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Autore: elfin emrys    10/11/2019    3 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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I Donald – Capitolo 16

 
Arthur scese l’ultimo scalino e tese la mano a Merlin per aiutarlo a muoversi.
Lo spettacolo che si trovarono davanti era piuttosto pietoso. Il primo piano sotterraneo di Asgol Ewchradd era totalmente dedicato alle abitazioni dei cittadini meno abbienti e la cosa era più che evidente, soprattutto per chi, come Merlin e Arthur, aveva esplorato quasi esclusivamente la parte superiore. I corridoi erano più bui e sporchi e, dalle voci che fuoriuscivano dalle porte, si poteva intuire che gli spazi dovevano essere molto ristretti per il numero di persone.
-In che numero ha detto di abitare?
-L’undici.
I due avanzarono lentamente, schivando le persone che, nonostante fosse ora di cena, ancora camminavano in giro per il piano.
Da qualche abitazione uscivano dei buoi odori di cibo, mentre altre erano meno accoglienti; davanti alle porte si potevano vedere uomini e donne di ogni età montare oggetti, scrivere, riparare, accatastare scatoloni o portarli dentro casa. In un angolo, un giovane con dei conigli in mano sembrava cercare acquirenti ed era evidente dalle frasi che diceva che non intendeva venderli come animali da compagnia.
Merlin rimase fisso a guardarlo, poi si riscosse quando Arthur gli tirò la manica.
-È l’undici.
I due si avvicinarono alla porta e bussarono. Subito venne loro aperto e l’uomo del banco informazioni li accolse dentro casa. Probabilmente era il più ricco del piano, visto che l’intera vecchia aula era diventata la sua dimora, mentre tutte le altre del piano erano state divise in due o più locali. Un grosso tavolo era piazzato al centro e già diverse persone erano presenti.
-Sono contento che anche il suo amico sia riuscito a venire.
L’uomo sorrise cordialmente a Merlin.
-Le ho fatto preparare un menù più leggero, visto che ho saputo che è stato vittima di un’intossicazione alimentare…
-Già, un’intossicazione…
-A volte capita, non tutti i proprietari dei locali di questa città sono persone che tengono davvero ai propri clienti.
I due ospiti si accomodarono subito, uno per non stancarsi più del dovuto e l’altro semplicemente per compagnia, e attaccarono bottone con il loro vicino, che era, a quanto pareva, un calzolaio.
-Non potete capire quanto sia emozionante parlare con qualcuno della vostra tribù!
L’uomo bevve un sorso di birra, poi continuò, mentre una donna invitava gli altri a mettersi a tavola.
-Non si sono mai visti molti di voi da queste parti, se uno vuole fare affari deve per forza rivolgersi agli anteposti sulla strada per la Città Vecchia… È un vero peccato, spero che il vostro nuovo capo decida di aprire di più il territorio.
-Non credo che il nostro villaggio sarebbe pronto ad accogliere dei viaggiatori.
-Dovrebbe.
Lo sconosciuto alzò il bicchiere.
-Il mondo va in quella direzione, amici, e non c’è nulla che potete fare se non accompagnarlo. Se vi opporrete al destino, quello vi trascinerà come un carro e…
Qualcuno batté sonoramente una pacca sulla sua spalla.
-Ancora a fare il filosofo, mh? Da’ pace a questi uomini, sennò quando torneranno a casa diranno che siamo tutti una barba micidiale.
-Io non “faccio il filosofo”! Sto solo dicendo che è evidente che molto presto le nostre tribù si apriranno molto di più l’una verso l’altra! Siamo troppi, la terra che abbiamo non basta più, bisogna spingersi oltre.
Diede un altro sorso.
-E poi con tutte le migrazioni a causa di stregoni, mostri orrendi, roba magica e tutte quelle cose lì le persone saranno costrette a creare nuove strade e a parlare con gente mai vista prima e…
L’amico scosse la testa, divertito.
-Ma non ti stanchi mai di parlare di questo argomento?
Si piegò verso Merlin e Arthur.
-Scusatelo, è uno che pensa solo al domani e al dopodomani e al giorno dopo ancora, mai una volta che pensi a godersi il momento.
-È per questo che il mio servizio sarà presto molto richiesto.
-È per questo che non riesci a mettere da parte un soldo.
-Ah. Ah.
L’uomo batté le mani insieme agli altri quando la prima portata venne posta al centro della tavola, poi, appena poté, ricominciò a parlare.
-Come avrete capito, sono circondato da persone con una mente molto limitata.
Si girò verso l’amico, che borbottò un “Sì sì”, mentre addentava una coscia di pollo.
-Però, e vi ricorderete di queste parole, siamo in un’era di cambiamento, dove tantissime cose sono possibili. Qua ci stiamo giocando un grande futuro, e qui lo dico e… e qui lo dico.
Arthur e Merlin si scambiarono uno sguardo confuso, sussurrandosi “Ma non si diceva così questa frase”, poi il re ricominciò ad ascoltare.
-Ci sono una caterva di strade di fronte a noi e bisogna stare attenti a quale stiamo per percorrere. Poche sono quelle giuste ed è interesse di molti che le cose vadano per il verso sbagliato. Poi con tutti questi stregoni che vanno in giro a distruggere la città… Da’ retta a me, qua qualcuno ci sta mettendo lo zampino per fare in modo che il popolo venga messo uno contro l’altro: quello è il suo guadagno! Dividetimpera, cioè “dividi e comanda”, come diceva la mia nonna che c’aveva questi modi di dire un po’ strambi!
Il biondo annuì senza correggere la frase e senza sottolineare che il latino non era una peculiarità della nonna; mormorò un commento d’assenso, in modo che l’altro continuasse il discorso.
Merlin smise di ascoltare e cominciò a esaminare tutti i presenti. Tanti li osservavano e il mago pensò che entro fine serata tutti sarebbero passati da loro per due chiacchiere: probabilmente l’uomo del banco informazioni li aveva invitati proprio per renderli materiale da intrattenimento della serata. La cosa avrebbe dato fastidio al moro se non fosse andata a loro vantaggio, quindi lasciò perdere la questione e proseguì col passare in rassegna tutti i presenti.
Erano solo alla prima parte della cena e il sole era tramontato da poco, eppure già una buona parte degli invitati aveva iniziato a ubriacarsi. I più ridevano, raccontandosi le ultime novità personali e non, un paio si limitavano a stare in silenzio e mangiare come se non ci fosse stato un domani.
Un solo uomo aveva l’espressione cupa; la sua coppa era rimasta piena fin dall’inizio della serata e il suo piatto non si era ancora svuotato dalla prima porzione che aveva preso. Muoveva la forchetta senza uno scopo preciso e, ogni tanto, dava un morso a un pezzo di pane, sorrideva educatamente a qualche commento o battuta che sentiva, per poi tornare a fissare in avanti. Quando il padrone di casa andò a parlargli, parve non volerlo far preoccupare, ma l’uomo se n’era andato scuotendo la testa e alzando le mani, mentre l’ospite si era impegnato un po’ di più a finire il pasto.
Merlin colpì delicatamente con il gomito il braccio di Arthur e lo chiamò, gli fece cenno con la testa verso l’uomo silenzioso. L’altro assottigliò gli occhi e annuì; da allora non lo persero di vista per tutta la cena. Avrebbero provato a parlarci quando anche lui avrebbe bevuto un po’, dopo aver chiacchierato con molti dei più loquaci… Solo poi avrebbero attaccato.
Finita la cena, si alzarono tutti e cominciarono a fare salotto, andando da una parte all’altra della stanza. L’uomo del banco informazioni pareva essere onnipresente: partecipava a ogni conversazione e, in generale, si occupava di essere un buon padrone di casa; quella che doveva essere sua moglie faceva altrettanto, curandosi del benessere degli ospiti come se fossero stati sacri. Nonostante subito dopo essersi alzati da tavola avessero dovuto cacciare un giovane che aveva provato a infiltrarsi alla festicciola, avevano mantenuto il buon umore e avevano aperto discorsi sempre nuovi per non far morire la serata e, probabilmente, anche per un interesse lavorativo di raccolta di informazioni.
Merlin stava annuendo a uno sconosciuto che stava parlando di alcuni strani movimenti da parte dei bibliotecari della città quando Arthur riuscì ad avere il padrone di casa per sé. Accennò con la testa verso l’uomo silenzioso.
-Quello chi è?
-Ah… Quello è Dean Taylor, fa il lavapiatti.
-Taylor? Come Lloyd?
-Sì, era un cugino di… Sa… Lo stregone. Visto che è imparentato con mia moglie da parte di mamma ho pensato sarebbe stata una cosa gentile invitarlo: è da quando suo cugino è andato fuori di testa che non riesce a divertirsi, quel benedetto ragazzo. Ho provato a chiacchierare con lui, ma non è andata molto bene.
-Se ci provassi io? Potrebbe interessarsi alla novità di incontrare un Arthur.
-Può provarci, ma non credo avrà successo.
L’uomo gli diede una pacca sulla spalla, poi venne chiamato altrove. Il biondo si allungò per chiamare Merlin e si avvicinò per aiutarlo ad alzarsi e andare verso il loro obiettivo. Il re sussurrò l’identità dello sconosciuto al mago mentre camminavano, poi finsero di parlare d’altro quando arrivarono a portata d’orecchio dell’uomo.
Arthur afferrò un altro boccale pieno e si lasciò andare seduto vicino a Dean, occupandosi di controllare che anche Merlin si accomodasse. Il biondo avvicinò la bevanda al lavapiatti.
-Birra?
-…No, grazie.
-Allora sidro? Come il mio amico!
-…Un po’ di sidro non mi dispiacerebbe…
Arthur si alzò e prese una bottiglia poco lontano.
-Eccoci qui.
Merlin interruppe il silenzio, mentre il biondo riempiva il bicchiere all’uomo e al mago.
-Non ti piace la birra?
-Mi piace, ma non mi andava in questo momento.
-Il sidro va comunque bene per quello che vogliamo fare.
-Quello che volete fare?
Arthur subentrò.
-Vedi il padrone di casa?
Dean osservò l’uomo del banco informazioni.
-Sì, e allora?
-Hai notato che ogni volta che qualcuno gli dà notizie e dati che può rivendersi fa “Aaaah” e alza un poco la testa?
-…Davvero lo fa?
-Certo, non l’hai-Uh! Ecco, lo sta facendo ora.
Fissarono l’uomo aprire le labbra per dire qualcosa che non si poteva sentire, sorridere e chinare leggermente la testa all’indietro. Dean allargò gli occhi.
-Lo fa sul serio!
Merlin, dopo aver approfittato della disattenzione dell’altro per fare un incantesimo in modo da non far ubriacare anche se stesso e Arthur, gli diede un colpetto sul braccio col dorso della mano.
-Beviamo ogni volta che lo fa nei prossimi minuti. Pronto?
-Ehm…
Dean li scrutò da capo a piedi.
-Siete degli Arthur?
Il biondo rise.
-Certo, e allo-Eccolo, l’ha fatto!
Lui e il mago bevvero e, con una nuova pacca sul bicipite del giovane, anche lui mandò giù il suo sidro, quasi senza pensarci.
Dean li esaminò con lo sguardo, un po’ meno attentamente di prima, ma comunque con accuratezza, mentre si faceva riempire nuovamente il bicchiere dal biondo.
-Avevo sentito che c’erano degli Arthur in città… Siete qui per affari?
Merlin annuì.
-Sì, sì, siamo qui per capire se ci conviene avere una stazione in questa città per il nostro commercio di stoffe.
-Pensate di comprare un banco al mercato?
-Ne abbiamo già visitato uno e pensiamo un altro nei prossimi giorni.
Arthur indicò ancora il padrone di casa, mormorando entusiasticamente.
-Ed eccolo ancora una volta! Tutti giù!
I tre finirono le proprie bevande all’unisono e il biondo le versò nuovamente.
Dean sbatté le palpebre un paio di volte, stringendo le labbra e abbassando il mento.
-Che banco avete già visto?
Arthur rispose.
-Aaaah, uno centrale, un po’ piccolino. Il tizio aveva davvero fretta di vendercelo!
Merlin annuì.
-Già… “Spazio contenuto” un paio di maniche, era un vero buco.
-Quant’è vero!
I due sbatterono i propri bicchieri l’uno contro l’altro e Dean passava lo sguardo deconcentrato fra i due uomini, finché il moro non sussultò un “L’ha rifatto” e tutti bevvero ancora.
Il lavapiatti aveva l’aria davvero confusa in quel momento e Arthur versò altra birra e altro sidro nei loro bicchieri. 
-Cosa…
Le guance di Dean si gonfiarono e l’uomo scosse rapidamente la testa.
-Scusate, dicevo… Cosa stavo dicendo?
Arthur alzò le spalle.
-Non lo sappiamo.
Merlin fece altrettanto.
-Non lo sappiamo.
Il biondo ripeté.
-Non lo sappiamo.
Dean assottigliò gli occhi e mormorò un “Ok” stordito, poi sobbalzò sentendo il padrone di casa gridare qualcosa e richiudere la porta. Lo videro salire sopra una sedia e richiamare l’attenzione degli invitati.
-Scusatemi, volevo dirvi che è la seconda volta che un ragazzino incappucciato bussa perché vuole parlare con degli ospiti. Se qualcuno sa chi è, vada a parlarci fuori, vi prego di tenere i vostri loschi affari fuori da casa mia! Grazie.
L’uomo scese e i tre si rimisero a chiacchierare.
-Ah, ecco cosa stavo dicendo! Vi stavo chiedendo cosa c’era al banco che volevate comprare prima che fosse libero.
Merlin strinse le labbra.
-Mmmmh… Non saprei… Cosa c’era secondo te?
-Secondo me?
Arthur si intromise.
-Penso intenda secondo me.
Il moro ridacchiò.
-Io ho già detto che non saprei, volevo dire secondo te.
-Te chi?
-Te te.
-Ah, te me.
Dean aprì le labbra come per intervenire nella conversazione fra i due, ma optò per bere dell’altro sidro, sebbene non avessero visto il padrone di casa fare la sua espressione, poi trattenne dell’aria che gli stava salendo dallo stomaco.
Il biondo lo guardò terminare un altro bicchiere e sorrise verso Merlin, poi rispose.
-Non ho visto bene… Credo che… Sì, potrebbe darsi vendesse giochi di prestigio.
Dean si fece di pietra e strinse la coppa fra le mani come se dovesse romperla, ma non disse nulla. Il moro borbottò un “Ehm” imbarazzato, capendo che il lavapiatti non era ancora abbastanza ubriaco e che, probabilmente, anche allora non sarebbe stato facile farlo parlare.
Arthur provò a rompere il secondo di impacciato silenzio indicando ancora l’uomo del banco informazioni.
-Rifatto, si beve!
Merlin rise, cercando anche lui di smorzare l’improvvisa tensione, e i due si portarono le bevande alle labbra, ma posarono i propri bicchieri quando notarono che Dean si stava alzando per andarsene.
-Ehi, aspetta, non abbiamo finito!
L’uomo camminava lentamente e si era messo una mano alla testa. I due lo seguirono.
-Non ti va più di giocare?
-Speravamo andasse avanti ancora per un po’…
-È divertente, però se non ti va facciamo qualcos’altro.
Dean li ignorò e, senza neanche salutare i padroni di casa, uscì dalla porta. Arthur e Merlin si guardarono e poi fecero altrettanto. 
-Non avevi una giacca o un cappello con te?
Il moro tese una mano verso il braccio del lavapiatti, ma quello lo scacciò. Il mago quasi perse l’equilibrio e il biondo dovette reggerlo.
-Ehi, stai attento!
Dean continuò ad allontanarsi senza dire nulla e i due lo rincorsero finché il re non poté prendergli un polso per girarlo.
-Ma che ti prende?
-Credete che non… Che non sappia cosa vo- volevate fare?
-Cosa?
-Vi ha ass… assol… assoldato quello stronzo per farmi parlare, vero?
-Quello…?
-Le informazioni lui le… le vende! Ah!
Dean mosse le mani e allargò le palpebre, evidentemente aveva avuto un giramento di testa. Non aveva quasi mangiato nulla per tutta la serata, quindi quello che aveva bevuto stava immediatamente facendo effetto.
-Volete sapere di… Di Lloyd, no?
Merlin e Arthur si limitarono a fissarlo e l’altro li indicò con fare accusatorio.
-Mi chiedono tutti dove…
Fece una pausa, prese un respiro un po’ rauco e continuò.
-Dove ha preso i suoi po-poteri. E io che ne so? Potrebbe pure averli sem… sempre avuti.
Arthur alzò un sopracciglio. Dai diari di Lloyd non avevano trovato nulla che potesse condurli a capire come l’uomo avesse imparato la magia; il re poteva pensare tranquillamente che gli era stata donata quando quella era tornata, perciò non si era stranito più di tanto, ma quella considerazione, sebbene non attendibile, di Dean l’aveva confuso.
-In che senso?
Il lavapiatti sbarrò gli occhi, poi storse la bocca in un’espressione nauseata.
-In nessun senso. Ora andate via! Sciò!
Slanciò un braccio verso di loro e quello ricadde a peso morto lungo il corpo, poi l’uomo si girò e ricominciò a camminare. Arthur lo bloccò.
-In che senso poteva averli sempre avuti?
-Io non vi dirò nulla!
-Noi… Noi vogliamo aiutare…
-Aiutare? Aiutare?!
Dean cominciò a ridere istericamente.
-Se vole… volete aiutare, c’è un solo modo…
L’uomo alzò una mano e strofinò pollice e indice. Il biondo aggrottò le sopracciglia.
-Vuoi…?
-Nessuno vuole più un… un Taylor a lavorare e io… in futuro dovrò… rubare il cibo da cene come quelle…
Dean fece cenno verso la casa che avevano lasciato.
L’espressione di Arthur era impassibile.
-Non ne abbiamo con noi.
-E allora potete anche morire ammazzati. Come mio cugino. Ah… Ah. L’avete capita? Come mio…
Dean si portò una mano alla bocca e le sue guance si gonfiarono ancora, poi si batté il petto.
-Ma come vi è venuto in mente di non… non portarvi dei soldi? Bah.
Fece per andarsene, ma Merlin lo bloccò e gli diede una moneta.
-Ora parla. Che intendevi dire con…?
L’uomo la guardò.
-Lui faceva i… trucchi di magia perché fin da piccolo riusciva a tenere in piedi le monete… Come questa!
La mise in tasca.
-Le lanciava e quelle non cadevano su… su una faccia, ma rimane… rimanevano come se le avesse messe lui in equi… equilibrio.
-Strano.
-Già… Era l’unico trucco riuscisse a… a fare. Poi, un giorno, ha iniziato a… a essere bravo e…
L’uomo si strofinò gli occhi e deglutì.
-Non so dove… dove l’ha trovati.
-Cosa?
-I poteri, ecco cosa! Quegli stramaledettissimi poteri! Non me lo voleva dire, non lo voleva dire a me… Li voleva tenere per sé…
L’aria uscì dai polmoni di Arthur e uno strano gelo gli entrò nelle ossa.
-Ha parlato con te.
-…Cosa?
-Ha parlato con te prima di sparire del tutto, non è vero?
-Cosa? Pffff, no…
-L’hai incontrato su questo corridoio e lui ti ha detto qualcosa.
-No.
Dean cominciava a ritrarsi e gli altri due avanzavano per non farselo sfuggire.
-Cosa ti ha detto?
-Lui non ha…
-Cosa. Ti. Ha. Detto.
Arthur tirò fuori altri soldi, glieli fece vedere, poi li allontanò.
-Prima le sue parole esatte.
Il lavapiatti assunse un’aria ferita e provò a prendere il denaro in fretta per fuggire, ma non era in sufficienti condizioni fisiche per farlo.
-Le parole esatte, Dean.
L’uomo mosse le braccia.
-Mi ha detto che… Che finalmente sapeva dov’era…
-Cosa?
-Non ha detto cosa! Ha detto solo che aveva trovato quel bastardo.
-Quel bastardo chi?
-Non so chi… chi fosse…
La bocca di Dean si fece storta e l’uomo ringhiò.
-Ma chiunque sarà stato lui a… a ucciderlo… e se lo trovo… Ora dammeli.
Tese la mano e Arthur, dopo un secondo di silenzio, gli mise i soldi sul palmo. Il lavapiatti li esaminò attentamente, poi scrutò nuovamente i due che aveva di fronte con una strana luce negli occhi. Il biondo mise la mano a un coltello che aveva e mormorò con voce profonda.
-Non ti conviene.
Quello sbuffò e, un po’ barcollando, iniziò ad allontanarsi, brontolando qualcosa sui soldi, sul fatto che gli servivano.
Una voce uscì dal buio.
-Io non glieli avrei dati: a sentire questo popolo, sembra sempre che abbiano bisogno di denaro.
Merlin e Arthur sobbalzarono e si girarono in direzione della voce.
-Chi è?
-È normale per loro, i soldi sono quasi degli dei su questo piano… Ma solo una cosa bisogna venerare: il ventre di tua madre.
Arthur estrasse il coltello, allarmato dal sentire qualcuno tanto vicino senza essersene accorto prima.
-Fatti vedere.
Dall’oscurità, venne alla luce un ragazzo (anche se poteva essere pure già un uomo, tanta era la profondità del suo sguardo). Era vestito da viaggiatore e, quando si tolse il cappuccio, si vide che sulla sua fronte c’era il contorno tatuato di una mezzaluna: le punte dell’astro gli sfioravano l’attaccatura dei capelli e la curva tonda aveva il suo fulcro in mezzo agli occhi. Al centro, si riuscivano a intravedere delle linee che, un tempo, avrebbero potuto rappresentare un occhio.
Il re abbassò lentamente la lama. 
-Chi sei?
Merlin gli rispose, con tono sorpreso.
-Uno Jura…!
Il ragazzo sorrise dolcemente.
-Ero uno Jura. Lo sapete anche voi, Emrys, che non lo sono più…
Arthur borbottò e si voltò a guardare Merlin, confuso. Non aveva mai sentito nessuno pronunciare quel nome se non lo stesso mago che ora gli stava accanto e che osservava attentamente il giovane. Il volto del moro si illuminò.
-Sì, mi ricordo di te…
-Mi avete salvato da una fine orrenda perché potessi completare il mio viaggio.
-Non mi sarei mai aspettato di rivederti e, certamente, non ad Asgol Ewchradd.
Il ragazzo abbassò lo sguardo, imbarazzato.
-Oooh, ma all’epoca non l’avrei mai pensato nemmeno io.
Si voltò a osservare Arthur e si chinò profondamente.
-Sono Jacob primo di Joanne, mio sire. Spero mi possiate perdonare di essere entrato così bruscamente nel vostro discorso.
-“Jacob primo”?
Merlin gli sussurrò una veloce spiegazione.
-“Jacob primo di Joanne” vuol dire “Jacob, primo figlio di Joanne”. È così che formano il cognome, gli Jura: dopo il proprio nome, mettono se sono primogeniti e così via e poi nominano la loro madre.
Jacob rimase chinato a metà.
-Scusate la mia poca chiarezza: so bene che non avete ancora incontrato di persona i nostri sommi sacerdoti.
Arthur aveva ancora le sopracciglia aggrottate. La sua natura di soldato, nonostante tutto, lo teneva sospettoso.
-Perché sei nella città dei Donald?
Il ragazzo arrossì.
-Sto tornando dalla mia gente, mio sire.
Merlin si lasciò andare un “Ah!” di stupore e il giovane gli sorrise a labbra strette, evidentemente pieno di vergogna.
-So che dovevo sembrare estremamente convinto della mia scelta di ripudiare il mio popolo. Era una sciocchezza, ora ne sono consapevole. La meteora mi ha dato la spinta di tornare a casa..
Arthur rinfoderò la spada.
-Meteora?
-Sì. La Lunga Notte, la neve, i terremoti… Non si sono sentiti da dove ero io. Ma la meteora che ha squarciato il cielo sì e così anche la caduta delle stelle. Nelle notti, mentre dormivo, sognavo il lago e altri simboli che ben mi erano chiari.
Il giovane, finalmente, eresse la schiena. Lo sguardo che lanciò al re era difficile da decifrare.
-Sebbene io abbia abbandonato gli Jura, essi mi hanno insegnato molto bene le antiche leggende e le antiche profezie. Sapevo che la Dea, un giorno, vi avrebbe ridato la vita, Arthur Pendragon.
Il suono del suo cognome colpì il cuore del biondo come un pugno. Non era più abituato a udirlo e si sentì come se un pezzo di sé fosse tornato a casa, sebbene ci fosse qualcosa di quasi estraneo, ormai, nella parola “Pendragon” fra le labbra di qualcuno che non fosse lui.
-Vedo che conosci la mia identità.
-Attendevamo da anni il vostro ritorno…
Dicendo questo, il giovane gettò un’occhiata a Merlin e fece un sorriso triste.
-Sebbene ci sia chi ha atteso molto di più.
Arthur fece inconsciamente un passo verso il moro, forse a protezione o, forse, per fargli percepire meglio la sua presenza. Fece un cenno col mento verso il ragazzo.
-Che intendi quando dici che la Dea mi avrebbe ridato la vita?
Jacob aprì le mani.
-Le antiche profezie rivelano che re Arthur Pendragon sarebbe tornato dalla morte per salvare il suo popolo. Non so molto di più, poiché il testo completo è proibito e può essere letto solo dai sommi sacerdoti, ma una cosa è sicura: voi riporterete la luce e la pace in quello che era il vostro regno, sarete la guida che ci preparerà per gli eventi futuri. La Dea l’ha rivelato agli Jura e a molti altri prima di loro.
Il re inclinò la testa.
-Hai detto che non si onora altro dio se non il ventre della propria madre, ma non fai altro che nominare questa Dea.
Merlin esclamò un rimprovero, ma Jacob rise.
-Perché la Dea è la Madre di tutte le cose, mio sire. È la madre di ogni albero e degli animali, la madre mia come lo è di mia madre ed è anche la vostra. Tuttavia, avete ragione: poiché le Sue parole sono tanto importanti per il motivo per il quale vi conosco e conosco le vostre opere, l’ho nominata spesso in questa breve conversazione, ma questa non è la fede degli Jura. Anni fa, mi pareva limitata, ma ora riconosco la saggezza del mio popolo, che afferma che davvero non c’è nient’altro da onorare se non il ventre della propria madre. È la vita che desideriamo lodare, mio Sire, non una persona.
-E cosa ti ha fatto cambiare idea, se è lecito chiedere?
Il ragazzo abbassò di nuovo lo sguardo.
-Mi sentivo schiacciato. Me ne sono voluto andare e ho abbandonato il mio popolo e, come prima tappa, arrivai proprio qui, ad Asgol Ewchradd. Trovai una massa di cialtroni che hanno paura di ogni cosa che non possono contare; mi sentii disgustato e me ne andai. Evitai i Grant, poiché già durante la mia infanzia vi ero stato in visita con mio padre, che mi aveva severamente messo in guardia contro il capo di allora. Mi disse che era quando vedeva Grant e quelli come lui che rimpiangeva il giorno in cui l’uomo capì che era anche merito suo se si gonfiava il ventre delle donne e che, da adulto, mi sarei ricordato di questa affermazione e che avrei capito di cosa stava parlando. Era certamente vero: vorrei non essere mai venuto a conoscenza dell’empietà di Grant e dei suoi numerosi sacrilegi.
Fece una pausa e assunse un’espressione severa.
-Fra gli Jura nessuna donna si è mai unita a un uomo a meno che non lo volesse, mai.
Merlin si fece avanti.
-Poi dove sei andato?
-Sono andato a sud, dai Lamont, poi ho oltrepassato le Grandi Distese, sono arrivato fino alle Montagne Nevose e ho proseguito ancora e ancora. Stavo tornando alle pianure per sfuggire dai briganti quando ho visto i segni e ho capito che il momento era giunto.
Jacob si inchinò ancora.
-È un onore incontrarvi, miei signori, e non ho parole per descrivere cosa significa per me vivere nell’epoca del ritorno del Re.
Arthur quasi arrossì, poiché era piacevole che qualcuno gli recasse i dovuti omaggi, ma rimase guardingo.
-Come ci hai trovati?
-È stato un caso. Stavo andando dal venditore di conigli per dargli del cibo per i suoi animali –è ciò che sto commerciando in questo periodo- quando vi ho visti. Ho capito subito chi avevo di fronte. Ho provato a entrare in quella casa, ma, ovviamente, il padrone mi ha dovuto scacciare. Voi suppongo siate qui per le cose curiose che stanno avvenendo ultimamente.
-Curiose?
Jacob parve sorpreso dal tono del re.
-Sì. Non trovate strano anche voi che tutti questi maghi benedetti dalla Dea siano spuntati all’improvviso? E il loro comportamento innaturale?
Merlin fece un passo avanti.
-Hai sentito anche qualcos’altro? Una energia o…?
-L’aria di questa città non è mai stata sana, se è questo quello che intendete. Sicuramente c’è qualcosa che si sta muovendo, sì, si può quasi sentire, ma non saprei definire meglio…
Merlin si ritirò, pensieroso, e Arthur rimise, finalmente, a posto il coltello.
-Da quanto sei in questa città?
Il sorriso disponibile di Jacob si fece imbarazzato.
-Un mese…
-Un mese? Eppure sei poco distante dal tuo popolo, cosa ti ha trattenuto?
Il giovane abbassò gli occhi.
-Il mio obiettivo è ancora quello di tornare, ma…
Non finì la frase: era evidente che non voleva parlarne e che quella domanda aveva portato a galla pensieri dolorosi. Merlin tentò di essere il più amichevole possibile.
-Se sei da così a lungo qui, sicuramente potrai rispondere ad alcune nostre domande. Sarà meglio andare tutti a riposarci, ora, quindi che ne dici di vederci domani a mezzogiorno al quarto piano, all’entrata del Giardino Antico?
-Per me sarebbe certamente un onore aiutarvi nella vostra missione.
Arthur gli fece un cenno con la testa.
-Dove abiti, Jacob?
Lo Jura aprì le braccia.
-Beh… Qui, in questo piano. Non ho abbastanza denaro con me per andare oltre. Non mi trovo male, in realtà, ho bisogno di ben poche cose.
Il re annuì.
-Allora qui ci separiamo. Ci ritroviamo, come ha detto Merlin, domani a mezzogiorno al Giardino del quarto piano.
-Posso sapere lo scopo della vostra missione, miei signori? Per essere certo di darvi tutte le informazioni necessarie e…
-No. Preferiremmo avere le tue reazioni genuine.
Il giovane strinse le labbra e acconsentì.
I tre si salutarono con un certo impaccio, a causa dei profusi inchini dello Jura, e, alla fine, Merlin e Arthur si allontanarono velocemente, parlando delle cose che avevano scoperto e delle nuove certezze che avevano acquisito.
-Ha detto che è andato da Grant in gioventù...
-E allora?
-Tutte le tribù hanno timore degli Jura e non ci sono accordi fra Grant e quel popolo... Perché si sono incontrati?
Merlin scosse la testa.
-Non lo so, sarà bene chiederlo domani.
I due salirono le scale e Jacob sorrise al guardarli.
-“Non sentite i vostri muri tremare? Non vedete le vostre stelle cadere? Eccolo! Inchinatevi e suonate le trombe, torna il Re in eterno.”
Il ragazzo respirò a fondo e sorrise.
 
Note di Elfin
Sono stata indecisa fino alla fine se dividere questo capitolo in due o no, ma ho deciso di darvi tutto in una botta sola in modo da essere più precisa ed espansa su alcune cose future :)
Finalmente posso dire, dopo capitolo e capitoli dove ho penato, che… queste pagine si sono scritte da sole *partono gli applausi* Sono uscite fuori in maniera molto spontanea e sono contenta di questo. Sicuramente mi sarò persa qualcosa che andava detta qui, ma spero mi perdonerete.
Inoltre, qui abbiamo una grande novità: abbiamo incontrato il nostro primo Jura :D Capitoli e capitoli fa avevo detto di aver scritto il suo pezzo, ma che non avevo ancora deciso se metterlo o meno proprio per la lunghezza di questa “stagione”. Come vedete, una decisione è stata presa: credo che Jacob ci tornerà utile anche per anticipare alcune cosine e rendere alcuni passaggi che voglio fare in futuro molto più fluidi. Spero di non aver preso un granchio!
Ringrazio tantissimo dreamlikeview lilyy che hanno recensito lo scorso capitolo <3
Domenica prossima potrei essere in ritardo, visto che, nuovamente, mi allontanerò dall’Italia, perdonatemi.
Kiss
 
AVVISO: Mi sono resa conto che nel capitolo 14 dicevo che i diari erano del secondo stregone, mentre nel 15 dicevo essere di Lloyd, quindi del primo. Ho cambiato il 14esimo, quindi confermo che i diari sono di Lloyd Taylor.

   
 
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