Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: _Agrifoglio_    13/11/2019    14 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La nuova dama di compagnia
 
I destrieri correvano veloci come saette, flettendo i muscoli e dominando la fatica, mentre muovevano ritmicamente le zampe sottili, ma robuste con le quali sollevavano grandi nuvole di polvere. I corpi allungati nella corsa, agili e aerodinamici, procedevano lungo un’immaginaria linea retta, eccettuate alcune rapidissime deviazioni necessarie per aggirare gli alberi. Il loro galoppo era serrato e regolare salvo quando saltavano per evitare sassi, radici e altri piccoli ostacoli. Nelle criniere che si agitavano nell’aria, erano immersi i volti dei cavalieri i cui busti erano piegati sul collo degli animali, quasi a formare un’unica creatura mitologica, atletica e capace di sfidare il vento. Procedevano testa a testa, superandosi e rincorrendosi l’un l’altro, finché il cavallo bianco, con un guizzo, sorpassò quello nero e arrivò per primo al punto convenuto.
– Ti ho battuto di nuovo! – esclamò Oscar, ravviandosi con la mano i capelli.
– Devi concedermi la rivincita! – le rispose André.
– Come da trent’anni a questa parte! – lo canzonò lei ed entrambi proruppero in una risata allegra e liberatoria.
– Che insopportabile e vano sfoggio di energie! – commentò, con una smorfia, Robespierre che mai aveva imparato a cavalcare – I ricchi ostentano le loro prodezze mentre i poveri lottano, ogni giorno, per sopravvivere. Trovo, poi, disdicevole che una donna si misuri col proprio marito, arrivando addirittura a superarlo!
– Ignorateli, Eccellenza – disse, con tono amichevole e rassicurante, Talleyrand – Le grandi menti come la Vostra devono trascurare le inezie e concentrarsi soltanto sulle questioni importanti.
Robespierre e il Vescovo de Talleyrand Périgord si erano affacciati alla finestra di una stanza della reggia, dopo una mattina trascorsa a dissertare sull’Essere Supremo e avevano scorto, in lontananza, Oscar e André che si erano sfidati in una corsa equestre nelle campagne di Versailles.
Con testardaggine mista a fanatismo, Robespierre stava propagandando il culto dell’Essere Supremo, fra singolari cerimonie e interminabili processioni, durante le quali si atteggiava a sacerdote del culto della ragione, con grande dispiegamento di mezzi e scarsi risultati. I francesi, in larghissima misura incolti e di animo semplice, erano, infatti, legati alle tradizioni e agli insegnamenti religiosi ricevuti sin dall’infanzia e si mostravano restii a mutare radicalmente le proprie convinzioni. La devozione popolare affondava le sue radici nell’abitudine, nel desiderio di stabilità e nell’esigenza di ricevere protezione più che in un disinteressato afflato a una dimensione squisitamente spirituale, ma non era, solo per questo, meno intensa.
Robespierre era consapevole dei suoi insuccessi in quello e in altri campi.
Ormai da molti mesi, l’uomo di Arras stava tentando inutilmente di attuare delle riforme velleitarie che si erano scontrate con la realtà. Il risultato era che si stava incupendo e che, di giorno in giorno, diventava sempre più solitario, sospettoso e paranoico.
– Il Conte di Lille è un brav’uomo e avrebbe meritato una moglie più docile e devota…. E io avrei meritato il successo delle mie iniziative….
– Ognuno ha la moglie che merita, Eccellenza – gli rispose Talleyrand – Se il Conte di Lille ha voluto legare le sue sorti a quelle di una creatura tanto intemperante, è giusto che paghi le conseguenze della sua avventatezza. Per l’altra questione, io non mi preoccuperei dello scarso entusiasmo suscitato dalla Vostra proposta di riorganizzare la Francia sull’esempio delle città stato dell’antica Grecia, data l’eccessiva difficoltà del progetto né, tantomeno, perderei il mio tempo a rimpiangere la mancata attuazione di riforme tutto sommato marginali, come quella di rinominare i mesi e di rinumerare gli anni. Fossi in Voi, mi concentrerei sulla Vostra vera intuizione che è quella dell’Essere Supremo.
– Avete ragione, Vescovo de Talleyrand! – rispose Robespierre con i muscoli del volto che gli tremavano a causa di spasmi incontrollabili – I consigli che mi date sono sempre saggi e preziosi.
 
********
 
Madame de Girodel entrò nel cabinet doré, la stanza degli appartamenti privati della Regina che Maria Antonietta adibiva alla musica.
La Sovrana, dopo la lezione di arpa, era stata colta da un’improvvisa stanchezza e si era ritirata nel boudoir. Essendosi accorta di avere dimenticato gli spartiti vicino all’arpa, aveva mandato la sua dama di compagnia a prenderli.
Varcata la soglia della sala, la donna trasalì nel trovarvi dentro la Contessa madre di Compiègne. Dopo il tentativo di ricatto subito alcuni anni prima, i rapporti fra lei e il cugino del marito, che mai le era andato a genio, erano diventati del tutto inesistenti mentre della madre di lui aveva udito cose spiacevolissime. Successivamente, le circostanze in cui era stato celebrato il matrimonio dei Conti di Compiègne e il ruolo che vi aveva avuto la Contessa Bérénice Eulalie avevano confermato Madame de Girodel nell’intento di averci a che fare il meno possibile.
– Oh, Madame de Girodel, nipote cara! – esclamò la Contessa, tentando di dissimulare la sorpresa e il fastidio di essere stata scoperta – Che fortuna averVi incontrata! Sono venuta alla reggia per portare alla mia adorata figlia i guanti di pizzo che ha lasciato a casa – nel pronunciare queste parole, estrasse dalla borsetta un paio di guanti preziosamente ricamati – Le saranno sicuramente utili qui a corte!
– La Vostra adorata figlia – disse, in tono velatamente ironico, la moglie del Colonnello che ben conosceva il disprezzo di cui la donna circondava la nuora – oggi, non è in servizio. Date a me i guanti, glieli consegnerò io.
– Adorata nipote, Vi ringrazio, ma vorrei portarli io stessa alla cara Geneviève e, magari, con l’occasione, dare un bacio all’amato piccino! Se foste così gentile da avvisarla della mia presenza…. Io Vi aspetterò qui.
– Signora Contessa, non è questa la procedura. Chi vuole conferire con un membro della corte deve farne richiesta al personale a ciò preposto e non aggirarsi di sua iniziativa negli appartamenti privati della Sovrana.
– Sono stata una Girodel molto prima di Voi e non ho bisogno che mi impartiate lezioni di cerimoniale! – sbottò, con voce piccata, la Contessa.
Pentitasi subito di quello scatto d’ira che non l’aiutava, riprese immediatamente il suo atteggiamento mellifluo e, accostandosi una mano al cuore, cinguettò:
– Amata nipote, Ve ne supplico, fate venire qui la cara Geneviève!
– Signora Contessa, Vi giuro che non so dove ella sia. Oltretutto, non sarebbe più logico domandarmi di accompagnarVi negli appartamenti di lei, se volete dare un bacio all’amato piccino?
Nel prendere atto dell’inflessibilità della sua interlocutrice, la Contessa aggrottò la fronte e, con voce querula, protestò:
– Va bene, visto che nessuno mi vuole aiutare, non mi resta che andarmene – e uscì dalla stanza, accompagnata dallo sguardo perplesso della nipote adorata.
 
********
 
I coniugi de Girodel passeggiavano nei corridoi della reggia, diretti verso l’ufficio del Colonnello, appena tornato da una missione che lo aveva tenuto lontano per una settimana. La moglie gli stava raccontando lo strano incontro avvenuto, qualche giorno prima, nel cabinet doré ed egli la ascoltava con espressione corrucciata.
– Se mia zia ha preso ad amare quella sventurata della nuora, giuro che mi faccio monaco!
– Mio caro, non Ve lo permetterò mai! – gli rispose la moglie con un sorriso.
– Non preoccupateVi, mia adorata, le possibilità della mia monacazione sono prossime allo zero….
Dopo questa breve parentesi scherzosa, il viso di Girodel tornò a rabbuiarsi.
– E’ tutta colpa mia! – proruppe, alla fine, portandosi una mano sulla fronte – Per preservare l’onore di famiglia, ho tenuto nascosta l’attività spionistica di mio cugino e la contiguità di lui al Duca d’Orléans e questi sono i risultati…. Quando la Regina annunciò che avrebbe nominato dama di compagnia Geneviève de Compiègne, avrei dovuto rompere gli indugi e parlarle con franchezza…. Lei avrebbe capito…. Se mia zia si aggirava nella sala della musica, era sicuramente con uno scopo…. E’ probabile che lei e il figlio stiano cercando delle prove sulla nascita illegittima del Re….
– Ma il Re è figlio legittimo di Luigi XVI! La Regina non ha mai avuto una relazione col Conte d’Artois! Possono cercare quello che vogliono, ma non troveranno niente!
– Già, ma la cosa non mi piace lo stesso – le rispose, con voce ansiosa, il marito.
Mentre stavano conversando, arrivò il Capitano de Valmy al quale Girodel aveva assegnato il compito di sorvegliare il Conte di Compiègne in sua assenza. Il giovane, veduto il suo superiore, disse:
– Colonnello, il Conte di Compiègne si è intrufolato nella sala della musica. Approfittando del via vai delle dame di corte e dei valletti, in occasione dell’esibizione musicale della Regina, è entrato nel cabinet doré mentre tutti gli altri ne uscivano!
I due Ufficiali si diressero verso la sala della musica, seguiti da Madame de Girodel.
Entrati nel cabinet doré, videro il Conte di Compiègne che perquisiva la spinetta della Regina.
– Cosa ci fate qui? – domandò il Colonnello de Girodel, evitando di rivolgersi all’interlocutore con l’appellativo di “cugino”.
– Questa spinetta è davvero bene accordata – rispose, con voce gioviale, il Conte di Compiègne, guardando i nuovi arrivati con sguardo birichino.
– Da quando in qua, vi intendete di strumenti musicali? – gli domandò Girodel, senza farsi incantare dai modi cordiali di lui.
– Ho molte doti nascoste, caro Cugino! – disse l’altro con tono sornione – Scherzi a parte, volevo salutare mia moglie e prendere in braccio mio figlio. Sono passate due settimane dall’ultima volta che l’ho visto e deve essere alquanto cresciuto. Sapevo che mia moglie avrebbe presenziato al pomeriggio musicale della Regina e volevo unirmi al gruppo dei nobili per salutarla, ma sono arrivato tardi….
Ben conoscendo il disgusto che il Conte di Compiègne provava per la consorte e il disinteresse che aveva per il figlio, il Colonnello non credette a una sola di quelle parole e, con voce alterata, disse:
– Come potete vedere, Vostra moglie e Vostro figlio non sono qui. Uscite immediatamente dagli appartamenti privati della Sovrana, non Vi è consentito starci!
Il Conte di Compiègne strinse le labbra in un sorriso di circostanza e uscì dalla sala, seguito dall’espressione adirata del Colonnello e dallo sguardo severo di Madame de Girodel e del Capitano de Valmy.
 
********
 
Il Generale de Jarjayes guardava Oscar mentre sedeva nell’ufficio di lei alla reggia. Era il mese di gennaio dell’anno 1794 e le indagini che il nobiluomo stava conducendo a Nevers, avvalendosi dei suoi agganci in zona, procedevano in modo proficuo.
– I nostri infiltrati hanno appurato che Hervé Huppert e tutti i responsabili dell’omicidio di Luigi XVI e dell’attentato a Luigi XVII appartengono a una banda che ha il suo covo principale a Nevers. Lo stesso vale per il defunto Charles de Valenciennes. Sono proprio questi agitatori di Nevers i responsabili delle voci che corrono sulla nascita illegittima del Re. Fanno tutti capo al Duca d’Orléans. Stanno tentando con ogni mezzo di procurarsi delle prove e, in questo, si avvalgono del contributo del Conte di Compiègne che, già in passato, ha offerto i suoi servigi di spia al Duca d’Orleans.
– La Regina, per il suo buon cuore, si è messa in casa una spia – commentò laconicamente Oscar.
– Già…. – le fece eco il padre.
– Il Colonnello de Girodel mi ha riferito che lui e la moglie hanno sorpreso il Conte di Compiègne e la madre a curiosare negli appartamenti privati della Regina.
– Questo prova il loro coinvolgimento e conferma la bontà delle informazioni che ho raccolto.
– Non c’è modo di arrestare questa gente, Padre? Si potrebbe organizzare una retata a Nevers, a Parigi o in qualunque altro luogo si trovino.
– Non siamo ancora riusciti a stanarli, Oscar…. Cambiano nascondiglio di continuo e, ovviamente, Hervé Huppert è un nome falso, così come falso era il nome usato da Charles de Valenciennes.
– Non vedo l’ora di averli tra le mani per interrogarli come si deve! – esclamò Oscar.
– E sarà così, vedrai! Le indagini progrediscono di giorno in giorno e sono sicuro che, presto, verremo a capo di questo complotto e di tutti gli altri. Ora, però, devo lasciarti, perché ho appuntamento col Generale de Bouillé.
Quando il Generale ebbe raggiunto la porta, il valletto ne aprì le ante e, da dietro, spuntò Geneviève de Compiègne che era appena arrivata. Il Generale le fece un rispettoso inchino e se ne andò.
– Mi dispiace, Generale – disse la donna, rivolta a Oscar – Non sono stata annunciata e, forse, Vi disturbo….
– Non mi disturbate affatto, Signora Contessa. AccomodateVi pure – le rispose Oscar.
Geneviève de Compiègne era dama di compagnia della Regina ormai da sei mesi e, cioè, da quando, a luglio, si era trasferita a Versailles dopo essersi rimessa dalle conseguenze del parto. Da allora, aveva iniziato a frequentare un ambiente del tutto nuovo che, un tempo, l’avrebbe sicuramente messa a disagio. Ora, però, avendo trascorso due anni fra angherie e umiliazioni, vedeva le cose da una diversa prospettiva e qualunque luogo le sarebbe sembrato bellissimo se paragonato alla casa coniugale. Rimpiangeva Lille, il castello avito e la sua vecchia stanza, ma la reggia aveva un grande fascino e tenersi impegnata con le sue nuove incombenze l’aiutava molto. Maria Antonietta era una donna molto bella e brillante ed era una Regina, ma non la calpestava. L’inserimento a corte le consentiva di stare quotidianamente a contatto con politici, letterati, poeti, scienziati e, per lei che era molto ignorante e abituata soltanto al ridicolo Maurice Le Barde, tutto ciò era stupefacente. A forza di sentirli citare, le era venuta la curiosità di leggere dei libri che, in passato, avrebbe considerato un’imposizione del precettore. La vicinanza di cortigiani scaltri e navigati continuava a intimorirla, ma le loro battute salaci non avrebbero mai raggiunto il livello di crudeltà delle frasi che, per due anni, erano quotidianamente uscite dalla bocca del marito e della suocera, senza contare che, da quegli individui esperti e smaliziati, c’era molto da apprendere. Vivendo in mezzo a quelle persone, stava imparando a difendersi, ad argomentare e a rispondere. Soprattutto, si stava togliendo dalla testa la fissazione per il marito. Lo sguardo di disgusto che aveva rivolto al loro neonato l’aveva addolorata e, da allora, il mito da lui rappresentato aveva iniziato a sgretolarsi. La lontananza dal consorte le pesava sempre meno e, anzi, aveva cominciato a considerare sospette e inopportune le visite che le faceva. Tentava sempre di non fargli vedere il figlio e, del resto, egli non insisteva molto per farselo mostrare. Tutte le volte che se lo vedeva spuntare di fronte, le pareva che avesse un secondo fine e di questo era venuta a parlare con Oscar.
– Generale, vorrei riferirVi alcune cose sul conto di mio marito e di mia suocera.
– Vi maltrattano? Ditelo senza timore e saranno severamente puniti!
– No, non è questo. Vorrei segnalarVi dei comportamenti strani. Mi fanno visite frequenti che non sono certo motivate dall’affetto verso mio figlio e me….
All’udire quelle parole, Oscar abbassò lo sguardo in segno di compassione, ma l’interlocutrice continuò a parlare con sicurezza e senza che il tono di voce le si incrinasse.
– Non fanno che pormi domande sulla Regina – proseguì la Contessa di Compiègne – e io, all’inizio, stupidamente, diedi loro alcune informazioni…. Mi chiedevano se circolassero delle dicerie su lei e sul Re e se avessi mai notato delle carte strane o sospette e io risposi loro che spesso avevo visto la Regina portare dei fogli, che non sembravano spartiti, nella sala della musica…. Spero di non avere fatto qualcosa di male…. Successivamente, smisi di rispondere alle loro domande, perché mi venne il sospetto che sfruttassero le visite che mi facevano per danneggiare la Regina. Quando ancora vivevo a Parigi, sentii più volte il valletto di mio marito dire che egli è in ottimi rapporti col Duca d’Orléans e, stando qui, ho udito la Regina affermare che il Duca d’Orléans le è ostile. Se mio marito è coinvolto in qualcosa di losco, io ne voglio rimanere fuori. La Regina mi ha fatto soltanto del bene….
Oscar guardava con interesse la Contessa le cui parole confermavano sia quelle del padre, circa il coinvolgimento del Duca d’Orléans e del Conte di Compiègne nella questione della legittimità del Re sia quelle di Girodel, relative allo strano affaccendarsi del Conte e della madre intorno al cabinet doré.
– Siete sicura di ogni singola parola che mi avete riferito, Contessa?
– Sicurissima, Generale.
– Vi risulta che Vostro marito e Vostra suocera abbiano trovato qualcosa di importante?
– Non credo proprio, perché continuano a fare domande. Se avessero raggiunto il loro scopo, non verrebbero più a farmi visita e, detto con estrema franchezza, non sarebbe una grande perdita.
– Vi ringrazio, Contessa. Se Vi venisse in mente qualcos’altro o se giungeste a conoscenza di qualsiasi particolare, non esitate a parlarne con me.
– Lo farò, Generale.
 
********
 
Mani dietro la schiena e sguardo severo, Oscar percorreva, con passo grave e lento, l’intera lunghezza del cabinet doré, sul quale, dopo la conversazione avuta con Geneviève de Comnpiègne, aveva intensificato la sorveglianza. Nessun servizio di guardia era stato predisposto, ma André, il Generale e la moglie, i coniugi Girodel, il Capitano de Valmy, la Principessa di Lamballe e la stessa Oscar tenevano sempre d’occhio quella stanza in via informale.
Le sfuggì un benevolo sorriso nel constatare che tutto, in quella sala, parlava del gusto raffinato e leggero della Regina. Le pareti ricoperte di satin bianco, decorato con arabesque floreali d’oro, i mobili intarsiati, gli alti specchi riflettenti la luce dei preziosi lampadari, il tappeto a tinte tenui, lavorato con motivi floreali, le spalliere tonde delle sedie che richiamavano le curve dell’arpa, tutto narrava di una spiccata inclinazione per l’arte e di una sobria eleganza che avrebbe presto traghettato l’opulenza del barocco e la frivolezza del rococò verso gli albori della linearità neoclassica.
Aggrottò la fronte d’improvviso, quando lo sguardo le si posò sulla parete opposta a quella vicino alla quale era collocata l’arpa e una sensazione già provata in precedenza le attraversò la mente. Era come se quella parete non si trovasse più nello stesso punto di alcuni mesi prima. Qualche elemento era fuori posto, qualcosa di impercettibilmente diverso le pungolava l’attenzione.
Si passò la mano sulla fronte.
Sarà la stanchezza…. Le pareti non si spostano da sole….
Mentre pensava queste cose, con la coda dell’occhio, vide un’ombra allungarsi dalla porta d’ingresso. Si voltò leggermente quel tanto che bastava per cogliere la sagoma del Conte di Compiègne che camminava con spedita naturalezza.
Egli si accorse, a sua volta, della presenza di lei e si irrigidì all’improvviso, per ritornare padrone delle sue reazioni quasi subito, ma non così in fretta da impedire a Oscar di avvertirne il disagio.
– Cosa ci fate qui, Conte di Compiègne? – gli domandò Oscar, con voce bassa e senza prendersi la briga di dissimulare il proprio fastidio.
– Vengo a cercare la borsetta con i sali di mia moglie – rispose lui con briosa noncuranza – Deve averla dimenticata qui durante la lezione di musica della Regina.
– Che marito premuroso siete, Conte…. – replicò Oscar con malcelata ironia.
– Mai quanto il Vostro – rispose lui con un lieve sarcasmo che sottintendeva il disprezzo per André e, soprattutto, il fastidio per quel contrattempo che gli aveva impedito di portare a termine la perquisizione della stanza.
– Non vedo borse per signora, qui, Conte.
– Nemmeno io. Pazienza, cercherò altrove – e, con impeccabile eleganza, si inchinò e se ne andò.
 
********
 
Robespierre camminava per le vie di Parigi con gambe e cuore pesanti, diretto verso l’appartamento dove, un tempo, abitava, per mangiare qualcosa e riposarsi prima di tornare alla reggia.
Erano i primi giorni di maggio del 1794 e la stagione iniziava a essere dolce, ma il rinato tepore e la mitezza del clima non trovavano corrispondenza nell’animo dell’uomo di Arras.
Era appena tornato da una processione in onore dell’Essere Supremo che aveva progettato e guidato in veste di ministro del nuovo culto, senza che i risultati ottenuti fossero quelli sperati. Questa processione e tutte le altre iniziative che l’avevano preceduta erano, infatti, state accolte da reazioni fredde e dubbiose e si erano rivelate un clamoroso insuccesso.
Il volto e gli arti dell’ex rivoluzionario erano scossi da frequenti spasmi.
Eppure Talleyrand mi aveva assicurato che questa era la via giusta…. – pensava Robespierre, con aria stanca e corrucciata – e quel diavolo zoppo difficilmente sbaglia…. Qualcuno deve avere cospirato contro di me e contro la buona riuscita delle mie iniziative…. Devono essere stati Saint Just, Danton e Demoulins, invidiosi dei miei successi politici…. O Théroigne de Méricourt che non mi ha mai perdonato il mio discorso all’Assemblea Nazionale contro il voto alle donne…. O l’austriaca che guai a chi le tocca il Papa…. O il soldato femmina che, cinque anni fa, ordinai di sgozzare, dopo averla fatta rapire e rinchiudere in quella fortezza….
Questi erano i pensieri che attraversavano la mente di Robespierre mentre, in preda ai sospetti e alla paranoia, percorreva le strade della capitale. Non lo sfiorava minimamente l’idea più semplice di tutte e, cioè, che il culto dell’Essere Supremo era una creazione intellettuale e artefatta che non incontrava il gusto semplice e tradizionale della gente comune. Un’idea azzardata e balzana di cui stava pagando il fio.
 
********
 
– Ma cos’è questa storia del mercato del pesce, Alain? I tuoi vestiti puzzano in modo raccapricciante ed è una fatica immane lavarli e toglierne gli odori! Ti stanchi troppo, fratello mio, fatichi già a sufficienza come soldato!
Diane guardava Alain con espressione di affettuoso rimprovero, atteggiandosi a donna responsabile e matura.
– Che male vuoi che ci sia a fare un secondo lavoro? – le rispose Alain, massaggiandosi la mascella – Durante le licenze e le ore di risposo, scarico casse al mercato del pesce. Devo darmi da fare, se voglio mettere da parte un bel gruzzolo da darti in dote!
– Alain, ne abbiamo già parlato, Henri non è interessato alla dote. Così, ti rovini la salute!
– Eh, no, non sia mai che qualcuno debba dire che Alain de Soisson non ha convenientemente dotato sua sorella! Già ti ho concesso di lavorare, ma questo no! Henri Beauregard, poi, è pure diventato nobile dopo la morte di quel suo zio e io dovrei darti in sposa a un nobile, che è pure Ufficiale Medico nel mio reggimento, con una dote ridicola? Ma non scherziamo!
– Alain, la stai prendendo con troppa ansia! Il matrimonio non avverrà prima di due o tre anni!
– Sempre a bisticciare voi due! – si inserì Madame de Soisson – Piuttosto, datemi una mano a stilare la lista degli invitati!
– Madre, anche Voi?! Di quale lista state parlando? Tanto, prima di due o tre anni, non mi sposo!
– Già, ma chi ben comincia è a metà dell’opera! Non dobbiamo dimenticare i nostri parenti di Clermont né quelli di Montpellier e, naturalmente, mia sorella a Nevers!
– Ma madre, pensate sia opportuno estendere l’invito alla zia Mahaut Colbert? – chiese Diane, da sempre intimorita dal pessimo carattere della zia – E’ stata molto male a causa di quella polmonite di qualche anno fa e non è prudente farle fare un viaggio così lungo!
– Mia sorella ha timore che zia Mahaut Colbert, con il suo amabile carattere, dia un valido contributo alla gioiosità della festa! – proruppe Alain, scoppiando a ridere rumorosamente.
– Oh, Alain, furfante che non sei altro, porta rispetto a tua zia! – lo ammonì bonariamente la madre con un buffetto sul braccio – Non posso certo ometterla! Non è colpa sua se ha quel carattere! E’ nata così! Pensa che, a quattro anni, voleva insegnare a parlare alle galline e si offendeva perché quelle non le davano retta! Piuttosto, non scordiamoci di Guillaume!
– Ma madre – sbuffò Alain – Mio cugino è scomparso da moltissimi anni e Vostra sorella non sa più dove sia! E’ la pecora nera della famiglia e di tutta Nevers!
– Ma non possiamo escluderlo! Mahaut ci rimarrebbe troppo male! Ha già sofferto moltissimo per quel figlio degenere!
– E dove lo vado a pescare? – protestò Alain, alzando la voce e agitando un pugno.
– Lavori al mercato del pesce? – celiò la madre – Se non lo sai tu!
– Vi ripeto che, prima di due o tre anni, non mi sposo! – insistette Diane.
– Zitta tu, le cose vanno fatte per tempo! – concluse la madre – E tu, Alain, datti da fare per recapitare l’invito a tuo cugino Guillaume!
Alain sbuffò come un mantice, salutò le due donne e uscì di casa.
 
********
 
Nel mese di giugno del 1794, sul finire della primavera, André stava sorvegliando il cabinet doré e vi si muoveva intorno con la noncuranza del cortigiano sfaccendato.
Mentre teneva attentamente d’occhio la stanza con l’espressione di chi non nutre alcun interesse per quello che fa, vide la Contessa madre di Compiègne che si aggirava in quei luoghi con l’aria confusa di chi si è perso.
– Contessa di Compiègne – la salutò André con un rispettoso inchino – Sono così felice di incontrarVi! Sto aspettando mia moglie che è a colloquio con la Regina – aggiunse, poi, simulando noia e rassegnazione – e conversare con una gentildonna par Vostra non potrà che restituirmi brio e giovialità!
– Conte di Lille – esclamò la Contessa Bérénice Eulalie, fingendo contentezza mentre, dentro di sé, malediceva mille volte André la cui presenza le impediva di entrare indisturbata nel cabinet doré – Che lieto incontro!
– Cosa Vi porta qui? – le domandò lui, inscenando la fine della noia e una crescente rinascita di entusiasmo.
– Il desiderio di incontrare la mia adorata nuora e di baciare il mio incantevole nipotino – rispose la Contessa, atteggiandosi ad anziana confusa e smarrita e reprimendo a stento il feroce impulso di schiaffeggiare André.
– La Contessa consorte di Compiègne sta portando a passeggio suo figlio nella terrazza della reggia. Se volete, Vi ci accompagno – disse André con voce flautata ed espressione angelica.
– Caro Conte, la Vostra gentilezza è squisita, non chiedo di meglio! – rispose la signora, con tutta la dolcezza artefatta di una megera infuriata.
– Andiamo, allora – le fece eco André, con la coscienza che un po’ gli rimordeva, perché stava per guastare la mattinata della povera Geneviève de Compiègne.
 
********
 
In una mattina di fine giugno del 1794, André camminava nel cortile della reggia, diretto verso l’ufficio di Oscar, dopo essersi lasciato alle spalle le scuderie. Grande fu lo stupore dell’uomo nello scorgere, in lontananza, la massiccia figura di Alain che incedeva verso di lui in uniforme di gala.
– Ehi, Alain, qual buon vento? – gli disse André con voce gioviale.
– Toh! Chi si vede! Vai alla reggia e spuntano i damerini! – scherzò Alain, scoppiando a ridere divertito.
I due uomini si abbracciarono sotto gli occhi incuriositi dei passanti che non erano abituati a tali manifestazioni di chiassosa spontaneità.
Dopo alcuni secondi di allegri convenevoli, Alain spiegò il motivo della sua visita.
– Sai, André, Diane si è fidanzata! Mi dispiace, ma ti sei perso l’occasione! – celiò il soldato.
– Dici sul serio, Alain? – esclamò André, con gli occhi che gli brillavano dalla felicità – Ne sono davvero contento! E chi è il fortunato?
– Si tratta del Tenente Colonnello Henri Beauregard, l’Ufficiale Medico della nostra caserma che tu conosci bene. Quando non presta servizio nell’esercito, effettua delle visite private e Diane gli fa da segretaria e da infermiera. Sulle prime, ero contrario che lavorasse fuori casa…. Ci sono io e che diamine! Non sono morto né vecchio né malato né perdigiorno e posso ben badare alle donne della mia famiglia! Mia madre, però, insisteva, sostenendo che un’occupazione avrebbe distratto Diane dalle fantasie e l’avrebbe aiutata a mettere giudizio…. Alla fine, ho ceduto…. Quella testa dura rischiava di rimanere zitella e, facendo io un mestiere pericoloso, se mi fosse capitato qualcosa, lei sarebbe rimasta senza arte né parte…. Era giusto che avesse un piano di riserva…. In breve, a forza di lavorare gomito a gomito per quasi cinque anni, lei si è innamorata…. Nessuna strana infatuazione, nessun castello in aria, ma un sentimento concreto e solido, cresciuto giorno dopo giorno…. e, soprattutto, ricambiato…. anzi, addirittura anticipato, perché lui la ama da anni…. E, così, un mese e mezzo fa, quella scioccherella ci ha annunciato in via ufficiosa il suo fidanzamento e, la settimana dopo, Henri Beauregard è venuto a chiedermi ufficialmente la mano della mia sorellina! Non si sposeranno che fra due o tre anni, ma, intanto, mia madre è andata in agitazione come se la cerimonia nuziale fosse domani!
– Oh, Alain, ne sono così felice! – disse André.
– E non è tutto! Henri Beauregard è anche diventato nobile! Suo zio materno era, infatti, il Signore di Bourges. E’ morto senza eredi e, per dispensa reale, il titolo e le rendite sono passate al nipote! Piccola nobiltà come la mia, nulla di paragonabile a te o al Comandante, ma, intanto, alcune terre a Bourges ce le ha e, con esse, una discreta rendita a cui sommare la paga da Ufficiale e i guadagni della libera professione. Insomma, la mia sorellina si è sistemata e andrà a fare la gran signora!
– Alain, non ho parole! Tua sorella se lo merita!
– E qui viene il motivo della mia visita…. Devo consegnare delle carte a Sua Maestà, per informarla del matrimonio di Diane.
– Oh, Alain, non funziona così…. Queste cose si fanno su appuntamento, prenotando un incontro con un funzionario della reggia e non certo parlandone direttamente con la Regina…. Tu hai un appuntamento, vero?
– Be’, veramente, no…. – farfugliò Alain, grattandosi la testa – E’ un problema?
– Vieni, andiamo nell’ufficio di Oscar, vediamo come fare!
– Sei un amico, Grandier! – disse Alain, dando ad André una pacca sulla schiena che lo fece balzare avanti di mezzo metro.
I due amici si diressero verso l’ufficio di Oscar, camminando speditamente e con fare allegro.
 
********
 
Oscar passeggiava nell’Orangerie, un punto dei giardini della reggia distante da quello in cui, di lì a poco, il marito avrebbe incontrato Alain.
Come avveniva tutti i mercoledì mattina da qualche mese a quella parte, la donna perlustrava il Parterre du Midi e il Parterre Bas che ospitava l’Orangerie e, poi, si recava nel cabinet doré che sorvegliava con discrezione fino a mezzogiorno, quando il Capitano de Valmy veniva a darle il cambio.
Oscar guardò ammirata i vasi di aranci, limoni, melograni e palme che, a maggio, erano stati trasportati all’aperto dopo avere svernato in un padiglione interno e si riempì i polmoni di quel gradevole aroma di agrumi. Le ore erano ancora giovani, la temperatura era mite e la donna si stava godendo quella sensazione di benessere, quando lo sguardo di lei fu catturato da una sottile colonna di fumo che si alzava minacciosa sopra un boschetto di tigli.
Senza porre tempo in mezzo, iniziò a correre verso il boschetto, quando vide un gruppo di cinque Guardie Reali.
– Voi – disse al soldato più giovane del gruppo – Andate a chiamare subito gli spegnitori! Voi quattro, invece, seguitemi!
Giunte nel boschetto di tigli, le Guardie Reali videro alcuni mucchi di foglie e di sterpi, piuttosto alti, ammassati accanto ai tronchi degli alberi. Vi era stato appiccato il fuoco, ma, dato che le foglie erano verdi e i rami non erano secchi, la combustione provocava soprattutto fumo.
– Guardie, spegnete il fuoco! Fate quello che potete prima dell’arrivo degli spegnitori!   
Le Guardie Reali iniziarono a domare le fiamme con mezzi di fortuna, percuotendole con le giubbe, calpestandole o gettandoci sopra della terra. Mentre Oscar era intenta a battere il piede su alcune foglie fumanti, udì un rumore di legno spezzato provenire da sinistra e, voltatasi di scatto, scorse la sagoma di un uomo che si allontanava furtivamente. La donna fece uno scatto e si lanciò all’inseguimento, imitata, pochi istanti dopo, dalle altre Guardie Reali, dato che, nel frattempo, gli spegnitori erano arrivati.
Dopo un paio di minuti impegnati a correre e ad accorciare progressivamente la distanza che la separava dal fuggitivo, Oscar, con un balzo, gli fu addosso e lo buttò a terra.
L’uomo, che non aveva messo in conto di essere catturato, iniziò a dimenarsi furiosamente, ma Oscar lo immobilizzò e lo voltò, così da guardarlo in faccia.
– Hervé Huppert! – esclamò la donna, nel riconoscere il biondo lentigginoso con la cicatrice a forma di stella sulla guancia sinistra – Finalmente, vi ho acciuffato e un bell’interrogatorio non ve lo toglierà nessuno!
Afferratolo per la spalla della giacca, lo sollevò da terra e lo spinse, con una manata, verso i militari che, nel frattempo, erano sopraggiunti.
Il gruppo si diresse verso l’ufficio di Oscar, con lei in testa e le Guardie Reali che trascinavano Hervé Huppert. Nel camminare, passarono davanti al boschetto di tigli dove gli spegnitori, con poca fatica, stavano finendo di domare il principio d’incendio, buttando palate di terra sui focolai o gettandovi secchiate d’acqua che attingevano alla fontana più vicina. Le fiamme, per fortuna, non avevano intaccato i tronchi degli alberi e il pericolo era stato scongiurato.
Giunta davanti al suo ufficio, Oscar avvertì un brivido freddo percorrerle la schiena, nel ricordarsi che, cinque anni prima, Hervé Huppert l’aveva attirata fuori del Palazzo delle Tuileries con un diversivo mentre il complice Charles de Valenciennes assassinava Re Luigi XVI. Visto il Capitano de Valmy, gli urlò:
– Capitano de Valmy, presto, andate a sorvegliare il cabinet doré in mia vece!
Il Capitano de Valmy eseguì l’ordine e si allontanò come un fulmine mentre Oscar apriva con veemenza le ante della porta prima che il valletto potesse farlo al posto di lei.
Sedutasi davanti alla scrivania, aspettò quei pochi istanti necessari alle Guardie Reali per spingere Hervé Huppert sulla sedia posta davanti all’altro lato del tavolo e, subito dopo, investì il prigioniero con frasi incalzanti:
– Bene, Hervé Huppert, ci sono voluti cinque lunghi anni, ma, finalmente, vi abbiamo acciuffato! Diteci tutto sull’omicidio di Luigi XVI e sull’attentato a Luigi XVII!! E, visto che ci siete, parlateci anche del complotto sulla presunta nascita illegittima dell’attuale Re!
Hervé Huppert, che era rimasto a mani libere, aveva riacquistato, a poco a poco, piena lucidità e padronanza di sé e si era asserragliato nel mutismo. Dopo alcuni inutili tentativi di farlo parlare, Oscar proruppe:
– Non volete parlare, eh! Vediamo se stare in cella a pane e acqua vi schiarirà le idee!!
Ciò detto, fece cenno alle Guardie Reali di portarlo via.
Proprio in quel mentre, la porta si spalancò e fece il suo ingresso nella stanza il Generale de Jarjayes che sventolava dei fogli. L’anziano militare, nel dirigersi verso l’ufficio della figlia, si era imbattuto nel Capitano de Valmy che correva verso il cabinet doré e che lo aveva messo al corrente dell’arresto di Hervé Huppert.
– Ho appena scoperto la vera identità di quest’uomo, Oscar! – esclamò, trionfante, il Generale.
Esattamente in quell’istante, André e Alain, approfittando della porta aperta, entrarono nell’ufficio di Oscar. Nello scorgere e riconoscere Alain, il Generale trasalì e iniziò a ingiungergli concitatamente:
– Soldato de Soisson, uscite subito da questa stanza! Mi avete udito? Uscite subito da questa stanza!
Ma né Alain né André ci capirono qualcosa e rimasero all’interno finché Hervé Huppert si voltò verso di loro, alzandosi dalla sedia.
– Guillaume! – esclamò Alain, sgranando gli occhi.
– Alain…. – fece eco l’altro, parimenti stupito, ma molto più calmo.
Approfittando della concitazione generale, il sedicente Hervé Huppert sfilò una pistola dalla fondina di una delle Guardie Reali e, con uno scatto felino, balzò sulla sedia, scavalcò la scrivania e si pose dietro Oscar, serrandole la gola con il braccio sinistro e puntandole la pistola alla tempia con la mano destra.
Senza pensarci un attimo, Alain, che era l’unico a trovarsi nella giusta traiettoria, estrasse la pistola e sparò un colpo in fronte al malvivente, prima che questi potesse premere il grilletto e uccidere Oscar.
Un improvviso silenzio piombò nella sala subito dopo la deflagrazione mentre il corpo senza vita del delinquente si accasciava sul pavimento.
Alain lasciò cadere la pistola e si portò entrambe le mani davanti al viso.
– Che cosa ho fatto…. Che cosa ho fatto…. – farfugliava mentre le spalle di lui erano scosse da spasmi irrefrenabili.
Il Generale de Jarjayes, che era l’unico ad avere compreso la situazione, fissava costernato Alain mentre gli altri tacevano e si lanciavano occhiate interrogative.
– Ho ucciso mio cugino…. – articolò l’uomo in un gemito di dolore mentre i muscoli gli tremavano ed egli singhiozzava come un bambino.
In quel momento, il Capitano de Valmy fece irruzione nella camera e annunciò:
– Il Conte di Compiègne si è allontanato dal cabinet doré con alcuni fogli da lui trafugati! Appena giunto sul posto, l’ho visto che si dileguava….







Grazie ancora a chi mi segue con pazienza e interesse!
Il Conte di Compiègne, a forza di perquisire, ha finalmente trovato qualcosa, ma cosa? Ciò che si aspettava o dell’altro?
Della zia e del cugino dei de Soisson, provenienti da Nevers, si è fatto cenno nel ventunesimo capitolo, intitolato: "Lille".
Come farà Alain a gestire i suoi sensi di colpa?
Qui, potrete ammirare il cabinet doré degli appartamenti privati della Regina a Versailles.
Come sempre, buona lettura a tutti!
   
 
Leggi le 14 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: _Agrifoglio_