Conscientia
Le fiamme
facevano scoppiettare le braci e io ne ero
affascinato. Sono sempre stato affascinato dal fuoco, da bambino
passavo ore
davanti al camino nella casa di mio padre a guardare i ceppi infuocati.
Il
fuoco scalda e purifica la mente e l’anima.
Il rogo nella
piazza, eretto per mia richiesta sotto gli
occhi di tutti, era maestoso e io giravo intorno ai ceppi controllando
che
facesse il suo corso.
Le due donne
legate ai pali del falò piangevano e si
agitavano, mentre passeggiavo davanti alla legna. L’ultima
volta che avevamo
giustiziato delle streghe una era riuscita a slegarsi e aveva tentato
di
scappare quindi, per non incappare nello stesso errore, le avevamo
prima
stordite strangolandole.
Alla strega mora
avevo stretto io le mani intorno al collo,
lei mi aveva guardato e si era agitata, ma poi era svenuta e aveva
chiuso gli
occhi. Ora, invece, mi guardava da dietro le fiamme: occhi intensi,
neri, scuri
come la notte, che brillavano lucidi e pieni di lacrime. Brillavano.
Brillavano
davvero. E lei piangeva.
Il suo corpo,
ricoperto solo dalla sottoveste leggera, sporca
di sangue e di fango, sfrigolava sotto il calore delle fiamme e lei non
aveva
più la forza di urlare. Quando era caduta l’avevo
osservata: sembrava proprio
una strega. I suoi occhi si posarono di nuovo su di me e mi guardarono:
mi
accusavano, mi incolpavano e allo stesso tempo mi chiedevano
pietà. Quegli
occhi gridavano, gridavano da tanto erano in silenzio. Urlavano contro
di me.
Dicevano che ero un inquisitore ingiusto e che lei non fosse veramente
una
strega.
Distolsi lo
sguardo e continuai a camminare. Non mi girai più
fino a quando i suoi occhi mi chiamarono. Gridarono il mio nome e mi
voltai: la
ragazza era immobile al centro del fuoco. Il suo vestito, bruciato e
ridotto a
brandelli, era fuso sul suo corpo, ricoperto di piaghe e arrossato dal
calore.
Alzò un braccio verso di me, accusandomi di mentire.
Quando tutta la
gente intorno al fuoco si voltò verso di me,
urlandomi oscenità, feci un passo indietro, impaurito e mi
svegliai di colpo.
Ancora lo stesso
sogno. Lo facevo da sette notti, dal giorno
dell’esecuzione. La strega doveva avermi lanciato una
maledizione. Mi asciugai
la fronte resa madida dal sudore freddo e mi guardai intorno: il
chirurgo mi era
vicino e mi guardava.
“Siete
sicuro? Due salassi in così poco tempo potrebbero
essere pericolosi” mi disse. Annuii velocemente con il capo e
gli allungai il
braccio. Volevo liberarmi dalla malattia della strega. Quando vidi la
lama,
però, mi girai.
Mentre il sangue
colava sul mio braccio e io chiudevo gli
occhi l’immagine della strega riaffiorò nella mia
mente: questa volta il suo
vestito era immacolato, talmente bianco da risaltare sulla sua pelle
olivastra
perfettamente liscia.
“Con
cosa mi hai maledetto? Qual è il nome di questa
maledizione?” le chiesi, ormai allo stremo.
Lei si
chinò su di me e, quando le sue labbra furono vicino
al mio orecchio, la sentii sussurrare:
‘Conscientia’