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Autore: Servallo Curioso    01/08/2009    1 recensioni
Ham è un dio che vive in un pantheon fatto di ruoli assurdi. Lui, comunque, si sente costretto a quel ruolo fatto di studio e ricerca; privo di azione, fama ed esperienza. Non è capace di accettare la sua natura così impulsiva e sognante, all'opposto del suo ruolo: l'archivista che passa l'eternità nelle sue stanze. Conosce gli dei, conosce la storia, conosce qualsiasi cosa scritta fino a quel momento: ma non conosce il brivido di provare quelle avventure tanto sognate sulla propria pelle. Quando l'occasione finalmente si presenta, Ham, capisce di non essere adatto a quel genere di storie: quelle con l'azione, la paura della morte e il fragore delle armi di sfondo. Questa volta, però, non potrà decidere di ritirarsi: è scoppiata la guerra.
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 26 – Fate silenzio, prego.

Arrivai infine notando Sakroi e Jester.
Non si accorsero di me, erano troppo impegnati a fare altro: combattere.
Il dio chiese pietà, proteggendosi il volto con le mani, ma lei non lo ascoltò. Lo scettro cadde violentemente contro Jester, con una forza esagerata.
Quanto tempo era che Sakroi aspettava quel momento?
Il corpo mascherato di lui cadde su un lato, immobile. Il cranio era stato probabilmente fracassato dall'impatto.
Tremai inorridito, spaventato da tanta freddezza. Pensai che con Ham lei avesse usato la stessa mossa, la stessa espressione seria e adirata. Nessun rimorso.
Per levarmi quei pensieri dalla testa avanzai, senza ragionare sulle conseguenze.
Ero nel corridoio centrale: davanti a me lei e oltre la stanza circolare.
Sakroi!” gridai con forza. Lei non si voltò, rimase immobile. Sarebbe stato inutile, comunque, poiché era cieca. Ciò che mi stupì fu il suo volto, puntato verso la propria destra, come un cane che ha sentito la preda.
Stava indicando qualcuno, lo stava scrutando. Chiunque fosse si trovava nel corridoio perpendicolare a quello centrale, la stessa strada che conduceva a quello occidentale. Se mi fossi affacciato all'incrocio delle strade l'avrei visto.
Lei volse tutto il corpo in quella direzione, ignorandomi.
I suoi capelli lunghi dondolarono un poco accarezzandole le spalle. Non avevo tempo da perdere, era lei la mia nemica. Dovevo salvare chiunque si trovasse lì.
Non mi mossi, però, poiché si scambiarono delle battute interessanti. Serpentine e rapide riuscirono a paralizzarmi.
Percepii in lei qualcosa di nuovo. Era come se possedesse una innaturale calma acquisita all'improvviso. La rabbia, la furia era tutta stata incanalata in una direzione completamente diversa.
Non doveva distrarsi.
Il dio che non riuscivo a vedere disse: “Sakroi, colei che difende strenuamente il Grande Padre. Temeraria come sempre. Perché non ti fai da parte e mi lasci passare?”. Lo riconobbi.
Folle. Prenderò la tua vita come pegno di tutto questo”. Era stata fredda, distaccata e decisa.
Impulsivamente scattai in avanti, avvicinandomi alla dea.
Ora potevo dire di essere confuso.
Arone mi sorrise e mi salutò gentilmente, come se la faccenda lo toccasse appena.
Dentro la mia testa si creò nuovamente il disordine.
Ciao, Ham. Cosa fai da queste parti?”
Cosa diavolo stava succedendo?
Perché dentro di me, improvvisamente, una sicurezza venne meno?
Fatti da parte archivista. Questa è una faccenda che tu puoi solo osservare”. Suonò improvvisamente quella piccola campana che portava sullo scettro spingendomi di lato. Colui che però sembrò dover subire la spinta maggiore fu proprio Arone. Il pavimento davanti a lui si frantumò preannunciando il movimento d'aria ma il dio non si scostò.
Un sospiro. Un'onda di colore grigio creò qualcosa di simile a uno scudo che lo protesse dall'attacco. Alla fine quella tinta tornò liquida, accumulandosi ai piedi della divinità e assumendo un diverso colorito: rosso, così come tutto il corpo di Arone.
Era davvero interessante la sua tecnica.
Ammirai altri attacchi di Sakroi, che lanciava inutili onde utili a distruggere parte del corridoio, senza neppure sfiorare il dio. Lui si accarezzava i capelli e sistemava la sua corazza in una maniera che provocò l'impeto di Sakroi. Benché si contenesse, riuscii perfettamente a percepire la furia che il suo spirito stava liberando.
Prima che lo scettro vibrasse ancora, però, Arone schioccò le sottili dita. Quel grumo gelatinoso di tintura ai suoi piedi, che fino a quel momento si era limitato a difenderlo, si mosse verso la dea.
Rapido come una freccia si schiantò ai piedi di Sakroi, esplodendo in una pioggia di goccioline turchesi.
Il suono della campana, le gocce che si trasformano in proiettili e schizzano verso di lei da ogni direzione, lo scudo di sola aria che si espando attorno a lei, difendendola.
Tutto era veloce: come nella migliore delle esibizioni.
Non colsi tutti i loro movimenti, ma mi stupii. Due divinità come loro non erano solite muoversi durante un combattimento.
Chi era il mio nemico?
Un tonfo. Il corpo di Sakroi sbattuto contro una parete. Scivolò a terra priva di sensi, ora lui la aveva in pugno. Era pronto a fare la mossa decisiva, ma mi costrinsi a interromperlo.
Fermo!” urlai attirando la sua attenzione.
Fino a quel momento mi aveva ignorato. Il suo volto si indirizzò verso di me.
Ham. Cosa c'è?”. Mi chiesi se davvero mi aveva posto quella domanda.
Con fare tranquillo abbandonò il suo giocattolo e iniziò a passeggiare verso di me.
Voglio che tu la lasci stare”.
Ma lei mi ha attaccato, hai visto?”
Tu hai architettato tutto questo” riuscii a balbettare.
Lui per rispondermi allungò il proprio braccio verso di me. Sul suo volto si impresse un ghigno compiaciuto. “Leggi”. Io obbedii.
Afferrai il suo polso e mi ritrovai sommerso da pensieri. Non capii perché Arone mi avesse aperto così la sua mente, ma successivamente mi fu chiaro. Leggendo dentro di lui trovai la risposta: il gusto di sapere. È giusto che tutti sappiano quello che sta accadendo, anche se devono morire.
Così la pensava lui.
Lessi moltissime cose anche parti che avrei evitato. Il metodo con cui aveva convinto Raffaella a unirsi a lui era stato spregevole: poiché l'aveva ammaliata e illusa. Anche Elian era stata vittima del suo fascino, ma presto era diventata troppo ribelle per poter essere controllata completamente.
Lessi il perché di questa guerra: la quiete.
Lui era un amante della tranquillità e il pantheon era un'accozzaglia di volti, ruoli e caratteri che creavano un gran caos. Lui voleva riportare l'ordine. Certo: aveva anche dei piani di dominio, ma alla fine credo che avrebbe lasciato il mondo a se stesso crogiolandosi nel silenzio di un Palazzo ormai deserto. Nei suoi progetti c'era anche quello di bere il nostro sangue, il sangue di tutti gli dei per acquisire il potere completo.
L'onnipotenza che in origine era stata divisa tra noi figli.
Infine vidi Ham e la sua morte. Colto di sorpresa, all'improvviso.
Era stato un caso.
La mia fronte si corrugò quando lo capii e il ghigno di Arone si fece più grande.
Ham era morto per puro caso. Il dio dei colori non aveva in mente una vittima fissa, desiderava solo il sangue di un dio affinché incrementasse la sua forza ergendolo sopra gli altri fratelli. Il primo che aveva incontrato: l'archivista.
E Sakroi? Lei si era tolta gli occhi, colpevoli di aver visto quella disgrazia, donandoli al Grande Padre come ingrediente per la mia creazione. Non era intervenuta perché troppo debole e Arone ne era consapevole e contento. La dea non aveva detto a nessuno di ciò poiché non aveva prove reali e temeva per la sicurezza di tutti. Aveva rimuginato a lungo su una possibile vendetta progettando lo sterminio di tutti i possibili alleati.
Privo di essi lui non avrebbe mai agito, per quanto forte. Sarebbe rimasto nel silenzio dei boschi per l'eternità.
Strinsi la presa attorno al suo braccio ma lui reagì con uno sguardo provocatorio.
Cosa fai, Ham?”
Tu mi hai ucciso”
Tecnicamente non ho ucciso te: ma colui che c'era prima”. La sua pacatezza era irritante. “Ora lasciami. Non voglio ucciderti una seconda volta”. Si staccò da me, tornando verso Sakroi.
Io lo seguii rapido, bloccandogli la strada. “Cosa vorresti dire?”
Che ti lascerò vivere. Sai, non voglio averti sulla coscienza due volte, sai? Nessun rancore spero”. Terminò ironico arruffandomi i capelli. Bloccai la sua mano prima che si allontanasse e questa volta non ero assolutamente intenzionato a lasciarla.
Sei un pazzo”.
Non è gentile, Ham. Lasciami adesso” ordinò seccato.
Io non risposi quella volta, agii. Con un veloce gesto della mano sinistra, quella libera, gli lanciai contro un turbine di lame. Era troppo vicino e con una mano bloccata; io poi ero stato davvero troppo veloce.
Invece a un certo punto mi ritrovai ad afferrare il vuoto: lui era scivolato via. Quando il vortice finì lo vidi ad almeno quattro metri di distanza mentre capii che fino a quel momento avevo afferrato della pittura.
Non costringermi, Ham. Non vorrei...”. Non avrei ascoltato una parola di più.
Una nuova raffica, questa volta più vasta affinché non potesse neppure scappare.

Mi facevano male le gambe.
Il combattimento sembrava aver preso una piega inaspettata.
Arone riuscì a evitare qualsiasi attacco io avessi mosso contro di lui. Un portento, un maestro.
Ciò che mi stupì fu la sua controffensiva. Si muoveva pochissimo e le sue dita si limitavano a dondolare indirizzando i fiumi di tempera contro di me. Non c'era dubbio che si sforzasse al minimo, ma io dovevo usare tutte le energie che possedevo per evitare i suoi attacchi.
Simile al potere di Krost, che però utilizzava solamente il nero e il proprio sangue, Arone evocava un liquido denso, capace di cambiare colore secondo l'ispirazione e la tattica.
Rosso, se voleva imitare il calore delle fiamme, blu se invece imitava il potere del ghiaccio. Viola e verde se era sua intenzione avvelenare e giallo o marrone per la forza della terra.
Getti multicolori, proiettili e altre manipolazioni mi avevano messo alle strette.
Alla fine riuscì a catturarmi.
Quella strana sostanza divenne una colla capace di bloccare i miei arti. Mi aveva spinto verso una parete e lì riuscì a paralizzarmi.
Ero stanco ma ancora furioso nei confronti di quel nemico.
Lui si avvicinò a me, sistemandosi la chioma affinché non ne coprisse il delicato volto.
Era tinto di arancione e d'oro. Sembrò una bestia magnifica, quasi sacra, che emerge dall'oscurità.
Non era mia intenzione ucciderti, sai?”
Tu cosa vuoi?”
Lui sbuffò. “Non hai letto dentro di me? Voglio annientare questo caos, riportare un po' di ordine. Il Grande Padre mi darà una mano. Uccidendolo acquisirò un potere tale da poter controllare ogni cosa”.
Arone, sei il cattivo più banale che conosco”.
Quanti ne hai conosciuti, Ham?”
Abbastanza”.
Ma non scherzare. Sei l'archivista, tu non esci dal tuo studio per nulla al mondo”.
Appunto. Quante cose credi che io abbia visto dal mio studio?”
La mia voce acquisì un tono strano.
Non importa” sospirò. “Adesso ti ucciderò, va bene?”
No che non va bene!” esclamai contrariato. Se solo avessi posseduto una forza maggiore sarei riuscito a distruggere quei legacci che mi incatenavano al muro. Lui però mi ignorò. Arrivò fino a me e posò una mano sul mio petto.
Sai: hai proprio ragione. Tu mi puoi essere davvero utile”. Non riuscii a intendere le sue parole.
In ogni modo non mi sarei mai schierato dalla sua parte. “Per questo motivo farò una cosa speciale, una che ho imparato dal vecchio Ham”.
Provai a ricordare ciò che avevo scoperto dentro di lui. Aveva forse acquisito il potere di leggere le cose? No, impossibile. Forse però aveva affinato una cosa simile.
Non ho tempo per spiegare” commentò afferrandomi il volto. Così lo lessi.
Non avevo bisogno delle mani per farlo, non obbligatoriamente. Dal suo palmo raccolsi le informazioni utili.
Avrebbe usato qualcosa di simile alla magia di Raffaella, assorbendo la mia anima e portando con sé le informazioni che racchiudo, come Elian nel momento della sua morte. Per dirla nella sua maniera: avrebbe assorbito i colori della mia anima sommandoli ai suoi. Sarei stato annientato.
Nessuno spargimento di sangue, solo la mia anima che viene divorata.
Buon addio!” salutò ironico prima di mettere in atto quell'incantesimo.
Posò entrambi i palmi su di me ed essi si illuminarono.
Divenne tutto buio per un solo attimo.

I rumori si ovattarono. Il mio corpo scivolò dalla parete, impattando il suolo sotto di sé.
Le cose si facevano distanti, senza che io potessi raggiungerle.
Intanto Arone sistemava Sakroi, che era inerme al suolo. Si era appena svegliata ma non riuscì a rialzarsi poiché una pioggia di giavellotti scuri martoriò il suo corpo.
Lo maledì e morì.
Silenzio.
Arone andò alla sala circolate ed essa si aprì.
Perché il Grande Padre lo ha permesso?
Devo sopravvivere, provai a dirmi, ma perfino i miei pensieri erano distanti. Non riconoscevo il luogo, né la mia direzione.
Infine mi svegliai. Il chiaro dei corridoi mi accecò la vista per un istante.
In quell'incantesimo qualcosa doveva aver fallito.
Ero confuso, ogni rumore riecheggiava nelle mie orecchie con incredibile forza. Aiutandomi con le mani mi rialzai.
Ancora non capivo cosa fosse successo. Eppure era perfetta quella magia, ma mia anima doveva essere stata divorata. Un paio di passi verso di lui.
Arone si voltò disturbato dal suono dei passi. Quando si accorse della mia figura, così vicina, sul suo volto apparve lo stupore. Mi piacque quell'espressione così sincera e naturale, potente e rapida che tinse il viso del dio. Quell'incantesimo lo aveva stancato tantissimo, eppure lui qualcosa aveva divorato.
Se ne sarebbe accorto altrimenti.
Se non era stata la mia anima a essere assorbita, quale era stata? Infine capii. Uno scherzo ingegnoso, dissi dentro di me. Ormai non c'era più nessuno ad ascoltarmi. La burattinaia era scivolata via, illudendo il mio avversario.
Il resto accadde in una manciata di secondi.
Bestemmiò allungando le mani verso di me. Io feci lo stesso.
Era troppo lento però e io avevo capito troppe cose. Il mio potere si era alimentato di informazioni.
Tutte le cose apprese in quell'ultimo giorno andarono a potenziare il mio attacco.
Non lanciai nessuna raffica sparsa ma un colpo ben preciso.
Un turbinio di fogli affilati si concentrò davanti a lui, attorno alle sue braccia. Un attimo dopo lo sentii urlare. Non appena i fogli svanirono vidi l'esito del mio colpo. Una mutilazione crudele, partorita dalla rabbia e da uno spirito vendicativo.
I suoi arti caddero a terra.
Un altro attimo e un secondo turbinio ne avvolse il viso.
La sua testa scivolò via, mettendo fine a quelle urla fastidiose.
Mi dissi che era finita, ma sapevo che non era così.
Mi lasciai andare. Sofferenza e lacrime, stanchezza e sonno mi avrebbero accompagnato.

Nel sonno capii molte cose.
Il Grande Padre era morto. Come Kinsis, si era mutato in energia e spostato all'interno di un oggetto. Il suo potere era diminuito nel tempo. Il fatto stesso di aver scoperto la formula per creare un dio aveva rubato le sue forze vitali.
Lui non era il Servallo, almeno non quello che avevamo immaginato. Era stato un caso, l'unione fortuita di due forze, che aveva generato il primo ibrido. A metà tra uomo e demone.
Aveva avuto dei sogni come tutti, ma era troppo vecchio. Abra Herlif.
Un nome così umano per una creatura cui avevamo votato la nostra vita. In fondo era nostro padre.
Quella volta rimasi da solo nella cripta, senza più nessuno a consolarmi, all'interno della mia testa.
La guerra era stata vinta. Il nemico era stato battuto. Un motivo così stupido e folle aveva innescato tutto ciò, consumandosi in brevissimo tempo.
Ma a che prezzo?
   
 
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