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Autore: Mladen Milik    19/11/2019    0 recensioni
Byron ha due obiettivi nella vita: diventare un eroe professionista e creare un harem di donne meravigliose tutte a sua completa disposizione. Se non conosce quale dei due desideri sia quello più importante, è però consapevole che il suo futuro passa dall'esame di ammissione all'accademia per novelli eroi più prestigiosa d'Europa, la H.E.A. Byron sarà però accompagnato da una schiera bizzarra di aspiranti eroi, una nuova generazioni di stelle che diventeranno allo stesso tempo i suoi migliori amici e i suoi rivali. Un ragazzo rossiccio ossessionato dalla palla da basket, uno svizzero che si pompa divorando cioccolato e coltiva un orto concimandolo personalmente, un ragazzo il cui unico potere è quello di addormentarsi, una ragazza fatta di acciaio, un vero e proprio scimmione e un'autentica dea sono solo alcuni dei suoi energici e fuori di testa compagni di classe. Mentre infatti eroi professionisti dai poteri prodigiosi affrontano la minaccia di villain sempre più potenti e minacciosi, un'alba scarlatta di nuove matricole è pronta a sorgere attraverso la fatica e il sudore della fronte, accompagnati dal canto gridato al cielo "Plus Ultra!"
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All Might, Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 2

 

 

La metropolitana procedeva lenta e scricchiolante lungo il suo percorso, anche se era circondato da un buon numero di persone, solo le sue cuffie sembravano fargli compagnia e i Linkin Park timbravano violentemente i suoi timpani, senza il rumore assordante della metro tutti avrebbero sentito la sua musica, ma dopotutto doveva caricarsi a dovere, a breve avrebbe affrontato l’esame della sua intera esistenza.
Come da solito indossava, anche se erano i primi giorni di settembre, un pesante maglione di lana, questo per amplificare il suo senso di caldo e dunque la sua secrezione di sudore, era pronto a tutto e doveva essere preparato per ogni evenienza, sapeva bene che avversari come Cedric o altri erano ben agguerriti per far loro uno dei venti posti disponibili per entrare nella HEA, la scuola di aspiranti eroi più prestigiosa d’Europa e sapeva bene anche che tantissime matricole da tutta Europa avrebbero tentato l’impossibile, nonostante la possibilità di entrare fosse minima.
Non aveva particolare ansia, alla peggio si sarebbe iscritto ad una scuola nazionale inglese, ma c’era una notevole differenza tra il diploma della HEA e quello di una semplice scuola statale. Phoebus, il divino, Caligola, lo spietato, Atom, il devastante, Amadeus, il sublime, anche solo per citare alcuni degli eroi che potevano vantarsi di essere nella top 20, ognuno di loro era passato da quella scuola e si era diplomato con voti eccellenti, senza il diploma alla HEA le associazioni di eroismo private non guardavano nemmeno in faccia i loro candidati, se si voleva entrare nella cerchia di quelli che occupavano posizioni di prestigio, a prescindere dalla forza, si doveva passare da quella scuola, era la via più semplice, ma allo stesso tempo più difficile per avere una brillante carriera da eroe, la chiave del futuro di decine di migliaia di ragazzi passava da quel giorno.
Byron era consapevole che questa fosse la sua occasione, attendere e tentare l’anno successivo era un rischio che non si poteva permettere questo esame era un dentro o fuori verso l’Olimpo, se voleva sperare di poter diventare come Archangel e poter essere un eroe in grado di salvare le persone, doveva annichilire tutta la concorrenza. La metropolitana uscì dalla periferia londinese e diverse persone si fermarono alla fermata di Little Wingin, il vagone si liberò quasi completamente, dopotutto anche chi non possedeva un’unicità sapeva che quel vagone sarebbe entrato nella riserva di proprietà dell’Associazione Eroi.
Byron che fino a quel momento era rimasto in piedi con la spalla poggiata alla porta semiautomatica e con lo sguardo perso nel panorama uggioso della campagna inglese, si guardò intorno per notare come il vagone fosse ormai occupato solo da qualche ragazzo, sicuramente matricole come lui. Nell’ultimo posto del vagone sedeva un ragazzo enorme e ingobbito con due enormi canini da coleottero che gli sporgevano dal basso e gli uscivano dalla bocca coprendogli parte del viso, poco distante, seduta sull’altra fila di sedie un ragazzina minuta leggeva un libro in silenzio, preda facile, inerme, un successo garantito, ma ci avrebbe pensato dopo. Al centro del vagono invece, in piedi, con la presa salda sulla sbarra, un ragazzo alto beveva un succo, si accorso dopo che la mano con cui reggeva il cartone era letteralmente a forma di cazzuola da muratore.
Venne colto però all’improvviso alla sprovvista dall’arrivo di uno sconosciuto che si avvicinò a lui alle spalle, Byron si scostò e osservò un ragazzo un po’ lugubre che aveva iniziato a fissarlo a pochi centimetri di distanza.
“Sei qui per l’esame, vero?” chiese l’altro con voce affossata. Il suo aspetto era fatiscente, aveva le braccia penzolanti e deboli, quasi necessitassero di stampelle per rimanere sollevate, era proteso in avanti quasi per stanchezza, i capelli erano spettinati, simili ad un cespuglio di rovi, violacei, mentre gli occhi erano circondate da occhiaia impressionanti, aveva davanti a sé il prototipo di un cadavere, uno zombie, forse era quella la sua unicità.
“Che problemi hai?” replicò Byron, togliendo una delle due cuffie.
“Si nota sai, musica a palla nelle orecchie, tu stai cercando di caricarti, ma non ti servirà a nulla, sai io non ho chiuso occhio stanotte, ci ho provato e riprovato, ma niente, pensavo solo a quell’esame, dio solo sa da quanto tempo che studio per quell’esame, non è passato giorno che...” iniziò a parlare a raffica l’altro e Byron sentì quasi un senso di nausea a sentirlo parlare, sembrava una macchina pronta ad esplodere.
“Se hai studiato così tanto allora vedi che passerai, non vedo perché tu debba essere nervoso” lo interruppe Byron confuso.
“Nono, tu non hai capito, io non sono nervoso, anzi, sono calmissimo, ma questa me la vedo male, amico, ho una sensazione tremenda, quelli ci fottono oggi, l’esame sarà impossibile, non sarà come gli altri anni, metteranno apposta qualcosa per fregarci, sono giorni che cerco di capire che cosa potranno escogitare per bocciarci...” “Beh se sei così nervoso, dovresti berti un tè e provare quando sei più rilassato, calma ragazzo”
“Non dirmi di stare calmo!” intervenne l’altro alzando la voce e pulsando le vene del collo. Byron spalancò gli occhi sgomento e lo fissò come si fissa un pazzo, quel ragazzo aveva davvero dormito poco e stava dando i numeri, sembrava essersi preparato talmente tanto per quella prova da non riuscire più a pensare ad altro, sembrava consumato dalla stessa idea di fare quell’esame.
“Forse se sei così stanco dovresti prendere un caffè” disse dunque Byron e buttò lo sguardo sulla ragazzina in lettura, notò che lo stava fissando, esibì un sorriso seducente e la ragazza sorrise, ma prima che potesse cambiare postazione ecco che lo zombie l’aveva già placcato.
Estrasse da uno zaino pesantissimo una enorme thermos di caffè e ne versò il contenuto in una tazza tirata fuori da chissà dove, Byron notò che aveva la maglietta bucata sotto le ascelle, si chiese da dove fosse uscito questo individuo, era tuonato. Il ragazzo gli porse la tazza e se ne versò una anche per lui. “Perdonami se sembro alienato, ma non ho mai lavorato in vita mia come per questo esame, avevo bisogno di dirlo a qualcuno o sarei esaurito, comunque piacere Maxwell Roth” disse lui porgendo a Byron la mano.
Byron la strinse ancora confuso, ma accolse il caffè ringraziando la matricola, dopotutto lo capiva, probabilmente non sarebbe passato, dopotutto passava una percentuale inferiore alle 0.01 %, era normale essere ansiosi, sopratutto quando ci si teneva così tanto.
“Prova a vederla in modo diverso, ci saranno così tante gallinelle dalle uova d’oro che quasi dell’esame non me ne frega nulla” disse dunque Byron dopo essersi presentato chiaramente alludendo alle matricole femminili che come lui avrebbero tentato l’esame, ragazzine indifese, spaventate e nervose, il suo terreno di caccia preferito.
“Godo. Parli una lingua che mi piace, quello sarebbe il Piano B, consolare ragazzina bocciata e avere la thermos per il caffè pronta per l’uso” “Non ti serviva perché sei praticamente un cadavere?”
“Rip, hai ragione” La metropolitana si fermò alla fermata all’aperto della HEA, l’insegna della stazione indicava proprio il nome della scuola e i ragazzi iniziarono a scendere e ad affollare la fermata.
Maxwell si intrufolò nella calca come un goblin in decomposizione e Byron lo perse di vista, la schiera di esaminandi si mosse lungo la strada che puntava all’immenso edificio formato interamente da vetri che in lontananza dominava la campagna circostante, era a forma di E e sembrava un capolavoro dell’architettura ingegneristica moderna. Faceva fatica persino a rendersi conto di quante ragazze gli fossero intorno, segnale per cui di solito aveva sempre i sensi pronti e dovette aspettare parecchio tempo per far passare la calca.
Una ragazza inciampò tra la folla e gli cadde addosso, la faccia della minuta ragazzina si piantò sul suo petto e quando la poveretta aprì gli occhi si trovò davanti lo sguardo più meschino della storia dell’uomo.
“Ehi, come ti va?” chiese Byron alzando il sopracciglio, segnale decisivo che significava: “Ti sifono”
La ragazzina era davvero minuta, sembrava appena uscita da un convento, indossava un lungo abito nero, legato in vita da un drappo rosso, mentre dal colletto spuntava fuori una camicia bianca, guardandola bene sembrava proprio vestita da suora, ma l’aspetto non era in grado di destabilizzarlo.
Aveva già visto video in cui le novizie cadevano in tentazione, sarebbe potuta essere persino una santa, ma meritava di finire nella sua lista. Aveva occhi gialli e addolorati e capelli completamente bianchi, quando incrociò lo sguardo con quello di Byron si trasformo in una mela rossa da tanto arrossì.
“Dolce creatura, stai bene?” chiese Byron reietto. La ragazza percepì un odore macabro e arricciò, ancora imbarazzata, il nasino. “La stazione a volte odora di marcio, un posto non adatto ad una bellezza come te” si affrettò a dire Byron, prima che lei capisse che l’odore venisse dal suo sudore acre.
Vide la ragazza rimanere ammutolita mentre lo fissava negli occhi, poi si staccò quasi con forza e iniziò a correre tirando spallate aggressive a destra e a manca, Byron poté chiaramente sentirla dire: “Sono una peccatrice! Sono una peccatrice! Sono una figlia del demonio! Mi chiuderò in penitenza!” Byron alzò il sopracciglio convinto e sorrise inarcando la bocca verso il basso, prima di continuare il suo percorso.
Poco dopo si trovò davanti proprio l’enorme E che rifletteva, attraverso i suoi vetri il piovoso paesaggio inglese, mentre la pioggia aveva trasformato i suoi capelli castani in una frangia umidiccia. Sentì subito poggiarsi una mano sulla spalla, poi udì un pallone da basket passargli in mezzo alle gambe e infine vide chiaramente Cedric far roteare lo stesso pallone sul dito indice come fosse una trottola.
“Pronto a perdere?” chiese Cedric non scostando lo sguardo dall’edificio. “La fermata per chi finirà a zappare la terra era la precedente, forse sei sceso dalla metropolitana sbagliata” rispose Byron velato.
“C’è una quantità di ragazze non indifferente, secondo me non passerai nessuna delle prove, basta che una ti esca un lembo di pelle e ti trovi a terra con il sangue dal naso” “Sottovaluti il mio potere e poi puzzerò talmente tanto che chiunque di loro si avvicinasse morirebbe per reazione allo schifo” I due si salutarono come si deve e si diressero insieme verso l’ingresso dove venne constatato che fossero iscritti all’esame prima di essere condotti in una immensa sala magna, di fatto in uno stadio visto che stava contenedo qualche decina di migliaia di matricole.
Cedric e Byron si sedettero in una delle tribune allestite, accanto al primo si sedette una ragazza dai capelli corti bluastri con degli occhiali rossi sul viso, sembrava uno zombie almeno quanto il ragazzo tuonato della metropolitana, Byron si chiese quanto fossero rimasti sotto questi qua per preparare a questo esame, lui si stava divertendo un mondo e aveva già adocchiato la prossima preda, una meraviglia dai capelli a caschetto neri che sembrava uscita da un concerto punk heavy metal dei Sabaton.
Accanto a Byron invece si sedette un tizio con delle mani immense, chiaramente tra loro c’era qualcuno con delle unicità legate all’aspetto fisico, probabilmente questo tizio con le lentiggini era in grado di tirare degli schiaffoni devastanti.
“Scuuuuuuusaaaaaa” disse con voce sofferta la ragazza dai capelli blu e Cedric si voltò notando la ragazza che lo fissava dal basso verso l’alto ingobbita sul suo stesso collo.
“Peeeer casoooo saaaaiii percheeeeé ci haaannoooo poooortaaaato qui?” chiese lei e Cedric percepì che fosse passata un’eternità da quando aveva iniziato la frase a quando l’aveva finita, inoltre questa pazza continuava a fissarlo dal basso verso l’alto, da un momento all’altro sembrava sul punto di cadere in avanti e volare giù dalla tribuna, sembrava non avere una spina dorsale. “Beh ecco. Penso che adesso ci daranno le indicazioni per l’esame” rispose Cedric, passarono secondi di silenzio, minuti di silenzio, tanto che Cedric si era già dimenticato di lei.
“Graaaaaazieeeeeeeeee. Iooooooo mi chiaaaaaaamoooo Aaaaaaagaaaaaaaathaaaaaaaaa” replicò quindi la ragazza meno attiva di un lumacotto e Cedric si guardò intorno confuso e imbarazzato. Byron sghignazzò divertito.
“Prenditi tu la lumaca, per darti un bacio una così ci mette cinque olimpiadi” sussurrò Byron nell’orecchio a Cedric. Per fortuna del baskettaro si sentì un rumore di microfono e poi delle voci indistinte.
“Come si accende questo affare’?” si udì provenire da dietro le quinte del palco allestito al centro dello stadio. “Ma dovresti saper maneggiare oggetti di quella forma” continuò una voce maschile. “Siete microfonati idioti!”Ci fu un estremo momento di silenzio poi le luci si spensero nella struttura e due persone, illuminate da un occhio di bue apparvero sul palco.
L’uomo era alto e colossale, la pelle scura e un cappello da pescatore in testa, un asciugamano azzurro invece gli copriva le spalle, indossava anche degli occhiali da sole da bodyguard, l’altra invece era una donna, anzi, era una donna assurdamente bella e vestita, anzi, svestita in maniera molto succinta. Byron sgranò lo sguardo e scattò in piedi dal suo posto, mentre altri maschi curiosi gli intimavano di sedersi per osservare meglio quella meraviglia.
“Quella è Sasha la volpe! E’ un’icona della moda tra i professionisti, una vera e propria leggenda della sensualità! Io colleziono tutti i suoi giornaletti...volevo dire tutte le sue interviste! Questo giorno diventa sempre più interessante” esclamò Byron esaltato, mentre Cedric non replicò, la pazza accanto a lui continuava a fissarlo. “Buongiorno ragazzi e ragazze e benvenuti alle HEA” esordì proprio lei con voce vellutata amplificata dal microfono
“Matricole di tutto il mondo, siete pronti a sfidarvi per entrare nella nostra prestigiosa scuola?” I maschi urlarono il sì più convinto della loro vita, la sala fremeva testosterone. “Il mio nome è Sasha Ciner e sono qui alla HEA un’insegnante di pubblicità e merchandise e sarà mio compito illustrarvi come si svolgerà il vostro esame e sarò accompagnata da…”
“Clarence Seedorf, chiaramente meno bello della mia collega, ma anche io insegnante qui alla HEA e sarò proprio il responsabili dei ragazzi che passeranno oggi e diventeranno miei studenti e dunque studenti di questa scuola” intervenne dunque l’uomo di colore con voce grave e virile.
“Il nostro preside King Solomon vi augura di persona un in bocca al lupo visto che non potrà essere qui e fa in anticipo i complimenti ai venti ragazzi che saranno dei nostri a seguito di questa lunga selezione. Ma ora non perdiamo altro tempo e Clarence vi illustrerà in che modo si svolgerà la prova” Clarence si incamminò al centro del palco, mentre un immenso schermo iniziò a scendere dietro di loro. “Abbiamo diviso il terreno della scuola in diverse aree dimostrative, sarete divisi in gruppi distinti e tutti, insieme al vostro gruppo, parteciperete alla prova nello stesso tempo, nell’area a voi assegnata. In quest’area verrà simulato un paesaggio di guerra, incontrerete diversi ostacoli e bersagli nel percorso che sarà un vero e proprio labirinto. Il vostro compito sarà quello di totalizzare il numero più alto di punti possibile in un tempo relativamente ridotto di soli 10 minuti” spiegò Clarence e si alzò un lieve sussurro spaventato, poco tempo significava anche meno possibilità di vittoria finale.
“In questi dieci minuti” intervenne Sasha “Dovrete cercare di abbattere il maggior numero di bersagli animati possibili, ognuno di questo avrà un punteggio relativo che apparirà sulle spille che vi consegneremo, alla fine della prova i venti ragazzi che avranno totalizzato il punteggio migliore saranno coloro che saranno ammessi a questa scuola. Spero sia tutto chiaro, per il resto non posso che augurarvi buona fortuna” Il discorso e la spiegazione furono rapidi e concisi, il processo di passaggio delle spille elettroniche fu, invece, molto più lungo, visto che dovevano essere distribuite delle spille per ogni ragazzo presente, ma l’attesa era ormai l’ultimo dei problemi a breve si sarebbero giocati la sorte contro il destino.

 

Byron venne chiamato e condotto da degli inservienti in una grande stanza, in ogni gruppo ci sarebbero state circa due centinaia di persone, si chiese di quanto spazio possedesse questa scuola per fare i suoi esami, ma la risposta era semplice erano così schifosamente ricchi da possedere una ricchezza pari al PIL di un’intera nazione, senza contare il denaro derivante da sponsorizzazioni e finanziamenti sia privati che statali, la HEA era davvero la contraerea dell’industria dell’eroismo. Intorno a lui tutti i ragazzi erano tesi e nervosi, alcuni si mangiavano le unghie o si pettinavano insistentemente i capelli, altri continuavano a bere acqua, sicuramente più di uno corse in bagno a vomitare.
Quando Byron passò calmo davanti ad una schiera di ragazzi seduti su delle panche non poté che raccogliere i loro sguardi di sfida, dopotutto per dieci minuti sarebbero stati acerrimi nemici, si dovevano detestare, odiare, se fosse stato permesso anche distruggersi, dopotutto era ben possibile che nessuno di quel gruppo ottenesse il punteggio necessario per passare alla fase successiva, Byron credeva anzi che tutto fosse così selettivo che solo coloro con un potere così devastante da spazzare via tutti i bersagli del suo padiglione sarebbe stato in grado di superare la concorrenza, c’erano venti posti per un numero ben più grande di padiglioni. Byron si sedette su una panca e continuò ad ascoltare la sua musica, lo rilassava e gasava allo stesso tempo, aveva messo un secondo maglione sopra il precedente, stava sudando come un maiale e puzzava di fogna, ma doveva essere più forte e veloce che mai per superare la concorrenza.
Alzò lo sguardo per osservare con calma e cautela una creatura meravigliosa seduta davanti a lui, non c’era nessuna fretta, lei non lo stava guardando, poteva prendersi tutto il tempo del mondo per perdersi in quei seni. Il volto era semplicemente maestoso, la pelle pallida e pulita, naso all’insù dalle proporzioni perfette, lo sguardo freddo e concentrato, la bocca sottile e muta, il tutto circondato da una corolla arancione di capelli spettinati che le arrivavano fino a metà schiena e le coprivano in modo caotico la faccia. Indossava un abito aderente nero che nascondeva un fisico scultoreo, spalle larghe sicuramente potenti come quelle di un uomo anche se non visivamente eccessive, seni accoglienti e ben proporzionati, gambe che sembravano in grado di spremere un cocomero tra le cosce, sicuramente una visione sufficientemente graziosa da osservare prima di un esame.
Byron si alzò dalla sedia e porse alla ragazza una cuffietta, questa volta sembrava sinceramente gentile, dopotutto non vedeva perché in quella stanza dovessero odiarsi, e tanto valeva poi fare un po’ di conversazione, e sicuramente tra tutti quelli con cui fare conversazione avrebbe scelto senza dubbio la ragazza, a maggior ragione se bella.
La ragazza dalla chioma leonina osservò la cuffia persa nella mano di Byron e poi fissò negli occhi lo stesso ragazzo, aveva occhi neri come il carbone e non sembrava affatto impressionata. I suoi occhi si spostarono ancora sulla cuffia con Byron che attendeva fiero e disinvolto, ma non era preparato a quello che sarebbe accaduto. La ragazza si protese verso la sua mano e la annusò senza proferire una parola, poi senza che lui se ne rendesse conto, la pel di carota aveva messo in bocca la cuffia e l’aveva divorata, succhiando come uno spaghetto il cavo e mangiando anche il lettore musicale.
“Ma che diamine ti prende!? Che razza di donna sei?” esclamò Byron completamente sconvolto. Vide la ragazza inghiottire tranquilla e passarsi la lingua sulle labbra, poi il suo viso si contorse improvvisamente, delle piccole lacrime iniziarono a scendere, intorno a loro si erano affollati una serie di curiosi, la ragazza si portò le mani all’addome e emise un gemito piuttosto selvaggio.
Emise suoni simili a colpi di tosse, mentre nessuno sembrava avere il coraggio di prendere in mano la situazioni e aiutarla, molti non l’avrebbero aiutata comunque, era un avversario, tanto valeva farla stare male e Byron era troppo sgomento anche solo per credere a quello che aveva appena visto.
Si sentì un suono macabro e la ragazza rigettò proprio davanti a Byron una enorme palla di pelo bavosa, al suo interno poteva chiaramente vedere i resti masticati del suo i-pod, ma la cosa che più lo lasciava sconvolto è quella ragazza, anzi, quella cosa, avesse appena rigurgitato una palla di pelo grande come un pallone da basket. La ragazza lo fissò quindi negli occhi, gli sorrise e miagolò.
Miagolò.
Miagolò.
Byron la fissò terrorizzato e si voltò senza pensarci due volte, tornando al suo posto con le braccia conserte o lo sguardo pietrificato. I ragazzi del gruppo numero 36 vennero dunque chiamati e vennero lasciati una grande stanza circolare che lentamente iniziò a salire, quasi stessero in un ascensore che li avrebbe portati nel ground di loro competenza. In pochi secondi si ritrovarono all’interno di un paesaggio cittadino, le strade sarebbero state il labirinto in cui eliminare i bersagli mobili robotici.
Byron alzò lo sguardo per vedere un enorme timer proiettato su un palazzo, mancavano otto secondi, poi dieci minuti per fare la prestazione della sua vita, poi, in futuro, forse la gloria, e tante belle ragazze in bikini a imboccargli gli acini d’uva, ma non era il momento di pensare alle ragazze in costume da bagno, sopratutto dopo averne vista una sputare pelo. Il suono di una sirena rimbombò in tutta l’area coperta da una superficie grigia dalla quale non si vedeva il cielo e il gruppo si disperse velocemente, tirandosi violenti spallate e cercando di superare quello che si aveva davanti.
Byron era pronto a scattare e far mangiare la polvere a quei buoni a nulla, ma il suo volto si perse nella stessa ragazza che gli aveva mangiato il lettore musicale proprio prima.
Questa si mise le mani coperte da guanti sui vestiti e li strappò di netto con un singolo movimento di forza, Byron si aspettò l’eden, ma quello che osservò fu un corpo umano femminile, interamente coperto di pelliccia, nessuna pelle in vista, nessuna parte proibita, pelo giallo e orsino, quella cosa era davvero una bestia, un animale nel verso senso della parola, la sua unicità era probabilmente quella di avere attributi animaleschi, aveva la pelliccia simile a quella di un leone, miagolava e sboccava come un gatto, ma sopratutto notò che dalle sue mani spuntarono artigli bianchi e affilati e i suoi occhi erano ora circondati da una sinistra macchia di colore nero. La ragazza bestia con un singolo salto si aggrappò al lato di un palazzo per saltare dritta su un bersaglio robotico che si muoveva sotto di lei.
Byron osservò che sul petto della ragazza il sensore meccanico segnò un punteggio di 5 punti, dunque era in quel modo che il sensore rispondeva allo stimolo, quindi si stiracchiò le spalle e subito dopo scattò in avanti velocissimo, i presenti sentirono un boato non appena Byron mise in moto le sue gambe e furono sbalzati lontano come colpiti da un’onda d’urto, quando si rialzarono ben 17 robot erano stati distrutti nel giro di due secondi.

 

Cedric superò la chela di un robot dalle proporzioni simili a quelle di uno scorpione, dalla sua mano apparve una palla da basket che iniziò a palleggiare a velocità impressionante, nessun occhio umano era in grado di comprendere quanti palleggi stesse facendo.
Quindi la scagliò con velocità estrema verso il robot che esplose in mille pezzi al contatto, il rimbalzo colpì e distrusse un secondo robot poco distante impennando la palla verso l’alto.
Cedric quindi con il sorriso sulle labbra prese la rincorsa e con il braccio spalancato, dopo aver compiuto un salto in terzo tempo, raccolse la palla e la scaraventò con velocità inaudita verso un terzo bersaglio, distruggendolo completamente. Il sensore sulla sua canottiera dei Dalla Mavericks segnava già 157 punti, non sapeva se fosse una cifra sufficiente alla vittoria, ma più di così non poteva certo fare, anche se questa era la prova perfetta per la sua unicità.
Il suo quirk gli permetteva di generare un numero di palloni da basket infinito e maggiore era il numero di palleggi che faceva, maggiore era la potenza che la palla ingranava prima di esplodere, la sua tecnica sopraffina, unita alla sua grande capacità di fare canestro gli permetteva di colpire un numero di bersagli ben maggiore di quelli degli avversari e tutto questo aumentando costantemente la sua energia.
Cedric materializzò un ulteriore pallone e iniziò a palleggiarlo, con la gomma da masticare sempre nella bocca, con un punteggio del genere i i bersagli che scarseggiavano poteva permettersi di rilassarsi un pochino, mancavano solo due minuti, tuttavia il suo viso vincente e tranquillo si inarcò immediatamente quando in lontananza apparve il volto che non voleva e allo stesso tempo bramava vedere.
Un ragazzo dai capelli biondi e corti che gli coprivano la fronte era appena piombato dal nulla schiacciando sotto i suoi piedi un robot ad una velocità disarmante, si era poi sistemato la maglietta bianca e aveva iniziato a mangiare un barretta di cioccolato, il sensore sulla sua maglia segnava 286 punti, non c’erano dubbi era chiaramente lui, un tempo più forte di lui e Byron messi assieme, colui che completava il loro trio, Percy Lindt, il suo più grande nemico.
Osservò i suoi occhi azzurri inclinati e cadenti, ampi e il suo sorrisetto inebetito, sempre il solito, non era cambiato in quattro anni di una virgola, anzi sembrava avere lo stesso identico fisico, minuto, piccolo e con energie limitate, ma sapeva bene che cosa fosse in grado di fare quel corpo.
Percy era il suo più grande nemico dai tempi dell’incidente ed era stato il suo chiodo fisso da quando era tornato dall’America, sapeva che avrebbe tentato l’ingresso alla HEA e bramava il giorno in cui gliel’avrebbe fatta pagare cara, a quanto pare quel giorno era giunto prima di quanto si aspettasse.
Non gli avrebbe mai perdonato quello che aveva fatto a sua sorella, era stata anche quella la ragione del suo trasferimento negli Stati Uniti, l’avrebbe ripagato con la stessa moneta, l’avrebbe fatto soffrire anche solo un decimo di quello che aveva sofferto Emma, sarebbe stato già sufficientemente doloroso.
Cedric mise nel mirino il volto di Percy, era fermo, placido e sorridente a mangiare il suo cioccolato, non meritava tutta quella tranquillità, quella era la sua fine. Cedric proiettò due palloni da basket che iniziò a palleggiare come mai aveva fatto, sembrava un illusionista, un maestro del parquet, con i palloni sempre in movimento iniziò a correre verso il suo nemico fino a quando non scagliò uno di questi da distanza sufficiente per colpirlo in pieno stomaco.
Il colpo raggiunse l’avversario in pieno e lo scaraventò contro una staccionata. Cedric non si scompose con balzi furiosi, lanciò la palla con forza contro la strada in modo da farla rimbalzare verso l’alto, la raggiunse poi con un salto, strinse i glutei con forza e urlò energico: “Questa è la mia mossa finale bastardo. Slum Dunk!”
Schiacciò la palla con forza micidiale e alzò un polverone tale da non rendere nemmeno visibile la zona per qualche secondo.
“Ti sei fatto più veloce, forse avremo uno scontro quasi alla pari” disse una voce fastidiosa e acuta alle sue spalle. Cedric si voltò e vide Percy appoggiato ad un palo della luce, intento ancora a mangiare cioccolato, non era un buon segno, non poteva permettere che continuasse a mangiare quella robaccia, conosceva bene la sua unicità, avrebbe dovuto mitragliarlo fino allo sfinimento.
Cedric si voltò con due nuovi palloni che iniziarono a palleggiare tra le sue gambe, quindi cominciò a scagliare palloni contro di lui non mirandolo direttamente ma colpendo le mura alle sue spalle, essendo appoggiato al palo di una strada a fondo chiuso. I palloni iniziarono a rimbalzare contro le pareti, proprio mentre Cedric ne creava sempre di nuovi, la sensazione fu che Percy fosse rimasto intrappolato da una gabbia di palloni da basket rimbalzanti, ma non sembrava impressionato.
“Stai pronto, Percy, perché questa sarà la tua ora! Per Emma, Zona 2-3 Infernale!” Percy scagliò un’ultima palla contro una di quelle che rimbalzava armoniosamente intorno al suo nemico, in modo da scatenare un effetto domino, queste esplosero una dopo l’altra generando un onda d’urto tale da far indietreggiare lo stesso Cedric che osservò il panorama distruttivo con il fiatone per lo sforzo immenso ormai senza energie.
Tuttavia, udì uno spostamento d’aria e si trovò davanti agli occhi il profilo più basso di lui di Percy, i suoi muscoli erano visibilmente più tirati, ma i vestiti erano strappati ferite e sangue sul corpo che prima era pulito e perfetto, un braccio sembrava persino rotto, però questi si era mosso con una tale velocità superiore che toccò appena Cedric con un pugno all’addome, senza ovviamente fargli nulla, dandogli un semplice buffetto.
“Eri già morto” disse Percy utilizzando una frase che usavano quando giocavano agli eroi da bambini.
“Avremo modo di parlare ancora Cedric, ma quando vuoi eliminare un nemico, prima di usare tutta la tua forza devi assicurarti che sia morto”
La sirena squillò nel Ground del gruppo numero 55 segno che la prova era finita e segno che era finito anche il loro scontro, Cedric si rese conto che Percy in quel momento avrebbe potuto distruggerlo, nonostante gli avessi inflitto un numero alto di danni.
“Quel colpo l’ho sentito, comunque” concluse Percy che si allontanò dolorante dalla lotta senza aver sferrato nemmeno un colpo a Cedric, senza mai perdere il suo sorrisetto placido e rilassando i muscoli tirati che era stato costretto a utilizzare per resistere ai danni, avrebbe avuto bisogno di diverse barrette di cioccolato kinder per riprendersi. Cedric si inginocchiò a terra e delle lacrime iniziarono a sgorgare dalle sue palpebre, non era riuscito a vendicare sua sorella, il bastardo che l’aveva lasciata su una sedia a rotelle non aveva ancora pagato il suo debito, quello sporco svizzero era ancora a piede libero e pregò con tutto il cuore di essere passato insieme a Percy per poter aver modo di avere una seconda occasione per farlo soffrire.

 

Dopo che gli studenti bisognosi di supporto medico furono curati i ragazzi vennero distribuiti nuovamente nello stadio dove a breve sarebbero stati proiettati i risultati. Byron, maleodorante, tale che gli altri ragazzi si spostavano al suo passaggio raggiunse Cedric che era invece cupo, seduto al suo posto con il mento appoggiato alle braccia.
“Oh Dio! Cedric, non sai che mi è successo! Al di là della prova e quella ok, ma una ragazza mi ha sboccato del pelo addosso e sopratutto dopo aver mangiato il mio i-pod!” esclamò Byron sconvolto ed eccitato all’idea di raccontare il suo esame all’amico, ma osservò chiaramente che Cedric non fosse in vena di alcun tipo di parola, non rispose con enfasi alla sua battuta e continuò a fissare dritto davanti a sé.
“Pensi di non essere passato?” ù
“No, non me ne frega proprio un accidente di questa scuola e di questo esame. Ho perso la mia più grande occasione, Byron. Percy era nel mio stesso raggruppamento, ho usato contro di lui tutto il mio potere, ma non sono riuscito a sopraffarlo, mi avrebbe sconfitto facilmente subito dopo il mio ultimo attacco, pensavo di essere arrivato al suo livello” rispose Cedric rabbioso.
“Cosa? Percy era nel tuo gruppo? E l’hai affrontato durante la prova? Certo era quello che aspettavi, ma non credi di aver compromesso il tuo esame?”
“Chissene fotte dell’esame!” replicò Cedric furioso battendo un pugno sul ginocchio.
“Quel bastardo ha fatto finire Emma su una sedia a rotelle, mia sorella non cammina più per colpa sua, per colpa sua...E io non sono in grado di vendicarla”
Byron guardò negli occhi il suo amico, la vendetta non era la soluzione e lo sapeva bene, Percy andava sicuramente punito e andavano chiariti diversi aspetti, ma l’intera faccenda era stata un’incidente e se l’atteggiamento di Percy era stato inaccettabile, così la rabbia di Cedric eccessiva, ma Byron comprendeva chiaramente la situazione, anche Emma, dopotutto, era una sua amica d’infanzia e non avrebbe mai potuto più camminare, per colpa di quell’incidente, per colpa di Percy. Dopotutto pensò che se Emma fosse stata sua sorella avrebbe agito allo stesso modo, l’ira quando si impossessa degli uomini anche se giustificata è sempre difficile da accantonare, almeno fino a quando non la si ha soddisfatta in qualche modo, sperava solo che quella di Cedric non diventasse un’ossessione, era andato in America anche per non pensarci troppo dopotutto.
Byron strinse la spalla di Cedric che ritrovò il sorriso nel supporto dell’amico, almeno fino a quando non ritrovò anche la voce della lumaca che gli sedeva accanto prima. “Ciaaaaaaaaaooooooooooo, coooooooooomeeeeeeeeeee è andaaaaaataaaa laaaaaa prooooooooovaaa?” chiese lei con cadenza elefantiaca e infinita, mentre Cedric si malediceva e Byron sghignazzava, ancora una volta venne salvato dal suono del microfono e Sasha venne accolta sul palco dall’applauso commosso e scrosciante del pubblico maschile.
“Ciao a tutti e spero vivamente che anche per chi non ha passato l’esame questa prova sia una bella esperienza, magari per tentare ancora gli anni successivi, ma comunque perché possa essere per sempre qualcosa di importante per la vostra carriera di eroi, perché non sarà un fallimento qui a porre fine al vostro sogno, il richiamo del plus ultra non farà che accompagnarvi per tutta la vostra vita, perciò non rammaricatevi se non figurerete in questa classifica, ma gioite perché avete partecipato” proclamò Sasha retorica con un discorso sincero, prima di dichiarare che a breve sarebbe stata proiettata sul monitor la classifica e dunque la lista di coloro che avevano passato l’esame. La tensione era lancinante e non appena la classifica apparve davanti ai loro occhi si alzò un vociare mostruoso.

 

 

  1. Percy Lindt 286

 

  1. Agatha Bath 223

 

  1. Byron Love 221

 

  1. Annie Hagi 195

 

  1. Roberlandy Simon 159

 

  1. Cedric Dotan 157

 

  1. Russel Terrier 120

 

  1. Mel Horowitz 111

 

  1. Trent Marciano 104

 

  1. Derriere Molina 103

 

  1. Ebony Starr 88

 

  1. Lincoln Skinner 85

 

  1. Richard Burke 79

 

  1. Lolly Mitchell 76

 

  1. Bernadette Maritain 76

 

  1. Maxwell Roth 76

 

  1. Aphrodite 74

 

  1. Balboa Cervantes 73

 

  1. Timmy Logan 69

 

  1. Momo Drina 50

 

 

Dalla platea un bestemmione si alzò terrificante, prima di osservare un individuo vestito elegante e con capelli gellati, come fossero stati leccati da un ungulato, esultare come un giocatore di calcio alla notizia del suo nome apparso sullo schermo. Tra i mugugni nervosi di quelli che avevano fallito, si fecero riconoscere invece le urla di gioia di chi era passato, i venti nuovi aspiranti eroi della HEA. In prima uno di loro venne svegliato dai suoi vicini di posto per dirgli che era passato, lui si alzò con una russata degna di un delfino malato, mentre allo stesso modo un altro gruppo dovette dare la notizia ad un individuo che stava vomitando lurido dietro il cestino della spazzatura. Su un palchetto apposito una ragazza bionda e troppo bella per esistere si affacciò con le braccia coperte da guanti bianchi per osservare il risultato insoddisfatta.
Aveva occhi color cremisi e il volto scolpito dagli angeli, pensò che la concorrenza doveva essere scarsa se era riuscita a passare il turno senza l’utilizzo della sua unicità, si convinse che sarebbe stata circondata da un branco di plebei, intorno a lei una schiera di ancelle vestali bendate si impegnava affinché la loro padrona avesse tutto quello di qui meritava il bisogno, tuttavia Aphrodite, figlia del grande eroe ormai in pensione Zeus, e sorella del numero 2 tra gli eroi professionisti Phoebus, sentiva che la sua strada per eguagliare i membri della sua gloriosa famiglia era appena cominciata.
“Ti farò vedere io, fratello” sussurrò agguerrita, ma con tono nobile.
Un urlo di guerra generò il suo disgusto, un tizio si era alzato dalla curva sud indicandosi con i pollici il volto e urlando cose come: “Sono io! Ho vinto io! Spero tutti mortissimi, godo!”.
Byron lo riconobbe subito, era il cadavere ambulante che aveva incontrato in metropolitana, si chiese quale fosse la sua unicità.
Una ragazza in abiti da suora non esultò particolarmente per essere passata, si portò le mani giunte con cui stringevano un rosario e citòdelle preghiere a bassa voce con gli occhi chiusi e lo sguardo basso: “Perdonami Gesù per aver desiderato che gli altri perdessero, perdonami per aver desiderato che vincessi contro chiunque, sono un’egoista e una peccatrice, esaspererò la mia colpa con una penitenza esemplare”
Poco lontano da lei una ragazza con lunghi capelli biondi e lucenti invece scoppiò a piangere commossa, senza sosta, balbettava frasi sconnesse e continuava a soffiarsi il naso nella camicia bianca, una scena veramente poco apprezzabile, probabilmente non ci sperava nemmeno lei di poter passare, ma il suo nome, Lolly Mitchell, figurava tra quelli selezionati, si lasciò andare in un pianto ancora più devastante.
Una ragazza dietro di lei diede un calcio violento e innervosito alla sue seggiola.
“Dio! La smetti di piangere, Barbie! Sei passata ad un concorso, non hai certo vinto l’oscar come miglior attrice” disse la ragazza dai capelli a caschetto neri e un trucco metallaro sul viso, sembrava infastidita, ma era ben felice di quella situazione, anche il suo nome era sulla lista. Un altro ragazzo che era passato si inginocchiò a terra e iniziò a guardarsi le mani, le osservò come si fissa una reliquia.
“Queste mani, mi sono state tramandata da quel luminare di mio padre, io devo proteggere queste mani, sono l’unica fonte della mia fortuna, non posso permettere che si danneggino o il mio futuro da chirurgo non avrà mai luce” farneticava il ragazzo magro e inquietante, mentre rimaneva bloccato in ginocchio.
Un tizio con l’unicità probabilmente di potersi allungare a piacimento, si lasciò talmente andare per il fatto di essere passato che il suo collo sfondò il soffitto, lasciando un mega collo secco e pallido al centro dello stadio che proseguiva fino alla cupola. Un rumoroso e volgare italiano si dimenava come una scimmia, roteando il pacco davanti al volto sconvolto di una ragazza, nonostante avesse la stessa età degli altri aveva una enorme paio di baffi, assomigliava a Stalin a tratti.
“Campioni del mondo! Campioni del mondo! Il cielo è azzurro sopra Berlino!” urlò lui in italiano per celebrare la vittoria “Ma che cazzo ne sapete voi? Inglesi di merda!”.
In un angolo, invece, una ragazza silenziosa osservava la scena poco impressionata. La sua pelle era completamente nera, ma non un sinonimo di scuro, moro o di colore, sembrava colorata con la pece, era scura come l’abisso.
Osservò il suo nome, Ebony Starr, sullo schermo, ma i suoi occhi si persero in lui, enorme, spesso, quasi mostruoso. Clarence, quello che sarebbe diventato il suo professore si ergeva fiero sul palco, i muscoli sembravano esplodere, le labbra carnose e piene, se le immaginò mentre la divoravano e Ebony non poté che iniziare ad avvampare, quell’uomo mistico era la perfezione.
Ma i peggiori furono tre individui distinti che da angoli diversi dello stadio iniziarono a reagire con versi animaleschi.
Una ragazza dai capelli arancioni, che Byron riconobbe come la stessa che gli aveva vomitato l’i-pod praticamente addosso, iniziò ad abbaiare e a dimenarsi proprio come un cane, ma dall’altra parte della stanza un ragazzo irsuto con barba rigogliosa e che dimostrava quasi trent’anni replicò al verso della ragazza ululando proprio come un lupo, tuttavia la ciliegina sulla torta fu un lurido che si alzò sul corrimano e iniziò a esultare come una scimmia battendosi i pugni sul petto e gemendo come un gorilla. Nel mentre che queste manifestazioni di giubilo avevano luogo Byron si batté un forte segno di intesa con Cedric, prima di abbandonarsi ad un abbraccio, anche la ragazza lumaca che sedeva accanto a Cedric era passata e persino con il secondo punteggio, cosa che li lasciò sconvolti, ma sinceramente erano troppo felici per pensare alle statistiche.
Byron constatò che a quanto pare Percy fosse ancora il migliore, ma un nome accolse ancora di più la sua attenzione un brivido gli percorse la schiena, in più non appena voltò la testa si trovò il suo viso proprio davanti agli occhi, era incandescente.
“Byron Love, chi non crepa tra dolori atroci, si rivide” gli disse una ragazzetta dal viso rotondo e dai capelli castani a caschetto, sembrava un fungo e aveva un’espressione furente e delusa.
“Annie...Annie, ti trovo...ti trovo in forma” replicò lui fuori luogo e impaurito. Vide chiaramente che dal maglione rosa della ragazza la sua pelle, in particolare il collo, iniziava a coprirsi di uno strato di metallo, dopotutto la conosceva e conosceva cosa fosse in grado di fare Annie Hagi, un’altra dei 20 che avevano superato la prova.
“Ti aspetto ancora a quel bar io, lo sai? Mi hai scaricata nel modo più infame!”
Sì, la conosceva, sì era anche un’aspirante eroina, sì aveva superato l’esame, sì era la sua ex.

   
 
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