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Autore: crazy640    17/11/2019    5 recensioni
SEGUITO DI "IL PAGAMENTO DI UN DEBITO"
I personaggi di Harry Potter appartengono a J.K. Rowling. NON permetto la pubblicazione della storia in altri siti.
"Hermione Granger-Malfoy osservò il via vai di gente che quotidianamente animava la stazione di King’s Cross dal proprio tavolino e, puntuale come ogni anno, il ricordo del suo primo arrivo in quella stazione riaffiorò alla sua mente: una ragazzina di undici anni, ancora una bambina, in mezzo ai propri genitori, spaventata a morte da quella novità inaspettata, ma allo stesso tempo elettrizzata per il nuovo mondo cui andava incontro.
A ripensarci adesso sembrava un’altra persona.
Tante cose erano successe dalla prima volta che aveva messo piede sul binario che l’avrebbe condotta a Hogwarts: aveva combattuto tante battaglie, personali e non, si era fatta degli amici che capivano la sua intelligenza e non ne erano spaventati, aveva conosciuto la paura, la rabbia, l’odio…l’amore."
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Blaise Zabini, Ginny Weasley, James Sirius Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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tell me

 

 

Tell me I'm your baby, and you never leave me.
Tell me that you'll kiss me forever.
Whisper that you love me.
Have you ever leave me?
Be mine for always, I'll be yours forever.
Tell me I'm your baby, and you never leave me.
Tell me that you'll kiss me, forever. 

 

 

Nel momento in cui le labbra di Albus si posarono sulle sue, la mente di Richard si svuotò completamente.

Sorpreso da quel gesto inatteso, il suo cervello impiegò cinque secondi per rendersi conto che quella era la realtà e non uno dei suoi tanti sogni ad occhi aperti che lo avevano accompagnato per mesi e, quando finalmente ritornò presente a sé stesso, Richard aumentò leggermente la stretta nel braccio allacciato attorno ai fianchi di Al e andò incontro alle labbra del ragazzo.

Mentre le sue labbra rispondevano ai baci leggeri di Albus, Richard si accorse distrattamente delle dita che affondavano tra i suoi capelli e del corpo che aderiva sempre di più al suo malgrado la posizione scomoda.

Che cosa doveva fare? Approfittare di quel momento di follia che sembrava aver colto l’amico oppure fermare Albus e chiedergli se era veramente sicuro delle proprie azioni?

Era stata una giornata emotivamente difficile per il ragazzo e l’ultima cosa Richard desiderava era che il ragazzo si pentisse di quello che stava succedendo tra loro una volta tornato in sé.

Allo stesso tempo, però, Richard non se la sentiva di interrompere quel momento, consapevole che un’altra occasione simile non gli sarebbe capitata mai più.

Cercando di mettere a tacere i propri timori, Richard fece scivolare la punta della lingua sul labbro inferiore di Albus prima di stuzzicare quello superiore; la sua scelta sorprese e allo stesso tempo sembrò dare coraggio ad Albus a tal punto che il ragazzo si sollevò leggermente su un fianco facendo forza su un gomito e si protese verso Richard, senza mai interrompere il loro bacio.

Nello stesso istante in cui la lingua di Albus affondò nella bocca dischiusa di Richard intrecciandosi timida con quella dell’altro, il corpo solido e muscoloso di Al si sdraiò su quello di Richard aderendo quasi perfettamente malgrado la loro differenza d’altezza, le mani grandi sistemate sul collo e tra i capelli del Grifondoro.

Galvanizzato da quella nuova posizione, Richard si lasciò andare: aumentò l’intensità del bacio e lasciò vagare le mani lungo la schiena ampia e muscolosa di Al, sistemandone infine una all’altezza delle scapole e l’altra a poca distanza dal sedere di Albus, frenando all’ultimo istante il desiderio di stringere i glutei perfetti e sodi del ragazzo.

Albus si lasciò scappare un sospiro e allontanò leggermente le labbra da quelle dell’amico posandole più volte sulla guancia sinistra e, approfittando di quel momentaneo distacco, Richard gli posò le labbra sulla mascella e sul collo, deciso a lasciare un ricordo tangibile di quel momento di pazzia: aveva passato ore a fissare il collo di Al, sognando un giorno di poter imprimere un marchio che fosse ben visibile a tutti e che dimostrasse a tutti coloro che posavano lo sguardo su Albus che un ragazzo fantastico come Al era suo, che fra tanti aveva scelto lui.

Un gemito lieve arrivò alle orecchie di Richard e provocò una ridda di brividi che si propagarono per tutto il suo corpo, concentrandosi all’altezza dell’inguine, rendendolo consapevole dell’erezione che si stava formando nei suoi jeans.

Ciò che lo consolava e lo inorgogliva era sentire un’altra erezione premere contro la sua coscia sinistra.

Mosso esclusivamente dall’istinto, Richard mosse leggermente il volto finché non incontrò nuovamente le labbra di Albus, baciandolo con la stessa passione che sentiva scorrergli nelle vene e ricevendo una risposta altrettanto appassionata.

Per questo motivo fu colto totalmente di sorpresa quando, pochi istanti dopo, Albus si staccò improvvisamente da lui rizzandosi a sedere sulle proprie ginocchia.

Confuso dal movimento repentino, Richard lo fissò da sotto in su, restando sdraiato nella posizione che aveva avuto fino a quel momento; Albus era seduto con le gambe ripiegate, sistemato al centro del letto tra quelle divaricate di Richard.

Ciò che colpì il Grifondoro fu l’espressione sul volto di Albus: sul suo viso si alternarono velocemente confusione, shock e incredulità, per poi lasciare il posto ad un’espressione colpevole che colpì Richard come un pugno allo stomaco.

-Oh, cazzo…- mormorò Albus, passandosi una mano sulla fronte.

-Albus…- iniziò Richard cercando di bloccare sul nascere l’attacco di panico che sembrava imminente.

Quasi non avesse sentito la voce dell’amico, Al affondò il volto tra le mani e si lasciò scappare un suono frustrato dalle labbra.

-Cazzo! - esclamò di nuovo alzando leggermente la voce. –Come ho fatto ad essere così stupido? - aggiunse.

Richard inarcò un sopracciglio a quelle parole, incerto sul loro significato, prima di rizzarsi a sedere a sua volta e allungare cauto una mano verso il braccio destro dell’amico.

-Ehi! Va tutto bene…- gli disse cercando di tranquillizzarlo.

Quelle parole ebbero l’effetto di smuovere Albus: se un istante prima era seduto sul letto con il volto tra le mani, l’attimo dopo era balzato in piedi e aveva iniziato a percorrere avanti ed indietro il breve spazio tra il letto e la porta.

Malgrado la situazione sembrasse difficile, Richard fu rincuorato dal fatto che Al non tentò di uscire dalla stanza il prima possibile.

Forse non tutto era perduto.

Richard fissò lo sguardo sulla figura in movimento dinanzi a sé e vide chiaramente la tensione dei suoi muscoli e l’espressione ansiosa sul volto di Albus.

-Come ho fatto ad essere così stupido? - sentì dire nuovamente da Al.

-Al, per favore puoi dirmi cosa ti passa per la testa in questo momento? - domandò Richard cauto.

Il ragazzo gli rivolse uno sguardo arrabbiato che lo riempì di nuovi sensi di colpa: era consapevole di aver messo da parte i propri dubbi quando Albus aveva iniziato a baciarlo, deciso a godere di quel momento irripetibile il più possibile, ma ora si rendeva conto di quanto si fosse comportato male nei confronti di Albus; era il più grande tra i due, quello con maggiore esperienza, era chiaro che toccasse a lui mettere un freno a quello che stava succedendo prima che la situazione degenerasse.

Ed ora la loro amicizia era chiaramente compromessa per colpa del suo egoismo.

Albus si lasciò andare ad un nuovo gemito frustrato, affondando le dita della mano sinistra tra i capelli irrimediabilmente spettinati.

-Penso che sono un idiota! Un emerito coglione! - rispose senza smettere di camminare avanti e indietro.

-Perché? - chiese ancora Richard.

Quella domanda ebbe il potere di bloccare la maratona di Albus.

Il Serpeverde si fermò di fronte a lui e lo fissò per qualche istante, un misto tra incredulità e frustrazione sul viso.

-Vuoi davvero sentirmelo dire? -gli chiese a sua volta.

Richard annuì.

-Mi aiuterebbe a capire cosa sta succedendo- rispose Richard, cercando di nascondere il tono ironico che era comparso con naturalezza nella sua voce.

Albus sospirò.

-Non sono venuto qui con l’intenzione di…- iniziò Al, senza però riuscire a terminare la frase senza arrossire.

Suo malgrado, Richard accennò un sorriso.

Nonostante la passione con cui aveva risposto ai suoi baci, Albus riusciva ancora ad imbarazzarsi anche solo accennando a quello che era successo tra loro poco prima.

Era adorabile, Richard non sapeva definirlo in altro modo.

-L’avevo capito- disse semplicemente cercando di metterlo a proprio agio.

-Non avevo voglia di tornare a casa e, inoltre, avevo bisogno di qualcuno che mi ascoltasse senza farmi troppe domande.

Se devo essere sincero, sei stata l’unica persona che mi è venuta in mente- confessò Albus.

Richard fece un cenno con il capo.

-Onestamente mi fa piacere sentirtelo dire. Sai che puoi venire da me ogni volta che vuoi- gli ripeté, ricordandogli ciò che gli aveva detto poco prima.

Albus scosse la testa con veemenza.

-No, non è così- replicò.

Richard aggrottò la fronte.

-Tu non hai idea… Non posso credere di aver rovinato tutto- disse Al l’attimo dopo, nascondendo il volto tra le mani.

Sempre più confuso Richard si mosse leggermente sul letto finché non si sedette alla fine di fronte ad Al.

-Credi che io non abbia le tue stesse paure? Anche io temo di aver rovinato le cose tra di noi…- gli disse.

Ancora una volta, Albus scosse la testa.

-Io non sto parlando di questo! - lo interruppe sempre più frustrato tornando a guardarlo.

Incapace di trovare un senso alle parole di Al, Richard lo fissò per qualche secondo prima di lasciarsi andare ad un sospiro altrettanto frustrato.

-Al devi aiutarmi a capire perché in questo momento niente di quello che dici ha senso per me- gli disse calmo.

Al si strofinò nuovamente la fronte con una mano, fissando il volto dell’amico per qualche istante chiaramente indeciso se dare voce ai propri pensieri o meno e, dopo un breve istante di silenzio, Richard lo vide prendere un profondo respiro e dischiudere le labbra.

-Io lo so-iniziò.

Richard corrugò nuovamente la fronte.

Possibile che Al avesse capito i sentimenti che provava per lui e avesse il coraggio che a lui era sempre mancato per affrontare il discorso?

-Sai cosa? - domandò cercando di guadagnare tempo.

Albus deglutì e alzò le spalle.

-So dei tuoi sentimenti per James- disse finalmente.

Aveva sperato che le parole di Albus facessero chiarezza in quello che stava succedendo tra di loro ma, al contrario, avevano aggiunto maggiore confusione: i suoi sentimenti per James?

Di cosa stava parlando?

Se si fosse escluso il rapporto di amicizia che lo legava al maggiore dei Potter non ci sarebbe stato nessun altro sentimento degno di nota, non se paragonato a ciò che provava per Albus.

-Cosa? - disse incapace di articolare meglio la propria confusione.

Albus annuì.

-Io non provo niente per James! - replicò l’attimo dopo Richard.

Una nuova espressione frustrata si dipinse sul volto di Albus.

-Certo che sì! Sei stato tu a dirmelo! Quindi non ha alcun senso continuare a negare o a fingere con me- replicò prontamente il moro.

-Davvero? Dovrai ripetermi la conversazione parola per parola perché credimi non ricordo di aver mai detto un’assurdità simile- ribatté a sua volta Richard.

Albus mosse un passo verso di lui e sospirò ancora una volta, mostrando quanto quella conversazione lo infastidisse.

-Eravamo al Babylon.

Mi avevi appena detto di essere interessato anche ai ragazzi, ricordi? - gli disse.

Richard annuì, ricordando perfettamente la loro conversazione, rammentando soprattutto chi fosse l’oggetto di quella discussione.

-Poi mi hai detto di essere attratto da un ragazzo in particolare ma di non potergli parlare dei tuoi sentimenti perché lui stava affrontando un brutto periodo.

Era ovvio stessi parlando di James e della sua assurda ricerca su nostro padre!

Ho cercato di darti qualche consiglio e credimi mi è costata parecchia fatica farlo, ma adesso ho rovinato tutto saltandoti addosso- concluse, spiegando ciò che lo infastidiva in modo confuso.

Quando il silenzio ritornò nella stanza, Richard lo fissò incredulo per qualche secondo.

Come aveva fatto Albus a travisare a tal punto le sue parole? Possibile non avesse capito l’importanza di ciò che gli stava dicendo quel giorno?

A quanto pare non era stato abbastanza chiaro e aveva lasciato troppe cose sottintese se Albus era arrivato a pensare che l’oggetto del suo desiderio era James.

-Quindi vediamo se ho capito bene-disse Richard scuotendosi dalla propria incredulità, lo sguardo sempre fisso sulla figura immobile di fronte a sé.

-Quel giorno al Babylon quando ti ho detto di provare qualcosa per un ragazzo tu hai pensato che io stessi parlando di James- iniziò Richard.

Albus annuì restando in silenzio.

-Vista la nostra amicizia, hai cercato di darmi dei consigli per far sì che tuo fratello, etero e grande estimatore del genere femminile, si accorgesse di me e ricambiasse i miei sentimenti nonostante la sua attenzione fosse completamente focalizzata sulla ricerca su Harry Potter ed i vostri rapporti non fossero dei migliori in quel momento-continuò il Grifondoro.

In risposta ricevette un nuovo cenno d’assenso, accompagnato da un nuovo rossore imbarazzato che imporporò le guance di Albus.

Pensieroso, Richard annuì a sua volta.

-C’è solo una cosa che ancora non mi è chiara…

Perché mi hai dato dei consigli su come conquistare James quando provavi qualcosa per me? -gli domandò.

Non aveva la certezza di quello che aveva appena detto, ma sperava con tutto sé stesso di non sbagliarsi.

Se il suo intuito non si era sbagliato, allora quella situazione era soltanto un grandissimo equivoco che, una volta risolto sarebbe diventato un divertente aneddoto da raccontare in futuro ai loro amici.

Albus abbassò leggermente la testa rifuggendo il suo sguardo, chiaramente imbarazzato e alzò le spalle.

-Ero geloso- confessò Al sincero riprendendo la sua maratona nel piccolo spazio davanti al letto. –Conosco mio fratello, quindi quando ho capito di chi stessi parlando, sapevo che anche con i miei consigli i tuoi sentimenti sarebbero rimasti insoddisfatti.

So di non essermi comportato bene, ma in quel momento ho pensato che se io non potevo averti, allora meglio James che non avrebbe mai ricambiato i tuoi sentimenti piuttosto che un ragazzo qualsiasi che ti avrebbe allontanato da me- continuò imbarazzato.

Richard scosse leggermente la testa incredulo.

-Avresti dovuto dirmi ciò che provavi per me. Così sarei stato in condizione di fare una scelta- rispose.

Albus si lasciò scappare una risata amara, lanciando un veloce sguardo in direzione dell’amico.

-Si certo, come no. Quale ragazzo sano di mente sceglierebbe me quando potrebbe avere James? - commentò Al, evitando ancora una volta di incontrare lo sguardo di Richard.

Il Grifondoro alzò le spalle.

-Io lo farei-

Albus voltò di scatto la testa e portò lo sguardo sul volto di Richard, lasciando trasparire l’incredulità per le parole appena dette dall’amico.

Dal canto suo Richard gli rivolse un sorriso accennato prima di dischiudere le labbra: era venuto il momento di chiarire alcune cose.

-Io non provo nulla per James.

Siamo amici, ma conosco troppo bene tuo fratello per commettere l’errore di provare qualcosa oltre l’amicizia per lui.

Sarebbe un disastro annunciato- iniziò con voce calma e seria.

Albus aggrottò la fronte, confuso.

-Ma allora quel giorno…-

-Stavo parlando di te-confessò finalmente Richard.

Albus lo fissò interdetto per qualche istante, poi scosse la testa.

-Non è possibile- ribatté.

Richard annuì, le braccia ripiegate all’altezza del petto, il corpo atteggiato in una posizione calma e rassicurante.

Consapevole della confusione che ancora imperava nella mente di Albus, il Grifondoro evitò di diminuire la distanza tra loro malgrado ogni fibra del suo corpo desiderava il tocco di Albus.

-Ti ricordi quella mattina quando ci siamo incontrati nel corridoio fuori dalla casa dei Serpeverde? - gli domandò Richard.

Albus annuì nonostante la sua fronte fosse ancora aggrottata in segno di confusione.

-Quella mattina mi hai chiesto di dirti cosa c’era tra noi due…- continuò.

-Ma tu non lo hai fatto- lo interruppe Albus.

Questa volta toccò a Richard annuire per poi sospirare.

-Non eri in te Al: eri arrabbiato con me, convinto che io avessi preferito James a te per via della sua stupida ricerca, eri circondato da teste di cazzo, passavi il tuo tempo tra feste alcol e pozioni.

Non era il momento adatto. - gli ricordò Richard. –Così quando ho saputo che avevi chiesto un documento falso per l’uscita a Hogsmeade ho capito subito dove eri diretto.

In fondo ad Hogsmeade non ci si sono molti posti in cui è vietato l’ingresso ai minorenni- commentò ancora, un sorriso ironico ad incurvargli gli angoli della bocca.

Albus lo fissò in silenzio, in attesa che l’altro continuasse il suo racconto.

-Quel giorno, quando ci siamo incontrati al Babylon, mi sono fatto coraggio e ti ho raccontato tutto: i miei sentimenti per te, la mia paura di rovinare il nostro rapporto.

L’unica cosa che ho omesso è stato il tuo nome-confessò.

-Mi hai detto che lui non ti voleva… Che quel ragazzo non era pronto per una storia- disse Albus ricordando perfettamente la loro conversazione.

Richard annuì.

-Hai dimenticato com’era complicata la nostra amicizia in quel momento? O devo ricordarti ancora una volta il modo in cui mi hai scacciato quando ci siamo visti quella mattina fuori dalla casa dei Serpeverde? - gli domandò a sua volta Richard.

Albus lo fissò per un lungo istante in silenzio, chiaramente indeciso se credere o meno alle sue parole.

-Tu provi qualcosa per me- disse l’attimo dopo.

Richard si limitò a rivolgergli un nuovo cenno d’assenso.

-Perché allora da quando siamo arrivati ad Hogwarts a settembre sei corso dietro a ogni ragazza che ti concedesse un minimo d’attenzione? -gli domandò Al.

Richard abbassò lo sguardo sulle proprie mani abbandonate in grembo per qualche istante, consapevole che quella non era stata una delle sue idee più brillanti.

Fin dal momento in cui aveva incontrato Albus sulla banchina della stazione, poco prima di salire sul treno che li avrebbe ricondotti a Hogwarts, si era reso conto che rispetto agli altri anni sarebbe stato più difficile nascondere o frenare i sentimenti che provava per l’amico.

Non si era aspettato di ritrovarsi davanti un dio greco al posto del ragazzo mingherlino e chiaramente impacciato che aveva lasciato su quella stessa banchina neanche nove settimane prima e, consapevole dei propri sentimenti e dell’importanza dell’amicizia tra lui ed Albus, aveva deciso di concentrare la propria attenzione altrove.

A peggiorare ulteriormente le cose si era aggiunta la sua ferma convinzione che Albus lo avrebbe considerato sempre e solo come un amico.

A quanto pare, però, aveva preso la decisione peggiore.

-Lo ammetto, non è stata una delle mie idee migliori.

Avevo paura di rovinare la nostra amicizia se ti avessi rivelato quello che provavo per te quindi ho cercato un diversivo.

So di essermi comportato male, sia con te sia con quelle ragazze, ma loro non hanno significato niente per me… Hanno solo evitato che corressi da te per dirti cosa provavo- gli confessò.

L’attimo dopo Richard sollevò la testa e cercò lo sguardo di Albus.

-Inoltre, se proprio vuoi la verità ero convinto di non essere abbastanza attraente per te-aggiunse.

I due ragazzi si fissarono per qualche istante in silenzio, uno di fronte all’altro, finché Albus non si lasciò andare ad un sospiro e diminuì la distanza tra loro in due grandi falcate, andando a sedersi sul letto accanto a Richard.

-A quanto pare abbiamo pensato la stessa cosa- commentò.

Richard gli lanciò un’occhiata di sottecchi e accennò un sorriso ironico.

-Giusto per essere completamente chiari, visto quello che è successo poco fa… Tu provi qualcosa per me? -gli domandò il Grifondoro l’attimo dopo.

Senza esitazione, Albus annuì.

-Da quanto tempo? - chiese ancora Richard.

-Da almeno un paio d’anni credo.

-Perché non mi hai mai detto nulla? -chiese ancora l’altro.

Albus gli lanciò un’occhiataccia e in risposta Richard alzò le mani in segno di resa.

-Ok, domanda sbagliata.

La domanda importante adesso è un’altra: che cosa facciamo adesso che abbiamo chiarito quello stupido malinteso e abbiamo finalmente ammesso di essere attratti uno dall’altro?

O meglio, che cosa vuoi fare? Perché io so benissimo cosa voglio- gli chiese voltandosi leggermente verso Albus nella speranza di incontrare il suo sguardo.

Albus sospirò, passandosi una mano tra i capelli spettinati.

-Non lo so- disse sincero.

L’attimo dopo sollevò leggermente il volto in modo da incontrare lo sguardo di Richard.

-Non sono la persona più emotivamente stabile al momento; i miei voti sono un disastro, credo di aver seriamente compromesso il mio rapporto con Michelle e ho paura di come mi comporterò una volta tornato a Hogwarts.

Sei davvero sicuro di voler stare vicino ad una persona così? -gli domandò sincero.

In risposta alle sue parole Richard posò la mano destra sul collo di Albus, accarezzando lievemente la mascella con il pollice, gli occhi affondati in quelli verdi dell’altro.

-Certo che lo voglio.

L’unica cosa che mi ha frenato finora è stata la mia insicurezza; ero certo che un ragazzo come te non avrebbe mai provato nulla per qualcuno come me.

Ora che so di avere una possibilità non me la lascio scappare Albus.

Il punto però è un altro Al: tu vuoi stare con me?

Dimentica tutto il resto: i tuoi voti, Michelle e quella massa di imbecilli con cui andavi in giro a Hogwarts.

Ti prometto che riusciremo a sistemare tutto, ma devi dirmi cosa vuoi.

Ho bisogno di sentirtelo dire- gli disse in tono rassicurante.

Albus restò in silenzio per qualche secondo, continuando a fissare il volto dell’amico chiaramente combattuto.

-Voglio provarci.

Ho passato anni a pensare a come sarebbe stata una possibile relazione tra di noi e…- disse infine.

Prima ancora che Albus avesse terminato il suo discorso, Richard attirò il volto di Al a sé grazie alla mano ancora stretta attorno al suo collo, portandolo alla sua altezza in modo da posare le labbra su quelle del Serpeverde.

Al contrario di quanto era successo poco prima, Albus rispose subito al bacio andando incontro alle labbra morbide di Richard sollevando a sua volta una mano fino a posarla sul retro del collo, le dita che sfioravano le punte dei capelli del Grifondoro.

Quando il baciò terminò, secondi o minuti dopo, Richard allontanò leggermente il volto da quello di Albus in modo da poter incontrare il suo sguardo e sorrise.

-Sai che prima o poi ti chiederò di raccontarmi nei minimi dettagli tutte le fantasie che hai avuto su di noi in questi anni? - gli disse in tono malizioso.

Albus ridacchiò e posò la fronte contro quella dell’altro, le dita che affondavano nei capelli di Richard desideroso di prolungare quel momento.

Una mano di Richard scivolò lungo la schiena ampia di Albus in un gesto rassicurante, portando il Serpeverde a posare la testa nell’incavo tra la spalla ed il collo.

-Ho combinato un casino dopo l’altro Rich- mormorò Albus.

L’attimo dopo le braccia di Richard si strinsero attorno alle spalle di Albus, attirandolo contro di sé.

-Andrà tutto bene Al.

Rimetteremo tutto a posto, te lo prometto- gli disse prima di posargli un bacio sulla tempia sinistra.

Tutto si sarebbe sistemato, ne era certo.

Ora erano insieme e niente avrebbe potuto fermarli.

 

________________________________

 

James dopo l’incontro con Harry Potter, camminò a lungo prima di ritornare a casa, ma se interrogato non avrebbe saputo dire dove fosse stato né come aveva fatto a tornare a casa.

La sua mente era in totale confusione, ancora focalizzata su ciò che era successo tra le quattro mura di una casa babbana.

Finalmente aveva incontrato suo padre.

Eppure, quell’incontro lo aveva lasciato pieno di amarezza e di rancore.

Si era aspettato una grande riappacificazione, delle spiegazioni che dessero conferma alle accuse che aveva formulato nella sua mente contro sua madre e Zabini durante le ultime settimane e invece si era dovuto ricredere su tutta la linea.

Aveva trovato un uomo completamente disinteressato ad una possibile riconciliazione con i propri figli e soprattutto, aveva visto crollare tutto ciò in cui aveva creduto negli ultimi dieci anni.

Era stato Harry Potter ad abbondonare la loro famiglia, arrivando a sbattere fuori di casa sua madre e a minacciarla di tenerla lontana dai propri figli; era stato sempre Potter a non cercare un contatto per tutti quegli anni malgrado avesse sempre saputo dove vivessero e avesse la possibilità di ristabilire un rapporto con lui ed Albus fin dal momento in cui era tornato in libertà.

Al contrario, aveva preferito costruirsi una nuova famiglia: una nuova moglie e due figli, sfruttando ciò che aveva imparato dagli errori fatti durante il primo matrimonio per vivere serenamente.

Che razza di uomo si comporta come aveva fatto Harry Potter?

Senza dimenticare il suo coinvolgimento nel rapimento di Prudence e tutto quello che era venuto dopo.

Ancora adesso, dopo ore dalla fine dell’incontro, James non riusciva a trovare una spiegazione logica; Potter aveva detto di essere stato spinto dai sentimenti che provava per la zia Hermione, ma quell’amore misto a gelosia poteva essere una motivazione valida per quello che aveva fatto?

Per un’istante, James si chiese come si sarebbe comportato suo padre se il piano ordito insieme a Weasley fosse andato a buon fine.

Cosa sperava di ottenere il grande Harry Potter dal rapimento di una bambina? Credeva veramente che se Prudence fosse scomparsa nel nulla insieme a Weasley lui avrebbe avuto una possibilità di convincere la zia Hermione a tornare sui propri passi abbandonando lo zio Draco e il gruppo dei Serpeverde, o addirittura di riuscire a farla innamorare di sé?

Doveva davvero avere un’alta considerazione di sé stesso, oppure una bassa considerazione della zia Hermione se era arrivato a pensare una cosa simile.

Di ritorno a casa, James si ritrovò a fare i conti con le proprie aspettative infrante e con la consapevolezza che un capitolo della sua vita si era definitivamente chiuso.

Aveva sperato tutta la vita di avere un rapporto con suo padre, ma a quanto pare il suo desiderio non si sarebbe mai realizzato.

Era ora di andare avanti… Ma come?

Chi era James Potter senza Harry Potter?

Per la prima volta si rese conto di quanto fossero vere le parole di suo fratello quando lo accusava di vivere di luce riflessa: aveva vissuto la propria vita nel culto di Harry Potter, comportandosi come credeva avrebbe fatto l’uomo, impostando la propria carriera scolastica come Potter nella speranza di seguire le sue orme una volta fuori da Hogwarts, arrivando ad assumere un comportamento indisponente verso alcuni professori soltanto perché una parte del suo cervello era certa che avrebbe compiaciuto suo padre.

Cosa gli restava di tutto questo?

La reputazione di studente svogliato, indisponente e sbruffone; l’immagine di un ragazzo socievole, il Re di Grifondoro, il primo a partecipare ad una festa o ad uno scherzo ai danni dei cosiddetti “secchioni”, ma senza un vero amico.

Almeno Potter poteva contare sull’amicizia indiscussa della zia Hermione e di Weasley.

Cosa sarebbe rimasto dei suoi sette anni a Hogwarts? Nulla che fosse degno di nota.

Tutto per colpa della sua idiozia e del suo desiderio di correre dietro ad un fantasma che non lo aveva mai voluto.

-Ehi! Non ti ho sentito rientrare-

La voce lo allontanò bruscamente dai propri pensieri e costrinse James a muovere lo sguardo per il salotto dove, fermo sulla soglia, trovò Blaise che lo fissava con aria guardinga.

James fissò in silenzio l’uomo per alcuni istanti prima di annuire.

-Sei solo? Albus non è con te? – gli domandò ancora Blaise.

In risposta, James si limitò ad alzare le spalle, sperando con quel gesto di mostrare tutto il proprio disinteresse per le sorti del fratello.

-Va tutto bene, Jim? Come è andato l’incontro con Harry? - chiese l’uomo, muovendo un paio di passi nella stanza.

James rimase immobile, muovendo velocemente lo sguardo per il salotto, incapace di trovare un pensiero coerente nel caos che imperava nella sua mente.

C’era una domanda insistente che iniziava a farsi spazio tra i suoi pensieri; una domanda che lo aveva accompagnato per i suoi vagabondaggi in giro per le strade babbane di Londra e che era riuscito a zittire brevemente una volta ritornato a casa.

Ora, con l’arrivo di Blaise, era tornata ad urlare violentemente nella sua mente, chiedendo di essere ascoltata e soprattutto di avere una risposta.

Una risposta che James non aveva e che probabilmente non avrebbe mai avuto.

Improvvisamente sentì un peso posarsi sopra la sua spalla destra; sorpreso James mosse lo sguardo e solo allora si rese conto che Blaise aveva approfittato del suo silenzio per avvicinarsi e per mettergli una mano sulla spalla in un gesto rassicurante.

-Jim, che è successo a casa di Potter? - gli domandò nuovamente Blaise.

Questa volta nella voce dell’uomo James avvertì chiaramente una nota preoccupata nascosta nel tono di voce calmo.

Il ragazzo fissò per qualche secondo la mano posata sulla propria spalla, prima di alzare lentamente lo sguardo sul volto di Blaise.

-Perché non mi vuole? -si sentì chiedere con voce spezzata.

L’espressione sul volto di Blaise cambiò all’istante passando dalla preoccupazione al dolore.

L’attimo dopo, attirato dalla mano ancora sulla sua spalla, James si ritrovò contro il torace dell’uomo, stretto in un abbraccio rassicurante.

Il primo abbraccio tra lui e Blaise in anni.

Fu soltanto in quel momento, il viso contro il maglione di Blaise, che James capì ciò che lo feriva maggiormente in tutta quella faccenda.

Aveva passato una vita ad aspettare Harry Potter, certo che una volta riuniti avrebbero avuto un meraviglioso rapporto, senza tener conto degli anni di lontananza.

Invece si era dovuto scontrare con la realtà.

Suo padre era andato avanti con la sua vita, accantonando lui e Albus neanche fossero un esperimento non riuscito: si era costruito una nuova famiglia, aveva due figli su cui riversava tutto l’amore e le attenzioni che erano state negate a lui e a suo fratello e quando quel giorno si era trovato davanti i suoi primogeniti non aveva minimante considerato l’idea di aprire la sua famiglia anche a loro, nonostante le sue affermazioni del contrario.

Suo padre aveva chiuso con il Mondo Magico e quindi anche con lui ed Albus.

L’incontro di quel pomeriggio sarebbe stata l’ultima volta in cui si trovava nella stessa stanza con Harry Potter.

Quando quella consapevolezza lo colpì in pieno, James credette di ricevere una mazzata in pieno petto e inconsciamente si accasciò sorretto dalle braccia forti di Blaise ancora strette attorno alla sua vita.

Senza rendersene conto, James iniziò a piangere: terribili singhiozzi che gli squassarono il petto e inzupparono il maglione dell’uomo.

-Sh… Andrà tutto bene James- lo confortò Blaise, una mano alla base del collo ad accarezzargli i capelli disordinati. -Si risolverà tutto, te lo prometto-

 

 

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UNA SETTIMANA DOPO

 

-Dobbiamo parlare-

Entrata nel settimo mese di gravidanza Prudence aveva deciso di diminuire il numero dei turni all’ospedale per non incorrere nei più rischiosi effetti collaterali che erano soliti presentarsi durante il terzo trimestre.

Aveva quindi diviso la propria attenzione tra la ristrutturazione della stanza che sarebbe diventata la camera del bambino e una ricerca medica che aveva sempre rimandato a causa del suo tirocinio.

Quel pomeriggio era seduta su divano del soggiorno con una tazza di tea deteinato circondata dai tomi medici ed il proprio portatile intenta a portare avanti la propria ricerca quando il silenzio della stanza era stato interrotto dall’arrivo di Sadie.

Fin dalla partenza di Scott, una settimana prima, Sadie aveva aumentato i propri turni in ospedale e ad un occhio esterno sarebbe apparsa completamente focalizzata sulla propria carriera e per nulla colpita dall’assenza dell’uomo.

Al contrario, agli occhi di Prudence, Sadie appariva triste e persa; era chiaro che sentisse terribilmente la mancanza di Scott e dei momenti che i due riuscivano a ritagliare per un breve scambio di battute nel caos ospedaliero ogni giorno ma, allo stesso tempo, Prue era consapevole che Sadie non avrebbe mai ammesso quella che considerava una debolezza preferendo tacere e mostrarsi distaccata.

Da sempre convinta che l’amore fosse una perdita di tempo, Sadie era solita tenere per sé i propri sentimenti, anche quelli più nocivi, fin quando Prudence non la costringeva a venire a patti con tutto quello che aveva represso fino a quel momento.

Prue era consapevole di non essere stata una buon’amica nell’ultimo periodo, persa dietro al proprio dramma familiare e ai preparativi per l’arrivo del bambino, ma si era ripromessa più volte nell’ultima settimana di costringere Sadie a fare i conti con i propri sentimenti per Scott e soprattutto con il dolore che la mancanza dell’uomo le provocava.

Quando Prudence vide comparire l’amica sulla soglia del soggiorno per un breve istante pensò che quest’ultima avesse trovato il coraggio di confidarle cosa provava in quel momento difficile, ma le sue supposizioni vennero prontamente smentite non appena Sadie entrò nella stanza subito seguita da Ben.

Osservando i due muoversi cautamente fin quando non furono fermi a pochi passi dal divano, Prudence si ritrovò a corrugare la fronte leggermente confusa.

-Va tutto bene? - domandò guardando ora uno ora l’altra.

Sadie lanciò uno sguardo veloce a Ben, che nel frattempo si era fatto spazio tra i libri di medicina sul divano per sedersi poco distante da lei, per poi fare un cenno d’assenso, quasi avesse bisogno di farsi coraggio.

-Dobbiamo parlare- ripeté la donna.

L’attimo dopo mosse il braccio destro, che fino a quel momento era rimasto nascosto dietro la sua schiena, e Prudence vide il diario di sua madre stretto tra le dita della mano destra dell’amica.

Per un breve istante fissò lo sguardo intento di Sadie senza parlare per poi annuire a sua volta e, con gesti meccanici, chiudere il proprio portatile sistemandolo poi insieme ai libri di medicina sul tavolino poco distante dal divano.

Nel frattempo, Sadie si era avvicinata ad una poltrona e si era seduta, l’agenda sempre stretta tra le dita e lo sguardo fisso su di lei.

Era arrivato il momento: finalmente avrebbe scoperto cosa si nascondesse nel suo passato.

Quando ebbe sistemato tutto, Prudence tornò a guardare gli altri due notando distrattamente come Ben le si fosse avvicinato per farle sentire la propria presenza ed il proprio supporto e di come il volto di Sadie avesse assunto un’espressione titubante.

-Sono pronta- disse semplicemente.

Sadie annuì, lanciando un veloce sguardo all’agenda tra le sue mani per poi prendere un respiro profondo.

-Prima di cominciare… So che me lo hai raccontato tante volte, ma ho bisogno che tu mi ripeta ancora una volta tutto quello che ti ricordi della tua prima infanzia- disse Sadie.

Prudence aggrottò la fronte a quelle parole.

Era una strana richiesta: Sadie aveva vissuto quei momenti insieme a lei, era presente in ogni momento importante della sua infanzia, quindi perché le stava facendo quella domanda?

-Sadie…- iniziò.

-Prue, fidati di me- la interruppe subito l’altra.

Prudence prese un respiro profondo e si inumidì le labbra prima di iniziare a parlare.

-Ricordo mia madre che ogni sera mi cantava “Blackbird” per farmi addormentare, le storie che papà mi leggeva prima di andare a dormire, le ore passate in cucina a preparare biscotti con Mrs. Lady.

Ricordo la prima volta che ci siamo incontrate e…- elencò.

-Ti ricordi qualcosa di più vecchio? Quando hai imparato a camminare? O se c’era qualcun altro oltre tua madre e lo zio Draco? -la bloccò nuovamente Sadie.

-Ti ho già detto mille volte che questi sono i primi ricordi che ho.

Oltre i miei genitori non c’è nessun altro- le disse come aveva già fatto molte volte in passato. –Dimmi cosa hai scoperto- la esortò lo sguardo fisso in quello dell’amica di sempre.

Sadie deglutì e lanciò un nuovo sguardo all’agenda che aveva tra le mani prima di aprirla con delicatezza conscia dello stato deplorevole in cui era dopo tutti quegli anni.

-Il nome del tuo padre biologico è Ron Weasley- disse finalmente Sadie.

Nonostante fosse a conoscenza da diversi anni che Draco Malfoy non era il suo vero padre quelle parole la colpirono come un pugno allo stomaco e le mozzarono il fiato per qualche istante.

Inconsciamente allungò una mano sul divano verso Ben e trovò subito quella dell’uomo pronta a stringerla e ad intrecciare le dita alle sue per farle sentire tutto il suo supporto.

-Ron Weasley- ripeté Prudence, quasi avesse bisogno di abituarsi a quel nome. –Perché mi suona familiare? - domandò senza rivolgersi a nessuno in particolare.

-Perché lo hai letto sui libri di Storia della Magia- le rispose Sadie.

Ancora una volta Prue aggrottò la fronte confusa, cercando di recuperare le nozioni di vecchie lezioni di Storia della Magia finché non capì a cosa si riferisse Sadie.

-Era insieme a mia madre e a Harry Potter durante la Seconda Guerra Magica.

Ha combattuto contro Voldemort-

Sadie annuì.

-Lui e tua madre hanno anche distrutto un Horcrux insieme- confermò la donna.

Prue annuì.

-Ron Weasley… Quindi lui e mia madre erano insieme a Hogwarts e alla fine della guerra si sono sposati- ipotizzò la ragazza.

Sadie alzò le spalle.

-Sai bene quanto me che l’agenda riguarda l’anno in cui tua madre e lo zio Draco si sono sposati.

Quindi dovrai chiedere informazioni ai tuoi genitori al riguardo- le disse.

Ancora una volta Prudence annuì.

-Vai avanti- la esortò.

Sadie posò lo sguardo sulle pagine ingiallite dell’agenda e prese un respiro profondo.

-Ci sono due cose che devi sapere: la prima è che fin dalla prima pagina si capisce che il matrimonio tra tua madre e Ron Weasley non era felice.

Più volte lei si lamenta del fatto che sia un marito ed un padre assente, ma il modo in cui ne parla non è rabbioso bensì rassegnato.

Come se non potesse aspettarsi niente di diverso- raccontò Sadie.

-Non è da lei… Mia madre è una delle persone più forti e combattive che abbia mai conosciuto- commentò Prudence sorpresa.

Questa volta toccò a Sadie annuire.

-Concordo, infatti il suo atteggiamento ha stupito anche me.

Credo che lei fosse molto infelice ma non avesse la forza per cambiare la situazione.

Questa è l’unica spiegazione che sono riuscita a trovare- le disse.

Prudence sospirò, cercando di controllare i battiti leggermente accelerati del suo cuore e si accarezzò la pancia quasi a cercare ulteriore conforto dal bambino.

-Continua- disse poi.

-La seconda cosa importante è che lo zio Draco compare improvvisamente nella vita di tua madre- disse Sadie.

Per l’ennesima volta Prudence corrugò la fronte.

-Che vuoi dire? - chiese confusa.

In risposta, Sadie allungò cauta l’agenda aperta verso di lei in modo che potesse capire meglio le sue parole.

 

25 Maggio 2009
Ron non fa più parte della mia vita: non è più mio marito.
Ora appartengo a Draco Malfoy

 

Prudence rialzò lo sguardo e fissò ora Ben ora Sadie sempre più confusa.

-Che vuol dire? - ripeté nuovamente. – Mi stai dicendo che non c’è alcun riferimento a mio padre o ad una possibile relazione tra loro prima del 25 maggio? - domandò.

Sadie scosse la testa.

-Neanche l’ombra-

-Che intende quando dice “appartengo”? - domandò ancora Prue portando lo sguardo un’ultima volta sull’agenda prima di passarla di nuovo a Sadie.

Questa volta Sadie alzò le spalle.

-Non ne ho la minima idea.

Posso dirti però che nelle pagine successive tua madre è molto insicura, quasi spaventata, ogni volta che parla dello zio Draco e dei Serpeverde- le confessò Sadie.

-Stai scherzando? - domandò Prue incredula.

Sadie scosse la testa.

-La prima volta che tua madre ha incontrato la zia Daphne era fermamente convinta che lei e Draco avessero fatto un terribile errore a lasciarsi e che sarebbero stati perfetti insieme.

Inoltre, per qualche oscuro motivo, era piena di sensi di colpa verso mia madre e certa che tra loro non sarebbe mai potuta nascere un’amicizia.

Infine, se ho ben capito, lei e Blaise non si sopportavano affatto- concluse brevemente Sadie.

Prudence voltò lo sguardo verso Ben, sperando inconsciamente di vedere sul suo volto qualcosa che confermasse la sua idea che quello che stava succedendo era un assurdo scherzo messo in piedi dal compagno e dalla sua migliore amica, ma il volto serio e preoccupato dell’uomo le fece capire che purtroppo le parole di Sadie non erano altro che la verità.

-Quindi mi stai dicendo che il matrimonio dei miei genitori non è altro che una farsa? - le domandò cercando di non lasciarsi prendere dal panico.

Sadie scosse veementemente la testa.

-Certo che no! Come ti viene in mente?

Credimi, tua madre è molto innamorata dello zio Draco e ci sono alcune pagine qui dentro che non lasciano spazio ad alcun dubbio.

Sarà difficile non arrossire quando rivedrò i tuoi genitori…- aggiunse infine.

Prudence guardò nuovamente Ben e vide sul suo volto lo stesso imbarazzo che sembrava provare Sadie e, stranamente, quella consapevolezza la rassicurò.

-Continua- disse Prudence dopo aver preso un respiro profondo.

Sadie lanciò uno sguardo all’agenda e girò lentamente le pagine rovinate prima di rialzare lo sguardo.

-Con il passare dei mesi il rapporto tra i tuoi genitori cambia velocemente: come ti ho già detto all’inizio tua madre sembra quasi spaventata dallo zio Draco, ma dopo qualche settimana inizia a ricredersi e in più di un’occasione parla di quanto i sentimenti che prova verso di lui la mandino in confusione.

Fino a quando non scrive di essersi innamorata- racconta Sadie.

Per l’ennesima volta Prudence corrugò la fronte.

Senza parlare, Sadie le allungò nuovamente l’agenda in modo che potesse leggere da sola le parole scritte da sua madre.

 

"18 Luglio 2009
Una terribile consapevolezza mi ha colpito.
Sono innamorata di Draco!
Non lo so come è successo, quando è cominciato...
E adesso che faccio? Devo dirglielo o devo stare zitta?
E se glielo dicessi e lui non provasse la stessa cosa per me? Non avrei più il coraggio di guardarlo in faccia!"

-Aspetta un attimo! Non capisco… È stato scritto tre mesi dopo che i miei genitori si sono messi insieme.

Credevo che avessero una relazione clandestina mentre mia madre era sposata con Ron Weasley- disse Prudence chiaramente confusa da ciò che aveva appena letto.

Sadie restò in silenzio alcuni istanti.

-Se devo essere sincera, anche io non so cosa pensare.

Perché tua madre ha iniziato una relazione, cambiato completamente vita arrivando ad inimicarsi i suoi migliori amici se non per amore?

Eppure, da quello che c’è scritto qui sopra non è successo se non tre mesi dopo la comparsa dello zio Draco nelle vostre vite- commentò la ragazza.

Prue scosse la testa.

-Non è da mia madre… È la persona più romantica che conosco, non starebbe mai con un uomo che non ama- disse ancora.

-A meno di non essere costretta…- si intromise Ben.

Entrambe le ragazze puntarono lo sguardo sull’uomo, un identico sguardo incredulo dipinto sui loro volti.

-Costretta? - chiese Sadie.

-Stai insinuando che mia madre è stata spinta a fare qualcosa che non voleva? - domandò allo stesso tempo Prudence.

Ben scosse la testa.

-Non esattamente… Da quello che ho potuto capire leggendo il diario, tua madre era tremendamente infelice e in gravi condizioni economiche.

Fin quando non è comparso tuo padre.

Magari a spingerla ad andare con lui non è stato l’amore, ma il desiderio di allontanare sia sé stessa sia te da una vita infelice per entrambe.

Questo spiegherebbe la sua paura verso gli amici di tuo padre, la sua titubanza e anche perché ha capito di essere innamorata di tuo padre soltanto tre mesi dopo l’inizio della loro convivenza- spiegò Ben in tono pacato.

Prue restò in silenzio qualche istante, riflettendo sulle parole dell’uomo e suo malgrado, si trovò d’accordo con lui: sua madre avrebbe fatto qualsiasi cosa per i propri figli.

Forse quella volta si era spinta troppo oltre ma Prue non poteva negare, con il senno di poi che quella scelta fosse stata giusta.

Sempre più confusa, la ragazza sospirò.

-Chi lo avrebbe detto che i miei genitori avevano tutti questi scheletri nell’armadio? - commentò a mezza bocca. -C’è altro? – domandò l’attimo dopo.

Sadie annuì.

-Ora viene la parte difficile…-

A quelle parole, Prue si lasciò andare ad una risata nervosa.

-Quindi quello che mi hai detto finora era la parte più tranquilla? – le chiese incredula.

Ancora una volta, Sadie annuì prima di fissarla per qualche istante con uno sguardo serio.

-Mi stai facendo preoccupare…- disse Prudence, avvicinandosi inconsciamente a Ben sul divano.

Sadie sospirò e si passò una mano tra i capelli in un gesto nervoso.

-Ok… Quello che sto per dirti è molto difficile per me… È stato davvero doloroso leggere le parole di tua madre al riguardo e fin dal primo momento mi sono scervellata per cercare un modo indolore per raccontarti quello che è successo, ma credo non esista.

Quindi ho bisogno che tu mi ascolti attentamente ed in silenzio, perché ho paura di non trovare più il coraggio per raccontarti tutto se inizi a fare domande- le disse Sadie con voce calma e seria.

Prudence la fissò per qualche secondo, incredula, prima di annuire.

Sadie annuì a sua volta per poi prendere un respiro profondo prima di iniziare a parlare.

-Quell’anno i tuoi genitori trascorsero un mese in Italia e al loro ritorno, la zia Ginny chiese a tua madre di lasciarti partecipare ad una festa con i membri della famiglia Weasley.

All’epoca la zia Ginny era ancora sposata con Harry Potter.

Nonostante tuo padre non fosse d’accordo, tua madre decise di lasciarti partecipare a quella festa.

Ciò che tua madre non sapeva era che a quella festa sarebbe stato presente anche Ron Weasley- raccontò Sadie.

La ragazza si fermò per pochi istanti, posando brevemente lo sguardo sull’agenda che ancora aveva tra le mani prima di cercare gli occhi di Prudence.

-Durante un momento di distrazione, aiutato da Harry Potter, Ron Weasley ti ha portato via- le confessò.

Un’ espressione incredula si materializzò sul volto di Prudence.

Era impossibile… La zia Ginny non lo avrebbe mai permesso…

-Sei rimasta con Weasley per un mese.

I tuoi genitori in quel periodo fecero di tutto per ritrovarti e alla fine riuscirono a riportarti a casa.

Weasley però pose una condizione.

Ti avrebbe riconsegnato ai tuoi genitori soltanto in presenza di Ginny e di Potter, in un territorio che considerava neutrale.

Una volta lì…- si interruppe Sadie, incapace di trovare le parole adatte per raccontare all’amica di sempre quello che era accaduto.

-Cosa è successo? – domandò Prudence con un filo di voce.

Sadie aprì e richiuse la bocca un paio di volte, cercando il coraggio per raccontare ciò che era accaduto dopo il suo ritrovamento, ma invano.

Fortunatamente Ben le venne in soccorso.

-Una volta lì, Weasley ha cercato di violentare tua madre- disse con voce calma.

In stato di shock, Prudence scosse la testa ripetutamente, incapace di venire a patti con quello che le era stato appena raccontato.

Perché non ricordava nulla di quello che Sadie e Ben le avevano raccontato?

Davvero aveva passato un mese in compagnia del suo padre biologico?

Cosa era successo durante quei trenta giorni? Le aveva fatto del male?

Dove erano stati?

Distrattamente sentì il peso rassicurante delle braccia di Ben attorno alla sua vita, le sue mani che le accarezzavano la schiena nel tentativo di calmarla, ma la sua mente era immersa nei ricordi.

Ricordava quel mese passato in Italia: la spiaggia, il mare, i tentativi di suo padre di insegnarle a nuotare e la paura di sua madre per i metodi poco ortodossi usati dall’uomo.

Ricordava il ritorno a casa, con le facce rassicuranti di Mrs. Lady e Mr. Higgins pronti ad accoglierli.

Però non ricordava nulla di quello che Sadie le aveva raccontato.

C’era una sola spiegazione…

-Devono avermi fatto un incantesimo di memoria- disse con un filo di voce, lo sguardo perso nel vuoto.

Ben l’attirò a sé, facendole posare la testa su una spalla e posandole un bacio tra i capelli, in modo da farle sentire la propria vicinanza e rassicurarla allo stesso tempo.

-C’è altro? – domandò Prudence, tornando a guardare Sadie.

La ragazza annuì.

-Sei sicura di voler continuare? – le chiese preoccupata.

-Non credo che avrò la forza per affrontare nuovamente questa conversazione, quindi è meglio andare avanti- rispose Prue.

Sadie annuì.

-Come ha detto Ben, Ron Weasley ha cercato di far del male a tua madre ma fortunatamente è intervenuto tuo padre.

Ma ormai il danno era fatto…-commentò Sadie.

-Che vuoi dire? – chiese Prue, aggrottando la fronte.

-Tua madre aspettava un bambino- raccontò Sadie, incontrando lo sguardo dell’amica.

Immediatamente, gli occhi di Prudence si riempirono di lacrime e sopraffatta dalle emozioni la ragazza nascose il volto nell’incavo tra la spalla ed il collo di Ben.

-Da quello che scrive tua madre né lei né tuo padre ne erano a conoscenza, ma è stato un duro colpo per entrambi-

-Che fine ha fatto Weasley? - domandò Prudence senza allontanare il viso dal suo nascondiglio.

-Lui e Potter sono stati processati e condannati.

Potter ha avuto una pena ad un anno di carcere per il ruolo avuto nel tuo rapimento.

Weasley, invece, è stato condannato a quindici anni ad Azkaban sia per il tuo rapimento sia per ciò che ha fatto a tua madre- concluse Sadie.

Dopo tante parole, nella stanza scese il silenzio.

Ora che finalmente sapeva la verità, Prudence si chiese come avevano fatto i suoi genitori a mantenere tutti quei segreti per tanti anni senza impazzire.

Come erano riusciti a superare tutte quelle difficoltà creando allo stesso tempo una famiglia senza che nessuno dei loro figli si accorgesse di nulla?

-Perché non ci hanno mai detto nulla? Perché tenere questo segreto per tutti questi anni?

Non sarebbe stato più semplice raccontarmi tutto quando ero adolescente? - disse Prudence senza rivolgersi a nessuno dei due in particolare.

-Forse avevano paura della tua reazione.

Si sa che l’adolescenza è il periodo in cui ci si ribella all’ autorità- commentò Sadie.

-No, credo che mi avrebbero tenuta all’oscuro di tutto se non fossi stata io a costringerli- ribatté Prue.

-Li biasimi? Sei sconvolta e sono sicuro che questo diario sia soltanto la punta dell’iceberg della relazione tra i tuoi genitori.

Non sarebbe stato meglio lasciarti vivere con la convinzione che il loro fosse un matrimonio perfetto, senza segreti oscuri? - le disse Ben, cercando di aiutarla a vedere anche il punto di vista dei suoi genitori.

Prue scosse la testa.

-No, perché non è la verità.

Perché quello che ho avuto davanti agli occhi per vent’anni è stata una farsa! - replicò brusca.

-Prue, cerca di calmarti…- la interruppe Sadie. -Sai benissimo che non è vero e te ne renderai conto una volta letto il diario di tua madre…-

-Che senso ha leggere il suo diario adesso? - le domandò a sua volta Prue.

-Ti servirà a capire che quello tra i tuoi genitori è un vero matrimonio, che entrambi sono davvero pazzi l’uno dell’altra e soprattutto perché tuo padre vuole che tu lo faccia.

Devi sapere cosa c’è scritto qui dentro prima di poter giudicare il loro matrimonio e soprattutto devi parlare con tuo padre.

Soltanto lui può darti le risposte che cerchi- concluse Sadie con voce ferma.

Prudence sospirò, consapevole che l’amica aveva ragione.

Lentamente allungò una mano verso Sadie e l’attimo dopo sentì il peso leggero del diario tra le dita.

Abbassò lo sguardo sull’agenda rovinata e sospirò nuovamente, spaventata dai nuovi segreti che sicuramente si nascondevano tra le pagine scolorite.

Era venuto il momento di conoscere la verità sui suoi genitori.

 

_______________________________

 

 

 

-Ancora non capisco come hai fatto a convincermi-

Mancavano pochi giorni al ritorno ad Hogwarts. Quel half-term era volato così velocemente che Albus quasi non si era reso conto dei giorni che passavano inesorabili.

Eppure, tante cose erano successe in quelle due settimane…

Lo scontro tra James e sua madre il primo giorno aveva sicuramente fatto capire che quella non sarebbe stata una vacanza noiosa e le rivelazioni scioccanti di sua madre e l’incontro che ne era seguito pochi giorni dopo lo avevano confermato.

Molti al suo posto, sarebbero rimasti sconvolti dall’ incontro con suo “padre”, il primo dopo quindici anni, ma trovarsi faccia a faccia con Harry Potter in Albus non aveva sortito nessun effetto.

Forse aveva soltanto confermato quella sensazione che lo accompagnava ormai da anni: non c’era nulla che lo legasse al Salvatore del Mondo Magico, se non un cognome e parte del suo patrimonio genetico.

Durante quell’incontro Albus aveva avuto la percezione che anche Harry Potter condividesse il suo punto di vista, nonostante più volte avesse sostenuto il contrario e non lo avesse espresso apertamente: la vita dell’uomo era un’altra, completamente diversa da quella che vivevano lui e James e, anche se non era stato detto apertamente, in quella nuova vita non c’era spazio per i due ragazzi.

Alla fine di quell’incontro Albus si era sentito decisamente più sollevato, consapevole di aver finalmente chiuso un capitolo della propria vita e di poter portare avanti il proprio progetto di diventare ufficialmente uno Zabini senza alcun rimorso.

Dopo il grande incontro- scontro con Harry Potter, c’era stato l’incontro con Richard… ma fortunatamente quest’ultimo aveva avuto un esito decisamente diverso.

Chi lo avrebbe mai detto che Richard ricambiava i suoi sentimenti?

Quando si era presentato a casa di Richard, Albus non immaginava minimamente che un paio d’ore dopo si sarebbe ritrovato sdraiato sul letto dell’amico, né che avrebbe baciato per la prima volta un ragazzo, né tantomeno che Richard ammettesse di provare qualcosa per lui o addirittura che accettasse di diventare il suo ragazzo.

Dopo il primo momento di panico ed il chiarimento con Richard, Albus si era dato dell’idiota mille volte: come aveva potuto pensare che l’altro provasse qualcosa per James? Come aveva fatto a fraintendere le sue parole a tal punto da non capire che l’oggetto del desiderio dell’amico era proprio lui?

A seguito di quell’incontro, Richard non lo aveva lasciato solo neanche un attimo.

Ogni giorno si era presentato alla sua porta pronto per aiutarlo a rimettere in sesto la situazione disastrosa dei suoi voti, studiando insieme a lui e dandogli una mano a recuperare tutte le lezioni perse durante le ultime settimane.

Inoltre, il Grifondoro lo aveva convinto che era venuto il momento di fare ammenda per tutti gli errori commessi nell’ultimo periodo.

Ecco perché ora i due ragazzi si trovavano a poca distanza dalla Malfoy House.

-Perché non riesci a negarmi nulla? - rispose Richard con una vena ironica nella voce.

Albus alzò gli occhi al cielo in risposta.

-Oppure perché sai anche tu che è la cosa giusta da fare…e che hai perso anche troppo tempo- aggiunse l’attimo dopo il Grifondoro.

Albus smise di camminare e si fermò al centro del marciapiede, sospirando demoralizzato.

L’attimo dopo Richard fu di fronte a lui e incrociò lo sguardo di Al.

-Che faccio se non vuole parlarmi? – chiese Al lasciando trasparire la sua paura più grande.

Richard alzò le spalle e gli posò una mano sull’avambraccio destro.

-Torneremo domani. Ed il giorno dopo ancora. E quello dopo ancora. Finché Michelle non sarà costretta ad ascoltarti e tu non ti sarai sorbito la sua ramanzina e le sue urla- rispose sereno l’altro.

Albus accennò un sorriso.

Richard fece un passo verso di lui e lo fissò di sotto in su.

-Andrà bene… Anche se oggi Michelle decidesse di sbatterci la porta in faccia, sarà un primo passo per rimettere a posto il vostro rapporto.

Pensa a quello che è successo tra me e te: se non ti fossi deciso a dirmi cosa ti passava per la testa saresti ancora convinto che io sono pazzo d’amore per James- gli disse alzando entrambe le sopracciglia in un gesto ironico.

Ancora una volta, Albus alzò gli occhi al cielo: fin da quando si erano chiariti, Richard non perdeva occasione per prenderlo bonariamente in giro per quell’errore.

-Non mi permetterai mai di dimenticare quell’errore, vero? – gli domandò Albus.

-Assolutamente no. Neanche quando saremo due vecchi pieni di rughe- concordò Richard, in tono sarcastico. -Devi raccontarle che cosa ti ha fatto andare fuori di testa- aggiunse il Grifondoro, tornando all’argomento principale.

Ancora una volta, Albus annuì.

Per cercare di rassicurarlo, Richard si alzò sulle punte dei piedi e gli posò un bacio lieve sulle labbra.

Cercando di prolungare quel momento, Albus posò una mano sulla schiena del Grifondoro avvicinandolo a sé, ricambiando il bacio.

-Sei pronto? – domandò Richard una volta tornato con i piedi per terra.

-No, ma non importa- rispose Al alzando le spalle.

Di nuovo uno di fianco all’altro, i due ragazzi fecero i pochi metri che li dividevano dalla Malfoy House.

Quando si ritrovarono di fronte alla porta, Richard guardò Albus in attesa che l’altro bussasse, ma quando si rese conto dell’atteggiamento titubante del Serpeverde, Richard alzò gli occhi al cielo e, afferrato il battente di ferro, bussò due volte.

Restarono in attesa per pochi istanti ma, quando la porta si aprì, Albus restò sorpreso dalla persona che si parò loro davanti.

-Jeremy…- lo salutò con un’espressione incredula sul volto.

Spostando lo sguardo da Richard ad Albus, Jeremy lo fissò per alcuni secondi in silenzio prima che sul suo volto si disegnasse un’espressione che sul momento Albus non riuscì a identificare.

-Ciao Albus- rispose Jeremy l’attimo dopo.

Questa volta toccò a Richard muovere velocemente lo sguardo dall’ uno all’altro approfittando del silenzio, prima di lasciarsi andare ad un sospiro frustrato.

-Sarà meglio che faccia io le presentazioni… Se aspetto che ci pensi Al, restiamo qui fino a stasera- commentò. -Ciao, io sono Richard, un amico di Albus. Tu invece? –

Jeremy portò nuovamente lo sguardo sul Grifondoro e sembrò riscuotersi dal torpore momentaneo che lo aveva colto.

-Jeremy. Sono un amico di Michelle- disse poi tendendo la mano verso Richard.

-Da quando? - commentò Albus, incapace di nascondere la propria sorpresa.

Richard si voltò leggermente verso il Serpeverde e gli lanciò un lieve sguardo di rimprovero.

-Tu meglio di chiunque altro dovresti saperlo come cambiano velocemente le cose- commentò sibillino.

-Cercavamo Michelle. È in casa? - domandò poi tornando a voltarsi verso Jeremy.

Il Serpeverde annuì e si spostò per lasciar entrare in casa i due ragazzi, chiudendo poi la porta alle loro spalle.

-È andata in cucina per preparare dei panini- aggiunse poi.

-Perfetto! Iniziavo ad avere un certo appetito- commentò Richard, togliendosi la giacca e sistemandola su uno dei ganci sistemati alla parete vicino alla porta.

Nel corridoio scese un silenzio imbarazzato, per nulla aiutato dalla disposizione positiva di Richard; Albus era visibilmente teso per l’imminente incontro con Michelle e Jeremy per qualche strano motivo era teso per la presenza di Albus.

A rompere quel momento d’imbarazzo ci pensò Michelle, che comparve improvvisamente sulla soglia della cucina alla fine del corridoio.

-Jamie! Ho bisogno di una…-iniziò, bloccandosi non appena vide i nuovi arrivati.

Lo sguardo di Albus si posò immediatamente sull’amica, catalogando le differenze avvenute nelle settimane di lontananza: anche se avevano vissuto insieme ad Hogwarts, Al aveva cercato di evitarla il più possibile, specialmente dopo il loro litigio.

Quando la ragazza fu a metà del corridoio, Albus si fece avanti andandole incontro, consapevole che questa volta sarebbe toccato a lui affrontare per primo il discorso.

-Ciao El…- la salutò con voce cauta.

Tutto nel suo aspetto, dallo sguardo penitente alle spalle basse, dimostrava il suo pentimento e un atteggiamento non aggressivo.

-Non mi aspettavo di vederti qui Al…-rispose Michelle, senza staccare lo sguardo dal ragazzo.

Albus annuì per poi passarsi una mano tra i capelli spettinati.

-Lo so… Sarei dovuto venire a parlarti settimane fa- disse abbassando momentaneamente lo sguardo.

-Per dirmi cosa? -lo incalzò Michelle.

Albus sospirò per poi riportare lo sguardo sull’amica di sempre.

-Per chiederti scusa-

A quelle parole, Michelle aggrottò le sopracciglia ed un’espressione determinata comparve sul suo volto.

-Tutto qui? Credi che bastino le tue scuse per far tornare tutto come prima? - gli domandò facendo i pochi passi che la separavano da Albus e fermandosi di fronte al Serpeverde.

Albus scosse la testa più volte.

-Lo so, lo so… Sono stato un coglione…-

-Soltanto? Sei stato crudele…Mi hai riso in faccia quando ho cercato di aiutarti!

È questo il tuo concetto di amicizia? - gli domandò ancora Michelle.

Albus scosse la testa, pronto a rispondere alle accuse, ma la ragazza non gliene diede tempo perché lo colpì improvvisamente sull’ avambraccio destro con il palmo aperto della mano sinistra.

-Sei scomparso dalla mia vita! Hai preferito circondarti di persone inutili piuttosto che parlarmi di quello che ti stava succedendo… Ti rendi conto di quanto sei coglione? - gli domandò colpendolo nuovamente.

-Hai perfettamente ragione…- disse Albus tra un colpo e l’altro, senza tentare di coprirsi.

-Io non voglio avere ragione! E non voglio neanche le tue scuse! Non so che farmene! - ribatté Michelle continuando a sferrare colpi sul torace e sulle braccia.

Albus lasciò che Michelle lo colpisse ancora per qualche istante, prima di posare le sue mani grandi sulle spalle della ragazza.

I suoi occhi verdi cercarono di incontrare quelli di Michelle, ma la ragazza si rifiutava ostinatamente di alzare lo sguardo su di lui.

Cercando di farsi coraggio, Albus prese un respiro profondo.

-Sono stato un coglione. Non c’è altro modo per definire il mio comportamento.

Ho avuto paura…. Mi è crollato tutto addosso e non ho saputo affrontare la situazione- iniziò.

-È colpa di James, non è vero? - gli domandò Michelle.

Albus annuì.

-James si era messo in testa di cercare Harry Potter…Ma non è stata soltanto colpa sua.

Anche Richard ha le sue colpe…-aggiunse Albus.

-Ehi! Io non ho nessuna colpa dei tuoi film mentali! - s’intromise prontamente il Grifondoro, attirando l’attenzione dei due ragazzi su di sé.

Quelle parole strapparono un sorriso divertito ad Albus ed ebbero l’effetto di spostare lo sguardo di Michelle sul volto di Al.

-Avrei dovuto parlartene, lo so, ma in quel momento ho pensato che fosse meglio non coinvolgerti…E visto quello che ho scoperto in seguito, forse è stata la scelta migliore.

Ciò non giustifica quello che ti ho detto…

Sono stato crudele, hai perfettamente ragione, e non pensavo affatto quello che ti ho detto.

Cercavo un modo per ferirti e per far sì che ti allontanassi da me-

-Beh, ci sei riuscito- commentò amareggiata Michelle.

Albus annuì nuovamente.

-Lo so, ho sbagliato… Non dimenticarti che ho appena ammesso di essermi comportato come un coglione.

Però, lasciami spiegare perché l’ho fatto. Ti chiedo solo questo. Poi se non avrai cambiato idea, io e Richard ce ne andremo e tu potrai riprendere il tuo appuntamento con Jeremy- le disse.

Michelle alzò gli occhi al cielo alle sue parole, facendo nascere un sorriso ironico sulle labbra del Serpeverde.

-Mi dirai la verità? -gli domandò poi Michelle.

Albus annuì.

-Non posso raccontarti tutto, ma ti prometto che tutto ciò che ti dirò sarà la pura verità-

Per alcuni istanti, Michelle lo fissò in silenzio, valutando le sue parole e la sincerità che traspariva chiaramente nello sguardo di Albus.

Cosa si nascondeva dietro le parole sibilline di Albus? Cosa era successo di così sconvolgente settimane fa da provare una reazione simile in una persona equilibrata come Albus?

Era pronta ad ascoltarlo e a dargli una seconda possibilità?

Michelle si lasciò andare ad un sospiro e sollevando la mano destra la strinse nel tessuto verde della felpa di Albus, all’altezza del torace.

-Sei un idiota- gli disse.

L’attimo dopo lo attirò a sé e si rifugiò nell’abbraccio di Albus che prontamente le strinse le braccia attorno alla vita, sollevandola leggermente da terra.

Le braccia strette attorno alle spalle larghe e muscolose di Albus, Michelle nascose il volto nell’incavo tra la spalla sinistra ed il collo e, consapevole che Al non l’avrebbe mai lasciata cadere, sollevò le gambe e le strinse attorno ai fianchi del ragazzo.

-Sei uno stupido idiota! – Michelle mormorò nuovamente contro il collo di Albus.

Sentì il sorriso di Albus contro la pelle della spalla destra e istintivamente aumentò la stretta delle braccia.

-Lo so…Non hai idea di quanto mi sento in colpa per come mi sono comportato- mormorò a sua volta Albus, prima che una mano grande iniziasse ad accarezzarle la schiena in un gesto rassicurante.

Di fronte a quella scena, preludio di una lunga conversazione che avrebbe portato ad una riconciliazione, Richard sospirò prima di lanciare uno sguardo a Jeremy: se il Grifondoro non aveva nessun timore per l’abbraccio tra Albus e Michelle, lo stesso non poteva dirsi del Serpeverde, che osservava i due con un’espressione preoccupata.

Il ragazzo aveva chiaramente bisogno di un aiuto.

-Ok, è davvero tutto molto romantico, ma ora se non vi dispiace io e Jeremy andremmo in cucina a prendere quei panini.

Visto che la situazione vada per le lunghe, tanto vale fare uno spuntino- commentò Richard, prima di passare accanto ai due ragazzi seguito poco dopo da Jeremy che lo seguì esitante.

Quando furono in cucina, Richard si voltò leggermente verso Jeremy e lo fissò.

-Non preoccuparti, imparerai a farci l’abitudine- disse ancora Richard cogliendo l’espressione perplessa che ancora non aveva abbandonato il ragazzo.

-Tu dici? - domandò Jeremy incerto?

Richard annuì.

-Assolutamente. Te lo dico per esperienza: anche io ho creduto che tra loro ci fosse qualcosa di più oltre l’amicizia, nonostante le rassicurazioni di entrambi- confidò mentre si avvicinava al bancone dove Michelle aveva lasciato i piatti in cui aveva sistemato i panini.

-Allora come fai ad essere sicuro che non sarà di nuovo così una volta che avranno fatto pace? – chiese ancora Jeremy.

Un sorriso malizioso apparve sul volto di Richard e lo portò ad allontanare lo sguardo dal Serpeverde.

-Beh, senza entrare nei dettagli, posso confermarti che tutto quello che Michelle ed Albus mi hanno detto in questi anni è vero.

Non c’è nulla tra loro, né c’è mai stato.

Quindi puoi stare tranquillo… Anche perché d’ora in poi ci sarò io a distrarre l’attenzione di Albus- aggiunse Richard, sollevando le sopracciglia in un’espressione ironica.

Le labbra di Jeremy si distesero in un sorriso divertito prima che il ragazzo annuì brevemente.

-Forza, portiamo questa roba di là e cerchiamo un film in tv che ci tenga occupati per le prossime ore- commentò Richard, prendendo uno dei piatti.

L’attimo dopo Jeremy lo imitò ed i due ritornarono verso il salotto, trovandolo vuoto.

Si prospettava una lunga attesa…

 

___________________________________

 

 

Aveva passato ore a leggere il diario.

Quelle pagine, così piene dello spirito e delle sensazioni di sua madre, l’avevano costretta più volte ad interrompere la lettura, travolta dalla marea di emozioni che la donna era riuscita a riversare anche in poche parole.

L’immagine di Ron Weasley era ancora oscura: nonostante il suo nome fosse presente fin dalla prima pagina del diario, Prudence ne aveva ricavato l’immagine di un fantasma.

Un uomo che non era mai presente, che sporadicamente ritornava a casa dalla moglie e dalla figlia e che non sembrava minimamente interessato alla vita della donna e della bambina.

Sapeva di non poter essere obiettiva nel proprio giudizio, visto che stava formando la propria idea di Weasley sulle parole di sua madre, una donna che in quel momento viveva accanto ad un uomo assente e, pertanto, era piena di rancore e di rabbia; malgrado ciò, era difficile credere che la persona di cui parlava sua madre fosse la stessa di cui aveva letto sui libri di Storia della Magia.

Cosa era successo per far sì che uno degli eroi della Seconda Guerra Magica, un uomo che avrebbe potuto avere tutto e vivere di gloria riflessa per tutta la vita, diventasse un uomo meschino, perso dietro al vizio del gioco?

Anche l’immagine che aveva di sua madre ne era uscita cambiata dopo la lettura del diario.

Era difficile conciliare l’immagine di donna forte e caparbia che era sempre stata un esempio per lei con la donna rassegnata che scriveva all’inizio del diario prima e con quella spaventata che era comparsa dopo l’incontro con suo padre ed i Serpeverde in seguito.

Prudence non riusciva a spiegarsi tutta quella paura: perché sua madre, una donna che aveva affrontato Voldemort senza alcuna titubanza, si ritrovava ad aver paura di un gruppo di Serpeverde? In particolare, Pansy e Daphne, le due donne che sarebbero diventate alla stregua di sorelle.

C’erano molte cose che non capiva in quel diario: il rapporto tra i suoi genitori, in primis, la lasciava perplessa.

Quando avevano iniziato a frequentarsi? Perché sua madre non aveva scritto nulla su suo padre fino al 25 Maggio, il giorno in cui si erano trasferite alla Malfoy House?

Perché mantenere il segreto sulla relazione anche nel proprio diario?

Eppure, i conti non tornavano… Sua madre e conseguentemente lei, si erano trasferite a maggio, ma sul diario era scritto chiaramente che soltanto a luglio la donna aveva capito di essere innamorata di suo padre.

Allora perché, se non per amore, aveva deciso di lasciare Weasley e seguire suo padre?

Un’altra cosa su cui aveva bisogno di chiarimenti era il suo rapimento.

Prudence non aveva alcun ricordo di quel mese passato con Weasley, né degli eventi che avevano portato sua madre in ospedale.

Possibile che le avessero fatto un incantesimo di memoria? Se così era, perché avevano preso quella decisione?

Avevano paura che il ricordo di Weasley la confondesse? O, forse avevano paura che potesse favorire quello che successivamente era successo, ovvero la scoperta della vera identità di Weasley?

Dopo aver letto il diario Prudence aveva passato ore a rimuginare su tutto quello che aveva letto, cercando di assimilare quella marea di informazioni, ma ogni volta un nuovo interrogativo la portava a sviscerare nuove parti del diario per cercare di trovare un senso ai mille segreti dei propri genitori.

Era una strada senza uscita…Prudence era consapevole che non sarebbe mai riuscita a trovare una risposta ai mille interrogativi da sola.

Per questo motivo era ferma da cinque minuti sul marciapiede opposto alla Malfoy House.

Aveva bisogno di risposte, ma non riusciva a trovare il coraggio per fare i pochi passi che la separavano dalla porta principale.

-Se non te la senti possiamo tornare a casa-

Prue si voltò verso destra e incontrò lo sguardo preoccupato di Ben, fermo accanto a lei.

Quando aveva deciso che era venuto il momento di parlare con suo padre, Prudence si era resa conto che non sarebbe stata capace di affrontare quella conversazione da sola; per questo aveva chiesto a Ben di accompagnarla, certa che, in caso contrario, l’uomo avrebbe passato tutto il tempo in cui lei era alla Malfoy House a preoccuparsi per lei e per le ripercussioni che quella conversazione poteva avere sul bambino.

-Non possiamo tornare a casa…Ho bisogno di sapere- rispose con voce lieve Prue.

Ben annuì e strinse la mano sinistra nella sua, cercando di infonderle coraggio.

Dopo aver preso un respiro profondo i due attraversarono la strada e fecero i pochi metri che li dividevano dalla Malfoy House, bussando finalmente alla porta principale.

Era ora di scoprire la verità sul proprio passato e sui suoi genitori.

 

 

 Salve a tutti! Bentornati ^_^

Scusate se ci è voluto più del solito per postare questo capitolo ma sono ricominciate le lezioni all'università e quindi ho meno tempo per scrivere xD

Finalmente è venuto il momento tanto atteso: Prudence scoprirà la verità sui suoi genitori ed il loro matrimonio.

In questo capitolo ho inserito e fatto riferimento al diario di Hermione; se volete saperne di più di consiglio di leggere/ rileggere il capitolo 32( "Dear Diary") de "Il pagamento di un debito".

Il prossimo capitolo, infatti, sarà incentrato sulla conversazione tra Draco e Prudence, e vedremo "Il pagamento di un debito" dalla punto di vista di Draco.

Il titolo e la frase ad inizio capitolo sono tratti da "Tell me" di Johnny Jewel.

Ringrazio tutti coloro che leggeranno e recensiranno questo capitolo e, come sempre, chiedo scusa per eventuali errori di battitura e/o ortografia.

Ed ora i ringraziamenti:Earane(Benvenuta! Grazie per i complimenti! ^_^ Se devo essere sincera, molte volte mi maledico da sola per la mia capacità di incasinarmi la vita con 1000 personaggi o linee narrative...Alle volte è capitato di arrivare in un punto morto e non riuscire più a portare avanti una storia ma, come in questo caso, quando tutto scorre liscio è una grande soddisfazione ^_^ Ammetto che Hermione è meno presente di Draco in questa FF, ma è stata una scelta parzialmente voluta, perchè la prima FF era quasi tutta incentrata sul suo POV e quindi in questo seguito ho voluto dare spazio a Draco e agli altri personaggi, ma presto tornerà anche lei).

Bene, per il momento è tutto, io vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo...

"Once upon a time in Hogwarts"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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