Capitolo
XII
L’ultimo
addio
(dal
punto di vista di Nick)
La
sveglia accanto al letto di Nick suonò. Lui tirò fuori una zampa da
sotto le
coperte e la posò su di essa, silenziandola. Si alzò lentamente e si
stiracchiò.
Si
guardò attorno nella stanza con gli occhi assonnati.
La
sua stanza.
Nick
non era più un ospite in quella casa. Ne era diventato il proprietario.
La
domanda era che cosa Nick ci avrebbe fatto, perché in quel momento non
si
sentiva affatto a casa sua. Quella era la casa di sua madre.
Nick
scostò le coperte e si alzò dal letto. Dopo essersi stiracchiato
un’altra
volta, i suoi occhi si posarono sul completo che avrebbe dovuto
indossare quel
giorno.
Meno
di due settimane fa, Viola aveva scherzato sul fatto che Nick sembrava
essere
pronto per andare a un funerale. Il fatto ironico era che oggi lo
avrebbe
fatto.
Oggi
era il giorno in cui Nick avrebbe affidato le spoglie di sua madre al
riposo
eterno.
“Tienilo
bene a mente, Wilde.” ordinò Nick a sé stesso, “Non mostrare mai a
nessuno le
tue fragilità.”
Nick
sentì una lacrima scivolargli sul viso.
“Certo,
come no…” esclamò Nick dopo essersela passata via.
Uscì
dalla camera da letto e si diresse dritto verso il bagno, fermandosi
solo per
dare un’occhiata alla vecchia stanza di Viola. A parte alcune
contenenti varie
cose che Nick aveva tirato fuori negli ultimi giorni, la camera era
praticamente
intatta. Nick non era il tipo da installare edicole o cose del genere,
ma
sentiva che una volta che avesse riordinato la stanza, sarebbe stato
meglio
lasciarla così com’era.
Allontanatosi
dalla stanza da letto di Viola, Nick andò in bagno, chiuse la porta
dietro di
sé e aprì il rubinetto della doccia.
******
Oggi
sarà il giorno peggiore di tutta la mia vita.
Peggiore
di quello dell’incidente durante quella conferenza stampa tenutasi
diciotto
anni fa.
Peggiore
di quello in cui ho dovuto scoprire la verità quindici anni fa.
Peggiore
di quello in cui ho dovuto far cremare Anabel.
Peggiore
di quello in cui sono tornato a Zootropolis ad affrontare la realtà.
Oggi
è il giorno in cui devo accettare il fatto che mia madre…
Non
avrei mai pensato che mi sarei di nuovo sentito così triste in così
breve
tempo, ma non c’è davvero paragone. Sembra che qualcuno mi abbia
strappato il
cuore dal petto.
******
Dopo
che Nick ebbe finito di farsi la doccia, tornò nella sua stanza e
iniziò a
indossare il completo, lasciando per il momento da parte la cravatta e
la
giacca, appoggiate su una sedia. Uscì dalla stanza e si diresse verso
quella
affianco, bussando delicatamente alla porta prima di aprirla.
Robin
dormiva ancora. Nick notò il completo che era rimasto appeso a una
gruccia nel
guardaroba aperto.
“Robin?”
lo chiamò Nick con gentilezza. Per tutta risposta, suo figlio si
raggomitolò
sotto le coperte. Nick entrò nella stanza.
“Robin…
alzati, figliolo.” disse Nick.
“Altri
cinque minuti…” mormorò Robin. Nick emise un suono che sembrava quasi
una
risatina. Scostò delicatamente le coperte dal letto di Robin, il quale
gemette
mentre si metteva a sedere.
“Che
ore sono?” domandò la giovane volpe.
“Le
sette.” rispose Nick lanciando un’occhiata al suo orologio da polso, “È
ora di
alzarsi e di prepararsi.”
Robin
si stiracchiò e sbadigliò acutamente. Nick arruffò la pelliccia sulla
testa del
figlio.
“Papà,
smettila…” protestò Robin, cercando di scostare via la zampa del padre,
“Mi
stai arruffando tutto il pelo.”
“Tira
fuori la coda dal letto e la smetterò.” replicò Nick. Robin sbuffò e
saltò giù
dal letto, stiracchiandosi ancora una volta.
“Oggi
è una giornata importante.” disse Nick voltandosi.
“Sì,
lo so.” esclamò Robin in tono sommesso.
Nick
lasciò la stanza e si diresse in cucina per preparare la colazione.
Riempì il
bollitore d’acqua e si preparò una tazza di caffè. Mentre il bollitore
ribolliva, qualcuno bussò alla porta d’ingresso. Nick uscì dalla cucina
e
l’aprì, guardando in basso. Finnick era in piedi davanti all’ingresso,
con
indosso un completo nero e un paio di occhiali da sole, nonostante
stesse
piovendo.
“Ehilà.”
esclamò Finnick entrando.
Nick
chiuse la porta e ritornò in cucina, mentre Robin usciva dalla sua
stanza con
indosso i pantaloni e la camicia del completo. Nick versò al figlio un
bicchiere di succo d’arancia, versò il caffè in due tazze e andò in
soggiorno.
“Non
potresti offrirmi qualcosa di più forte?” domandò
Finnick alzando un sopracciglio mentre Nick gli porgeva la tazza.
“Prima
di tutto, sai bene che mia
madre non beveva mai.” rispose Nick, “In secondo luogo, oggi spetta a
te
guidare. Perciò puoi scordarti l’alcool.”
“Gestisci
una compagnia che si occupa
di parchi a tema. Dovresti essere divertente.” commentò Finnick
fingendo di
tenere il broncio, mentre prendeva un sorso di caffè.
“Oggi
non c’è posto per il
divertimento, Fin.” rispose Nick con un sospiro, prima di bere un
goccio di
caffè, “E poi questa è una cosa che non mi riguarderà più.”
“Che
cosa dovrebbe significare?”
domandò Finnick alzando un sopracciglio.
“Ieri
ho firmato la mia lettera di
licenziamento.” affermò Nick appoggiandosi alla sedia, “L’ultimo
documento che
abbia firmato come Nicholas Hood.”
Finnick
inarcò le sopracciglia per la
sorpresa.
“Hai
lasciato il tuo lavoro?” domandò
il fennec.
“Già.”
rispose Nick, “Io e Robin ne
abbiamo parlato e ho deciso di consegnare le redini della società al
mio
vicedirettore. Quando torneremo in Messigatto, metterò in vendita
l’appartamento.”
Finnick
continuò a fissare l’amico a bocca aperta.
“Allora
hai proprio deciso di tornare sui tuoi passi?” domandò il fennec.
Gli
angoli della bocca di Nick si contrassero in una breve smorfia.
“Te
l’ho detto, Fin. Era ora che smettessi di scappare.” rispose la volpe.
“E
coma farai con Robin?” domandò Finnick fissando la giovane volpe,
intenta a
guardare indietro.
“Finora
ho sempre studiato a casa.” rispose Robin scrollandosi le spalle, “Papà
ha
detto che per me sarebbe stato meglio evitare gli stessi guai che ha
dovuto
affrontare quando era un cucciolo.”
“E
per quanto riguarda sua madre?” chiese Finnick con un grugnito, “Sarà
difficile
per lui andare a trovarla se è stata seppellita all’estero.”
“Lei
era stata cremata e custodisco ancora le sue ceneri.” rispose Nick,
“Senti,
Fin… possiamo discuterne più tardi?”
******
Finnick
lascia cadere l’argomento e nella stanza cala il silenzio. Dopo aver
finito di
bere il mio caffè, ritorno nella mia stanza da letto e finisco di
prepararmi;
anche Robin torna nella sua camera, mentre Finnick ci aspetta seduto in
salotto. Mi guardo allo specchio e per la prima volta in quindici anni,
vedo
finalmente me stesso, il mio vero io, che mi fissa.
Quelle
parole mi ritornano alla mente.
Rimani
te stesso.
Sento
una lacrima scorrere sul mio volto. Mi asciugo la faccia. Mentre guardo
l’orologio da polso, noto che l’ora di andare si sta avvicinando.
Prendo
il cellulare che si trova nella mia stanza e chiamo il sacerdote,
dicendogli
che saremmo arrivati entro qualche minuto. Una volta finito, esco dalla
stanza
e mi unisco a Finnick e Robin in salotto. Lasciamo l’appartamento in
silenzio
ed entriamo nel furgone di Finnick. Sento che Finnick mi lancia una
rapida
occhiata prima di accendere il motore e partire.
Il
cimitero non è lontano da casa. Ci vogliono solo pochi minuti. Il
sacerdote ci
aspetta al cancello d’ingresso. Mentre esco, rivolgo un cenno a Finnick
e lui
entra nel cimitero, dirigendosi verso la cappella.
******
“Benvenuto,
Nicholas.” esclamò il sacerdote, una volpe argentata, mentre porgeva
una zampa
a Nick, “Mi dispiace per la tua perdita.”
“Grazie.”
rispose Nick.
Il
sacerdote lanciò un’occhiata a Robin. “Lui è il nipote di Viola?”
domandò.
“Sì.”
rispose Nick, “E c’è qualcos’altro di cui debbo parlarle prima che
arrivi
qualcun altro.
“Vieni
dentro per un momento, così ne possiamo parlare.” disse il ministro di
culto.
Nick e Robin lo seguirono all’interno del cimitero, fino ad arrivare
sotto il
portico della cappella.
“C’è
un altro membro della famiglia che sarà presente alla funzione.” disse
Nick al
sacerdote.
“Tutti
coloro che desiderano rendere omaggio alla memoria della scomparsa
saranno i
benvenuti.” esclamò quest’ultimo, “Se fa parte della famiglia, desideri
che assista
alla celebrazione seduto in prima fila?”
“Esattamente.”
rispose Nick, “Non le sarà difficile capire chi sia, dal momento che
sua madre
è…”
“Judith
Hopps.” lo interruppe il sacerdote cogliendo Nick di sorpresa, “Sì,
sono
abbastanza vecchio da ricordare la coppia di poliziotti che pattugliava
le
strade della città dopo il caso dei Mammiferi Selvaggi avvenuto quasi
vent’anni
fa. Suppongo che suo figlio…”
“È
anche mio figlio.” disse Nick.
“Oh,
buon Dio.” esclamò il sacerdote tenendo gli occhi spalancati per la
sorpresa,
“Questo sì che è insolito. Non inaudito, ma di certo è
qualcosa che non
mi è capitato di vedere così tanto di frequente.”
Il
mammifero di chiesa si fece da parte mentre uno sparuto gruppo di volpi
entrava
nella cappella.
“Sono
gli amici di Viola.” disse Nick, “Ho incontrato alcune difficoltà nel
rintracciarli.”
“Sono
in pochi a essere presenti qui.” osservò il sacerdote.
“Alcuni
si sono trasferiti altrove, mentre altri sono già passati a miglior
vita. Non
aveva altri parenti.” fece notare Nick.
L’attenzione
della volpe era rivolta al sentiero che conduceva alla cappella, quando
vide
arrivare Judy e Nicholas. Nick rivolse un cenno a entrambi.
******
Vedere
carotina con quel vestito nero è… sembra cupa. E Nicholas… mi dispiace
davvero
che ci siamo incontrati in questo modo. Dubito davvero che tutto questo
sia ciò
che la mamma desiderava per ciascuno di noi.
Entrambi
si accomodano nella cappella. Seguo il sacerdote sulla soglia e
suggerisce loro
di sedersi in prima fila. Sento il rumore di un veicolo in
avvicinamento. Il
sacerdote si gira verso di me e annuisce, dopodiché anch’io faccio lo
stesso e
ritorno fuori.
L’auto
funebre si ferma a circa dieci metri dalla porta d’ingresso della
cappella.
Dietro di essa c’è una seconda auto, e da entrambi i veicoli escono
cinque
volpi. Vado loro incontro per salutarli e per un momento, i miei occhi
si
posano sulla bara presente nella parte posteriore dell’auto funebre.
È
in quel preciso istante che tutto diventa reale ai miei occhi. Sono
abbastanza
sicuro che avrei ripreso a piangere; per un momento sono tormentato da
singhiozzi soffocati, mentre la parte posteriore dell’auto funebre si
apre per
consentire a noi sei di portare fuori la bara con la massima
delicatezza.
Portarla
nel luogo del suo riposo eterno è tutto ciò che posso fare per mia
madre ora.
Noi
sei abbiamo il compito di portare la bara sulle nostre spalle. Sono
davanti
agli altri, con la bara in equilibrio sulla spalla destra. Camminiamo
verso
l’ingresso. Una volta dentro, scendiamo nella navata centrale in
direzione
della parte anteriore della cappella.
Noi
sei adagiamo con cura il feretro di mia madre sul cavalletto allestito
di
fronte all’altare. Gli altri cinque portatori fanno un passo indietro e
si
dirigono verso il retro della cappella per aspettare la conclusione
della
funzione. Io rimango accanto alla bara della mamma.
******
“Siamo
qui riuniti oggi per rendere omaggio e celebrare la memoria della
nostra
defunta sorella, Viola Emma Wilde.” disse il celebrante, “Ha lasciato
questo
mondo per ricongiungersi nell’aldilà alle anime di coloro che l’hanno
preceduta.”
Il
mammifero di chiesa alzò gli occhi verso l’alto.
“Ora
cederò il testimone a suo figlio, Nicholas Wilde, il quale vorrebbe
aggiungere
alcune parole.” disse prima di scendere dal pulpito. Nick, che si era
seduto in
prima fila accanto a Robin, si alzò e prese posto sul pulpito. Tutti
gli occhi
dei presenti erano fissi su di lui mentre spiegava un foglio di carta e
lo
posizionava sul piedistallo.
******
Desideravo
dire molte cose. Avevo scritto e riscritto questo discorso così tante
volte che
alla fine, dopo averlo tirato giù, non riuscivo quasi a sopportarlo.
Per la
verità, il discorso che ho preparato non è così lungo. Non ho neppure
riempito
una pagina, ma alla fine credo che tutti fossero a conoscenza delle
buone
azioni che mia madre ha compiuto nella vita. Mi sembra quasi palese.
Quindi
mi ritrovo qui, sul pulpito, a fissare il foglio contenente il mio
discorso.
Dopo averlo letto, sento che avrei potuto scrivere qualcosa di più, ma
il solo
pensiero mi arreca dolore. Sento come un coltello trafiggermi il cuore.
Prima
che possa perdere del tutto il controllo, inizio a parlare:
Quando
ero un cucciolo, la mamma mi diceva sempre ‘La notte cala, ma il sole
sorgerà
sempre il giorno successivo’. Per me, la notte è stata presente per
molto
tempo, ma lei era sempre lì a cercare di strapparmi dalle tenebre per
riportarmi alla luce. Non aveva mai smesso di credere nel bene presente
nel
mondo là fuori. Non aveva mai smesso di credere in coloro che amava.
Lei era
così. Vedeva il bene in ognuno. Sapeva che tutti, a un certo punto
della loro
vita, cadono a terra, ma era sempre lì, a offrire una zampa per
aiutarti a
rialzarti. Per lei non doveva essere stato facile crescere da sola un
figlio
che aveva perduto la speranza, ma non aveva mai voluto arrendersi con
me.
Questo è stato il dono più grande che abbia mai potuto offrire al
mondo: il
dono della speranza.
Mentre
proseguo il mio discorso, sento le lacrime tornare a bagnarmi gli
occhi. La mia
voce trema, mentre il mio sguardo torna a posizionarsi sulla tomba
della mamma.
Era la madre migliore che un cucciolo dal cuore a pezzi avrebbe mai
potuto
avere.
Dopo
aver concluso, scendo dal pulpito e torno a sedermi accanto a Robin.
Devo
ammettere che non sono riuscito a prestare attenzione alla successiva
lettura
del sacerdote, poiché i miei occhi erano fissi sulla mamma.
Il
sacerdote infine chiede a tutti i presenti di alzarsi. Torno indietro
verso la
bara della mamma e la risollevo sulle mie spalle insieme agli altri
cinque
portatori. La portiamo fuori dalla cappella e dal retro attraversiamo
il
sentiero fino ad arrivare in prossimità della fossa appena scavata. Una
volta
avvicinatisi, la adagiamo lentamente sul fondo. Il sacerdote riprende a
parlare; le sue parole segnano la fine della funzione.
Prendo
uno dei gigli che giacciono accanto alla fossa e la lancio all’interno
di essa,
mentre gli attendenti all’inumazione iniziano a riempire la fossa di
terreno,
in modo che possa riposare in pace per l’eternità.
Il
mio ultimo addio.
Resto
a guardare. Non c’è nient’altro che io possa fare. Rimpiango di non
essere
stato più presente nella vita della mamma. Sento i passi di qualcuno
venire
verso di me. Mi giro e vedo Nicholas avvicinarsi; il suo viso sembra
una
maschera di cupa determinazione. Per un momento fugace, temo che voglia
colpirmi di nuovo, come aveva fatto la prima volta in cui ci siamo
incontrati.
Quello
che fa, però, mi lascia completamente spiazzato.
Nicholas
mi abbraccia forte. All’inizio rimango immobile per lo stupore, senza
sapere
che cosa fare. Ma non dura a lungo, e alla fine ricambio quel gesto
affettuoso.
Mi
lascia andare e si dirige verso Robin per porgergli senza alcun dubbio
le sue
condoglianze, ma la mia attenzione si rivolge invece verso Judy, che è
rimasta
a guardare per tutto il tempo.
Non
c’è nulla da dire. Sono abbastanza sicuro che gli sguardi di entrambi
si
incrociano in quella che pare un’eternità. In quel preciso istante,
torno
indietro a quell’incontro di diciotto anni fa, sotto quel ponte.
L’illusione
non dura a lungo. Faccio un passo in avanti e abbraccio Judy. Questa
volta,
però, sono io a versare le lacrime.
Ho
perduto tante cose qui. Ma non ho ancora perso tutto.
Non
so per quanto tempo restiamo avvolti in quell’abbraccio, ma alla fine
lascio
andare Judy. Guardo per un attimo Robin e Nicholas, la mia sola eredità
che ho
lasciato al mondo. Ci guardano senza proferire parola. Annuisco
brevemente
verso Judy prima di voltarmi e lasciare il cimitero. Non c’è altro da
fare qui.
Tutti coloro che hanno preso parte alla funzione stanno andando via.
Ma
mentre mi accingo ad andar via, mi fermo vicino alla tomba accanto a
quella
della mamma. La tomba in questione appartiene a una volpe di nome
Johnathan
Reginald Wilde.
Era
mio padre.
Non
ho mai visitato la sua tomba da quando ero ancora un cucciolo, anche se
la
mamma lo ha sempre fatto. Fino a quando non ho fatto ritorno a
Zootropolis, non
avevo mai capito il perché.
Per
un momento, considero l’idea che, in qualche modo, John Wilde mi stia
guardando.
Quindi
rivolgo queste parole alla sua lapide: Faresti meglio a prenderti cura
della
mamma, d’accordo?
Perché
se non lo farai, ti butterò fuori dal paradiso a calci nel sedere
quando sarò
morto.
Rimango
a fissare la lapide per un altro po’ di tempo, prima di girarmi e
prendere il
sentiero che porta al cancello d’ingresso del cimitero.
Lancio uno sguardo di traverso in direzione di Judy. La mia zampa, quasi istintivamente, si avvicina alla sua… ma i fantasmi del passato ritornano a perseguitarmi per un attimo, prima di lasciarmi stare, e la mia zampa ricade sul mio fianco.
Note
dell’autore: Siamo
così arrivati al dodicesimo capitolo!
Dopo
il turno di Judy e Nicholas, questa volta è spettato a Nick. La nostra
volpe ha
dovuto incassare molti colpi bassi da parte di un destino che non si è
di certo
risparmiato nei suoi confronti. La scomparsa di suo padre, l’incidente
della
museruola, la conferenza stampa, la volontà – non realizzatasi – da
parte di Judy
di abortire il suo primogenito, la fuga da Zootropolis, la morte di
Anabel, il
mesto ritorno nella casa materna, la scoperta dell’amara verità a
proposito di
Nicholas… e ora, la sepoltura del feretro della sua stessa madre.
Eppure,
nonostante tutto questo, Nick è sempre riuscito a sopravvivere e a
trovare la
forza di volontà per ricominciare daccapo, ancora e ancora. Questo
dimostra
che, contrariamente alle apparenze, Nick possiede una forza di volontà
ferrea.
Non credete anche voi che sia così?
Come
è mia consuetudine, vi lascio alcuni link utili:
Pagina
DeviantArt dell’autore: https://www.deviantart.com/giftheck/
Capitolo
XII di Grief’s Reunion: https://www.deviantart.com/giftheck/art/Grief-s-Reunion-12-The-Last-Goodbye-689659259
Storia
completa: https://archiveofourown.org/works/10995909/chapters/24492501
Questo
è quanto. Come sempre, vi ringrazio per la vostra cortese attenzione e
vi
auguro una buona lettura. A presto!