaciuti quei tecnicismi.
«Tony...» lo ammonì Steve, le mani incrociate in grembo e gli occhi azzurri pieni di ricordi. Aveva conosciuto non uno, ma ben due Tony in momenti differenti nella sua vita, e quel volto poteva significare solo una cosa: pensieri intricati.
Tony alzò gli occhi al cielo con uno sbuffo. Mai una volta che Rogers gli lasciasse l'ultima parola! Eppure aveva ragione: non era mai riuscito a nascondergli un bel niente. E sì, si poteva dire che lo conoscesse come le sue tasche.
Erano stati davvero amici prima della guerra civile. Tra battibecchi, litigate e tutto il resto, c'era qualcosa di Steve che gli aveva sempre ispirato una gran fiducia. Lungi da lui dichiararglielo in passato ma, al momento, quel nonnetto si meritava anche qualche ricompensa da parte sua.
«Ho paura... di stare commettendo un errore» ammise Tony con un altro sbuffo.
Steve inclinò il capo, stupido. «Chi sei tu? Che ne hai fatto dello Stark che non sbaglia mai?» Si trattenne dal ridere. In qualsiasi universo Tony era sempre stato restio ad ammettere i propri difetti e i propri sbagli. Soprattutto non aveva mai gradito dimostrare insicurezza per i propri progetti e azioni. Piuttosto agiva, poi si prendeva la briga di risolvere i pasticci. Cosa lo stava portando a ponderare così tanto prima di commettere un errore? Qualche pensiero se l'era fatto. Dall'alto della sua veneranda età, vedeva molte cose.
«Simpatico, dico sul serio» disse Tony, sarcastico.
«Senti il desiderio di tornare nella tua dimensione? Si tratta di ciò?» domandò Steve, andando per esclusione.
«Dio, no!» si affrettò a rispondere. «Io... sul serio, sto davvero bene qui. E poi Morgan ha bisogno di me. Peter ha bisogno di me».
E io di lui” avrebbe voluto aggiungere, ma si morse la lingua prima di farlo. Aveva così bisogno di Peter, aveva così bisogno di parlare con lui, di averlo accanto.
Steve si sporse un poco più in avanti per osservare meglio quegli occhi color cioccolato. Oh, sì. Aveva ben capito quale fosse l'antifona.
«Peter... è strano anche lui, in questi giorni» commentò Cap con palese finta noncuranza. 
Tony drizzò la schiena, quasi indispettito. Indispettito e parecchio sorpreso, peraltro. Lo conosceva davvero così bene da accorgersi che il problema fosse davvero tra lui e Peter o stava bluffando?
«Cosa vorresti insinuare?» sibilò Tony sospettoso, controllante.
Steve ridacchiò e scrollò le spalle. «Niente, uomo di ferro».
«Sarebbe: ferro, oro e titanio» puntualizzò fastidiosamente Tony, per deviare il discorso. Mettersi troppo a nudo di fronte a Captain Perfettino lo spaventava sempre.
Steve sorrise mesto. La reazione fin troppo rigida del suo amico non aveva fatto altro che confermare ogni suo sospetto. Ma non aveva intenzione di giudicare, lui. Era finito il tempo delle grandi litigate, delle pretese. Dell'attaccarsi alla loro diversità caratteriale per sputarsi addosso e poi fare la pace con una stretta di mano e uno sguardo complice.
Aveva vissuto in una dimensione dove per lui Tony Stark era come un figlio, in un mondo in cui non si erano mai dovuti pestare a sangue per dimostrarsi superiorità, un mondo in cui non si erano fatti del male. Ed era stato bello conoscere quella parte di Stark che lui si ostinava a tenere celata a tutti. La sua sensibilità, la sua gentilezza. Sapeva di non avere di fronte quel Tony, bensì il primo in assoluto che aveva conosciuto, ma era certo che – malgrado quell'aria da strafottente che gli piaceva tanto indossare – fosse maturato.
Ed era altrettanto convinto che oramai non si sarebbero più trovati nella stessa situazione della guerra civile. Si erano perdonati, durante il viaggio nel Regno Quantico. Si erano riavvicinati, poi aveva pianto la sua morte come quella di un fratello. Quel fratello che, dopo più di cinquant'anni, si era ritrovato ad accogliere di nuovo nella sua vita. Avrebbe potuto permettersi, con lui, di compiere un passo in più verso i suoi affari personali. Perché oramai aveva più di una prova che Tony Stark avesse un cuore.
«Ma il tuo cuore è fatto come quello di tutti quanti, no? Usalo. Non è mai un errore» asserì Steve, sollevando una delle sue mani nodose per dargli due deboli pacche sulla spalla destra.
Poi, lento come era arrivato, si voltò per tornare nelle sale comuni. Se ne andò sorridendo, lasciandolo lì impalato con un'espressione da citrullo e il respiro mozzato dalla sorpresa.
«C...Cap!» soffiò Tony, con il groppo in gola. Ma Steve non lo sentì, oramai se ne era andato.
L'aveva lasciato solo, con un prezioso consiglio tipico da uno come lui. Un benestare, non un giudizio.
Forse avrebbe potuto trovare le forze per affrontare tutto quello.

 


Il Natale giunse alle porte di New York più luminoso e bianco che mai. La neve aveva iniziato a ricoprire le strade della metropoli alla vigilia e, lenta e silenziosa, aveva continuato imperterrita la sua caduta fino a sotterrare ogni cosa. Delicata, senza fretta.
La mattina del venticinque dicembre, Central Park sembrava una cartolina, tutto era fermo immobile. Si respirava tranquillità, calma e aria di festa. L'albero più alto, illuminato da migliaia di luci candide, donava alle persone speranza.
Pochi chilometri più lontano, oltre il Queens, i preparativi per il ricco banchetto dei supereroi procedevano allegri. Ognuno si era dato da fare, quella mattina, in vista del consueto pranzo nella più grande famiglia di sempre.
Era oramai tradizione trascorrere il Natale tutti insieme. Tutti gli eroi e le loro famiglie, in una festa immensa ma comunque intima. Bruce, Strange e consorte, Scott, Hope e i suoi genitori, Cap, Happy e May, Peter, Morgan e Rhodey. Thor e tutti i Guardiani della Galassia, compresi Quill, Gamora e Neytiri, la loro bambina di tre anni e mezzo. Wang, Shuri, T'Challa e le loro famiglie arrivate direttamente dal Wakanda per deliziarli di alcuni piatti tipici, Sam, Bucky (che oramai Tony aveva imparato a sopportare), Clint, sua moglie e la loro squadra da calcio di figli in continuo aumento, Wanda, alcuni abitanti di New Asgard e persino Ned e MJ.
Quell'anno, in occasione del ritorno di Tony, le presenze erano aumentate. Persino qualche Skrull, Nick Fury, Maria Hills e Carol Denvers avevano presenziato al pranzo, con la speranza che – almeno quel giorno – non fosse richiesta la loro presenza allo S.H.I.E.L.D o in qualche galassia meno fortunata.
Si sentì davvero felice, Tony, di ciò che erano riusciti a costruire durante i suoi otto anni di assenza. Probabilmente ci era voluta la sua morte per farli unire tutti. Beh, era stato un ottimo risultato.
Alle cinque del pomeriggio non avevano ancora servito il dolce, ma da sempre era tradizione aprire tutti i regali prima del meraviglioso panettone con la crema al mascarpone di May Parker. Tra adulti non era mai stato necessario farsi dei gran regali, solo pensieri, anche magari solo biglietti e lettere di auguri o oggetti di valore simbolico.
Tra tutta la confusione e la gioia, per Tony non ci fu cosa più bella nel vedere gli occhi di Morgan illuminarsi nel ricevere da parte sua – oltre a una nuova tuta da snowboard personalizzata – anche i primi bozzetti della sua futura armatura.
Anche Peter ne rimase sorpreso e, nonostante ancora dopo sei giorni non si era rivolto la parola con Tony, non poté fare a meno di spiare quei prototipi e commuoversene. Ironlady. Un armatura snella, leggera, con stencil in vibranio simili a ragnatele. Blu, rossa e dorata. Come l'armatura di Iron-Spidey. Un omaggio alla protezione datole dai due supereroi che l'avevano cresciuta.
Peter lo colse come un segno di pace, come un messaggio di tregua. Perché, proprio mentre Morgan saltellava in giro per la stanza con in mano quei bozzetti, Tony gli riservò – per la prima volta dopo sei giorni – un sorriso puro, compiaciuto. Un sorriso al quale non seppe non rispondere.
Ma il sorriso più grande - sui volti di tutti - apparve quando Peter uscì per qualche secondo dalla stanza, per poi rientrarci con un grosso scatolone ricoperto di nastri rosa e stelline dorate. Il suo regalo per Morgan. Lo sapevano tutti, cosa fosse. Tutti tranne Morgan, la quale non si sarebbe certo aspettata che suo zio Peter si ricordasse di una promessa sciocca fatta mesi e mesi prima.
Perché, quando dalla scatola tirò fuori un piccolo batuffolino di pelo rosso e bianco, lei non riuscì a trattenere le lacrime.
Inutile dire che Thalos fu l'unico a emettere un urlo spaventato alla vista del povero micio, additandolo immediatamente come un pericolosissimo Flerken.
Beh, Flerken o meno, il piccolo Anakin aveva tutto fuorché l'aria pericolosa.
Fu davvero imbarazzante il momento in cui toccò a Peter e Tony il momento di scambiarsi i loro pensieri. Peter ricevette dal suo mentore una cornice contenente la foto del loro primissimo incontro. Scatto catturato da una telecamera, il giorno dello Stark Expo. Peter era solo un bambino con addosso una maschera da Ironman, mentre Tony era intento a salvargli la vita.
Peter si rigirò la cornice tra le mani e sorrise. Anni e anni prima durante una giornata in laboratorio, quando aveva rivelato al suo mentore che quel bambino era lui, a Tony era venuto quasi un infarto. Sorrisero insieme di quel ricordo, dimenticandosi per un attimo ciò che li aveva portati al silenzio di quei giorni.
Tony ricevette da Peter un modellino telecomandato in miniatura della prima armatura di Ironman, quella che aveva costruito in Afghanistan. Pazzesco quanto gli fosse fedele!
Lo sciopero delle parole venne interrotto con degli imbarazzati “grazie” e “buon Natale”, ma entrambi sapevano che dentro quei pensieri, quei ricordi, si ricamava la storia che li aveva riportati fino a lì.



Ciò che distingueva la giornata di Natale da tutte le altre, era che si trattava dell'unico giorno che un branco di affamati supereroi saltava la cena. Del resto ci si era alzati da tavola alle sette di sera.
E, quando la maggior parte degli invitati non inquilini della T.S.M.A.F lasciarono il quartier generale, la notte si era già affacciata alle porte di New York. Sempre come voleva la tradizione, però, i festeggiamenti non si sarebbero potuti concludere prima di alcuni giochi da tavolo e qualche partita alla Play Station 6.
Quill si era sempre lamentato molto di come la sua versione digitale nel picchiaduro “Avengers Supreme War” non gli somigliasse proprio per niente, e non aveva proprio per nulla torto: sembrava la controfigura di Neville Longbottom.
«Zio Thor, ti prego! È il quarto controller in due mesi!» si lamentò Morgan, nel vedere il figlio di Odino intento a premere compulsivamente quadrato e cerchio per attaccare la sua avversaria – che, come sempre, utilizzava Ironman come personaggio. Invano, data la fatality appena infertogli dalla piccola Stark.
«Com'è possibile che tu vinca sempre?! In quale universo il Dio del Tuono è più debole dell'Uomo Lattina!?» grugnì Thor esasperato, non badando agli “ehi” di protesta di Tony per l'appellativo poco cortese. 
«Perché tu premi i pulsanti così forte che poi non funzionano più!» sbuffò Morgan, accasciandosi sul grande divano blu notte del salotto. Gli altri spettatori fecero lo stesso, stufi di dover interrompere sempre sul più bello i loro tornei di gioco per colpa di Thor.
«Devo progettare un pad più resistente solo per te» asserì Peter, strappandogli dalle mani il controller oramai conciato da buttare.
«Te ne sarei grato, Pete. Sono stanco di perdere contro una mocciosa» ridacchiò Thor, pizzicando per scherzo i polpacci di Morgan.
«Uh, qualcosa mi dice che perderesti comunque» si intromise Tony, annoiato.
«Non dire fesserie, Stark».
Tony lo guardò un po' sottecchi, quando un'idea apparentemente geniale gli balenò nella mente.
«Peter, sono curioso. Perché non andiamo a costruirgliene uno?» propose Tony, sentendo poi qualcosa muoversi nel profondo delle viscere. In un modo o nell'altro avrebbe dovuto riavvicinarsi a lui.
Peter non poté fare a meno di trattenere il respiro. Era sciocco, incredibilmente stupido continuare a evitare quel confronto, ma forse non se ne sentiva ancora in grado. Andare in un laboratorio con lui, progettare cose... era come un salto nel passato. Un macabro revival.
Erano sei giorni che lui e Tony non si rivolgevano più che qualche timida occhiata.
Aveva trascorso tutte le notti appollaiato sugli alti grattacieli di Manhattan e riflettere, a darsi dello sciocco perché era fin troppo probabile che avesse preso un abbaglio. Ok, si erano avvicinati; ok, avevano dormito insieme DUE volte; ok, Tony lo guardava in modo strano; ok, erano rotolati giù per una montagna finendo uno sopra l'altro, ma da lì a poter credere che tra loro ci fosse qualcosa era davvero troppo, no?
Eppure, quando Peter si era alzato per la troppa vicinanza, Tony l'aveva tirato di nuovo verso di sé. Perché? Cielo, come poteva essere? Non poteva essere successo però tutto solo nella sua testa.
Era confuso, troppo confuso, e trascorrere del tempo nel laboratorio da soli non avrebbe certo contribuito a districargli la mente. In passato non aveva faticato a tenersi tutto quanto per sé, era sempre stato attratto da Tony ma ben sapeva che la questione fosse a senso unico. Non era mai stato un problema passare le giornate a progettare insieme. Ma ora? Sarebbe stato altrettanto facile?
Solo quando si accorse che la pausa dopo quella proposta si stesse  facendo troppo asfissiante, prese un profondo respiro e deglutì. Lo stavano squadrando tutti, Tony compreso.
«O-ok» balbettò il ragazzo e, senza guardarsi indietro, si avviò al piano inferiore con un macigno grosso come un cocomero in gola.


 


«Dobbiamo rinforzare qui» indicò Tony, con un piccolo cacciavite a stella.
«E qui!» aggiunse Peter, spostando un cavo grigiastro dal controller aperto a metà.
Poi, dal nulla, Stark fece apparire davanti a loro un ologramma in scala aumentata del pad e tutte le sue componenti.
«Giusto. Che materiale suggerisci?» domandò Tony dopo aver aperto con le dita una lista virtuale di tutti i possibili elementi.
Peter fece scorrere la lista, con una mano sotto al mento, poi inarcò un sopracciglio come per pensare.
«Titanio?» si chiese a bassa voce, esercitando poi una compressione simulata. «Ma la forza è quella di un Dio, potrebbe non essere sufficiente. Aggiungiamoci della-»
«Fibra di vibranio» lo anticipò Tony, selezionando l'elemento e posizionandolo al suo posto. 
«E se mettessimo qui anche-»
«Una copertura ai cavi? Ottima idea. Sarebbero-» constatò Peter, agendo ancor prima che il suo mentore potesse farlo.
«Protetti» dissero all'unisono, avviando la simulazione in contemporanea. Funzionava.
E non era certo la prima volta che si anticipavano le parole. Non era la prima volta che agivano in modo così efficiente per risolvere un problema. Erano un team che funzionava alla grande, e nessuno dei due se l'era scordato.
Si guardarono soddisfatti e sorrisero. Ma quel sorriso, sul volto di Peter, si tramutò in pochi secondi in una smorfia imbarazzata. Abbassò subito lo sguardo, tradito dal rossore che l'aveva appena colto in volto.
Aveva senso continuare così? Fare finta di niente? Forse era meglio risolvere la questione subito, togliersi da quelle occasioni imbarazzanti e tornare a essere come prima.
«Signor Stark, io...» balbettò Parker, dopo aver lanciato il cacciavite sul tavolo con aria svogliata.
«Peter, è tutto ok» lo interruppe Stark, avvicinandosi di un passo per costringerlo a guardarlo in faccia.
Peter non lo fece. Continuò a fissare il pavimento finché Tony non posò due dita ghiacciate sotto il mento. 
Sollevò lo sguardo. «Lo è?» domandò, con un sorriso amaro.
«Sì, lo è» tentò di rassicurarlo Tony, e lo ammonì scherzosamente corrugando la fronte.
Non molto convincente. Come avrebbe potuto esserlo? Erano ancora lì, vicini, in quella situazione che era tutto fuorché normale, fuorché ok. Non tra loro!
«Ma signor Stark!» protestò Peter.
«Ma ti decidi o no a chiamarmi Tony?!» sbuffò, esasperato.
Peter si morse il labbro. Quante volte gliel'aveva già chiesto, di chiamarlo in quel modo? Possibile che non capisse quanto potesse essere difficile per lui?
Certo, che non lo capiva. Come poteva? Non era lui. Non era mai arrivato a quel punto, nella sua dimensione. Non poteva averlo sentito mentre lo chiamava in quel modo. Tony.
Quale momento migliore per dirglielo, per mostrarglielo? Per fargli sapere anche quell'ultima cosa.
Peter si allontanò di un passo, poi premette sul suo orologio il pulsante per farsi ricoprire dall'armatura di Iron-Spider. Tony arricciò il naso, senza comprendere cosa stesse succedendo.
«EDITH. Cerca tra i file dell'armatura e sblocca la proiezione Tu-Sai-Quale» mormorò con voce tremante. Non aveva più avuto il coraggio di guardarla da tanto, troppo tempo. La tuta aveva registrato tutto quanto, quel giorno. Ma ogni volta che Peter aveva provato a riguardare quei momenti, era stato colto dal panico, quindi aveva deciso di segregarli.
Ne sei sicuro, Peter? - domandò l'intelligenza artificiale.
No che non lo era. Ma avrebbe dovuto, per far capire a Tony cosa fosse successo. Non era mai stato pronto a mostrarglielo sia per non turbarlo, sia per non turbare se stesso. Ma quale momento migliore?
«... procedi. Mostramelo». All'ordine di Peter, il mini-drone sul petto della tuta si attivò e proiettò proprio di fronte a sé quelle immagini.
Dovette resistere dal non chiudere gli occhi.


 
«Si ricorda quando eravamo nello spazio e mi sono polverizzato? Devo aver perso i sensi perché mi sono svegliato e lei non c'era più. Ma il dottor Strange sì, ha detto che erano passati cinque anni e poi ha cominciato a fare quella cosa gialla scintillante e-»
«Vieni qui, abbracciami».
«Oh, che carino!».


Tony deglutì. Aveva il cuore in gola, ma sorrise. Solo in quel momento capì cosa intendesse Peter quando aveva detto di aver sottratto al Peter della sua epoca un bel ricordo. Ma poi lo scenario cambiò, la lotta era incessante.


«Io sono ineluttabile».
«Io... sono... Ironman».


«Signor Stark! Signor Stark, mi sente? Sono Peter! Ehi... abbiamo vinto! Abbiamo vinto, signor Stark. Abbiamo vinto, ce l'ha fatta, signore... mi dispiace... Tony...»
«Tony... guardami. Noi staremo bene. Puoi riposare, ora».



Tony dovette appoggiarsi al banco di lavoro con una mano per non cadere. Le gambe gli tremavano, il respiro si era fatto più intenso, quasi come se gli mancasse l'aria.
Sapeva cosa fosse successo, ma pensava di essersene andato, scomparso, disintegrato appena schioccate le dita. Non che fosse rimasto a terra agonizzante per tutto quel tempo, non che Peter fosse stato costretto a vederlo spegnersi. Non che fosse morto tra le braccia Pepper.
Quando le immagini sparirono, di fronte a sé, l'unica cosa che era rimasta in quella stanza era Peter. Il volto di Peter rigato dalle lacrime come quell'orribile filmato.
E allora trovò le forze di rimettersi in piedi, di ricomporsi e di riavvicinarsi a lui per abbracciarlo forte, più forte di quanto non avesse mai fatto. Peter dovette lottare per non prendere a singhiozzare, per non stare male come quelle rare volte in cui aveva guardato quelle immagini.
«Guardami, Peter. Guardami!» gli ordinò Tony, scrollandolo per le spalle. «Non andrò via, ok? Non mi succederà più niente del genere. Toglitelo dalla testa! Ok? Quando vorrai chiamarmi per nome, non mi succederà niente. Niente di niente. Io sono qui. Per te».
Lo accarezzò sulla testa, tra i capelli, tentò di rassicurarlo. Gli posò un bacio sulla fronte, poi sugli occhi salati, poi sulle guance.
Peter si sentì avvampare. Cos'erano, quei baci? Un modo di rasserenarlo? Un modo di stargli vicino? Di consolarlo? Ma allora perché ogni bacio si avvicinava di più?
«Ma questo... questo è sbagliato» soffiò Peter, trovando così la forza di parlare con voce rotta. Lo guardò negli occhi prima che potesse essere troppo tardi.
E lo era eccome, troppo tardi. Mai, mai provocare Anthony Stark dicendo che sta commettendo un errore. Mai.
Quell'errore venne da sé. Sempre che di errore di trattasse. Facile, fin troppo facile.
«Decisamente» ghignò Tony con un sorriso malizioso.
E, senza che Peter ebbe il tempo di replicare, si ritrovò con un nuovo sapore sulle labbra. Una nuova esplosione di colore.
Un sogno che prese d'un tratto consistenze di realtà.

 
 
Continua...
 


ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti! Come promesso, ho pubblicato questo capitolo puntuale per la fine del Lucca Comics. Diamine, è stato proprio bello! Lungo le mura avrò visto chissà quanti Spiderman e, da brava spendacciona, oltre a vari manga e gadget mi sono pure comprata due action figure, una di Ironman e una di Spiderman. 
Ma torniamo a noi! Beh... capitolo sicuramente molto intenso dal punto di vista emotivo, con un finale che è giunto facile facile. Non si poteva attendere oltre, per questo bacio. 
E adesso? Sarà tutto in discesa? Uhm... :) voi cosa ne pensate?
Vi informo che il prossimo capitolo è già quasi concluso, quindi tra massimo due settimane lo potrò pubblicare. Ringrazio di cuore tutti quelli che mi stanno lasciando delle meravigliose recensioni e anche chi ha messo la storia tra le seguite/preferite! Non fatevi problemi a scrivermi se avete dubbi, se trovate errori o semplicemente se volete darmi qualche suggerimento! Del resto questa storia è pur sempre un grande esperimento :)
A presto!
Eevaa
  
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