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Autore: LetsgotoAlphaCentauri    09/11/2019    2 recensioni
[Storia presente anche su Wattpad, sul profilo di Tetra_]
Crowley alzò gli occhi verso il cielo e lo vide. Lontano, no, irraggiungibile, affacciato alla finestra. In quel momento si rese conto che non avrebbe trovato il coraggio di parlargli, ma sapeva già che, tornato a casa, avrebbe riempito pagine su pagine del suo quaderno con schizzi confusi del suo viso, dei suoi ricci biondi, dei suoi occhi così chiari e puliti da far invidia al cielo.
°°°
"È una cosa che non capisco."
"A quelli come me, quelli bassi, infimi come me, la bellezza piace. La bramiamo, la desideriamo, anche se siamo brutti dentro, anzi, proprio perché lo siamo. Quando dipingo qualcosa di bello mi sembra di poter avere anche io qualcosa di buono."
"Tu sei buono."
"Attento alle tue parole." sorrise Crowley, nascondendosi di nuovo dietro la tela.
°°°
Human! AU
1970s
Un pittore senza ispirazione la trova in qualcuno di inaspettato.
Un lettore che fugge dalla realtà cerca il coraggio per scrivere un libro.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Crowley, Gabriele
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Wonderwall: Una persona alla quale ti trovi a pensare in continuazione, la persona di cui sei totalmente infatuato.

Aziraphale non era esattamente abituato a vedersi arrivare in casa suo cugino. Certo, dato che come buona parte dei giovani di Londra entrambi vivevano a Camden Town (famiglia ricca o no, gli studenti raramente potevano permettersi di vivere in quartieri più lussuosi di quello) non erano mai lontani l'uno dall'altro, ma non erano propriamente affiatati come duo.

Avevano passato gran parte dell'infanzia insieme, dato che le loro madri vivevano letteralmente nello stesso condominio, ma con infanzia passata insieme si intendeva principalmente Aziraphale che leggeva e Gabriel che lo prendeva per un braccio per costringerlo a fare qualche gioco.

In ogni caso, Gabriel aveva bussato alla sua porta ed era entrato, sistemandosi con cura l'elegante giacca grigia e facendosi accogliere da un Aziraphale reduce da un lungo paio d'ore di scrittura.

"Gabriel? Che cosa...?" chiese il più giovane, lasciando entrare l'altro.

Era da un paio di mesi che non si vedevano, da una qualche cena di famiglia, ma lui era sempre uguale. Stesso taglio ordinato di capelli (non senza una certa quantità di gel), stesso stile elegante nel vestire, stessi occhi quasi violacei che gli avevano sempre fatto guadagnare parecchi complimenti.

"Ho una proposta da farti - disse subito lui, senza lasciargli spazio per chiedere altro - È da un po' di tempo che esco con una ragazza."

"Oh, sono felice per-"

"Aspetta. Questa ragazza ha un coinquilino, un, sai... - fece una breve pausa prima di lasciarsi scivolare fuori dalla bocca quella parola - un omosessuale. Insomma, mi ha chiesto se tu fossi interessato a fare un'uscita a quattro."

Aziraphale sentì improvvisamente la bocca asciutta "A-aspetta... le hai detto di me?"

Gabriel parve allontanare le sue parole con un gesto indifferente "No, non le ho detto che sei gay. Ma lei ha pensato che tu è questo suo amico potreste andare d'accordo. Onestamente non è che io le abbia parlato un granché di te, ma poco importa. Vieni o no?"

Aziraphale faceva abbastanza fatica a immaginare Gabriel che parlava di lui alla sua fidanzata, ma in realtà faceva ancor più fatica a immaginarlo con una fidanzata e basta. Era strano dato che Gabriel, per quanto piacesse, non era uno da andare dietro a molte ragazze. Non sapeva che tipo di persona potesse piacergli, in realtà.

"M-ma non so neanche chi sia questo qui. Insomma, già sei l'unico a sa-sapere che s-sono gay e io non sono proprio uno che si trova bene a-a conoscere persone nuove. O ad andare ad appuntamenti così, con il primo che capita..."

"Non direi essere l'unico a sapere, Aziraphale."

Gabriel non sapeva che lui era gay perché Aziraphale gliel'aveva confidato. Lo sapeva perché un paio di anni prima, quando entrambi vivevano ancora con i loro genitori, era entrato a casa del cugino quando gli zii erano andati in vacanza per il weekend. Avrebbe voluto solo chiedergli se aveva della farina, invece lo aveva beccato con il fidanzato del tempo.

Una faccenda molto imbarazzante, riguardo la quale Aziraphale lo aveva pregato di non dire niente a nessuno. E Gabriel, per quanto non approvasse un granché il tutto, non lo aveva detto a nessuno. Aziraphale l'aveva visto come un modo implicito per dimostrargli che, in fondo in fondo, un po' di bene gliene voleva.

"Va bene, va bene! È-è che non so... insomma non so se mi sentirei a mio agio... non sono uno da appuntamenti."

Gabriel si era diretto verso la piccola cucina del ragazzo e aveva iniziato a osservare ciò che era contenuto all'interno del frigo "E in che altro modo speri di incontrare qualcuno? E poi non è un appuntamento. Ripeto, né questa ragazza né il suo amico sanno che sei gay!"

"E-e... allora perché tu sai che questo tizio lo è? S-sta cercando qualcuno?"

"No, è solo un tipo di cui lei mi hai parlato. Sai, tipo convivo con un ragazzo ma sai, non farti strane idee, visto che abbiamo gli stessi gusti. Allora, vieni?" Gabriel tirò fuori un cartone di succo di frutta dal frigorifero e si versò un bicchiere.

"Non lo so..."

"Non esci mai. Sei sempre lì, a scrivere quel tuo libro, non fai mai amicizia con nessuno. Anche se andasse male, sarebbe al massimo una serata, lo capisci? Non perdi nulla. Se io stesso, che non sono esattamente un grandissimo fan di voi gay, ti sto consigliando di farlo, significa che la situazione è piuttosto grave."

Il libro era un tasto dolente. Più di una volta Aziraphale si era chiesto se non stesse solo sprecando il proprio tempo con esso. Scriveva, sì, ma tendeva a buttare via tutto, a cambiare idea in continuazione... non era stato un progetto molto fruttuoso, fino ad allora. Aziraphale non sarebbe diventato uno scrittore, si diceva. Avrebbe preso la sua laurea in lettere e si sarebbe messo a vendere libri o a fare l'insegnante, lo sapeva già.

Quindi in effetti cosa cambiava se invece di scrivere tutta la sera altre cose che poi avrebbe buttato avesse deciso di uscire?

Nel caso peggiore non lo avrebbe fatto mai più e si sarebbe chiuso in casa con cioccolata calda e libri. Esistevano cose peggiori al mondo, no?

"Va bene, va bene. Verrò a questa... cosa."

°°°

Crowley non aveva assolutamente passato due ore della sua vita a decidere come vestirsi e come acconciarsi i capelli.

Non si era fatto e disfatto dieci codini diversi, non aveva provato tre paia di occhiali, quattro pantaloni, due paia scarpe, sei camicie e tre cravatte.

E non aveva avuto nessuna crisi di nervi.

Continuava a ripetersi queste bugie mentre camminava di fianco a Beelzebub, con la speranza che diventassero realtà.

Ma, in fondo, era contento di non sentirsi orribile. Occhiali da sole con le lenti tonde, una camicia rossa e una giacca nera. I capelli erano sciolti e lo smalto nero al suo posto.

Il programma era di andare a mangiare in un pub e poi al cinema nella zona di Soho.

"Soho? - aveva chiesto Crowley con un'alzata eloquente di sopracciglia - Stiamo andando a vedere un film porno? Devo prepararmi?"

"Cry of The Banshee, Crowley. Se Satanismo e streghe per te sono pornografici..."

Soho, nonostante fosse Domenica sera, non riposava affatto. Luci e annunci di spettacoli più o meno socialmente accettabili erano ovunque attorno a loro, la gente camminava in giro barcollando.

Crowley si chiedeva se davvero per andare al cinema Beelzebub dovesse obbligatoriamente andare nel quartiere a luci rosse di Londra.

"Oh eccoli!" disse Beelzebub, quando si furono avvicinati al pub.

Crowley non vide Aziraphale, per primo. E il primo pensiero che gli venne in mente fu come diavolo fosse possibile che Beelzebub uscisse con un ragazzo... come quello.

La malvagia, trasandata, cresciuta in strada e facendo a botte Beelzebub, insieme a un damerino ben vestito e ingellato.

Quelle domande però lasciarono posto a paura e terrore nel momento in cui i suoi occhi si furono posati su Aziraphale.

Cazzo, forse avrebbe dovuto mettere anche il cravattino. Gli sarebbe stato bene, vero? Gli sarebbe stato meglio. Quello smalto non gli avrebbe fatto dare l'impressione del finto alternativo? Oh cazzo com'era carino lui, invece, con quel maglione azzurro che faceva risaltare quegli occhi bellissimi anche nel buio della sera...

Aziraphale stesso lo notò e parve turbato per un attimo "Crowley?"

"Già... sorpresa, immagino?"

Sorpresa? Quale sorpresa?

Ok no era troppo, non poteva sopportare tutta quella pressione, era il caso di andarsene.

"Vedo che vi conoscete già - disse il damerino - Io sono Gabriel."

Gabriel, a prima vista, non gli piacque affatto, ma non era il caso di dirlo ad alta voce e in quel momento. E poi, chi lo conosceva? Certo non lui.

"Anthony, ma chiamami pure Crowley."

Poi si voltò verso Beelzebub cercando di farle percepire tutta la propria confusione causata dalla presenza di quel tipo.

Il pub in cui entrarono era piuttosto affollato, ma trovarono un tavolo per quattro. Crowley si era sentito a disagio per ogni singolo proprio movimento.

"Senti... - disse ad Aziraphale, cercando di inghiottire la paura - Oggi mi sarei dovuto scusare come si deve. Mi spiace davvero molto, posso offrirti la cena? Per ripagare alla situazione imbarazzante che ho creato."

Aziraphale gli sorrise "Oh ma non preoccuparti. Non mi hai dato nessun fastidio. Anzi, il te ubriaco non è affatto una brutta compagnia."

Crowley si sentì arrossire fino alla punta delle orecchie "Beh, spero di essere simpatico almeno la metà del me ubriaco, allora."

"Allora, uhm... tu cosa studi? Se studi qualcosa..."

"Io? Sono iscritto a Belle Arti. Sì, lo so cosa pensi. Da grande farò quello che chiede l'elemosina a Kensington Street. Ma il fatto è che mi piace quasi solo quello. Quindi voglio provarci."

Aziraphale sorrise e la sola vista di quella cosa rischiò di uccidere Crowley "Ma no, è una bella cosa. È giusto inseguire i propri sogni, no?"

Gabriel, che fino ad allora aveva parlato con Beelzebub, si voltò versò i due "Finché si tratta di qualcosa che ti porta effettivamente da qualche parte... non tutto paga, no?"

"Perché ho come l'impressione che questa fosse una frecciatina?" chiese il rosso, facendo passare lo sguardo a Gabriel ad Aziraphale.

"Oh niente - si affrettò quest ultimo - Niente di niente."

"È solo che a Gabriel piace rigirare il coltello nella piaga, vero caro?" disse scherzosamente Beelzebub, lanciando una nocciolina nell'occhio di Gabriel.

"Ma che... Beelz! Hai cinque anni?"

"Onestamente quando ho visto Beelzebub - confessò Aziraphale in un sussurro - Mi sono chiesto come facesse a stare con uno come mio cugino."

"Vale lo stesso per me - rispose Crowley - Forse provano piacere nell'infastidirsi eternamente a vicenda, così non si annoiano."

Aziraphale sorrise di nuovo e Crowley pensò che vederlo con quell'espressione era una delle cose più celestiali dell''Universo intero.

Crowley era il tipo che si prendeva sbandate improvvise, quello sì. Ma quella, di sbandata, lo aveva colpito in faccia senza alcuna pietà.

Fu solo quando entrambi furono entrati nella sala del cinema, dopo aver discusso animatamente per tutta la serata di qualsiasi cosa gli passasse per la testa, che il rosso si decise a chiedere quella domanda che gli era frullata per la testa da quando lo aveva visto per la prima volta.

Erano riusciti a parlarsi. E Aziraphale era ottimo per conversare. Crowley era riuscito a ricordarsi di respirare e non era morto, il che era decisamente un bene. E avrebbe voluto parlargli per tutti i secoli a venire.

In realtà non avrebbe voluto solo parlargli, ma ci si accontentava, no? Anche solo vederlo tranquillo, davanti a sé, era qualcosa di meraviglioso. Era lì e sembrava felice di parlargli.

Era felice, Crowley gli stava facendo passare una buona serata. Quel pensiero era abbastanza da fargli venire voglia di urlare di gioia.

Mentre si sedeva sulla poltroncina di velluto rosso della sala piena solo per metà, infatti, prese il respiro più profondo che avesse mai preso in vita sua e si decise a chiedere.

"Senti, Aziraphale. È da quando ti ho visto che sto pensando a una cosa... vorresti mica posare per un ritratto?"






 

1838 parole scritte una domenica notte. Questa cosa non è sana, non lo è per niente, cristo.

 

   
 
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