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Autore: mikimac    10/11/2019    2 recensioni
Sherlock e John sono sposati e vivono insieme. Possono dire di avere raggiunto un rapporto equilibrato e appagante per entrambi. Fino al giorno in cui la Donna appare nelle loro vite. E nulla sarà più come prima.
Omegaverse. Omega John Watson. Alfa Sherlock Holmes.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Mpreg, Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Fotografie'
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Broken Strings
Non sapeva quanto tempo fosse trascorso. Era stato così sorpreso dall’esito del test di gravidanza, da perdere completamente la cognizione del tempo. John non sapeva che cosa pensare di quella scoperta inattesa. Si riscosse quando una mano gli sfiorò delicatamente una spalla. Solo allora si rese conto di essere seduto sul pavimento del bagno, con la schiena appoggiata alla parete, le gambe raccolte al petto e le braccia appoggiate sulle ginocchia. In una mano stringeva ancora il tester, il cui colore blu testimoniava il suo sorprendente risultato.
“John, stai bene? Sei chiuso qui dentro da quasi dieci minuti. Ho bussato, ma non mi hai risposto. Ho temuto che stessi male e sono entrato,” gli stava dicendo un titubante Mike.
Il giovane Omega alzò la testa, per guardare l’amico negli occhi: “È positivo,” mormorò, incredulo.
“Cosa?”
“Il test. È positivo,” ripeté John, con un po’ più di convinzione. Era come se dicendolo ad alta voce la gravidanza diventasse improvvisamente reale.
“Aspetti un bambino? Ma è fantastico! Congratulazioni, John! Hai visto che ti stavi preoccupando per nulla?” Sorrise Mike, pieno di entusiasmo.
“Già,” borbottò l’Omega.
“Non sei contento? Avevo capito che tu e Sherlock voleste dei bambini,” l’euforia dell’Alfa si ridusse notevolmente, scoraggiata dalla strana reazione dell’amico.
“Sai che questi test possono sbagliare. Devo fare il test delle urine, per essere sicuro. Sì. Deve essere così. Il risultato del test è sbagliato,” affermò John, in tono deciso, alzandosi e tornando nello studio. Mike lo seguì, completamente confuso: “John, scusa, fermati un attimo e parliamo. Perché il test deve essere sbagliato? Ne hai fatti due. I risultati sono diversi?”
“No. Sono entrambi positivi, ma sono ambedue errati. Deve essere così. Capisci?”
“A dire il vero, no. Non ti comprendo,” sospirò Mike.
John era tornato a chiudersi in bagno, ma ne uscì in pochi minuti con una provetta: “Ora la porto in laboratorio e faccio eseguire il test di gravidanza. Vedrai che ho ragione e che risulterà negativo,” sorrise, convinto. Doveva essere così. In quel modo, Sherlock avrebbe potuto ripudiarlo, ottenendo la propria libertà per unirsi a Irene. A quel pensiero, una fitta al cuore trafisse il petto di John. L’aria si bloccò in gola, come se non trovasse la forza di arrivare fino ai polmoni. L’idea di perdere Sherlock era straziante, ma John era disposto a tutto, pur di vederlo felice.
Anche a rinunciare a Sherlock, al suo Alfa, per sempre.

Broken Strings

John arrivò al laboratorio di analisi leggermente trafelato, seguito da Mike, che aveva fatto fatica a tenere il suo passo. La stanza era vuota. Il turno dei tecnici era terminato ed era rimasta solo la responsabile, la dottoressa Anne Curtis, che stava controllando alcuni risultati per firmare le risposte, seduta alla scrivania nel suo ufficio. La donna era una Alfa di mezza età, con corti capelli precocemente ingrigiti e penetranti occhi neri. Era alta e magra. Portava all’anulare sinistro la fede del suo primo e unico matrimonio. Il suo Omega era morto da circa un anno, ma la donna non aveva ancora superato il trauma per la perdita. Alzò gli occhi dalle carte che stava leggendo, per osservare con curiosità i due uomini che stavano entrando nella stanza: “Che cosa posso fare per voi, signori?” Domandò, con un sorriso cordiale.
“Scusa il disturbo, Anne, ma potresti eseguire un test di gravidanza? Un mio paziente ne ha bisogno urgentemente,” rispose John, allungando la provetta.
La donna si alzò dalla sedia, andando incontro all’Omega e alzando un sopracciglio: “Un paziente, eh?” Ripeté scettica, prendendo il contenitore.
“Sì. Un paziente. Non è necessario che il test e l’esito risultino agli atti. Penso io a informare l’interessato,” insisté John, in un tono che non ammetteva repliche.
La donna osservò il giovane per qualche secondo, come se stesse valutando la richiesta: “Ti ricordi che l’aborto è illegale, vero, John?” Chiese, con una punta di tristezza nella voce.
“Nessuno sta pensando di abortire. Questo te lo posso giurare sul mio onore,” la rassicurò l’Omega.
“Confermo,” si intromise Mike.
La donna prese la provetta e si avvicinò a uno dei microscopi. Il tempo si dilatò nuovamente per John. Sembrava che si rifiutasse di trascorrere. Avrebbe voluto mettere fretta alla dottoressa, perché aveva l’impressione che si stesse muovendo al rallentatore. L’Omega riuscì a impedirsi di sbuffare o di incalzare la donna, ben consapevole del fatto che fosse la sua ansia a rallentare il tempo. Finalmente la Curtis terminò l’analisi e si voltò verso i due uomini, con un sorriso felice sulle labbra: “Congratulazioni, John. Stai per avere un bambino,” lo informò.
John ignorò che Anne avesse compreso che il paziente fosse lui. Si sedette su uno sgabello, con un’espressione disperata sul viso.
Mike gli appoggiò una mano su una spalla: “Che cosa sta succedendo, John?”
“Sapete che Sherlock ed io ci siamo sposati costretti dalla legge, non certo per amore. Avere un bambino non era una nostra priorità, ma non abbiamo fatto nulla per ostacolare un concepimento. Abbiamo lasciato che fosse il fato a decidere se concederci un bambino oppure no. Avremmo accettato qualsiasi esito. Almeno fino a oggi,” spiegò l’Omega, con un sospiro.
“E oggi, che cosa è cambiato?” Chiese Anne.
“Oggi Sherlock ha conosciuto qualcuno di cui potrebbe innamorarsi. Con questa gravidanza, però, lo sto intrappolando in una unione che lui non ha voluto. Quella legge è veramente assurda. Su questo pianeta siamo in tanti, che bisogno c’è di costringere le persone a sposarsi e a mettere al mondo dei figli? Perché non pensare che si possa incontrare l’anima gemella a trenta o quaranta o cinquanta anni?”
“Sei sicuro che Sherlock sia attratto da questa persona?” Domandò Mike.
“Sì,” mormorò John.
“Hai ragione. È assurdo costringere persone che non si conoscono a sposarsi, ma io vi ho visti insieme. Ho notato come vi guardate. E ti assicuro, John, che ho visto coppie che si erano dichiarate eterno amore scambiarsi sguardi meno complici dei vostri. Non puoi decidere che cosa provi Sherlock. Devi parlare con lui. Dirgli della gravidanza. Vedrai che ti stai sbagliando,” ribatté Mike, con veemenza.
“Io non conosco tuo marito, ma so che questi matrimoni combinati possono creare tanta insicurezza, soprattutto in un Omega all’inizio della gravidanza. Sono d’accordo con Mike. Devi avere fiducia nel tuo Alfa e parlare con lui. Anche io sono sicura che tu stia ingigantendo il problema, che probabilmente nemmeno esiste. Vedrai che andrà tutto bene,” concordò Anne, rassicurante.
John passò uno sguardo da uno all’altra. Forse avevano ragione. Forse si stava sbagliando. Forse aveva frainteso ciò che aveva visto. Sherlock era sempre stato comprensivo e disponibile. Avevano sempre affrontato tutto insieme e lo avrebbero fatto anche questa volta. Mike e Anne avevano ragione. Doveva parlare con Sherlock. Pieno di ottimismo, John salutò i due colleghi e tornò a Baker Street, sopprimendo i propri timori e deciso ad avere completa fiducia nel marito.

Quando entrò nel salotto, sentì aleggiare nell’aria il profumo di Irene, mescolato a quello di Sherlock. I due odori si erano fusi in una fragranza seducente e piacevole. Nell’appartamento regnava il silenzio.
“Sherlock?” Chiamò John, mentre una strana agitazione si impossessava di lui. Nessuno rispose. “Sherlock?” Riprovò, andando in camera da letto. Era vuota. Il dottore si rese conto di avere trattenuto il fiato, fino a quel momento. Aveva temuto di trovare il marito a letto con Irene, l’uno fra le braccia dell’altra. Il fatto che la casa fosse vuota, spazzava via le previsioni più nere di John, anche se la solita vocina fastidiosa ipotizzava che i due Alfa fossero usciti insieme a pranzo, per festeggiare il loro amore appena sbocciato. L’Omega stava per mettersi a cercare un eventuale messaggio lasciato dal marito, quando sentì qualcuno correre lungo la scala. La porta si spalancò e un trafelato Sherlock irruppe nel salotto, come una folata di vento: “Lei è qui?”
“Irene Adler?” Domandò John, interdetto.
“Certo che sto parlando di Irene Adler! Di chi altro potrei chiederti?” Ribatté Sherlock, furioso.
“Io vi ho lasciati qui e sono andato al lavoro. Sono appena rientrato e non c’era nessuno. Che cosa è successo?” Spiegò l’Omega, tentando di non fare trapelare l’irritazione che provava.
“Se ne è andata! – sbottò Sherlock, muovendosi irrequieto per la stanza e alzando le braccia in alto, con un gesto irritato – Doveva cambiarsi e le ho detto che poteva usare la nostra camera da letto. Ci stava impiegando troppo tempo, così ho bussato, ma lei non mi ha risposto. Quando ho aperto la porta, ho trovato la stanza vuota e la finestra spalancata. Irene è fuggita!”
Sentire il marito pronunciare il nome della donna fu una coltellata al cuore. John notò anche che Sherlock era più preoccupato che arrabbiato: “Sono certo che la signora Adler sia in un luogo sicuro. Mi è sembrata una donna che sappia come prendersi cura di se stessa. Avrà un posto in cui rifugiarsi fino a quando le acque si saranno calmate. Si metterà presto in contatto con te,” rassicurò il marito.
“Non sappiamo con chi abbiamo a che fare. Potrebbe essere già nelle mani di chi le stava dando la caccia e io non posso aiutarla!” Ringhiò Sherlock.
“Dov’è il tuo cappotto?” Domandò John, notando che il marito non lo aveva indosso.
“Non lo so! Che importanza vuoi che abbia? Devo trovare Irene! Forse Mycroft mi può aiutare. Attraverso le sue telecamere, sparse per la città, il mio grasso fratello ficcanaso vede tutto ciò che accade a Londra. Stavolta potrebbe tornarci utile,” borbottò, estraendo il cellulare dalla tasca della giacca.
John serrò le labbra, per non ribattere bruscamente all’Alfa. Andò in camera da letto, non sapeva nemmeno lui perché. La finestra era ancora spalancata e entrava un vento gelido. Il tempo stava per cambiare. Si avvicinavano nubi minacciose, che promettevano di portare una fitta coltre di neve sulla città. Tornando verso la porta, notò il cappotto del marito appeso al gancio posto sull’uscio. Lo prese e lo portò con sé in salotto: “Il tuo cappotto è qui. Forse la signora Adler ha lasciato qualche indizio.”
Sherlock prese il cappotto dalle mani di John e frugò nelle tasche. Il dottore vide il marito impallidire. Quasi vacillando, il consulente investigativo si lasciò cadere sulla sua poltrona.
“Che cosa c’è?” Chiese l’Omega, preoccupato.
Sherlock estrasse qualcosa dalla tasca in cui era infilata la mano. John fissò il cellulare senza capire. Che cosa c’era di così preoccupante in quel semplice oggetto, ormai diffusissimo? Sussultò al suono dell’arrivo di un messaggio. Il cellulare che Sherlock stringeva in mano, però, non si illuminò. Fu allora che John comprese la reazione del marito. Quello non era il suo cellulare. Era quello di Irene Adler. Il prezioso telefono in cui la donna aveva rinchiuso tutti i propri segreti. E l’assicurazione per la sua sopravvivenza.
“Irene mi ha lasciato il suo cellulare. Vuole dire che pensa di non riuscire a sfuggire a chiunque la stia perseguitando. Forse ha registrato i segreti della persona sbagliata e ora pagherà con la vita la sua avventatezza,” mormorò, sconvolto.
“Non puoi esserne sicuro, Sherlock. Forse lei ha lasciato qui il telefono affinché tu lo custodissi. Probabilmente starà aspettando di valutare le offerte dei diversi acquirenti e verrà a prenderlo quando dovrà consegnarlo al vincitore dell’asta,” John tentò nuovamente di rassicurare il marito.
“Come fai a non capire? Troveremo presto il cadavere di Irene Adler! La sua morte sarà il segno ineluttabile del mio più grande fallimento. Avrei dovuto proteggerla. Invece lei si è consegnata al suo carnefice per salvare noi,” ribatté Sherlock, in tono duro e gelido. Con un gesto secco, lanciò il cappotto sulla poltrona di John e fissò il cellulare di Irene come se volesse carpirne i segreti. John osservava l’Alfa, con il cuore che batteva impazzito. L’espressione ad un tempo atterrita e dura di Sherlock faceva capire all’Omega quanto tenesse alla donna scomparsa. Non ci voleva la mente geniale degli Holmes per comprendere che Sherlock si fosse innamorato di Irene e che fosse disperato per la sua scomparsa.
“Il telefono è protetto da una password. Riuscirò a trovarla e ad accedere ai segreti di Irene. Quando saprò che cosa nasconde questo cellulare, capirò chi la abbia uccisa e gliela farò pagare,” sibilò Sherlock.
John si portò una mano al ventre. Non poteva sentire muovere il bambino. Lui era solo un minuscolo ammasso informe di cellule, che appartenevano sia a John sia a Sherlock. Eppure, l’Omega sapeva di non potere rivelare la notizia all’Alfa. Sentiva che non era il momento. Non poteva distrarre il marito dal suo caso. Forse Irene era ancora viva e poteva essere salvata. John se lo augurava, perché così avrebbe potuto affrontare la sua rivale ad armi pari. Lottando per conquistare il cuore di Sherlock con una antagonista pericolosa, ma viva. Forse Irene era veramente morta e John doveva lasciare che il marito trovasse il suo assassino, ottenendo giustizia per la bella Alfa. Solo così Sherlock poteva lasciarsi il ricordo di quella donna alle spalle e continuare con la sua vita.
Non è un bugia. È solo una piccola omissione. Rinviare l’annuncio è un peccato veniale. Non può fare del male a nessuno,” si disse John, per convincersi che la sua decisione fosse giusta. Sapeva che stava facendo la cosa sbagliata. Sapeva che era errato avere dei segreti con il proprio partner. Eppure, in quel momento non vedeva altre possibilità. Nascondere l’esistenza del loro bambino era l’unico modo che avesse John per dimostrare a Sherlock il proprio amore. L’Omega sussultò leggermente.
Amore.
Quella parola lo colpì come un pugno nello stomaco, togliendogli il fiato. Lo folgorò con la potenza del suo significato. Era inutile nascondersi. Non poteva continuare a mentire a se stesso.
John amava Sherlock.
Era un sentimento cresciuto nel corso del tempo. Iniziato come una forma di profonda amicizia e grande rispetto, che si era lentamente evoluto, fino a diventare vero amore. E per amore di Sherlock, John era disposto a qualsiasi cosa. Anche a perdere se stesso.







Angolo dell’autrice

Uno dei due (ovviamente John, visto che è quello che sta raccontando la storia) ha finalmente ammesso di essere innamorato dell’altro. Naturalmente non poteva essere tutto semplice. Non potevano parlarsi sinceramente o non sarebbero stati loro. Inoltre, confessiamolo: a noi Johnlocker non piace vincere facile. Ci sarà un po’ da penare, ma sappiamo già che andrà a finire tutto bene.

Grazie a chi stia leggendo il racconto e la serie.
Grazie a chi stia segnando la storia in qualche categoria.
Un grazie speciale a emma_stone, paffy333 ed emerenziano per i commenti ai capitoli precedenti.

A domenica prossima. Perché sappiamo tutti che non ci siamo davvero liberati di Irene Adler. Giusto?

Ciao!
   
 
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