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Autore: time_wings    19/11/2019    2 recensioni
Alla 1-A viene data l'opportunità di passare un'estate in un resort di lusso. Sembra forse esserci un modo migliore di combattere il caldo e i duri allenamenti al chiuso?
Purtroppo, però, sogni così inverosimili, si sa, finiscono sempre per schiantarsi al suolo ed i ragazzi scopriranno presto, a loro spese, che non è tutto oro quello che luccica e che, come ogni eroe che si rispetti, anche a loro toccherà guadagnarsi la fortuna che tanto desiderano.
Riusciranno i nostri futuri eroi a trovare il modo di godersi l'estate nonostante imprevisti ed incidenti di percorso?
Piccole avventure e brevi sconfitte riempiranno i capitoli con il fascino travolgente dei personaggi che abbiamo amato.
Una storia di amicizia e di paura, che mostra il percorso di adolescenti in cerca di loro stessi, alle prese con timori da superare e amori da conquistare.
[KiriBaku, KamiJirou, Tododeku]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PHILOPHOBIA

paura d'innamorarsi


 

Fears are educated into us and can, if we wish, be educated out.
Karl A. Menninger



Ashido, Sero e Kirishima non avevano certo dimenticato lo spiacevole evento che aveva portato alla perdita della loro preziosissima canna da pesca.
Per questo motivo non avevano perso tempo, quella mattina, quando avevano scoperto che la fortuna era stata clemente. Si erano ritrovati, infatti, tutti e tre a condividere lo stesso turno di allenamento e avevano deciso di sfruttare quel tempo utile per mettere a punto le ultime mosse dell’imminente e segretissimo GSH.
“Credete che ce la farà?” Sussurrò Ashido, mentre tirava su la zip della tuta di allenamento e si avviava a passo spedito all’interno della palestra.
“Certo che sì, guarda che Kaminari ci sa fare.” La rassicurò Sero, con un sorriso obliquo.
Mina, però, alzò un sopracciglio, decisamente scettica.
“Ma gliel’avete detto?” S’informò Kirishima, dopo essersi guardato attorno con fare sospettoso ed essersi assicurato di non avere nessun compagno di classe a portata d’orecchio.
“Del fatto che abbiamo perso il nostro strumento della vittoria?” Cercò di chiarire Sero, mentre Kirishima annuiva e ridacchiava per il modo in cui l’aveva chiamato.
“Intendi la canna da pesca?” Domandò Ashido, alzando gli occhi al cielo, come a maledire il giorno in cui aveva scelto quegli squilibrati come complici.
“Shh!” La riprese Sero, voltandosi come se avesse potuto trovare un orecchio bionico alle sue spalle, pronto a spiarlo e a vendere i suoi segreti alle organizzazioni criminali di tutto il mondo.
Mina gli rivolse un’occhiata esasperata. “No, non lo sa, ma abbiamo elaborato un piano, modestamente, geniale che ha funzionato a meraviglia.” Spiegò Sero, prima di lanciarsi in una descrizione dettagliata del modo in cui, all’alba del giorno precedente, lui e Mina avevano salvato la povera canna dispersa da una fine infelice.
Il piano era stato semplice, ma efficiente.

Erano sgattaiolati nella stradina segreta che conduceva alla spiaggia e avevano trovato un punto particolarmente vicino al tugurio. Purtroppo per loro, però, era impossibile accedervi senza un sistema per superare il muretto che separava il sentiero nascosto dal terrazzo privato della camera al piano di sotto dell’E-5. In un primo momento Sero aveva proposto di servirsi dell’acido di Mina per fondere la parete, ma i segni sarebbero stati permanenti e, soprattutto, avrebbe dato modo a chiunque di individuare i colpevoli di quell’atto vandalico mal organizzato.
“Perché non sali sulle mie spalle e tenti di scavalcarlo?” Propose all’improvviso Sero. Mina lo guardò come se fosse stupido, poi sgranò gli occhi: “Oh, ma certo! Perché non ci ho pensato prima?”
“Davvero?”
“No, ero sarcastica.” Ashido ritornò a rifilargli un’occhiataccia sincera e che veniva dal cuore: “Non lo vedi che è troppo alto anche per noi due impilati?”
In effetti Sero non voleva diventare una lattina.
“Oh, ho un’altra idea!” Trillò all’improvviso il ragazzo. Lo sguardo stranamente assottigliato, in evidente segno di concentrazione. Peccato che Mina fosse troppo occupata a guardare con sufficienza il muro invalicabile che la separava dal tugurio perché potesse notarlo in tempo: “Mh-mh.” Mugugnò assente, continuando a pensare.
“Qui attorno ci sono dei massi, no? Prendiamone uno, facciamo un buco con l’acido, lo leghiamo allo scotch e lo lanciamo dall’altra parte, così avremo una specie di corda e tu potrai arrampicarti, superarlo, prendere le chiavi e la canna da pesca e tornare indietro.” Spiegò semplicemente lui, guardandosi ora la punta delle scarpe, in imbarazzo.
“Certo e come…” Ashido si bloccò, mentre ragionava, poi un sorriso orgoglioso le si dipinse in viso, mentre si voltava a guardare l’amico: “Ma è un’idea geniale! Bravissimo!” Si complimentò la ragazza, visibilmente sorpresa e mettendosi immediatamente alla ricerca di un masso adatto ai loro bisogni.
“Che te ne pare di questo?” Domandò infatti, dopo qualche minuto di attenta ricerca nel boschetto accanto al viale: “Un po’ grosso, ma dovrebbe andare.” Giudicò Sero, che era diventato ormai il leader indiscusso di quella missione di salvataggio.
Ashido praticò un foro che tagliava il masso da parte a parte, non troppo lontano dal suo lato superiore. Un attimo dopo Sero, come da programma, evocò lunghe strisce di scotch che sovrappose perché diventassero più spesse e resistenti, finché non si ritrovarono con una quantità di metri di scotch rinforzato pressoché infinita ammonticchiata sul masso selezionato con cura da Ashido.
“Sei pronta?” Domandò il ragazzo, mentre sosteneva il peso del fardello con l’aiuto di Mina. Lei annuì e contò fino a tre, poi l’oggetto volò in aria, restando sospeso per quelli che furono, agli occhi dei ragazzi, secondi di interminabile panico, vissuti col fiato mozzato, prima di atterrare con il tonfo della vittoria dall’altra parte del muretto.
Tonfo della vittoria, si fa per dire, dato che, assieme al rumore del masso che impattava con il pavimento, udirono anche quello di una serie di mattonelle di ceramica che si spezzavano; il che li portò a constatare, con sommo rammarico di Sero, che, in effetti, ci aveva visto lungo e che la pietra scelta era decisamente troppo pesante.
I due amici si guardarono terrorizzati per qualche minuto, Ashido con il nastro già tra le dita, Sero con le mani davanti a sé, come se stesse ancora sostenendo il peso della pietra: “Facciamo in fretta, prima che i clienti si sveglino e vengano a controllare.” Sussurrò Ashido testando la resistenza della corda improvvisata con qualche leggero strattone e procedendo a puntare i piedi sul muro color pesca per iniziare la scalata.
Qualche minuto dopo Mina aveva già recuperato la canna da pesca e le chiavi, tirando la corda quel tanto che bastava per far capire a Sero che era giunto il momento di spostarsi tra gli alberi per permetterle di lanciare nuovamente la pietra dall’altro lato.
Ashido sfruttò ancora la sua Unicità per corrodere appena il masso, in modo che fosse più leggero, poi fece ricorso a tutta la forza che possedeva in quelle apparentemente esili braccia tinte di rosa e lanciò la pietra dall’altra parte del muretto, sul sentiero sterrato che conduceva al mare.
Quando fu nuovamente in cima si decise a saltare, mentre il filo trasparente della canna da pesca la seguiva, qualche metro al di sopra della sua testa.

“Cosa? L’avete già fatto ieri mattina?” Domandò incredulo Kirishima, non appena Sero ebbe finito di parlare.
I ragazzi annuirono orgogliosi: “Alle cinque e mezzo, di preciso!” Specificò il ragazzo, ancora reduce dall’euforia causata dal fatto che il suo piano avesse funzionato davvero.
“Non male!”
“Ciò che farà male,” Esordì Aizawa, che sembrava essersi materializzato accanto a loro dal nulla: “saranno i vostri muscoli in seguito all’allenamento speciale che vi rifilerò, se non vi sbrigate a mettervi al lavoro.” Li minacciò.
I ragazzi si scambiarono un’occhiata terrorizzata, prima di balbettare in coro un imbarazzatissimo “Sì, signor Aizawa” e correre al lavoro.
Non poterono che chiedersi se il professore avesse ascoltato qualcosa del loro discorso.
Sarebbe stato complicato giustificarsi.
 
L’aria fresca del tardo pomeriggio risollevò un po’ il morale dei ragazzi.
Essere costretti a preparare la sala lussuosissima del Lotus Resort, in attesa della cena, era a dir poco sfiancante, se si consideravano anche le uniformi decisamente pesanti imposte dalla direzione. Indossare una camicia e una cravatta in piena estate comportava una quantità di sudore che i ragazzi non vedevano dai tempi inquieti delle battaglie contro la League of Villains.
Uraraka sospirò, passando la scopa negli angoli infimi della sala, dove si annidava la maggiore quantità di sporco e di polvere.
“La sera è una benedizione!” Commentò Mina, mentre Tokoyami, intento ad apparecchiare un lungo tavolo qualche metro più in là, annuiva insofferente. Nell’aria si respirava la tipica atmosfera elettrizzata dei minuti che precedono l’arrivo dei clienti, quella in cui si è soliti correre a fare le ultime cose prima dello sforzo finale.
Proprio in quell’istante, però, un cliente in inaspettato anticipo turbò la tensione di quei momenti.
Jiro piombò nella stanza enorme con uno sguardo perso e confuso, mentre i tre camerieri si voltavano a guardarla senza capire bene qual buon vento la portasse in un covo infernale come quello. La ragazza richiuse la porta con un colpetto dello stivale, poi sbuffò visibilmente a disagio, prima di trovare il coraggio di proferir parola.
“Posso parlarti un attimo?” Domandò, fissando lo sguardo in quello di Ashido, mentre la voce rimbombava tra le pareti semivuote della grande sala da pranzo.
Mina alzò confusa un sopracciglio: “Ora?”
Jiro annuì, con la fronte aggrottata.
Non l’aveva mai vista così persa. Nessuna battuta pronta si affacciava alle sue labbra, nessuno sguardo sarcastico o commento sprezzante lasciava intendere qualsiasi forma di ironia. L’unica emozione nettamente riconoscibile nei suoi lineamenti era la sola che si poteva solitamente trovare nascosta dietro un fitto strato di espressioni distaccate e disinteressate: l’insicurezza.
L’improvvisata cameriera si preoccupò.
“Ragazzi, vi andrebbe di andare a chiedere a Sato e Shoji come procedono i preparativi delle salse?” Domandò Ashido, continuando a studiare l’amica. Uraraka guardò le ragazze con apprensione, poi annuì e si diresse a passo spedito verso la cucina, con Tokoyami al seguito.
Il ragazzo, però, mentre spingeva le porte dotate di oblò della cucina si guardò per un attimo alle spalle, che fosse per sbirciare o per assicurarsi che Jiro stesse bene a nessuno fu chiaro.
“Siediti.” La invitò poi Mina, allontanando una sedia dal tavolo più vicino e facendo lo stesso con quella accanto, in modo da esserle di fronte: “Ebbene?”
Jiro si rigirò un plettro che teneva fra le dita, visibilmente a disagio: “Ecco…” Iniziò, dopo una pausa che sfruttò per mettere in ordine i pensieri: “Ricordi la sera dell’OAD?”
Mina inarcò un sopracciglio confusa: “E cos’è?”
“Maledetti voi e i vostri acronimi. L’Operazione di Accalappiamento Deku.” Spiegò, alzando gli occhi al cielo. Ashido ridacchiò: “Allora te li ricordi, i nomi!”
Jiro sorrise appena e Mina gridò vittoria internamente, ricambiando poi con un sorriso caldo, prima di continuare: “Sì, ricordo che scrivevi a qualcuno al cellulare.”
“Era Kaminari.” Andò dritta al sodo Jiro.
“Che ti ha anche baciata ad Aspira e Soffia.” Continuò per lei Ashido.
“Vedo che hai già capito tutto.” Sussurrò Jiro, che in ogni caso si aspettava che l’amica avesse seguito tutti i suoi movimenti con precisione.
Mina annuì orgogliosa: “Saprai anche che ieri ci siamo baciati.”
Lo sgomento nello sguardo di Ashido fu impagabile: “C-che cosa? Quando? Come?”
Jiro non poté godere della reazione attonita di Mina, troppo occupata a gestire l’imbarazzo che si faceva largo sul suo viso sotto forma di una macchia che le imporporava le guance: “Te l’ho detto, ieri.”
“Sì, ma quando?” Ashido si era sporta verso di lei, il che non stava contribuendo a far diminuire il suo imbarazzo: “Quando voi ci avete preceduti, alle piscine soft porn.” Spiegò Jiro, come se ‘piscine soft porn’ fosse un pezzo d’informazione chiaro ed elegante.
Tuttavia Mina comprese lo stesso: “Oh, e com’è stato? Non mi sembri molto rilassata.”
Kyoka si decise finalmente ad alzare lo sguardo sull’amica. Era venuta lì per parlare, no? Tanto valeva farlo subito: “No, infatti. Ne ho parlato anche con Momo, ma non abbiamo saputo bene interpretare le sue azioni. Così ho pensato di chiederlo a te, visto che sei sua amica.” Ashido annuì, invitandola con lo sguardo a proseguire: “All’inizio mi è…” Jiro si bloccò. È che non ce la faceva proprio a dirlo ad alta voce: “mi è piaciuto, ecco.” Si fece forza. Doveva essere determinata: “Solo che è da un po’ che lasciarlo avvicinare troppo mi spaventa. Insomma, perché ho…”
“Hai paura di prenderti una sbandata per lui.” Concluse per lei Mina, con lo sguardo di una che sembrava saperla lunga. Kyoka annuì, felice che l’amica le fosse venuta in aiuto con le parole: “E che c’è di male, scusa?”
“C’è che lui si sta certamente solo divertendo. Nessuno cercherebbe… Insomma io non sono come voi e quando siamo tutti insieme lui non sembra più tanto… Ecco, tanto interessato come quando siamo soli.”
Mina sorrise teneramente, ma Jiro non seppe cosa farsene di quel sorriso.
Era stato già abbastanza difficile esporsi fino a quel punto, non voleva la sua pietà.
“Ma, scusa, queste cose te le ha dette lui?”
Jiro sospirò, ma poi si ritrovò costretta a scuotere la testa: “Secondo me sei solo insicura, anche se non ne hai motivo! Sei simpatica, talentuosa e anche molto carina!”
Jiro alzò gli occhi al cielo: “Smettila. Non è questo il punto… e non sono insicura.” L’ultima frase suonò come una bugia alle sue stesse orecchie: “E comunque questo non spiega perché si comporti come un cretino.”
“Okay, okay.” Mina alzò le mani davanti a sé: “Chiariamo una cosa. Kaminari è un cretino.” Specificò. Jiro rise: “Ma, ad ogni modo, non sono nella sua testa, per fortuna, aggiungerei.” Jiro ridacchiò ancora e Ashido fu felice di averla messa finalmente a suo agio: “Però una cosa la so.” Sentenziò, tornando seria.
Jiro inarcò un sopracciglio: “Ovvero?”
“Ovvero che ha paura di te.”
“Di me?”
“Sì.” Spiegò Ashido, sconvolta davanti alla cecità dei giovani amori: “Di te. Sei abbastanza acida nei suoi confronti, o sbaglio? Per di più gli dai segnali contrastanti. Già vive con poco più di un neurone, poi tu lo confondi ulteriormente! Non si sta solo divertendo, sicuramente gli piaci davvero, ma non sa come fartelo capire senza essere ferito.”
Jiro non disse niente, si limitò a guardare l’amica con titubanza. Non aveva tutti i torti, in effetti. Forse Kaminari aveva paura di essere chiaro con lei. Temeva che iniziasse a prenderlo in giro? Che lo trovasse pazzo? Che si prendesse gioco di lui davanti ai suoi amici?
“Forse hai ragione.” Concesse alla fine, pensierosa.
“Come al solito.” Jiro alzò gli occhi al cielo, tornando quella di sempre.
“Ci resta qualche minuto.” La testa pennuta di Tokoyami fece capolino dalla porta delle cucine e Mina annuì.
“Allora ci vediamo più tardi?” Domandò Jiro, afferrando al volo e alzandosi dalla sedia, dirigendosi verso la porta.
“A più tardi.” Trillò Ashido, tenendola aperta per lei.
“Mh, ecco… Grazie.” Esalò l’amica, puntato lo sguardo su uno dei costosissimi quadri che adornavano le mura altrimenti scarne del corridoio che conduceva alla sala da pranzo.
“Quando vuoi.” La congedò, mentre Kyoka le dava le spalle: “Oh, Jiro, un’ultima cosa.”
Mina si prese una pausa ad effetto, mentre l’amica si voltava curiosa a guardarla: “È da ieri sera che Kaminari non si toglie il broncio dalla faccia, il che sta rovinando molto lo… I nostri piani, ecco. Fossi in te andrei a dare un’occhiata.” Buttò lì, mentre Jiro la osservava confusa: “Aspetta, che…”
“Devo andare, arrivano i clienti, ciaaaao!” Salutò con una mano, richiudendo la porta, mentre Jiro cercava in tutti i modi di trattenerla e farsi spiegare le cose per bene.
Quando il silenzio calò nel corridoio improvvisamente buio sospirò, ma poi si ritrovò costretta a sorridere. Era felice di essersi sfogata. Certo non aveva messo a nudo proprio tutti i suoi sentimenti e timori, ma ogni cosa a suo tempo, no?
 
“La sapete l’ultima su Leonardo di Caprio?” Domandò Hagakure. Dalla posizione della rivista di gossip volante era facile indovinare che la ragazza fosse stesa supina, con la testa che penzolava dal bordo del letto.
“Ricordami perché ho accettato di partecipare a un pigiama party.” Si lamentò Jiro, sussurrando nell’orecchio di Momo. La mora ridacchiò: “Perché è nella tua stanza, immagino.”
“Mina mi ha incastrata.”
“A nessuno importa di Leonardo di Caprio.” S’intromise Ashido, richiamando l’attenzione di tutte, mentre si sedeva sul parquet di legno grezzo, facendo cenno alle altre di fare lo stesso.
“Io resto qui.” Si oppose Hagakure, prendendola in giro e osservando le altre dal letto. Mina ridacchiò.
“Allora,” Esordì inaspettatamente Momo: “Qual è il motivo di questo incontro serale improvviso?”
Jiro deglutì rumorosamente. Si fidava di Ashido, ma aveva paura che l’amica avesse intenzione di tirarla in ballo. In effetti non aveva specificato che avrebbe preferito che la loro conversazione rimanesse, ecco, loro, appunto.
È solo che credeva non ce ne fosse bisogno.
Inspirò tesa.
“Ma non è ovvio? Abbiamo lasciato in sospeso l’OAD!” Rivelò inaspettatamente Ashido, strizzando l’occhio a Jiro. Doveva aver percepito la sua ansia.
“E cosa sarebbe, cra?” Domandò Tsuyu, bucando il silenzio confuso di tutte.
Jiro sospirò rassegnata, sorridendo: “L’operazione accalappiamento Deku.” Spiegò, poi.
“Che sorpresa vedere che te lo ricordi!” Osservò Ashido, in uno sfottò che avrebbe potuto capire solo Kyoka.
“EH?” Sul viso di Uraraka si poté notare un alternarsi di un cospicuo numero di tonalità di rosso. Fenomeno decisamente singolare, visto il ridotto intervallo di tempo in cui si era verificato.
“In effetti non ci hai più detto niente.” Commentò Hagakure, con fare inquisitorio.
“E cosa avrei dovuto dirvi?” Rispose Uraraka, con un tono decisamente più acuto del normale. Poi si abbandonò ad una breve risatina nervosa.
“Beh, cos’è successo?” Ashido era, invece, relativamente tranquilla, mentre muoveva una mano come ad invitarla a continuare, ma a Jiro non sembrò altro che una buffa psicologa del gossip improvvisata: “Ho notato che ieri andavate molto d’accordo.”
“Sì, ecco, è perché noi andiamo effettivamente d’accordo." Spiegò Uraraka a disagio. Sapeva che avrebbe dovuto trovare qualcosa da dire alle ragazze e sapeva anche che aveva avuto tempo a sufficienza per pensarci, ma, visto che il fatto era ormai successo da un po’ e ancora non le era mai stato chiesto qualcosa, aveva finito per convincersi che, semplicemente, non gliel’avrebbero mai più chiesto.
“Sì, ma spiegaci cos’è successo.” Incalzò Hagakure, che, al contrario di Ashido, non riusciva a contenere l’eccitazione.
“Niente di speciale. Abbiamo parlato nella pineta.” Temporeggiò Uraraka, nel disperato tentativo di farsi venire in mente qualcosa alla svelta.
“Che gli hai detto?”
Ochaco arrossì ancora: “Beh, che provavo qualcosa per lui.”
“Sei stata molto coraggiosa, cra.” Si complimentò Tsuyu. Uraraka le sorrise con gratitudine.
“E lui che ha detto? Com’è andata?” Domandò Momo, cercando di sembrare ficcanaso il meno possibile. Peccato che non sapesse quanto Uraraka temesse quella domanda.
“Ecco, è andata bene.” Si limitò a dire la castana. Insomma, era pur sempre una verità. Era obiettivamente andata bene, solo che non era il tipo di ‘bene’ che si aspettavano le altre.
Inaspettatamente, in quel momento, nella stanza si affollarono una quantità di voci che sembrava nettamente superiore al numero di persone presenti.
“OH, LO SAPEVO!” Gridò Ashido, balzando in piedi. Hagakure la seguì a ruota: “Hai visto che il lucidalabbra non si è rivelato necessario?”
“Aspettate, che…” Uraraka le guardò dal basso, in un attimo di confusione, prima che la consapevolezza delle sue parole la investisse in pieno: “No, non intendevo…”
“L’OAD è andata a buon fine. Ripeto, l’OAD è andata a buon fine.” La interruppe Ashido, ponendo le mani a mo’ di megafono, per amplificare il suono.
“Smettila, sei irritante.” La riprese Jiro, tirandola giù.
“Oh, sono così felice per te.” Disse Momo, appoggiando dolcemente una mano sulla spalla di Uraraka, guardandola con gioia. A Ochaco venne da piangere. Come avrebbe potuto smontare la felicità delle sue amiche in quel momento? E, soprattutto, come avrebbe spiegato loro cosa era successo davvero senza tradire Midoriya?
Una sola via d’uscita si fece strada nella sua mente.
Ma certo! La soluzione era semplice. Avrebbe lasciato le cose com’erano per un po’, giusto il tempo di elaborare una scusa valida e, in più, avrebbe avvertito Midoriya della situazione, per evitare che le compagne scoprissero qualcosa. Odiava mentire, ma tradire un amico era fuori discussione.
Sì, sarebbe stata la fidanzata di Deku per qualche tempo, d’altronde, cosa sarebbe potuto andare storto?
“Grazie mille ragazze.” Uraraka si aspettava che il piano avrebbe alleggerito il peso sul suo cuore, eppure, inspiegabilmente, pronunciare quelle parole sortirono l’effetto opposto. Un macigno si cementò nel suo petto e la sua voce gioiosa le sembrò distante ed estremamente falsa. Non seppe spiegarsi perché.
“Beh, vorrà dire che in classe nostra restano solo gli stupidi, per noi.” Scherzò Ashido, scoccando un’occhiata ironica in direzione di Uraraka, che ricambiò con un sorriso forzato.
“Ma dai, non dire così!” Si aggiunse Tsuyu, che credeva ci fosse qualche membro maschile della classe ancora meritevole.
“Mineta è un malato.”
“Dai, avrà le sue qualità.” Cercò invano di difenderlo Momo.
Non ci credeva neanche lei.
“Ti ricordo che una volta ha provato a toccarti le tette.” S’intromise Jiro, pratica e diretta come sempre: “Certo, non lo biasimo.”
“Solo una volta?” Domandò ironica Ashido, con un sopracciglio alzato.
“Sì, ma Iida è un ragazzo intelligente!” Convenne Momo, che aveva sempre una parola buona per tutti.
“Sì, ma pensa solo alle regole!” Si lamentò Hagakure: “Però Todoroki è un gran figo, con quella cicatrice.” Commentò, poi, con voce sognante. Uraraka per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
“Hai una specie di fetish?” La prese in giro Mina, ridacchiando e Hagakure sbuffò: “No, ma che c’entra?”
“Sì, ma chissà quante ragazze gli vanno dietro.” Rispose seriamente Ashido, alzando una mano in segno di resa.
“In effetti in spiaggia si girano in molte a guardarlo, cra.” Osservò Tsuyu, con una mano sul mento, come se stesse analizzando una particolare specie d’insetto, più che una futile e leggera discussione sui suoi compagni di classe.
“L’ho detto allora e lo ripeto: ha un gran bel sedere.” Si aggiunse Jiro, alzando le spalle come se la cosa non la riguardasse poi tanto.
“Però è sempre così riservato. Secondo voi ha una ragazza? Uraraka, che dici?”
“Eh? Oh, sì, è carino…” Doveva pensare alla svelta. Ah, era così difficile mentire: “E di Bakugo che pensate? Non è male.”
“No, è un pazzo isterico.” Sentenziò Jiro, come se bastasse a chiudere il discorso.
“Ha un bel fisico.” Tentò Momo.
“Ma urla troppo.” Disse Hagakure e tutte annuirono: “Kirishima è un santo.”
“Lui è uno carino.” Convenne Jiro.
“Ed è anche molto simpatico.” Si unì Uraraka, mentre Tsuyu annuiva.
“No, non ce la faccio, siamo troppo amici, non riesco a dare un giudizio.” Concluse Ashido scuotendo la testa, cercando di scacciare quel pensiero, mentre Momo ridacchiava.
“Sempre meglio di Kaminari.” Disse Hagakure.
Bomba lanciata.
Mina cercò di contenersi, ma non riuscì ad evitare che si formasse uno strano sorriso sul suo viso.
“Ma dai, perché?” Si aggiunse Uraraka, felice che la conversazione si fosse finalmente allontanata da Midoriya.
Ma, come d’altronde si sa bene, la fortuna di alcuni è la sfortuna di altri. Momo rivolse un’occhiata tesa a Jiro, che osservava le ragazze parlare come se niente fosse.
“Kaminari è un po’ scemo, ma può piacere.” Insinuò Ashido, divertita.
“Chissà cosa direbbero di noi i ragazzi, invece!” Momo tentò di deviare l’attenzione del gruppo su altri argomenti.
“Sì, in effetti è un discorso stupido. Se i pigiama party sono così, questo è l’ultimo a cui partecipo.” Sentenziò Jiro, risultando comunque disinteressata e annoiata come al solito.
Momo pensò che avesse un talento.
“E va bene.” Concesse Ashido: “A chi va di sentire una storia horror?” Propose, mentre Jiro le riservava un’occhiataccia in HD: lei odiava i racconti di paura.
“Sì, che bell’idea!” Trillò Hagakure, alzandosi per spegnere la luce.
Una mano invisibile raggiunse l’interruttore e la stanza piombò nel buio. Jiro tremò: “Ti odio.” Sussurrò nell’orecchio di Ashido, prima che l’amica accendesse la torcia del cellulare e la puntasse su di sé. Rise piano: "Perchè? Ti ho fatto un favore!"
“Bene.” Mina abbassò la voce di parecchi toni, come se fosse stata in procinto di rivelare un segreto impenetrabile: “Avete mai sentito parlare della storia del fantasma di Yokohama?”
“Che? Ma è qui vicino.” Notò Uraraka, incuriosendosi.
Mina annuì: “Proprio così. È la storia di una ragazza che infesta le coste di Tokyo e di Sagami.” Le informò, poi.
“Ma è dove siamo noi adesso!” Osservò Hagakure, con orrore nella voce.
“Esattamente.” Confermò ancora la ragazza.
Jiro si rassegnò: quella serata sarebbe stata una tortura!



Note di El: Uelà, anche se non ho quasi più i capitoli continuo imperterrita a pubblicare il martedì!
Dai, se non finisco il 15 entro questa settimana pubblicò di venerdì. Vi giuro, l'ho praticamente finito, quindi è un'eventualità rara.
Bien, torniamo a noi, chè di 'sta roba giustamente non v'importa niente.
CAPITOLO DI PASSAGGIO. Ah, che bello, adesso lo dico anch'io. Come se il resto dei capitoli fosse di incredibile utilità, poi. Vabbè.
La canna da pesca è stata recuperata, yuppie, a cosa servirà, beh, lo scorpirete presto. Mi ha fatto molto ridere dire che Sero non voleva diventare una lattina.
Su Jiro sappiamo qualcosa in più, yabadabadoo, non ricordo chi mi disse nei commenti che avrebbe tanto voluto vederla confidarsi con Mina, mi pare, non sono sicura, comunque io SAPEVO SAREBBE ARRIVATO QUESTO MOMENTO, spero di averti accontentata.
E poi vabbè, l'ultima parte è tutta un trash, cliché e luoghi comuni. Un po' mi fa ridere, un po' mi faccio schifo, uau, la storia della mia vita.
Ah, fun fact, Jiro che odia gli horror non è un mio headcanon, è prorpio canon, ho studiato, yay, ora potete andare a dirlo a tutte le persone che volevano assolutamente saperlo. *inserire civetta*
Comunque non ho capito perchè vi dico cosa succede nel capitolo a fine capitolo. No, davvero, perchè lo faccio?
Ok, basta.
Adieu,

El.

 
   
 
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