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Autore: Mladen Milik    06/11/2019    1 recensioni
2006
Harry Potter è ormai convinto che la sua vita non possa più riservargli avventure ed emozioni, si sente ormai stagnante e troppo adulto per desiderare una vita diversa e più avvincente, così come Hermione affronta le difficoltà della sua carriera ministeriale.
Howgarts accoglie un nuovo Torneo Tremaghi che si intreccia con le disavventure di una nuova generazione di studenti alla prese con le ragnatele dell’amore e della giovinezza, ma mentre i ciliegi fioriscono trame sempre più ardite serpeggiano nell’ombra.
Gilderoy Allock ritorna alla ribalta più seducente che mai, così come un gruppo estremista chiamato le Colombe Rosse semina il panico in Gran Bretagna con l’obiettivo di sterminare gli ex Mangiamorte fuggiti alla cattura o rilasciati.
Una vampira ungherese si risveglia dal suo sonno centenario per avere la sua vendetta e altri misteriosi avversari tramano dietro le tende come falene svolazzano nella notte, pronte a stravolgere le leggi di un mondo magico che non smette mai di stupire.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gilderoy Allock, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Boys meet girls

 

 

L’atmosfera era caotica e tesa nello spogliatoio affidato ai ragazzi di Hogwarts, Aaron e Pam continuavano a litigare sugli schemi da usare nella partita contro Bauxbatons, lui insisteva su un pressing aggressivo per cercare di fare più centri possibili, mentre Pam si agitava per convincerlo a lasciare a lei il lavoro sporco del boccino e pensare invece a difendere i pali, in tutto questo Steven rimproverava Gienah e Thomas di non aver trovato un battitore in tempo, visto che nello spogliatoio erano soltanto in sei. “Vorresti dire che non sono abbastanza brava?! Ti ricordo che in 5 anni di Quidditch ho mancato il boccino soltanto tre volte!” esclamò Pam stringendo i pugni, l’energica grifondoro, nonché probabilmente la giocatrice più talentuosa della scuola era stata scelta in maniera democratica come cercatrice, dato che Aaron e Thomas non potevano accettare che uno dei due fosse cercatore e l’altro un semplice cacciatore. “Zitta meticcio. L’anno scorso ti sei fatta infinocchiare da quello scandalo di Shelley e l’ultimo ricordo che ho, è di te con la faccia nella sabbia del terreno di gioco” replicò Aaron posato e fissandola come sempre dall’alto al basso. “Forse perché non ricordi come te l’ho soffiato sotto il naso per ben 5 anni, siete sempre arrivati ultimi voi serpeverde, da quando ho memoria” “Non abbiamo bisogno di sollevare la coppa che voi meticci di Grifondoro e Corvonero vi passate di mano, sarebbe infettare le nostre sacre mani” Mentre i due continuavano a insultarsi, gli altri tre sembravano meno arrabbiati, ma molto più nervosi. “Sei un cazzo di incompetente, Shelley. Ti eri preso la briga di chiamare McLaughin come battitore e sei così pigro che non ti sei nemmeno alzato dal tuo culo per dirgli di giocare, senza battitori non abbiamo speranze” esordì Steven mordendosi l’unghia del mignolo. Thomas non rispose, rimaneva appoggiato con la schiena al muro scabro dello spogliatoio e si limitava a lanciare occhiate nervose al suo fastidioso interlocutore, apparentemente senza degnarsi del contenuto della conversazione. “Ci sarei io come battitrice” disse dunque Gienah, la cui ricrescita delle ossa non le permetteva ancora di giocare. Steven la ignorò completamente pur avendola ben sentita, era dopotutto estremamente scarsa e con il bolide avrebbe potuto seriamente ammazzare qualcuno, non solo sul campo, ma anche tra il pubblico. “Io mi sono sbattuto per trovare il cercatore e il portiere, se quelle sciacquette del terzo anno di corvonero ti occupano così tanto il tempo, tanto valeva stare con loro e non iscriversi al Torneo Tremaghi” “Io almeno ho delle ragazze che mi occupano il tempo. Tu invece sei capace solo di farti mollare, o sbaglio? E poi perché perdere il mio tempo con delle ex quando domani porto fuori a pranzo la mia nuova uscente?” “Uscente?!” “Tu stesso usi sempre questa parola, per descrivere le ragazzette di cui non te ne frega niente, beh per questa però potrei fare un’eccezione” continuò Thomas, mentre Steven schiumava di rabbia e invidia, gli occhi neri del ragazzo di corvonero erano ambiziosi e orgogliosi. “E chi sarebbe sentiamo? Non vorrai...” provò a replicare Steven, ma Gienah gli aveva prontamente tirato uno schiaffo sul collo. “Sarò anche una ciabatta a Quidditch, ma abbiamo una partita e dovreste essere compagni di squadra, tiratevi insieme che quei dieci punti mi servono” “Gienah ha ragione” intervenne Thomas “Ti chiedo scusa, ma parlare con questo primitivo, tira fuori il mio lato peggiore, la sua influenza è un male per questa scuola” “Ma come parli?!” esclamò Steven, mentre aveva le orecchie così rosse di rabbia da sembrare ammalato. All’improvviso Madama Bumb entrò nello spogliatoio generando subito nel rumoroso gruppo silenzio, ricordò alla compagine di Hogwarts che entro dieci minuti la partita sarebbe cominciata, quando però si appresto a lasciare la stanza dalla porta apparve Annie, vestita con la divisa viola delle case della scuola unite, il numero due sul petto e sulla schiena, la scopa da partita nella mano destra e la mazza da battitore nella sinistra. Steven incrociò i suoi occhi per qualche secondo e lei, senza arrossire o vergognarsi, spostò dignitosamente lo sguardo, per osservare lo spogliatoio sorpreso. “Annie! Mi guarderai le spalle anche oggi! Che sollievo” esclamò Pam e corse ad abbracciare la migliore amica, anche Alvaro, che era solito passare i pre-partita chiuso nelle sue cuffie con l’asciugamano ghiacciato sul collo in completo silenzio e che infatti non aveva ancora aperto la bocca fino ad allora, si alzò per stringere la mano alla ragazza. “Troppi meticci di Grifondoro, peccato che siamo davvero una formazione di falliti in serpeverde” disse sottovoce Aaron mostrandosi schifato alla presenza di Annie. Steven continuò a fissarla confuso, non sarebbe dovuta essere lì, i campioni di Hogwarts avevano deciso insieme che il battitore sarebbe stato Harry di tassorosso, sicuramente il più forte della scuola, ma Harry non si era presentato e, in quel momento, davanti a loro c’era Annie, che non era affatto una grande battitrice, era appena discreta e non aveva un grande controllo della forza, in più nessuno l’aveva menzionata e non poteva nemmeno sapere che avevano effettivamente bisogno di un battitore. Da quell’ultima volta non si erano più parlati, avevano avuto quell’ultimo litigio piuttosto pesante ed entrambi avevano iniziato a farsi i fatti loro, con i giorni Annie sembrava sempre più fredda rispetto a Steven, prima soleva mettersi a piangere quando lo incrociava per i corridoi, oppure arrossire quando incontrava i suoi occhi in Sala Grande o a lezione, sicuramente la cicatrice nel cuore della ragazza era ancora notevolmente aperta, ma negli ultimi giorni sembrava iniziare a superarla, senza avere bisogno di parlare con Steven e senza cercarlo, si limitavano ad ignorarsi. Steven stesso non sapeva che cosa provasse in quel momento, si sentiva lui lo stupido adesso, visto che Annie sembrava così dura e fredda, mentre a lui batteva il cuore come un tamburo, tuttavia si sentiva perso e senza forze, non aveva voglia di parlarle, né di cercarla, si sentiva impigrito e senza la necessità di provare a ricucire il rapporto con lei, anche se era sinceramente convinto che lei gli piacesse ancora, tuttavia non sentiva il bisogno di passare del tempo con lei, era diventato tutto piuttosto stagnante. “Che cosa ci fai qui, Annie?” chiese Steven quasi togliendosi un peso dalla gola, Annie lo guardò storto, ora il rossore sulle guance c’era ancora, ma sembrava meno intimidita, Annie detestava che si parlasse di lei in giro, era chiusa e riservata e la fama di avere un ragazzo come Steven era sempre stato un fardello con cui fare i conti, in quel momento però sembrava solo arrabbiata con lui. “Non mi parli da giorni ed è la prima cosa che vuoi dirmi?” replicò lei, chiaramente emozionata, forse anche pentita, ma sapeva come avrebbe dovuto reagire, era più forte di quanto Steven pensasse. Davanti a tutti aveva appena tirato fuori il fatto che si fossero mollati, tutti lo sapevano, come tutti sapevano non si parlassero, Annie però non aveva paura di discutere con Steven davanti agli altri che mantenevano un rispettoso e quasi religioso silenzio. Steven rimase confuso, avrebbe voluto dirle di tutto, che la amava e le chiedeva scusa, questo voleva dirle, da giorni ormai, ma la situazione accecava completamente il suo cuore, si sentiva stupido, ma non riusciva a fermarsi. “McLaughin dovrebbe essere qui, non tu, non ti avevamo scelta come battitrice” rispose Steven schietto. “Puoi dirmi che mi trovi scarsa, lo sai? Ti copro le spalle da cinque anni, ma puoi dirmi che ho sempre fatto un lavoro inadeguato” “Non intendevo questo, Annie...” provò a dire Steven, ma lei l’aveva già interrotto. “Beh tra scarso e insufficiente non trovo differenze, a quanto pare non mi trovo abbastanza per te nemmeno qui” disse Annie, rossa e con le lacrime agli occhi. I compagni di squadra stavano in silenzio, Thomas rimaneva con lo sguardo basso alla parete, ma sulle sue labbra si stringeva un sorriso maligno, Gienah osservava imbarazzata e con la voglia matta di andarsene, Pam e Alvaro erano sconvolti e tesi, i loro migliori amici si stavano per distruggere l’uno davanti all’altra, Aaron invece sorrideva divertito. “Perché non vai nello spogliatoio di Bauxbatons e non chiedi a Rarity di prendere il mio posto?” Steven spalancò gli occhi furioso, Annie aveva superato il limite della sua sopportazione, per la prima volta quella candida e gentile ragazza, sua amica da quando bevevano dal biberon, lo aveva fatto infuriare. “Forse dovrei farlo! Almeno lei sa stare su una scopa senza essere un pericolo per i suoi compagni di squadra” Questa volta fu Annie a lasciar cadere delle lacrime dalle guance, ma senza scomporre la sua espressione fiera. “Io ero venuta qui per dare una mano, Steven, ci provi gusto a spezzarmi il cuore?” chiese Annie con tono aggressivo, ma sinceramente triste, era a pezzi, era a pezzi da giorni dopotutto. Steven sentì un nodo alla gola e il bisogno di sedersi, avevano litigato ancora nel giro di pochi minuti, non sembravano essere più in grado di volersi bene, senza ferirsi, si chiese come avessero fatto a finire in questo modo. “Ti prego, Annie, vai via da qui, per favore” sussurrò Steven, platealmente afflitto, scostando lo sguardo dalla ragazza. Annie pianse ancora un paio di lacrime e fece per andarsene via, ma venne raggiunta sulla spalla dalla presa salda di Thomas. “Tu non te ne vai da nessuna parte” disse il ragazzo con voce ferma, guardandola negli occhi intensamente, Annie spalancò le iridi scure. Steven si voltò confuso e incrociò gli occhi con Thomas. “Ho chiesto io a Annie di venire qui, lo so benissimo che avrei dovuto chiedere a McLaughin, ma le vostre decisioni non mi interessavano e ho fatto di testa mia, dovrei chiedervi scusa forse, ma trovo Annie una battitrice migliore di Harry, credo nella sua forza e la voglio al mio fianco questo pomeriggio” Annie sentì il suo cuore fermare di battere e lo guardò incatenata ai suoi occhi, Steven invece si sentiva cadere in un baratro, che cosa cazzo stava dicendo quell’idiota? Era talmente furente e fuori posto allo stesso tempo che si sentiva seriamente un deficiente, troppo stanco quasi per capire le situazioni più basilari, ma sopratutto Thomas non avrebbe dovuto osar poggiare la sua schifosa mano sulla spalla di Annie, Annie era la ragazza che amava e non solo gli stava sfuggendo via forse per sempre, ma il suo peggior rivale, stava chiaramente facendo tutto quello per farlo incazzare e per umiliarlo davanti a tutti. “Se qualcuno ha qualcosa in contrario, lascerò il campo con lei e giocherete in cinque” concluse Thomas chiaro e conciso senza girare troppo attorno rispetto alla sua decisione. Si sentì il fischio aggressivo di Madama Bumb e Steven sfrecciò fuori dalla stanza, rompendo l’unione tra Annie e Thomas senza degnarli di uno sguardo e lasciando lo spogliatoio da solo per dirigersi al campo da gioco, senza dire nemmeno una parola. “Darling! Buona partita!” esclamò la voce fastidiosa di Rarity dal fondo del corridoio quando vide Steven allontanarsi, ma lui non rispose al saluto, voleva morto Thomas, si era riconfermato il suo nemico, il suo rivale, aveva protetto Annie solo per umiliarlo, proprio dopo un litigio spinoso tra i due, proprio mentre Annie lo stava odiando come non mai, proprio mentre si era mostrato un idiota e un insensibile, proprio mentre aveva trattato come non avrebbe voluto la sua ex ragazza, proprio mentre voleva uccidersi per essere un uomo di merda. Sentì Pam rincorrerlo per il corridoio. “Che cazzo ti è preso? Tu e Annie finirete per detestarvi” gli disse lei e lo spinse con le spalle contro il muro. Gli occhi neri della ragazza dai capelli corti e maschili lo fissavano apprensivi e quasi intimi, con i volti a poche dita di distanza, sembrava quasi sul punto di baciarlo. “Che cosa cazzo ti sta succedendo? Stiamo parlando di Annie, siete sempre stati amici, Steven” “Pensa a prendere quella palla d’oro” replicò Steven freddo e senza nessuna voglia di parlare, scrostandosi da Pam e volendo con la scopa fuori dal tunnel degli spogliatoi per ricevere da solo il boato del pubblico di Hogwarts. Poco dopo venne raggiunto dal resto dei giocatori. Accanto a Steven sfrecciò Thomas che prese la sua posizione centrale, i due si guardarono e Thomas, in posizione eretta sulla scopa sorrise fiducioso e orgoglioso, mentre Aaron occupò la fascia sinistra, Steven replicò viola di rabbia. Dietro di lui si posizionò Annie, mazza in pugno, pronta a difendere da sola la squadra, Gienah rimaneva a terra senza la possibilità di volare, ma con il numero tre dorato sulla schiena che segnalava il fatto che fosse un effettivo della formazione. Alvaro volò accanto a Steven. “Gioca per vincere, non per te stesso e la tua cazzo di rabbia, dammi la possibilità di offrirti una burrobirra” gli disse il suo caro amico sorridendo e stringendogli con forza il collo, Steven reagì con dolore, ma sorrise, sicuramente Orozco, tra tutti, sapeva come prenderlo al meglio, Steven era dopotutto troppo impulsivo e infantile. Quando il ragazzo ruotò lo sguardo si trovò davanti agli occhi una sorridente Rarity, con lei le cose andavano molto bene invece, non uscivano né si frequentavano, non sembrava quasi ci fosse il bisogno e sicuramente non si erano più scambiati baci, ma a volte si trovavano nel castello e chiaccheravano con semplicità, il fastidio che provava per la francese sembrava scomparso, aveva quasi voglia di passare il tempo con lei, ma non sapeva che cosa sarebbe potuta diventare, sentiva di provare molto poco per lei e i suoi sentimenti variavano troppo a seconda dei momenti. “Darling va tutto bene?” chiese Rarity preoccupata. “Dai Rarity non lasciarti distrarre da quel marpione e pensa a giocare” la voce di Marinette echeggiò dal fondo del campo, anche in questo caso non sembrava intenzionata a giocare, almeno in questo la mancanza di Gienah non sarebbe stato un fattore determinante, Bauxbatons, avrebbe giocato come contro Durmstrang con un cacciatore in meno. Steven squadrò Marinette dall’alto e la ragazza, che pochi giorni prima aveva stravinto la prima prova del Torneo Tremaghi si morse il labbro vogliosa, prima di fargli una linguaccia, Steven le fece il dito medio garbato, dopotutto l’aveva preso per il culo ben bene, quando avevano avuto quell’avventura nelle lavanderie e anche in quel momento si sentiva un vero idiota. Madama Bumb si mosse sul campo con la cassa delle palle da gioco. “Mi raccomando, voglio un gioco pulito” esordì lei, come in ogni partita, ormai era diventato un meme. I giocatori si prepararono e il baule si spalancò poco dopo, accompagnato dal boato del pubblico. Pam si lanciò con la scopa di scatto verso terra, osservando con la coda nell’occhio il boccino sfrecciare sul terreno, con una virata degna di Viktor Krum si stabilizzò a filo d’erba ed era quasi pronta a instaurare un nuovo record di presa del piccolo oggettino d’oro, dato che erano passati solo cinque secondi, tuttavia sentì un rumore sordo e fu costretta a virare vertiginosamente verso l’alto, quando un bolide si piantò nella sabbia sotto di lei, il boccino sfrecciò lontano, mentre Charlotte Blanchard, cercatrice per Bauxbatons rimaneva confusa ancora in cerca di capire dove fosse finito il boccino, non avrebbe lasciato che un’altra cercatrice la sconfiggesse, Nadia l’aveva umiliata e questa Pam sembrava persino più forte, non aveva mia visto uno scatto come quello da quando nella semifinale della coppa del mondo Florian, cercatore della Transilvania aveva raccolto l’oggetto dopo soli sette secondi, eliminando la Francia con un secco 150-0, la partita più corta della storia del Quidditch nel corso dei secoli. La pluffa fu raccolta da Steven che sfrecciò lungo la fascia, mosso in corpo da una rabbia iena, superò un intervento scomposto di Arthur Van Pelt e scagliò la pluffa sul cerchio lontano, ma all’improvviso lungo la traiettoria si interpose Rarity che prese la palla al volo stringendosi le braccia allo stomaco, un colpo devastante, tanto da preoccupare lo stesso Steven. Tuttavia la francese era già sfrecciata superando Thomas, in pochi secondi si ritrovò con solo Annie davanti, non appena la ragazza di Grifondoro vide il profilo leggiadro di Rarity, sentì le vene tingersi di sangue elettrico, il bolide venne colpito con il solo scopo di far male, dritto per dritto, il colpo fu velocissimo, ma troppo prevedibile e Rarity lo schivò, spostando il capo e segnò il punto sul palo vicino. Bauxbatons 10-0 Hogwarts. Pam si alzò in aria dopo aver perso di vista il boccino e rimase qualche secondo a prendere fiato, bestemmiando il cielo per aver fallito quel record, aveva ancora il cuore che batteva a mille al solo pensiero di una vittoria così rapida, tuttavia il battitore avversario era un vero animale, enorme, mostruoso, un colosso con una potenza terrificante. La pluffa finì nelle mani di Thomas che lanciò a Steven, il corvonero si mosse per completare il triangolo, ma Steven lo ignorò causando la rabbia di Thomas, venne poi raggiunto da un bolide e la pluffa finì nelle mani di Rarity, questa volta Orozco salvò la sua squadra dal secondo punto. “Sei idiota? Andavo a segnare, deficiente!” esclamò Thomas rivolto a Steven, mentre tornava indietro a ricevere da Orozco. Steven non rispose e osservò Annie, che sembrava del suo stesso stato d’animo, stavano giocando un’altra partita entrambi e non aveva ancora fatto un centro con quel bolide. I due si incontrarono e Annie lo fissò per qualche secondo, per un momento sembravano guardarsi sinceramente, poi Rarity gli sfrecciò davanti. “Che diavolo fai!” urlò Thomas, mentre Steven si era fatto saltare troppo facilmente. Annie rinvenne dal sonno e scagliò il bolide verso Rarity, la ragazza lo schivò e la palla colpì in pieno Steven alle sue spalle che cadde dalla scopa finendo con il sedere per terra. Rarity superò Orozco con una finta e scaricò ad Arthur che tirò violentemente. Thomas si immolò al centro del cerchio e rilanciò Aaron che superò i bolidi avversari per subire la parata miracolosa di Dominic, sicuramente il più forte giocatore degli avversari. La partita continuò in uno stallo, Steven continuava a fare schifo e Thomas era riuscito a segnare un solo gol, su rigore per giunta, mentre Rarity ne aveva segnati già otto, sembrava incontenibile e Annie non riusciva a fare proprio nulla, sembrava sull’orlo delle lacrime. Un tiro di Rarity venne respinto da Alvaro miracolosamente, ma sulla respinta la francese fu più veloce di Annie e colpì al volo con la sola forza del pugno, il tiro sembrò indirizzato a sinistra, ma questa volta fu la velocissima Pam a parare, che si disinteressò del boccino per strigliare i suoi. “Che orrore stiamo facendo ragazzi?! Siamo una squadra di scapestrati! Tirate fuori le palle” esclamò lei furiosa, l’unica in campo che sembrava dare l’anima, perché da diversi minuti anche Thomas e Orozco, i più motivati, sembravano aver perso verve. Pam volò davanti a Annie. “Coprimi le spalle, quei due mi stanno martoriando e se voglio sperare di battere quella là, ho bisogno di te, quindi pensa per un attimo a te stessa e a questa partita, cazzo!” Annie la guardò dispiaciuta, ma annuì agguerrita, Pam aveva ragione, Bauxbatons li stava umiliando. Thomas segnò ancora due gol, ma Rarity ne fece quattro nel giro di venti minuti, mentre il boccino sembrava più sfuggente del solito. Quando riapparve vicino alla porta di Bauxbatons Pam si lanciò all’inseguimento, questo era il momento decisivo per vincerla, Charlotte la tampinava senza mollarla, con i denti stretti e le mani sudate. Annie riuscì con un gran colpo ad abbattere un battitore degli avversari, ma il battitore colossale rimaneva ben saldo e costringeva Pam agli straordinari. Il boccino virò verso l’alto e Pam gli fu addosso, il battitore colossale caricò il colpo, proprio mentre Annie era distratta dal passaggio di Rarity, lasciando Pam completamente scoperta. Il toro colpì con violenza, mentre Charlotte era pronta ad avventarsi in seconda battuta sul boccino, Pam virò lo sguardo, ma troppo in ritardo perché il bolide non le finisse in testa, ci fu silenzio e subito dopo Pam sentì la sua mano stringersi sul boccino. La cercatrice si voltò per vedere Charlotte furiosa per essere stata nuovamente sconfitta, spostando poi lo sguardo verso il terreno vide Steven, in piedi sano e salvo, ma con la scopa ridotta in brandelli e sopratutto, con il bolide stretto nella mano. Pam gli sorrise, capendo che si era lanciato lungo la traiettoria per deviare il bolide pronto a spaccare la testa a Pam. Hogwarts vinceva 170 a 120, coronando una prestazione imbarazzante con la grinta bruciante di Pam Blake. Orozco scattò verso il suo capitano e le diede un forte bacio sulla fronte, un gesto propiziatorio che faceva all’inizio e alla fine di ogni partita, riconosceva che Pam fosse la fonte di tutte le loro vittorie. Pam però non ci fece troppo caso, si voltò per guardare Steven, fermo e cupo al centro del terreno, che fissava la sua scopa in pezzi, senza sembrare interessato o felice della vittoria, merito anche del suo gesto estremo. Pam si rese conto che il suo migliore amico stesse vivendo un momento particolare da diversi giorni e sentiva di non essersene curata a sufficienza, quasi l’amore non fosse un affare per lei, che era sempre stata educata a fare il maschietto, ma che maschio certo non era, si sentì inadeguata e poco empatica, anche se il suo amico aveva bisogno di lei e lei non c’era stata.

 

 

Harry sentì la porta aprirsi, si trovava in quella stanza ormai da parecchi giorni e non era successo proprio nulla, Glimmer non era più passata, di colombe nemmeno l’ombra e tutto sembrava estremamente vuoto e stagnante. In tutto questo però Harry non si era ancora stancato, era passato troppo poco tempo per cercare disperatamente la fuga o implorare la libertà, e sopratutto tutto questo era una splendida avventura, si sentiva nuovamente un guerriero in lotta per sé stesso e gli altri. Sicuramente fuori da quella cella stava succedendo qualcosa, avere Harry Potter prigioniero era già qualcosa di speciale e soddisfacente per dei terroristi, ma il segnale che tutto questo fosse senza utilità, segnalava che ci fosse qualcosa in movimento, là fuori e Harry aveva la sensazione che gli ingranaggi che si stavano muovendo fossero quelli del ministero. Harry si girò lentamente, aspettandosi di trovare Glimmer, forse sperandoci, non aveva dimenticato quelle labbra, non l’aveva dimenticata, anzi, sentiva di essersi dimenticato di Ginny, un po’ di arrabbiò con sé stesso per questo, ma percepiva quasi questa non fosse la sua vera vita, era la sua missione, per il matrimonio e la convivenza c’era tempo. Tuttavia voltandosi trovò un volto con cui non aveva ancora fatto i conti, capelli rossi folti e spettinati, occhi azzurri e stanchi, viso inebetito e fisico da battitore, anche se la pancia iniziava a farsi prepotente, quasi arrogante. Quello che era il suo migliore amico di proiettava davanti a lui, non si parlavano da diversi mesi e il silenzio che si creò fu la prova di questa distanza quasi incolmabile. Harry non aveva mai compreso che cosa avesse spinto Ron Weasley a gettare via la sua vecchia vita per entrare nelle Colombe Rosse, purtroppo non ne avevano parlato con lucidità e si erano abbandonati ad un solo litigio, poi si erano visti poche volte al ministero, quando Ron accompagnava Glimmer tra tribunali e uffici e lui si annoiava sulla sua scrivania e compilare rapporti su sparizioni e omicidi. Tra di loro si era creato silenzio e indifferenza, Ron non si era fatto vedere, né con lui, né con Hermione, Harry era invece troppo svogliato e deluso da Ron, per tentare di riportarlo da sua moglie e dai suoi amici, la situazione era diventata dolorosa in poche settimane e in quel momento Harry si sentiva estremamente fuori luogo, davanti a sé aveva un estraneo. Nessuno dei due sembrava riuscire a parlare, erano il poliziotto che squadrava il suo criminale, che lui stesso aveva provvisto a schiantare e a spingere in cella. “Sei ingrassato” disse Harry freddo alzandosi dalla sua sedia e bloccandosi davanti a Ron, rimanendo a debita distanza, sapeva l’amico essere armato. “Non sono più il ragazzino di un tempo, a sedici anni puoi mangiare come un bue e non mettere pancia, ora il mio appetito non mi è d’aiuto, miseriaccia” replicò Ron e Harry sentì il bisogno di sorridere, era ancora lui, non c’era dubbio, ma le sue idee erano cambiate di colpo, questa era forse la loro ultima occasione per chiarirsi. “Questo è per tutte le cioccorane che mi hai scroccato su quel treno” “Sei tu il ricco dei due, io ho solo scelto la carrozza giusta” I due sorrisero, quasi sentissero il bisogno di abbracciarsi, ma rimasero a distanza, sapevano di aver bisogno di quella conversazione, ma non sapevano cosa dirsi. “Coleridge diventerà ministro della magia” esordì Ron freddo e imparziale “In Wizengamot la sua nostra coalizione ha la maggioranza assoluta, questo pomeriggio verrà proposta una mozione di sfiducia all’intero governo, sarà l’inizio di una nuova era” “E sai anche di che colore sarà questa nuova era? Il rosso che vestite simboleggia il popolo emancipato o il sangue che avete sparso per le strade?” chiese Harry ritornando freddo e severo. “Se parli del sangue dei mangiamorte, quello è sangue che continueremo a versare, o almeno, sangue che dovrà gelare per sempre ad Azkaban. Non c’è fine alla caccia al fascista traditore” replicò Ron, le sue parole erano sincera, credeva in quello che diceva. “C’è differenza tra combattere la follia di Lord Voldemort e instaurare il terrore nella nazione, quanti mangiamorte pensate di catturare, sono sicuro che ne trovereste uno in ogni casa” “Il terrore è uno strumento, se sarà necessario li staneremo casa per casa, non capisci, Harry? Il mondo magico si sta emancipando! Siamo vissuti in millenni di storia in mano ai purosangue, in mano alle elite, anni di oppressione dei sangue sporco e del proletariato magico, ma quella che sta sorgendo, è un’alba rossa di diritti e uguaglianza” “Credi in un’utopia che non sarete in grado di realizzare, non sbagli Ron, non ti sbagli affatto, viviamo e vivevano nella disuguaglianza, ma posso ben prevedere, che finirete per massacrare civili innocenti e da auror e da uomo, non posso permetterlo” disse Harry. “Tu non capisci che il mondo non si crea dal nulla, bisogna distruggere per creare e mi è bastato poco tempo al ministero per comprenderlo, Coleridge mi ha aperto la mente, Glimmer mi ha dato il coraggio. Io e la mia famiglia abbiamo vissuto nella miseria per generazioni, mentre maghi senza onore si crogiolavano nell’oro senza meriti, la redistribuzione del capitale dovrebbe essere in mano ai lavoratori e chi non lo ammette rimane un fascista nell’inconscio” spiegò Ron, convinto delle sue idee, o così estremo dal giustificarle anche con la violenza. Harry stesso non riusciva a contraddirlo, aveva ragione, il mondo magico era iniquo, ma non era attraverso colpi di stato o violenza che le cose potevano essere cambiate, Glimmer avrebbe abbattuto la democrazia e avrebbe instaurato una dittatura del proletariato, Coleridge avrebbe governato come un tiranno. Avrebbe creato un’utopia funzionante? La risposta non era prevedibile, ma il rischio della morte di migliaia di persone era troppo inaccettabile e Harry era pronto a sfidare quelle colombe estremiste a costo della morte, non voleva un mondo dove il vicino di casa poteva denunciarti come un mangiamorte. “Ron come puoi ragionare in questo modo? Abbiamo combattuto Voldemort insieme, abbiamo combattuto per riformare il ministero, io sarei un fascista? Hermione sarebbe una fascista? Noi vogliamo quello che vuoi tu Ron, ma non tolleriamo la violenza, siete solo dei criminali e vederti accecato da queste modalità mi delude” “Hermione è la peggiore di tutte, si chiamano liberali, ma pensano solo a mantenere lo status quo, hanno fatto delle riforme, ma i poveri sono rimasti poveri e i mangiamorte sono rimasti impuniti, i Malfoy sono ancora in giro, ti rendi conto? Non hanno mai pagato per la morte di quelle persone, non hanno pagato per la morte di Fred e di Remus, Tonks, Sirius, Malocchio!” “E’ questo dunque...” sospirò Harry comprensivo, ma freddo “Lo fai per vendetta. Io ho vissuto di vendetta per molto tempo e per anni la vendetta mi ha dato la forza per continuare a lottare, per sfidare Voldemort e sconfiggerlo, ma ho capito presto che non era la vendetta a darmi ardore e impegno, erano l’amore per gli amici, per te, per Hermione, il desiderio di lottare perché voi steste bene, perché Ginny stesse bene, la vendetta genera solo ulteriore violenza”. Rimasero per qualche secondo in silenzio, poi Harry fece un passo verso l’amico. “Hermione ti ama, Ron. Non puoi immaginare quanto tutto questo l’abbia uccisa, sei andato via senza salutarla, senza abbracciarla, senza spiegarle nulla e le hai detto in faccia di non essere una politica diversa da Voldemort, solo perché non è una socialista. Tu stai pugnalando il suo petto ogni giorno con il tuo silenzio, lei sta soffrendo in quel ministero anche perché tu non sei a casa, insieme a lei. Prendi in mano la tua vita e dimentica tutto questo” disse Harry e si sentì piuttosto in colpa per il fatto di vedere Ginny da diverse settimane. “Non posso” replicò il rosso con schiettezza “Hermione rimarrà un’estranea fino a quando non riconoscerà la potenza del comunismo, il ministero aveva delle cose da cambiare e queste cose non sono cambiate, Hermione ha perso tempo ed è giusto che si faccia da parte” “Tu mi hai messa da parte” disse una voce alle spalle di Ron e Harry notò Hermione Granger spuntare da dietro la porta, sentì un rumore esplosivo e da una nuvola di fumo apparve anche Viktor Krum, in forma eccezionale, quasi monumentale. Ron si voltò spaventato e estrasse la bacchetta, scagliando uno schiantesimo contro Krum, che cadde intontito, Hermione non trovò il coraggio di rispondere, ma proprio sul punto di venire colpita ecco che la bacchetta di Ron cadde lontano e venne raccolta da una splendida ragazza da capelli rossi. “Riunione di famiglia, fratellone” esclamò Ginny grintosa entrando in scena “Ciao Harry, ricordati che dobbiamo parlare” Harry deglutì, era furiosa, sapeva bene quando la sua ragazza fosse incazzata. “Tu sei un idiota, Ron Weasley, un emerita testa di cazzo, ti darò una strigliata tale da farti diventare calvo” continuò Ginny, era identica a sua madre. Hermione invece rimaneva in silenzio, si andò a sincerare delle condizioni di Krum, che si alzò dolorante, poi diede un sorriso malinconico ad Harry, erano venuti a salvarlo, dopotutto Dean era riuscito a scappare da quel buco indenne. “Voi siete tutti dei traditori della vostra nazione!” esclamò incattivito Ron. “Ron...” sospirò Hermione e incontrando gli occhi di quello che era ancora suo marito per un attimo si ricordarono di essere una coppia, anche se forse non si amavano più. “Ron, fai quello che vuoi, io sono qui per Harry, non per te, non rincorro una causa persa, non verso lacrime per una causa persa” Ron la fissò confuso e Harry poté chiaramente vedere stesse soffrendo, la sua Hermione gli stava sfuggendo e non aveva pensato a lei abbastanza per troppi mesi, accecato dalla politica, la donna della sua vita era addolorata e sconfitta, ma il demente era solo lui, rimase in quella cella anche quando in silenzio l’intero gruppo di salvataggio uscì dalla stanza, nessuno lo salutò. “Hai tempo, Ron, non è finito niente” disse Harry e lanciò a Ron la bacchetta. Ron si inginocchiò al centro della stanza, solo, come era stato per mesi senza accorgersene, si porto le mani al viso e pianse.

 

 

 

“Intendo consegnarvi gli ultimi esami d’autunno che avete svolto, in previsione dei GUFO di fine anno e devo dire, con pacatezza, che siete delle assolute e senza dignità, capre. Di questo passo, l’esame di pozione lo passerete in quattro gatti, siete le due sezioni più squallide che mi siano mai capitate” esordì con gentilezza la Professoressa Samantha Indoh, per quanto fosse sensuale e le sue forme divine, non era certo una mollacciona, era dura, severa come una pietra e massacrava i suoi studenti senza pietà, sopratutto i Grifondoro. “Lineker, vieni e consegnare questo scempio” disse dunque lei, chiamando Steven alla scrivania. Steven scattò come una marmotta dal banco e trottò verso la cattedra con un sorriso inebetito, osservò con aria famelica la pelle pallida di Samantha, la sua unica dea, e non appena le gli indicò il plico di fogli, lui esordendo con un “E’ un onore, signorina Samantha” le baciò la mano con eleganza. Il pugno gli lasciò un livido viola sotto l’occhio, ma ne era valsa la pena e ritornò ai banchi soddisfatto, mentre Samantha digrignava i denti nervosa. “50 punti in meno a Grifondoro!” urlò lei. “Per 50 punti questo e altro” pensò Steven sbavando, mentre le compagne lo fissavano come fosse un maniaco sessuale. I maschi invece lo consideravano un eroe. Steven iniziò a consegnare le prove. Pam la mise nella sua cartella senza nemmeno guardarla, erano cinque anni che era abbonata al 2, non era certo pane per i suoi denti lo studio, anche se era sempre passata a fine anno. Andrej si stupì del suo 4, il voto più alto in tre anni, qualcosa di superlativo, Annie invece non ci vide niente di eccezionale, osservò con malinconia il suo 3 rosso enorme al centro del foglio e vide la sua media crollare, dopotutto lei e Steven studiavano sempre insieme, lei gli passava tutti gli appunti, ma lui le faceva i compiti di pozioni, lei non riusciva nemmeno a fare una spremuta, figurarsi creare un bezoar, Steven invece, per pura passione per la professoressa, non certo per la materia, era il migliore dell’intero quinto anno. Steven si sedette composto e osservò il suo splendido 10 sul suo foglio, completamente disinteressato al risultato, mise il risultato in cartella e si concentrò a fissare Annie, quasi sull’orlo del pianto, dopotutto senza di lui in pozioni non aveva speranze. Era intenzionato a parlarle, subito dopo la partita aveva deciso di chiudere definitivamente con il suo cervello malato di donne, Rarity non l’avrebbe più vista, così come Marinette, Penelope, Eris, Samantha, Gienah, Sasha, Annette, Barbara...in effetti erano più di quelle che pensasse, ma non era disposto a perdere la sua Annie, Annie era tutto per lui, anche se non era mai stata abbastanza, troppo timida, riservata, poco sexy e poco provocante, un vuoto che non era mai riuscito a colmare con lei, ma che aveva sempre avuto bisogno di riempire con altre avventure, tuttavia in quel momento Annie era l’unica cosa a cui riusciva a pensare, trovò vero il detto che diceva che le cose erano più belle quando non le si aveva, e Annie non era più sua. L’orologio della sala grande iniziò a battere violentemente il suo andazzo, segnale che l’ora era finalmente finita, Steven si risvegliò dal suo letargo, si addormentava in tutte le ore di pozioni, dopotutto era un genio, o almeno amava definirsi in questo modo, ma quando aprì gli occhi, Annie non era più due file davanti a lui. Si alzò dalla sedia e superò con un salto, quasi acrobatico, Pam, che si era accucciata per legarsi una stringa slacciata. Uscì dal sotterraneo di pozioni e vide il caschetto soffice di Annie salire, dandogli le spalle, per la rampa di scale, Steven si chiese curioso dove corresse così velocemente Annie e decise di seguirla con circospezione. Svoltò l’angolo del corridoio, fino ad arrivare davanti ad una piccola scala a chiocciola, intorno a lui non c’era anima viva, se non che il suo sangue iniziò a ribollire quando vide Annie parlare intimamente con Thomas Shelley. Annie sorrideva, un sorriso sincero come non lo vedeva da qualche settimana, era rossa in viso, come una bambina innamorata, come quando parlava con lui i primi giorni in cui avevano iniziato a stare insieme, era felice, era felice di essere lì a a parlare con Thomas. “Com’è andata la prova di pozioni?” le chiese Thomas, aveva il suo solito tono nobile e garbato, occhi seducenti e virili, Steven ascoltava in silenzio tombale, un sasso gli era appena caduto in testa. “Malissimo.” rispose Annie “Dopotutto sono una frana in quella materia” “Beh, io me la sono sempre cavata, la prossima volta ti porto a studiare sotto i ciliegi, così magari ti do una mano” “Te ne sarei grata, Thomas, sei sempre così gentile” “Ci hai pensato su invece? Perché per me sarebbe un vero onore, accompagnarti al ballo del ceppo” Ora del decesso 17:34, Steven si sentì uccidere. Annie arrossì come un blocco di lava, Steven la poté quasi sentire evaporare. “C-c-c-certo!” balbettò Annie commossa “Ancora non ci credo che tu me l’abbia chiesto. Sei così bello e potresti avere chiunque” “A me basterebbe avere te, per un secondo solo anche, non chiedo altro, solo passare del tempo con la ragazza più bella e dolce di Hogwarts” replicò Thomas. Cazzate, solo cazzate, se c’era un individuo che poteva definirsi sporco e lurido almeno quanto Steven, quello era Thomas, anzi, Steven almeno si sentiva sincero nel suo bisogno impellente di provarci con qualsiasi donna respirasse, Shelley invece era meschino, si nascondeva dietro i suoi bei toni, quando invece voleva solo divertirsi e spezzare il cuore a più tipe possibile. Steven non lo biasimava, anche se lo detestava, erano identici, ma non poteva permettere che Thomas uscisse con Annie, era chiaramente uno scacco diretto a lui, solo perché Rarity, la sua preda, era infatuata di Steven. Annie intanto era una pietra lavica senza intelletto, imbarazzata e infatuata allo stesso tempo, si era chiaramente innamorata di Thomas e Steven non poteva fare più di tanto. “Io, io, io...” balbettò Annie, ma Thomas le mise un dito sulla bocca, quasi per zittirla, prima di baciarla. Annie era un sasso pietrificato e non muoveva un muscolo, mentre Thomas la stringeva romanticamente. Steven scostò lo sguardo e si appoggiò alla schiena contro il muro, allontanandosi dai due, fissava il vuoto, perso rispetto ad una scena devastante, che cosa cazzo stava succedendo? Comprese che Thomas avesse iniziato a provarci con Annie non appena si erano mollati e che lei si fosse decisa solo a seguito del loro ultimo litigio, quasi che gli volesse dare un’ultima chance, Annie lo amava ancora, ma adesso chiaramente stava per promettersi ad un altro, che l’avrebbe trattata in modo forse ancora peggiore, ma in tutto questo lui non riusciva a fare niente. L’aveva persa, lo sapeva, ed era colpa sua, ma non poteva proprio fare niente, voleva andare da lei, spaccare il grugno a Thomas e dirle che la amava e desiderava prometterle il sole e la luna pur di stare con lei, ma era talmente stanco e triste che non riusciva quasi a stare in piedi. Barcollò lungo il corridoio del salone, allontanandosi il più possibile dai due, sembrò vagare con le mani in tasca per qualche strada deserta, i ragazzi intorno a lui non sembravano esistere. Si chiuse nel maglione a collo alto e uscì nel cortile, vedendo Rarity, circondata da una schiera di ragazzi che cercavano di provarci con lei nelle maniere più disparate. Si mosse deciso in quella direzione, cervello spento e istinto a mille, scostò con una spallata un ragazzetto del secondo anno, arrivando velocemente davanti alla francese. “Darling! Complimenti per la vittoria” esordì Rarity sorridendo emozionata. Lui la prese energico per la il bacino, la fissò virile negli occhi, con lei completamente rapita e senza dire niente le scambiò un bacio passionale che lei accolse senza esitazione. I ragazzi intorno a loro avevano le bocche spalancate e occhi invidiosi al centro della faccia, facce sconfortate e sbalordite. Steven e Rarity, davanti praticamente a tutta la scuola, rimasero attaccati per due minuti buoni, si sentiva quasi mancare il respiro. Steven mollò la presa, lasciando Rarity mezza morta e mezza viva con gli occhi chiusi e imbambolati. “Al ballo del ceppo tu vieni con me” disse lui fiero e con tono adulto. Rarity annuì persa e senza aprire gli occhi. La guerra era appena cominciata.

 

   
 
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