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Autore: BabaYagaIsBack    11/11/2019    1 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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IX (1)


 

Il piacere del riempirsi nuovamente narici e polmoni con aria "pura" fu una sensazione breve, un frangente che venne presto interrotto dalla disapprovazione dei due colleghi.
Nonostante il suo desistere dall'aggredire nuovamente Gregory, Lord Terry e Mister Whiteman non parvero giustificare l'atteggiamento avuto in precedenza; così, appena furono abbastanza lontani da non scorgere più il profilo della casa dell'Exilati, presero a rimproverarla al pari d'una fanciullina.
«Avete esagerato!» si pronunciò uno.
«E' un convertito» continuò l'altro, ma lei parve non badare a nessuno dei due, troppo occupata a fissare il via vai di persone sul marciapiede opposto per impedirsi di pensare al fastidio procuratole da quel vampiro, nonché il desiderio sempre più impellente di alcol.

Doveva bere.
Non un semplice bicchiere, ma quanto più le fosse stato possibile. E doveva riposare.
Sì, chiudere gli occhi per almeno un'ora stava diventando una questione di vitale importanza, anche perché sulle panche del treno che l'avevano condotta fin lì, dormire, era stato una tortura, non un piacere. Il legno della seconda classe era sì, più comodo delle sedute della terza, ma non sarebbe mai stato piacevole come quello della prima.

«Miss» una delle mani inguantate di Suzu tornò a stringerle il braccio, facendola tornare sul presente: «questa è Londinium, non la Transilvania, qui vigono altri usi e costumi».

Gli occhi autunnali di Katarina calarono sul punto in cui le dita dell'uomo raggrinzivano la stoffa del suo cappottino verde, poi salirono verso il volto di lui: «Che a quanto pare non vi stanno portando da alcuna parte, o sbaglio?» la sua lingua schioccò sul palato, sottolineando il disappunto che un simile gesto le stava suscitando; erano pochi i tocchi che gradiva su di sé, soprattutto se non appartenevano a qualche bella signorina.

Il Maestro delle Polveri da Sparo però non sembrò venir intimidito da quella risposta, men che meno dallo sguardo minaccioso della donna, così rinfrancò la presa, stavolta cingendole con veemenza anche la carne: «Se anche fosse, vi ricordo che siete un ospite e non vi è permesso minacciare la nostra sicurezza. Forse non ve ne rendete conto, ma siamo una squadra. Ogni vostra azione sconsiderata ha effetto anche su di noi» sbottò poi, mollando il braccio di Miss Bahun e mettendo nuovamente distanza tra i loro corpi - una distanza che nella mente contorta della donna apparve perfetta per colpirlo e atterrarlo, magari riuscendo persino a spezzargli l'arto la cui mano aveva osato afferrarla.

Ci fu un istante di totale silenzio, un frangente in cui i due non fecero altro che fissarsi con astio, studiandosi in ogni piega dell'espressione - anche se la donna, come purtroppo le capitava un po' troppo spesso, non riuscì a evitarsi di pensare a come liberarsi di quei guastafeste londinesi.

Ad ogni modo era ovvio, guardandoli, che fossero entrambi fermamente convinti delle proprie parole, tronfi degli insegnamenti con cui dal giorno dei voti avevano affrontato il Mundi Obumbratio - nessuno si sarebbe fatto indietro, anche se tutti e due erano consci di quanto fosse importante collaborare. Ma Katarina non amava lavorare in squadra, lei non era fatta per i confronti tra colleghi o i piani studiati in gruppo. Lei aveva sempre agito da sola, affrontando in solitudine i pro e i contro di una simile scelta e, non vedere le facce di quegli uomini per qualche ora non avrebbe certo guastato il suo umore.

«Di grazia,» grugnì l'orientale a un tratto, interrompendo il silenzio: «datevi una regolata» concluse infine, rimettendosi a camminare verso uno dei tanti ponti che sormontavano il Tamigi, credendo forse di aver messo un punto a quella conversazione; peccato solo che non conoscesse ancora a sufficienza la sua interlocutrice.

Miss Bahun si sistemò gli occhiali da sole sul naso ricurvo e, seguendolo prima con lo sguardo e poi con i passi, diede aria al proprio ego: l'ultima parola doveva essere la sua.

«Vi pentirete di codesta richiesta, Whiteman. Fidatevi» sentenziò, decisa come non mai a dimostrare a quei due il valore della sua presenza per le strade di Londinium. Visto che a loro avviso doveva "darsi una regolata", Katarina gli avrebbe fatto vedere quanto, il suo temperamento, fosse importante all'interno di quella missione: dopotutto non era sopravvissuta otto anni a caccia di demoni solo per fortuna!

Dopo una camminata di circa venti minuti, in cui il tempo era riuscito a mutare altrettante volte, i tre cacciatori si ritrovarono di fronte a un nuovo edificio. Nel percorrere la strada dalla dimora di Mister Gregory a quella dell'Exilati successivo, Miss Bahun si era concessa il lusso di studiare con circospezione ed evidente interesse alcune delle stranezze della città. Aveva scorto, da oltre il parapetto del ponte, dei sommergibili tanto piccini da sembrare casse mortuarie di corten e vetro, poi le erano passate accanto diligenze a vapore di cui a malapena era riuscita a intravedere il motore scoppiettante. Era avanzata tra le gambe metalliche di spazzacamini arroccati su trampoli di almeno un metro e mezzo, tanto alti da metterle le vertigini, così come aveva scorto baracchini ambulanti in cui si vendevano fumanti tazze di tè che le avevano piacevolmente solleticato l'olfatto.

Londinium dava l'idea di essere la Città dei Balocchi, eppure qualcosa, infondo alla viscere, le diceva che tanta meraviglia poteva essere accompagnata solo da eguali segreti.

Prima di avvicinarsi alla porta d'ingresso però, la donna trattenne i propri colleghi muovendo alcune osservazioni: «Le strade sono più affollate del previsto, non trovate?» domandò sporgendosi un poco all'indietro con la schiena, in modo d'aumentare la propria visibilità.

«Per quale ragione non dovrebbero esserlo, Miss?» Julius, con la sua pipa spenta stretta tra le labbra, seguì la traiettoria dello sguardo di lei, confuso come ogni qualvolta avessero iniziato una conversazione. Il barlume che Katarina aveva visto accendersi in lui a casa del vampiro precedente pareva essere, più che un ricordo lontano, una vera e propria allucinazione; il triste scherzo di una mente troppo stanca per poter distinguere la realtà dalla finzione.

La vânător fece un passo indietro, liberando completamente la visuale dal profilo longilineo dell'uomo: «I cittadini non temono la morte, qui?» chiese con autentica innocenza, continuando imperterrita a fissare le andature e i visi dei passanti - nessuno però, pareva temere il pericolo dei Figli del Male. Le lady passavano sorridenti, scortate a braccio dai loro padri, fratelli, fidanzati o mariti. I commercianti svolgevano con serenità le proprie mansioni, attirando clienti, truffandoli, compiacendoli o chissà che altro, e persino i bambini correvano felici per le vie. Non pareva esservi alcuna ombra a turbare i loro cuori.

«Ovviamente, come in ogni luogo» Lord Terry tirò un sorriso sotto ai suoi baffi color carota: «Però si fidano del nostro operato, così come sono consci che in città ci sono solo creature innocue rinchiuse nelle loro bettole nei sobborghi».

Katarina rise. Il suo fu un divertimento genuino che, purtroppo, venne smorzato subito dagli sguardi confusi dei due uomini con lei.

«Oh, eravate serio?»

Il viso di Julius prese ad arrossarsi, facendo trapelare ancora una volta la sua insofferenza nei confronti della loro ospite - tanto necessaria quanto indesiderata, si ritrovò a pensare lei. Così, cercando di non peggiorare la già labile calma che sembrava essere tornata tra loro, Miss Bahun si affrettò ad aggiungere una spiegazione fittizia al suo commento: «Perdonatemi, la mia reazione deve essere dovuta a una mancanza d'informazioni. Vorreste dirmi che gli abitanti di Londinium si sentono sicuri nonostante gli avvenimenti delle ultime settimane?» In realtà, anche se ancora non lo avrebbe ammesso così spudoratamente, ciò che l'aveva tanto divertita era stato il fatto che, qualche povero ingenuo, riuscisse realmente a fidarsi della guardia portata avanti da vânător come quei due. In fin dei conti non le avevano ancora dimostrato nulla, se non una diplomazia a lei fastidiosa.

«Mesi, Miss. Quello che sta accadendo nella nostra città va avanti da mesi» Suzu intervenne lapidario, lanciandole un'occhiata tutt'altro che confortante, poi riprese: «E sì, i nostri concittadini non temo alcuna minaccia, perché invero non ne sono a conoscenza».

A quelle parole, Katarina rimase sorpresa. Aveva udito bene?

«Spiegatevi» lo esortò subito la cacciatrice, facendosi a sua volta seria. L'argomento la interessava, ma al contempo le creava uno strano senso di incomprensione. Come era possibile che nessuno avesse saputo degli stravaganti omicidi avvenuti nelle settimane precedenti? E per quale ragione non si era notato l'evidente diminuimento di membri dell'Ordine? Davvero le persone presenti nei confini di Londinium erano tanto cieche od ottuse da non accorgersene?

«Vi è ben poco da dire, Bahun. Pochi omicidi che si protraggono da mesi, tutti passati in sordina sui quotidiani locali. La gente non bada a eventi così sporadici» Suzu si piegò nella sua direzione, cercando di creare una sottospecie di intimità per la loro conversazione: «Chiunque voleste fermare ora, vi direbbe che non teme il pericolo, che tanto in cuor suo sa che la prossima vittima non avrà il suo volto».

«Per quanto riguarda i nostri colleghi, invece» Julius si accodò al discorso, facendola voltare nuovamente: «abbiamo cercato di nascondere il crescente numero di perdite causate dalle ribellioni del Mundi Obumbratio, ma prima o poi si noterà la nostra impossibilità nel frapporci alla loro forza. Voi siete un prestito di Roma, ma presto dovremmo attingere alle riserve europee per ripopolare la città di cacciatori» la sua espressione non era altro che una smorfia stizzita - non doveva affatto piacergli quella situazione, il dover dipendere da altri che non fossero la sua squadra o gli amici che si era fatto durante gli anni di formazione.

La donna fece per domandare ancora qualcosa ma, d'un tratto, la sua attenzione fu rapita da altro. Un profumo lieve di ciliegia e mirto le sfiorò l'olfatto, risvegliando dei ricordi e intrigandola a tal punto da spostare le proprie attenzioni dalla conversazione a una signorina passatale accanto. Non era la prima volta che i suoi polmoni si riempivano di una simile essenza e, visto il contesto, non poté che stupirsene. Possibile che persino a Londinium le capitasse d'imbattersi in simili soggetti?

Con la coda dell'occhio seguì il cappellino piumato, scendendo lungo il collo lasciato libero dall'acconciatura e sul bavero del soprabito cipria. Studiò quei dettagli finchè, prevedibilmente, la signorina si volse appena, sbattendo le lunghe ciglia pallide nella sua direzione.
Miss Bahun rimase qualche istante ancora al suo posto, permettendosi il lusso di alzare un angolo della bocca in un ghigno divertito e, senza sprecare ulteriore tempo, mosse un passo indietro: «Comprendo e, per tanto, vi dò piena ragione sul fatto che mi debba comportare in maniera diversa, con voi e i vostri protetti» nel pronunciare quell'ultima parola, la cacciatrice faticò non poco a trattenere una smorfia di disgusto - tra tutti, i vampiri erano le creature che meno riusciva a sopportare, ma il suo odio andava dissipandosi gradualmente di razza in razza, anche se a nessuno negava una certa dose di pericolosità. «Mi scuserete, quindi, se al posto di entrare con voi e rischiare un'altra sceneggiata come quella avuta a casa di Mister Gregory, io preferisca concedermi una tazza di caffè e la pace di un tavolino in cui prendere nota delle informazioni raccolte fino ad ora» un sorrisino innocente le si appollaiò in viso.

Suzu la guardò con un sopracciglio alzato, confuso: «Pardon?» 
Era ovvio che dopo tutte le belle parole che aveva propinato loro, quel suo atteggiamento fosse assai ipocrita, eppure la cosa parve non interessarle - o quantomeno, non in quel momento. Non stavano certo dando la caccia a qualcuno, si disse, un paio di domande in merito al sangue nero avrebbero potuto farle benissimo anche in sua assenza, no?

«Comprendete la mia fatica, Whiteman. Ho viaggiato per estenuanti ore su un treno tutt'altro che confortevole. Il mio corpo necessita qualche minuto di riposo» un altro passo la fece arretrare lungo la larghezza del marciapiede, discostandola completamente dai due uomini. Se si fosse voltata ora, nulla le avrebbe impedito di scorgere quel cappellino piumato in tutta la sua bellezza, per non parlare di quella della sua proprietaria.

«Non metto in dubbio che siate stanca, Miss, ma siete stata voi a insistere per agire subito» il Maestro delle Polveri di Sparo non pareva affatto gradire quella sua improvvisa ritirata, ma grazie al cielo qualcuno al suo fianco, sì.

Julius, ovviamente inebriato dall'idea di potersi finalmente liberare di lei, le poggiò una mano sulla spalla, soccorrendola: «Miss Bahun avrà modo di aiutarci per tutto il tempo che sarà necessario, amico mio. Qualche minuto di solitario riposo non sarà affatto un problema. Che difficoltà dovremmo riscontrare nel porre qualche domanda?»
E, seppur la donna dovesse ringraziargli un tale intervento nella questione, non riuscì a fermare se stessa dal pensare che, per lui, magari qualche difficoltà poteva esserci.

«Katarina, non vi preoccupate» quando si rivolse a lei, sul suo volto un sorriso radioso era abbinato a uno sguardo quasi febbrile che, nell'insieme, regalava all'uomo un'espressione simile a quella degli psicopatici. Per un attimo l'esorcista si trovò a temere che, oltre ai neuroni mancanti, vi fosse anche una vera e propria diagnosi di bipolarismo a pendere sulla testa di quel tizio.
«Prendetevi pure del tempo per voi, ci troviamo qui tra un'ora, credo che basti a entrambe le parti, no?»

L'orientale, visibilmente confuso e poco convinto, alzò un indice per obiettare, ma prima che dalle sue labbra riuscisse a venir fuori anche mezza parola, la collega annuì: «La vostra gentilezza mi lusinga, Lord Terry! Sono certa che senza di me non avrete nulla di cui temere» e, priva di qualsiasi remora, si mise a camminare svelta per il marciapiede, preoccupata che da un momento all'altro potessero cambiare idea e costringerla lì, anche se lo dubitava, visto che il modo migliore per evitare un'altra figuraccia era non averla presente.

 

 
   
 
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