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Autore: hotaru    01/08/2009    2 recensioni
Ha il colore degli occhi del cielo più blu
Come se pensassero alla pioggia
Odio guardare dentro quegli occhi
E vederci quel po’ di dolore

"Sentiva la sua schiena calda sussultare ancora, anche se sembrava essersi leggermente calmata, e i capelli ormai lunghi fino alle spalle bagnargli il collo. Doveva essere stata in qualche campo a raccogliere gli ultimi fiordalisi e papaveri della stagione, perché profumava ancora di fiori.
Quando Ino finalmente si calmò, fuori pioveva ancora. Si stesero entrambi sul letto, gli occhi distratti a guardare il soffitto."
Kiba/Ino sulle note di "Sweet Child o'Mine" dei Guns'n'Roses.
Seconda classificata al contest "How Wonderful Life is while You're in the World" indetto da LalyBlackangel e bambi88 e vincitrice del Premio per l'Aderenza alla canzone
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ino Yamanaka, Kiba Inuzuka
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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cap 3 Where do we go now

How Wonderful Life is While You're in the World



Se lo ricordava bene, il giorno in cui era nata. Si sarebbe ricordato di quel giorno in qualunque caso, dato che almeno cinque Stati erano stati visitati da un tornado pazzesco, lasciando una scia di feriti e disastri.
Fortunatamente non arrivò dov’erano loro, anche se la corsa fino all’ospedale fu più impegnativa del normale: il vento era terribile e le nuvole si rincorrevano in cielo come impazzite, girando intorno in un vortice folle. Per fortuna gli scrosci di pioggia iniziarono soltanto nel pieno del travaglio; Kiba, guardando fuori, non riusciva a vedere altro che onde d’acqua provenienti dal cielo.
Lì in sala parto erano impegnati in ben altre faccende, ma ogni tanto riusciva a cogliere qualche tratto delle conversazioni tra medici e infermieri: sembrava che il tornado avanzasse senza pietà, continuando a far danni e a mietere vittime.
A loro erano arrivati i lembi più tenui di tale tifone, anche se il trovarsi in una struttura sicura come l’ospedale li aveva decisamente tranquillizzati.
Sua figlia era nata nel momento più violento del temporale. Se Ino non fosse stata tanto occupata su quel letto, le avrebbe fatto notare come a volte le circostanze sembrino davvero prenderti in giro.
In certi momenti aveva avuto seriamente paura che qualcosa potesse andare storto: che saltasse la corrente, che certe apparecchiature non funzionassero, che la bambina si presentasse nella posizione sbagliata. Sentiva di non avere mai avuto tanta paura in vita sua; sentiva di nuovo il temporale dentro, oltre che fuori.
E l’unica cosa che poteva fare era stringere una mano sudata, le cui unghie erano ancora leggermente sporche dell’humus con cui Ino stava cambiando la terra nei vasi, quando erano iniziate le doglie.
Dopo era solita pulirle sempre con una cura estrema, ma quella volta non ce n’era stato decisamente il tempo. In un certo senso era una fortuna che la neomamma fosse occupata in ben altre attività, e non se ne potesse accorgere.
Qualche medico gli aveva chiesto se stesse bene, dato che aveva l’aria stravolta quasi quanto la donna stesa sul letto. Tempo dopo si era reso conto che doveva sembrare veramente sconvolto e stralunato, ma in quei momenti nemmeno ci pensò.
Quando gliela diedero in braccio riuscì a pensare solo che era piccola e bagnata e calda quanto Akamaru, quando l’aveva trovato. Si fece un appunto mentale di non dirlo mai a Ino, perché gli avrebbe tirato una padella in testa nel sentir paragonare la propria splendida figlia ad un cane.
Mentre la neomamma riposava un momento, stravolta dalla fatica, lui aveva portato la bambina vicino alla finestra. Il peggio sembrava passato, sia dentro che fuori, e il cielo andava rischiarandosi.
I pensieri gli si ammucchiavano nella mente come una mandria impazzita, accavallandosi l’uno sull’altro, e l’unico che sembrò prevalere sugli altri fu il ricordo delle parole di una splendida canzone uscita da poco.
Senza nemmeno rendersene conto le pronunciò pian piano, come una ninna nanna per calmare la piccola che già stava iniziando a strillare per la fame:  

Oh, sweet child o' mine
Oh, sweet love of mine
Oh, sweet child o' mine
Oh, sweet love of mine

[Dolce bambina mia
Dolce amore mio
Dolce bambina mia
Dolce amore mio]

Le infermiere rimasero piuttosto stupite nel vederla calmarsi per un po’. Dall’esperienza decennale che avevano sapevano che in nessun caso si poteva quietare un neonato affamato con poche parole di una ninna nanna. Soprattutto se non si trattava minimamente di una ninna nanna.
Quando però l’effetto finì e la piccola iniziò a strillare gliela tolsero dalle braccia, portandola a fare il suo primo bagnetto.
Al che Kiba si rivolse finalmente alla propria donna, ancora stesa sul letto.
-    Come stai? – le chiese piano, tirandole indietro i capelli madidi di sudore.
-    Come vuoi che stia? Non so come facciano i tuoi preziosi cani a farne anche sei in un colpo – rispose lei, il respiro ancora un po’ affannato.
-    Questione di abitudine, forse – fece lui – Comunque, visto che hai tirato fuori l’argomento, quando glielo prendiamo?
-    Che cosa? – chiese lei, confusa.
-    Un cane. Sai, dicono che prima si prendono prima nasca una certa empatia tra il cucciolo e…
-    Tu sei fuori di testa – lo interruppe Ino, incredula – Devo ancora riuscire ad alzarmi di qui, te lo ricordi? E comunque impara prima a cambiare i pannolini, non credere che farò tutto io…



Where do we go
Where do we go now
Where do we go
Where do we go
Where do we go now

[Dove andiamo
Dove andiamo adesso?
Dove andiamo
Dove andiamo?
Dove andiamo adesso?]


–    Là, a posto! - decretò Kiba, buttando l'ultima borsa nel portabagagli della sua nuova- in realtà vecchia e usata- auto.
–    Potresti anche usare un po' più di grazia, no? - fece Ino dando un'occhiata a come erano state sistemate le sue cose.
–    Senti, bambina mia – la rimbeccò lui – Se il lavoro pesante lo devo fare io, lo faccio come mi pare.
–    Tsk! Quante storie! Ma siamo sicuri che questo macinino ci porterà da qualche parte?
Kiba fece dolcemente “pat pat” sul tettuccio della macchina.
–    Non ascoltarla, principessa – le disse piano, in tono confidenziale – È solo gelosa.
–    Sì, certo! - sbottò Ino in tono esasperato – E poi non ho ancora capito perché ti sei preso una macchina. Non ti erano sempre piaciute le moto?
–    E mi piacciono ancora! - ribatté lui – Prima o poi ne prenderò una, vedrai: un'enorme Harley Davidson dal motore rombante e il sellino largo quanto una poltrona!
–    Non mi sembra che questo “coso” gli si avvicini molto...
–    Beh, questa era la priorità. Con una moto non posso portare in giro Akamaru – rispose lui, pratico – E poi, per quanto mi sembri eccitante l'idea di farlo su una Harley, non ci sarebbe privacy.
–    Ah, ecco qual è il problema... - lo prese in giro Ino – Non ti serviva a portare in giro me.
–    Anche. Non è quello che sto facendo? Avanti, sali.
Una volta dentro, la ragazza commentò:
–    Beh, perlomeno è pulita. E poi ha un buon odore.
–    Grazie. Modestamente, ho appena fatto la doccia – fece Kiba, appena salito.
–    Non parlavo di te! - ribatté lei, appoggiando il capo sul poggiatesta – Allora, dove andiamo?
–    Decidi tu.
Ino si voltò sorpresa.
–    Io? - chiese.
–    Sì. Visto che è la tua prima vacanza dopo essertene andata di casa, puoi scegliere il posto che vuoi. Ti porterò ovunque.
Parecchio lusingata da tale proposta, la ragazza ci pensò su un attimo, per poi accorgersi che stranamente mancava qualcuno.
–    E Akamaru? Dov'è?
–    Oh, lui stavolta resta a casa.
Questo la rese ancora più incredula.
–    Lo lasci a casa? Con tua madre?
–    No, l'ho affidato a Hinata.
–    Hinata? - era praticamente da quando aveva lasciato la scuola che Ino non la vedeva, a parte qualche volta in cui la Hyuuga era venuta al negozio a comprare dei fiori.
–    Che c'è? - domandò Kiba con un ghigno – Gelosa della mia migliore amica?
–    Già il termine “migliore amica” non mi piace. Tenendo poi conto che la macchina è la tua “principessa”, comincio a chiedermi che posto occupo io nella classifica.
–    Ehi, no, sul serio – disse Kiba, quasi preoccupato – Non sarai gelosa di Hinata, vero?
–    No, tranquillo. Ma solo perché è Hinata. Mi fido più di lei che di te, per queste cose.
–    Ma se in pratica nemmeno la conosci – ribatté lui – A scuola non le parlavi quasi mai, che ne sai di lei?
Ino gli lanciò un'occhiataccia.
–    Stai dicendo che mi dovrei preoccupare? - sbottò sospettosa.
–    No, no, figurati – si affrettò a chiarire Kiba – Lo sai che Hinata è come una sorella, per me.
Al termine “sorella” nell'auto cadde un pesante silenzio. Kiba avviò il motore e Ino poggiò la guancia sul sedile, guardando fuori.
–    Non mi hai ancora detto dove vuoi andare – le ricordò lui.
–    Al mare – rispose lei, voltandosi – Voglio vedere l'oceano.
–    Va bene, allora. Spero che un qualsiasi posto della costa orientale vada bene.
–    Il Pacifico, però.
Kiba frenò bruscamente, anche se avevano percorso appena pochi metri.
–    Cosa? - esclamò incredulo – Ma... è da tutt'altra parte!
–    Lo so. Anche se ho mollato la scuola quattro anni fa, me lo ricordo dove sono gli oceani.
–    Non intendevo dire questo. Ma sarà un viaggio lungo.
–    Ho ferie a sufficienza – ribatté lei, incrociando le braccia – E anche soldi, se è per questo.
–    Beh, anch'io – rispose Kiba – Sai che ti dico? Facciamolo!
–    Bene – si limitò a dire lei, con la sicurezza di chi sapeva fin dall'inizio che l'avrebbe avuta vinta.
–    Ma posso chiederti una cosa? - domandò lui mentre si dirigevano verso l'autostrada – Perché vuoi andarci?
–    Per un motivo molto semplice – disse piano Ino, guardando fuori dal finestrino ed evitando accuratamente di voltarsi – L'unica cosa che mi ricordo di mio padre, prima che andasse via, era che mi diceva sempre che mi avrebbe portato a vedere il tramonto sul mare. È stato lui a spiegarmi che sull'Atlantico non si può, a cinque anni io non ci avevo mai pensato.
Kiba non disse nulla, concentrato sulla strada.
–    Voglio vedere il tramonto sul mare – ribadì Ino, girandosi verso di lui e illuminandosi di un sorriso sornione – E se ti va bene, magari ci scappa anche una notte in spiaggia.
–    Una sola? - ghignò lui – Con tutta la strada che dobbiamo fare, il minimo per ringraziarmi sarebbe fare l'amore ogni volta che ci fermiamo!



Where do we go
Sweet child
Where do we go now

[Dove andiamo
dolce bambina
Dove andiamo?]


Where do we go
Where do we go now
Where do we go
Where do we go now

[Dove andiamo
Dove andiamo adesso?
Dove andiamo
Dove andiamo adesso?]


–    Where do we go nooooow!
L'altezza vocale della bambina aveva incredibilmente superato quella di Axl, tanto che per qualche istante la musica della cassetta venne surclassata dalla sua voce limpida e potente.
–    Ehi, calma! - rise Kiba – Così rischi di far diventare sordo Akamaru! Lo sai che i cani hanno un udito molto più sviluppato.
–    Secondo me Akamaru è già sordo – rispose lei – Non risponde mai quando lo chiamo, e non gioca mai con me.
–    Beh, dipende dai punti di vista – fece Kiba – Vero, Akamaru?
La testa del bestione sdraiato sul sedile posteriore dell'auto fece capolino, alzando le orecchie ispide e scuotendo in modo blando la coda.
–    Non è giusto! - inveì la piccola – Perché con te fa così, papà? Eppure gli do sempre da mangiare!
–    È questione di confidenza – rispose lui – Sono un vecchio amico per lui, non mi ignorerebbe mai. Tu invece sei come un cucciolo fastidioso.
–    Cosa? - esclamò la bambina, voltandosi verso il cane – Sei un ingrato!
–    Su, dai, siediti – le disse il padre tirandola giù – E comunque è normale che non abbia voglia di giocare con te: non dimenticarti che ha quasi vent'anni, per i cani è un'età notevole.
–    Uff… - borbottò la piccola, mettendo il broncio.
Kiba sorrise, girandosi dall’altra parte per non farsi vedere e fingendo di concentrarsi sulla guida.
Mentre la bambina stava in silenzio, Kiba ne approfittò per darle un’occhiata con la coda dell’occhio. A volte gliela ricordava così tanto che gli sembrava di ricevere una mazzata nello stomaco, specialmente quando metteva il broncio.
Però si rendeva conto che a far da cornice ai capelli biondi e agli occhi azzurro chiaro erano i lineamenti degli Inuzuka, dritti e tagliati con l’accetta, che nel complesso le davano un’aria un po’ selvatica. Nei momenti in cui correva attorno ad Akamaru per farlo alzare, o quando saltava ascoltando la musica che il padre le faceva sentire e sorrideva sudata, coi capelli scarmigliati, sembrava appena giunta dalle foreste.
Quando era uscita, quella canzone gli era piaciuta talmente che aveva subito comprato la cassetta. A pensarci bene, era un miracolo che il nastro fosse ancora intatto: sua figlia voleva ascoltarla in continuazione, a casa e in macchina, anche se ormai la sapeva a memoria.
Doveva essere stata una conseguenza dell’avergliela sempre fatta ascoltare come ninna nanna. Forse era anche per quello che era uscita fuori così matta.
-    Allora, dove vuoi andare? – le chiese.
A tale proposta la bimba si illuminò, sorpresa e felice.
      -     Posso… posso sceglierlo io? Davvero? – domandò piano, come se le sembrasse di osare
            troppo.
Kiba annuì, convinto.
-    Sicuro – confermò.
-    Allora… - fece la bambina con occhi sognanti - … voglio vedere l’oceano. Quello più grande… come si chiama?
-    Pacifico? – chiese Kiba, un po’ stupito.
La bambina assentì con la testa.
-    Sì. L’altro l’abbiamo già visto, no? Siamo andati a vedere l’alba, anche se poi è venuto su un temporale. Ma perché arriva sempre il temporale, quando ci sono io?
Per poco il padre non scoppiò a ridere.
-    Non lo so – ammise – Sembra che li attiri come una calamita.
-    Comunque adesso voglio vedere il tramonto. Il tramonto sul mare – continuò la piccola.
Il sorriso sulle labbra di Kiba svanì in un attimo. La bambina notò la sua espressione turbata e tentennò un po’.
-    Mi… mi ci porti, papà? – chiese dubbiosa, domandandosi se avesse detto qualcosa che non andava.
-    Ma… ma certo. Sarà un viaggio lungo, ma ci arriveremo – disse Kiba, simulando un sorriso che sapeva di forzato a un chilometro di distanza.
La piccola, che aveva già un istinto femminile piuttosto sviluppato, non era ancora convinta. Il padre girò la manopola sul cruscotto, alzando il volume.
-    Forza – le disse – Fammi sentire un po’ la tua voce.
La bambina non si fece pregare, iniziando una serie di “Ay, ay, ay, ay, ay” che avrebbero fatto accapponare la pelle a chiunque. Forse era vero che Akamaru era diventato un po’ sordo, perché continuava a dormire senza battere ciglio.
Era una fortuna che fosse così vecchio e dormisse oramai tutto il tempo: vivace ed energico come era stato un tempo, non avrebbe sopportato di rimanere in macchina per ore ed ore, per giorni e giorni, da uno Stato all’altro del Paese.
Kiba sospirò, anche se con la musica così alta non si sentì nemmeno lui.
Si sarebbe dovuto fermare, una volta o l’altra, e mettere radici da qualche parte. Soprattutto per lei; non poteva farla crescere in questo modo.
Tuttavia sentiva che non era ancora arrivato il momento. Faceva ancora troppo male.
Era meglio continuare ad andare.


Where do we go
Where do we go now
Sweet child
Sweet child o' mine

[Dove andiamo
Dove andiamo adesso?
Dolce bambina
Dolce bambina mia]




Come avete visto, ho inserito un OC: la figlia di Ino e Kiba. Un po’ mi è stata suggerita dal testo della canzone, che in certi punti sembra davvero una ninna nanna, e ho deciso di sfruttare tale particolarità.
Inoltre la sua presenza rispecchia anche la mia personale idea dell’amore: credo che il punto più alto del totale amore tra due persone sia il desiderare un figlio dall’altro, qualcuno che abbia un po’ di tutte e due. E quando uno dei due scompare per qualche motivo, il bambino resta l’unica prova viva e reale che quella persona c’è stata davvero.
Non si sa che fine faccia Ino, ma è voluto. Potrebbe essersene andata, essere morta… quello che le è effettivamente successo, qui è secondario.

Ah, per quel che riguarda i due oceani e la faccenda del tramonto, ve lo spiego un attimo (anche se probabilmente lo sapete): per l’America l’Atlantico è a est, quindi si può vedere soltanto l’alba; mentre sul Pacifico, essendo a ovest, si può vedere il tramonto. ^^



valehina: beh, per quel che riguarda il pairing Kiba/Ino ti rivelerò una cosa: non ci avevo mai seriamente pensato, prima di questo contest. E l’unica cosa che mi ha fatto scegliere Ino è stato il fatto che, nella canzone, si parlasse di occhi “del cielo più blu”. Visto che è l’unica a corrispondere a questa descrizione, la scelta è caduta per forza su di lei. (XD)
La madre di Ino, come dici tu, in “Naruto” non appare mai, quindi qui è praticamente un OC che serviva solamente ai fini della storia. Anche se, come hai visto, non è l’unica. ^^
Tra l’altro, il fatto che tu non abbia subito collegato Hana alla sorella di Kiba indica quanto sia “snobbata” nell’anime. T_T
E sì, anch’io sono per i personaggi secondari (e tra parentesi Hanabi è una di quelli a cui viene resa meno giustizia!).
Majka_Komatsu: grazie, sono contenta che ti piaccia! ^^

   
 
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