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Autore: Mari_Criscuolo    21/11/2019    1 recensioni
Leila (Ella) ha 22 anni e vive a Napoli, ma, dopo la laurea triennale in psicologia, si trasferisce a Roma, per continuare il suo percorso di studi.
Sofia, sua amica da otto anni, ha deciso di seguirla.
Entrambe mosse dalla stessa chimera: lottare per la propria felicità.
Ella ha compiuto una scelta che ha fatto soffrire molte persone.
Nonostante non ne se ne sia mai pentita, sa che ogni decisione comporta delle conseguenze e lei sta ancora scontando la pena che le è stata imposta.
È convinta di essere in grado di affrontare ogni difficoltà la vita le metterà sul suo cammino, perché l'inferno lo ha vissuto, deve solo trovare il modo di non ritornarci.
Una ragazza con le sue piccole manie e le sue paure.
Una ragazza che usa il sarcasmo e l'ironia per comunicare il suo affetto e, allo stesso tempo, proteggersi da chi si aspetta, da lei, cose che non può e non vuole fare.
La sua famiglia, Sofia con suo fratello Lorenzo e, infine, un incontro inaspettato, la sosterranno nella sua scalata verso la tanto agognata libertà.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ma le feste a tema non si facevano a tredici anni? Sembra il luogo di sepoltura di Britney Spears.»
 
Il commento sarcastico di Lorenzo, bloccò i movimenti meccanici di Ella che era intenta a sistemare i tovaglioli e le tazze, usate come bicchieri, con le stampe delle diverse copertine dei CD di Britney Spears.
 
«Ti conviene stare zitto se non vuoi finire come quei poster appesi al muro. Questo è un capolavoro e le tue parole non potranno mai intaccare la profonda stima che nutro per le mie capacità artistiche» rispose caustica, puntando l’indice nella sua direzione.
 
Ella aveva affittato la piccola sala al secondo piano del locale di Massimiliano ed era dalle sei del pomeriggio che era sommersa da palloncini, poster, maschere e qualunque cosa Amazon producesse con il volto della principessa del pop.
 
Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli: dalle tracce musicali ai costumi delle ragazze, dagli addobbi alla torta con la miniatura della cantante. Cristina le aveva dato le indicazioni, ma solo una ragazza maniacale come Ella avrebbe potuto creare il santuario di Britney Spears nei più piccoli particolari, senza lasciare nulla al caso affinché fosse tutto perfetto.
 
«Non ci ho neanche provato e mai lo farò, a meno che non abbia deciso di morire.»
 
Luca, che fino a quel momento non aveva proferito parola, osservava con attenzione i nove poster raffigurati le copertine degli album, che Ella aveva posizionato in ordine cronologico a partire dalla parete a destra dell’ingresso. Erano stati disposti in modo che formassero una singola linea continua che terminava sul lato sinistro, punto in cui era stato affisso quello di destra.
 
«Non mi dire che hai misurato la distanza di un poster dall’altro per ottenere questo risultato?»
 
L’espressione di Luca, mentre prendeva consapevolezza della sua stessa domanda, era di puro sconvolgimento. Gli occhi sgranati e l’incredulità nella sua voce fecero ridere Ella, che provò un alto grado di soddisfazione per l’effetto sortito dalle sue sottovalutate capacità.
 
«Visto che lo chiedi, ho misurato la lunghezza delle pareti e diviso per il numero di poste.»
 
«Sono allucinato.»
 
Luca non accennava a riprendersi. Forse quando Sofia o Cristina parlavano della sua mania del controllo, non avevano mai portato loro esempi di significativa importanza.
 
«Ora, se avete finito di sprecare ossigeno con inutili domande, usate le vostre braccia per spostare questo cartonato in quell’angolo. Mi raccomando deve essere simmetrico a quello che ho posizionato da quest’altro lato del tavolo» spiegò, fornendo indicazioni precise su dove mettere quel metro e sessantatré di cartone sagomato.
 
«Democrazia, questa sconosciuta» commentò Lorenzo, arrotolandosi le maniche della camicia fino ai gomiti.
 
«Esatto. Perché con me si fa solo quello che dico io, quindi fai poco lo spiritoso.»
 
«Ai suoi ordini» rispose Luca.
 
Ella aveva unito tutti i tavoli della sala per formare un unico grande piano d’appoggio, su cui, per il momento, si trovavano gli stuzzichini per un piccolo aperitivo in attesa delle pietanze, che aveva ordinato di portare per le nove.
 
«Ragazzi, ho detto simmetrico non obliquo. Una sola cosa dovete fare e la sbagliate anche» li rimproverò, sbuffando per la loro incapacità.
 
«Ecco, fermi! Così è perfetto.»
 
«Non hai freddo conciata in quel modo?» le chiese Lorenzo, osservando con più attenzione il suo abbigliamento.
 
I continui giudizi sottesi dietro le loro domane o affermazioni stavano iniziando a infastidirla e non riusciva a capire il perché. In genere ci avrebbe scherzato, avrebbe fatto un commento sarcastico, invece, adesso si sentiva solo molto irritata.
 
Forse perché la mattinata burrascosa e le lacrime di Sofia l’avevano scossa più profondamente di quanto aveva creduto, forse erano state quelle settimane di stress accumulato e non espresso o forse era la sensazione di qualcosa che non era ancora accaduto, ma che sarebbe stato, a renderla tesa e intrattabile.
 
«No, il locale è riscaldato quanto basta.»
 
Il tono di voce secco con cui aveva risposto era stato camuffato dal ritornello di “Criminal”, che Ella canticchiava per distrarsi e focalizzare l’attenzione su qualcosa di piacevole.
 
«Perché ti sei vestita da scolaretta?»
 
«Britney Spears indossa abiti simili nel video di “Baby one more time”. Luca, mi spieghi in quale universo sei cresciuto per non riconoscere questo travestimento?»
 
«Chiedo scusa all’universo per la mia ignoranza.»
 
«Se lo sapesse Sofia ti farebbe l’elettroshock con le sue canzoni, usciresti da questa stanza ballando sulle note di “Toxic”.»
 
A Ella sfuggi una risata, immaginando Sofia mentre gli diceva con voce pacata: “Non si insulta Britney Spears”, per poi incollargli le cuffie nelle orecchie e distruggergli i timpani con tutti i testi sparati al massimo del volume. Avrebbe pagato qualunque cifra per assistere ad una scena del genere.
 
«Ti aiuto a svuotare quelle?» domandò Lorenzo, indicando due buste che Ella aveva poggiato su una sedia.
 
«No. Lì ci sono i costumi per Cristina e Sofia.»
 
«Quindi festeggeremo con tre sciroccate.»
 
«Tu prova a fare solo un altro commento sul mio abbigliamento, sulla sala o sugli addobbi e ti assicuro che saranno le tue ultime parole prima di lasciare questo mondo.»
 
Ella questa volta non poté fare a meno di rispondergli bruscamente, non riusciva a tollerarlo e non voleva sentire qualcos’altro che non fossero complimenti per i suoi sforzi e il bellissimo allestimento.
 
Sentiva che qualunque altro stupido commento avrebbe potuto innescare la bomba che aveva nello stomaco. Voleva solo dare sfogo a quella frustrazione che cercava ancora di trattenere, ma che sapeva di non poter più controllare.
 
Qualcuno si sarebbe fatto male, doveva solo rimandare la catastrofe a un altro giorno per non rovinare il compleanno alla persona che più di chiunque meritava di vivere degli attimi di pura felicità.
 
Ella avrebbe resistito fino a farsi corrodere ogni organo interno dalla rabbia, fino a ricoprire il suo addome di lividi, avrebbe fatto di tutto per rendere quella serata perfetta.
 
«Non lo ascoltare, ha solo avuto una brutta giornata a lavoro.»
 
Prima che Ella potesse rispondere, la vibrazione del suo cellulare, che aveva dimenticato di aver messo solo per quella sera, la fece spaventare. Non era più abituata e non vedeva l’ora di poter impostare nuovamente il silenzioso.
 
“Arriviamo tra cinque minuti.”
 
«Cristina mi ha avvisata che tra poco saranno qui. Forza mettetevi le maschere con la faccia di Britney e nascondetevi.»
 
«Sul serio?»
 
«Lorenzo, quale parte di festa a sorpresa non hai capito? Si fa tutto ciò che dico senza obiettare.»
 
«Come non detto.»
 
«Ora spengo le luci e voi state buoni e zitti» li ammonì Ella avanzando verso il contatore della luce, che si trovava dietro un quadro nell’angolo tra la porta e la parete, per far sprofondare la piccola sala nell’oscurità.
 
«Secondo te quanto dobbiamo rimanere rannicchiati dietro il tavolo?» Chiese Lorenzo, infastidito dalla posizione che aveva assunto.
 
La sua insofferenza le ricordò Ciuchino e la sua petulante voce quando si ostinava a chiedere ogni cinque secondi se fossero arrivati a destinazione.
 
«Il tempo necessario. Smettila di fare il bambino e taci.» Ella fu immensamente grata nei confronti di Luca, per aver risposto con toni moderati, prima che lei potesse farlo con un atteggiamento più brusco.
 
Un leggero rumore di passi e il ticchettio dei tacchi sul legno delle scale avvisarono Ella che a breve sarebbe apparse sulla soglia Sofia.
 
Quando Ella percepì la presenza delle sue amiche a qualche passo di distanza da lei, attese il segnale di Cristina per poter dare il via ai festeggiamenti.
 
«Non essere impaziente. Siamo arrivati, adesso ti tolgo la benda.» Un istante dopo che Cristina ebbe terminato la frase, Ella accese le luci lasciando che ogni cosa apparisse chiara e inequivocabile agli occhi della sua migliore amica.
 
«Sorpresa!» esclamarono tutti i presenti, uscendo finalmente dai loro nascondigli e lasciandosi guardare con sguardo esterrefatto da Sofia, la cui bocca, che aveva assunto la forma di una perfetta ellisse, era semicoperta dalla sua mano destra.
 
«Oh mio Dio. Voi avete… voi siete…»
 
«L’esercito di Britney Spears.» Lorenzo completò la frase della sorella, sfilandosi la maschera per rivelare il sorriso provocato dal suo stesso commento ironico.
 
Era decisamente un dilettante in materia.
 
«Credevi davvero che non avremmo festeggiato con te?» la domanda di Ella era retorica, non si aspettava realmente una risposta considerato lo stato confusionario in cui riversava Sofia, che non faceva altro che osservare con attenzione e stupore ogni oggetto e addobbo presente nella stanza.
 
«Io… ragazzi, non so cosa dire. È tutto così…»
 
«Splendido, unico, eccezionale, fantasmagorico, strabiliante, entusiasmante» la interruppe Ella, con trepidazione.
 
La sua personalità avrebbe rubato la scena a chiunque in qualunque circostanza, con quel tocco di ironia che l’avrebbe tenuta alla giusta distanza dall’egocentrismo, una linea che aveva imparato ad avvicinare senza mai superare.
 
Chi non la conosceva e l’ascoltava non avrebbe saputo giudicarla o collocarla in una sola specifica categoria, era impossibile perché Ella poteva essere tutto e niente a suo piacimento e anche nello stesso momento.
 
«Fermatela prima che elenchi tutti gli aggettivi presenti nel vocabolario» intervenne Cristina, nella speranza di fermare l’autoelogio di Ella.
 
Di una cosa poteva essere sicura in quel momento, Ella avrebbe vantato le sue inarrivabili capacità per almeno un anno o fino a quando non si sarebbe verificato un evento di altrettanta importanza.
 
«È tutto perfetto» ammise Sofia, guardando con profonda gratitudine la sua famiglia.
 
Aveva trascorso gli ultimi giorni a immaginare cosa avesse escogitato Cristina per poter rendere quella serata la più bella della sua vita, ma non aveva mai pensato a qualcosa che fosse lontanamente simile a ciò che i suoi occhi stavano sviscerando minuziosamente in ogni microscopico dettaglio.
 
Era stata sicuramente Ella a preparare tutto, lo aveva intuito non solo dal suo autocompiacimento, ma anche dalla maniacale precisione e incredibile assortimento di gadget raffiguranti il suo modello femminile di riferimento, in tutte le possibili varianti.
 
«Non avrebbe potuto essere diversamente dal momento che ho passato l’intero pomeriggio ad allestire questa sala e ho anche dovuto sopportare tuo fratello.»
 
«Che ha combinato?» Chiese Cristina, cercando di trattenendo una risata.
 
«Nulla che non abbia potuto gestire.»
 
«La smetti di mortificarmi?»
 
«Ho appena iniziato. Adesso basta con le chiacchiere e andatevi a cambiare.» Ella recuperò le due buste dalla sedia che aveva poco distante da lei, per porgerle alle due ragazze.
 
«Cosa?» Sofia, evidentemente, ancora non si era ripresa dalla sorpresa. Si era concentrata tanto sulla sala da ignorare completamente l’abbigliamento di Ella.
 
«Non ha visto come sono vestita? Stasera saremo tutte la Britney del’98. Muoversi, muoversi e non perdete troppo tempo in cose che potrete fare anche stanotte.»
 
«Ella…» Sospirò Cristina, ormai priva di qualsiasi speranza.
 
Ella era Ella e nessuno avrebbe potuto fermarla.
 
«Forza sparite» le incitò, indirizzandole con forza verso le scale.
 
«Io vado in cucina ad avvertire che siamo pronti.»
 
Più il tempo passava più il senso di oppressione, che Ella aveva percepito a inizio serata, le stritolava il petto rendendola irrequieta e in cerca di un respiro che riempisse totalmente i suoi polmoni.
 
Ogni volta che inalava aria sentiva l’avido bisogno di assorbirne altra, perché quella che aveva non era sufficiente a soddisfare le funzionalità di tutti i suoi organi interni. Si sentiva sull’orlo del collasso e ogni passo sembrava condurla verso il compimento di un destino nefasto e sconosciuto, qualcosa che Ella non poteva controlla e che, per tale motivo, la struggeva inesorabilmente.
 
Dopo aver avvertito il cuoco e ribadito le ordinazioni, ritornò nella saletta attendendo il ritorno della festeggiata.
 
È tutto perfettamente in ordine come avevo previsto. Non ci resta che aspettare le due Lolite» disse rivolgendosi alle uniche due persone presenti.
 
«Perché ci mettono tanto?» Sbuffò Ella, spazientita.
 
«Meglio non porsi determinati interrogativi» le rispose Luca, sedendosi sulla sedia accanto a lei.
 
Lorenzo, in piedi di fronte a loro, lì guardava con un’espressione inorridita, disgustato dai pensieri che il commento ironico del suo amico aveva suscitato in lui.
 
«Luca per favore, stiamo parlando di mia sorella. Non voglio immaginarla sotto quella luce.»
 
«Intendi quella rossa delle vetrine di Amsterdam?»
 
Sentiva il bisogno di dire o fare le cose più insensate e superficiali per distrarsi da quella sensazione e, se non avesse potuto dichiarare guerra per il più stupido dei motivi, avrebbe tratto piacere dall’esasperazione degli altri.
 
«Voi uomini fate tanto gli invincibili e poi vi scandalizzate per un paio di battute che non hanno nulla di sconcio.»
 
«Mi stai sfidando?» domandò Lorenzo, con tono provocatorio.
 
«Prova a fare un commento sulla lunghezza della gonna e quando torniamo a casa la uso come corda per soffocarti.»
 
Luca, per quel poco che aveva potuto capire di Ella, preferì tacere e osservare la tempesta abbattersi sul suo amico senza fare nulla per impedirlo.
 
Le donne quando davano un avvertimento, non lo facevano per timore di essere ferite o insultate, bensì per proteggere il malcapitato da una rovinosa e pessima figura, giacché si trovavano sempre qualche passo in avanti rispetto agli uomini.
 
«Più che lunghezza avrei detto cortezza. Se non fosse per le calze nere, ti si vedrebbe la curva del sedere senza doversi sforzare.»
 
Il povero Lorenzo non aveva idea di ciò che le aveva appena offerto con quella risposta di cui evidentemente andava fiero, considerando il tono compiaciuto con cui l’aveva pronunciata.
 
Ella non riuscì a nascondere un piccolo ghigno di pura soddisfazione, pregustando già l’immensa soddisfazione che avrebbe tratto nel fargli notare qualcosa che lo avrebbe messo in una posizione piuttosto scomoda.
 
«Quando l’ho vista mi sono chiesta: “perché dovrei privare l’umanità di cotanta bellezza?” Se ti scandalizza non sei obbligato a guardare in modo così approfondito tanto da sapere dove finisce la mia chiappa e inizia la mia coscia.»
 
Lorenzo boccheggiò per qualche secondo, aprendo e chiudendo la bocca senza trovare una risposta valida con cui ribattere e scansare il proiettile che Ella gli aveva sparato contro.
 
«Tu e la discrezione siete una cosa sola» commentò Luca, provando a smorzare la pessima figura fatta da Lorenzo.
 
Per quando guardare il fondoschiena di una ragazza non fosse sbagliato, farsi scoprire non era propriamente carino.
 
«Ti conviene non aggiungere altro, a meno che tu non voglia peggiorare la tua già precaria posizione» intervenne Ella, prevenendo qualunque cosa Lorenzo avrebbe potuto dire per evitare di impantanarsi ancora di più nella melma in cui era sprofondato.
 
«Va bene, mi arrendo. Sarà meglio parlare il meno possibile, se voglio tornare a casa con un minimo di dignità ancora in tasca.»
 
A salvare la spiacevole situazione, furono Sofia e Cristina che apparvero in sala prima che Ella potesse ribattere. Entrambe vestite come due scolarette un po’ troppo cresciute, ma sexy quanto bastava per ottenere l’effetto che Ella aveva desiderato.
 
Dopo avrebbero potuto tranquillamente scatenarsi e provare a imitare le coreografie di Britney.
 
«Eccole finalmente. Stavamo giusto scommettendo su cosa vi stesse trattenendo nei bagni.»
 
«La cerniera della gonna aveva difficoltà a salire» si giustificò Sofia.
 
«Si, certo. Dicono tutti così e poi si scopre che l’unica cosa che impediva alla lampo di salire erano delle mani un po’ troppo curiose.»
 
«Per favore, qualcuno le cucia la bocca» sospirò Cristina, coprendosi gli occhi con una mano.
 
Disperata o meno, Ella non avrebbe smesso di tormentare nessuno quella sera, altrimenti il divertimento sarebbe stato davvero poco. Qualcuno avrebbe dovuto fare il lavoro sporco per rendere quella serata indimenticabile e lei si era offerta come il tributo volontario e l’agnello sacrificale più felice nella storia dell’umanità.
 
«Oltre a sbaciucchiare la tua ragazza, potresti ricordarti anche della nostra esistenza? Senza fretta ovviamente, tanto non abbiamo mica fame.»
 
«Ella, mi spieghi perché parli al plurale?» Chiese Luca.
 
«Non sono così egocentrica come credete, ogni tanto mi abbasso anche a prendervi in considerazione.»
 
«Stavate aspettando noi?»
 
Ogni tanto Sofia sembrava arrivare da un altro pianeta, evidentemente ciò che l’aveva tenuta impegnata negli ultimi cinque minuti doveva avere ancora ripercussioni sulla sua mente. Forse le si erano bruciati tutti i neuroni o semplicemente le sinapsi erano ancora in visibilio.
 
«No, la tua gemella cattiva. Non possiamo inaugurare il buffet senza la festeggiata, quindi muoviti.»
 
«Hai ragione, chiedo perdono.»
 
«Fai un bel discorso di ringraziamento» la incitò il fratello
 
«Questo è davvero il compleanno più bello che abbia mai festeggiato, non solo per il tema che avete scelto, ma soprattutto perché ho accanto a me la mia famiglia, le persone migliori che mai avrei creduto di poter incontrare. Grazie di tutto.»
 
«E?» chiese Ella, invitandola a continuare.
 
Sofia aveva dimenticato il punto focale di tutto, ma soprattutto di tutti.
 
«Grazie a Ella per aver messo a disposizione la sua eccezionale bravura.»
 
«Ma ti pare. Adesso alzate il volume della musica e diamo inizio ai festeggiamenti.»
 
«Ancora non ci credo che sei riuscita a mentirmi senza abbassare lo sguardo. Mi sorprendi.»
 
«Ore e ore di pratica davanti allo specchio. Se tu mi avessi scoperta, Cristina mi avrebbe trucidata. Non è così innocente come vuole far credere.»
 
«Io ti ho solo calorosamente fatto presente che, se Sofia avesse scoperto qualcosa, avresti poi dovuto cambiare il mio soprannome in Malefica.»
 
«Capite che intendo. Mi ha fatto avere incubi in cui vedevo un piccolo cucciolo di panda trasformarsi in una iena. Terrificante.» Ella rabbrividì inorridita.
 
«Tu che ti fai sottomettere da qualcuno. Ragazzi, questo è un giorno che passerà alla storia.» Lorenzo quella sera era particolarmente insopportabile e la lezione di prima, a quanto sembrava, non doveva essergli bastata.
 
«Sofia da stasera avremo un coinquilino in meno e una stanza in più. Biancaneve ti trasferisci da noi?»
 
«Non c’è neanche bisogno di chiedere.»
 
«Vedi Lorenzo, devi fare attenzione siamo tutti sostituibili al mondo.»
 
«Tranne te» si intromise Luca, ponendo fine a quel botta e risposta.
 
«Ovviamente.»
 
«Stasera sta cercando di soffiarti lo scettro.»
 
«Non ti preoccupare Luca, sarò sempre io la persona più sarcastica e irritante del pianeta.»
 
«A quando le nozze?» Chiese Cristina, notando la complicità creatasi tra questi ultimi.
 
«Non lo abbiamo ancora deciso, ma stavamo pensando di fare una scappatella a Las Vegas.»
 
«Basta parlare. È il momento di ballare.» Si intromise Sofia, interrompendo quello stupido scambio di battute.
 
Le casse diffondevano a volume moderato “Till the world ends”, con enorme dispiacere di Ella perché, anche se avrebbe desiderato ascoltarla fino a spaccarsi i timpani, i clienti al piano inferiore era più che certa non sarebbero stati molto accomodanti.
 
Ella si alzò, trascinata per le braccia da Sofia e Cristina, mentre cantavano con voce discutibilmente intonata il ritornello.
 
Cinque amici in una stanza e una sola famiglia, non avevano bisogno di nessun altro perché tutte quelle sedie vuote non pesavano nel cuore di nessuno di loro.
 
Agitando i fianchi a ritmo di musica, le ragazze muovevano le braccia nel modo più sguaiato e scoordinato possibile. Le scarpe non troppo alte permettevano loro di compiere passi piuttosto stabili e decisi, senza timore di poter prendere una storta e ritrovarsi con il sedere a contatto con il pavimento freddo, in un attimo di distrazione o troppa foga.
 
I capelli lunghi di Ella le sfioravano la vita, accarezzando l’orlo superiore della gonna che svolazzava, assecondando gli ondeggiamenti frenetici del suo bacino.
 
Finita la canzone, il ritmo potente venne sostituito dalla lenta e dolce melodia dal testo più commovente mai ascoltato.
 
Accompagnate dalle note di “Everytime”, Cristina e Sofia si avvicinarono fino a quando i confini dei loro corpi non furono più distinguibili.
 
Le loro fronti si sfioravano e la testa china di Sofia, aveva trasformato i suoi capelli corti in un sipario che le separava dal resto del mondo.
 
Ella voleva distogliere lo sguardo da quel momento così intimo e profondo, perché si sentiva una ladra, eppure quei due corpi, che si muovevano lentamente in circolo, erano una calamita per i suoi occhi, che si sforzava di chiudere per impedirsi di sognare qualcuno che era troppo distante da lei.
 
A distrarla dai suoi pensieri, fu la vibrazione del cellulare che aveva dimenticato di togliere. Il suo cuore inspiegabilmente accelerò, amplificando la sensazione di ansia e disagio che aveva cercato in tutti i modi di combattere.
 
Prima ancora di vedere chi fosse, lei lo sapeva, il suo corpo come sempre glielo gridava per metterla in guardia. Quella sensazione inspiegabile si riempiva di significato ed Ella ritornava ancora una volta a tremare.
 
“Mi manchi”
 
Leggendo il messaggio di Matteo, Ella si sentì come Britney. Ogni volta che provava a superare un ostacolo cadeva e, senza le sue ali, senza la forza di volontà che sentiva svanire di giorno in giorno, si rimpiccoliva fino a diventare insignificante.
 
Aveva bisogno di aria, doveva sparire per qualche minuto dal radar dei suoi amici, perché se l’avessero vista con l’espressione devastata che era certa di avere, avrebbe rovinato la serata e non sarebbe stato giusto.
 
Si alzò velocemente e, dopo aver recuperati il cappotto sistemato sullo schienale della sedia, uscì dalla sala il più discretamente possibile.
 
Doveva controllare il dolore, almeno fino a domani.
 
Il freddo di marzo la colpi in pieno viso e alle gambe, facendole lo sgambetto. Si appoggiò con la schiena al muro, prendendo con avidità tutti i respiri che le venivano concessi nella speranza di controllare l’ansia che annodava il suo stomaco, rendendole impossibile digerire ciò che cinque minuti prima aveva ingurgitato.
 
Avrebbe ingoiato il suo stesso vomito se necessario, si sarebbe fatta corrodere dall’acido pur di non creare agitazione.
 
Stava cedendo a tutte le emozioni che l’avevano investita senza pietà, nelle ultime settimane.
 
Voleva cadere, solo per liberare l’urlo straziante che le stava devastando la mente; voleva sanguinare e vedere le cicatrici rimarginarsi, solo per avere la conferma che il tempo aveva davvero il potere di cicatrizzare il dolore; voleva farsi del male, solo per liberare le lacrime in cui stava annegando il suo cuore; voleva la libertà e tutto ciò che le veniva ripetutamente negato, solo per essere felice.
 
«Ti ho trovata finalmente. Volevamo provare qualche coreografia per vedere se ricordo ancora a memoria i passi, ma ho bisogno di te per formare il trio perfetto.»
 
La richiesta di Sofia attirò la sua attenzione, distogliendola da quei pensieri troppo forti per poter essere correttamente elaborati.
 
Anche se inconsapevolmente, Sofia afferrava la sua mano ogni volta che Ella stava per precipitare nel baratro delle sue angosce.
 
«Mi dispiace avevo bisogno di un po’ d’aria fresca.»
 
«Tutto bene?»
 
La preoccupazione nel tono di voce della sua amica, allarmò Ella che si vide costretta a mettere in scena l’ennesimo teatrino per distogliere l’attenzione dal suo reale stato d’animo.
 
L’ennesima volta in cui nascondeva il suo dolore, prima o poi qualcuno le avrebbe presentato il conto e aveva il sentore che sarebbe stato molto salato e impossibile da estinguere in una sola volta.
 
«Certo. Stasera ho scoperto che se fallisco come psicologa potrei diventare la migliore party planner in circolazione.»
 
«Non credo tu debba preoccuparti, sei brava in tutto ciò che fai.»
 
«Tranne gli sport, ovvio.»
 
«È Gabriele?»
 
Sofia doveva aver intravisto la conversazione aperta che Ella aveva dimenticato di chiudere.
 
«Si. A quanto pare già sente la mia mancanza.»
 
Stava diventando spaventosamente brava a mentire e, anche se era per una buona causa, si sentiva tremendamente in colpa. Sicuramente il giorno seguente, quando le avrebbe detto la verità, Sofia si sarebbe arrabbiata, ma per il momento era giusto che ne rimanesse all’oscuro.
 
«Vuole recuperare il tempo perduto e rimediare, non rendere le cose più difficili.»
 
«Cosa dovrei fare?»
 
La conversazione stava prendendo una brutta piega. Prima Matteo, adesso Gabriele, era sul punto di esplodere. La sua mente era divisa, così come i suoi sentimenti e non sapeva più come arginare quei due pozzi profondi e oscuri le cui acque minacciavano pericolosamente di mischiarsi e, se ciò fosse accaduto, sarebbe stata una vera catastrofe.
 
«Potresti invitarlo a casa questo giovedì sera. Vorrei rivederlo, mi piacerebbe riallacciare i rapporti.»
 
«Non credo sia il caso. Forse è un passo troppo grande rispetto al punto in cui ci troviamo.»
 
Nonostante avesse acconsentito a ricominciare un qualsivoglia rapporto, non era ancora pronta a rivederlo, specialmente dopo il messaggio appena ricevuto.
 
Non voleva deludere Sofia, ma allo stesso tempo sentiva ogni parte di lei ribellarsi alla sola idea di dovergli parlare.
 
«Ella è una serata tra amici e ci saremo anche noi, non ho mica detto che ci devi andare a letto.»
 
«Ci mancherebbe» commentò, storcendo il naso.
 
«Quindi, qual è la risposta definitiva?»
 
«Va bene, allora ti do il suo numero così vi organizzate.»
 
«Scusami, forse mi sono persa qualche passaggio del tuo resoconto. Non avevi accettato di ricominciare da capo la vostra relazione?»
 
L’ultima parola la fece rabbrividire e la sua mente fu inondata da pensieri che, per il suo stato attuale, erano tutt’altro che rassicuranti.
 
«Relazione?»
 
«Si, di amicizia. Almeno per il momento, perché sappiamo entrambe come…»
 
«Non finire questa frase. Sono terrorizzata» disse, interrompendo bruscamente la sua risposta.
 
«Ella ritorna sulla terra. Non è scritto da nessuna parte che dovete stare insieme, in fin dei conti avete parlato al passato. Vi amavate, adesso le vostre vite sono cambiate e forse anche i vostri sentimenti.»
 
«Forse è scappato qualche tempo presente.» La sua affermazione, pronunciata con tono fintamente disinvolto e tranquillo, lasciò Sofia interdetta a guardarla con espressione sconvolta.
 
«Tu cosa? Perché non me lo hai detto?»
 
«Non io. Diciamo che Gabriele ha preso molto alla lettera la mia richiesta di assoluta sincerità. Evidentemente non era molto importante, altrimenti lo avrei fatto.»
 
«Pensi che sia scema? Adesso capisco il motivo di tanta agitazione. Sapere con certezza che lui prova ancora qualcosa per te ti ha spaventata perché tu sai di ricambiare il suo sentimento, ma non lo vuoi accettare. Davvero non ti trovi se non ti complichi la vita.»
 
«Non è che mi rifiuto di accettarlo, semplicemente in questo momento non sono pronta per una relazione, anche solo immaginaria.»
 
In realtà l’aveva immaginata, ma l’idea che la fantasia avrebbe potuto essere di gran lunga migliore della realtà la spaventava a tal punto da reprimersi.
 
«Ella vuoi fare il replay di ciò che è accaduto cinque anni fa? Perché ti avviso che sei sulla buona strada.»
 
«Non ho intenzione di fuggire, se è questo che pensi» rispose con voce categorica alle sue accuse.
 
«Allora perché lo eviti?»
 
«Non lo sto evitando.»
 
«Quando lo hai sentito l’ultima volta?»
 
Tutte quelle domande stavano iniziando a innervosirla. Doveva trovare un modo rapido e indolore per troncare quella conversazione prima che potesse impazzire.
 
«Domenica e mi stai angosciando» sbuffò spazientita.
 
«Voglio solo farti capire che c’è un motivo per cui accadono determinate cose. Magari l’universo vi sta dando un segnale che non riuscite a cogliere. Insomma, vi ha fatti rincontrare quando ormai non ci speravate nemmeno più.»
 
«Sai che non sono fatalista» rispose scocciata.
 
«Si, ma forse dovresti iniziare ad aprire la mente a queste cose, altrimenti la tua vita rimarrà troppo vuota e perderai l’occasione di provare una felicità diversa da quella che cerchi di solito. Avete bisogno l’uno dell’altro. Pensaci, questo è il momento perfetto.»
 
Apprezzava i tentativi della sua amica di tranquillizzarla, ma erano totalmente inutili. Troppi pensieri tra cui dividersi le rendevano impossibile riflettere lucidamente e snocciolare ogni singola questione che la preoccupava.
 
«Sofia, sento ancora l’ombra di Matteo che mi perseguita. È una situazione troppo complicata per poter iniziare una relazione e non solo per me, immagina per un attimo come la vivrebbe Gabriele. Come pensi che reagirebbe ogni volta che Matteo deciderà di ripiombare nella mia vita con i suoi messaggi e le sue chiamate ossessive. Lo distruggerei e io non voglio fargli del male.»
 
Voleva proteggerlo dai fantasmi che si trascinava dietro e, anche se desiderava averlo nella sua vita più di chiunque altro, lo avrebbe allontanato il più possibile.
 
Era la paura che la spingeva a prendere decisioni poco sensate e giuste, eppure era l’unica emozione che riusciva ancora a tenere incollati i suoi pezzi, permettendole di controllare i suoi sentimenti. Quando anch’essa si fosse dissolta, sarebbe crollata e il dolore che prima era solo suo, sarebbe diventato di tutti.
 
«Ella questa è una scelta che non spetta a te. Cinque anni fa lui ha scelto per entrambi, adesso tu vuoi fare la stessa cosa? Devi smettere di voler proteggere gli altri da te stessa, devi aprirgli il tuo mondo e permettergli di starti accanto. Se desideri Gabriele e lo allontani, te ne pentirai.»
 
«Ma…»
 
«Niente ma. Hai rimesso insieme i pezzi della tua vita, sei una donna sicura di sé stessa e con un carattere forte. Avrai anche i tuoi momenti di debolezza, ma ti ami e sai ciò che vuoi con chiarezza, sei praticamente pronta per qualunque cosa, anche per l’amore. Non sei il tipo di persona che si arrende alla prima brutta esperienza, sei solo diffidente per natura, ma Gabriele non è Matteo e sai di poterti fidare.»
 
«Lo so. Mi fido di lui, nonostante tutto il casino che ha combinato.»
 
«Perché sai che non ha agito allo scopo di ferirti. Le sue intenzioni, per quanto contorte, non erano cattive. Ti conosco abbastanza bene da sapere che te ne pentirai per il prossimo decennio che non ti darai un’altra possibilità.»
 
Il pronostico accurato di Sofia si sarebbe sicuramente avverato, ma la nebbia che le offuscava il pensiero logico non si era ancora dissipata così, anziché protrarre quella conversazione all’infinito senza giungere a una conclusione, preferì troncarla prima di raschiare il fondo della disperazione.
 
«Credo tu abbia ragione. Lo devo a tutti i film mentali e castelli di carta che ho costruito in questi anni.»
 
«Lasciati andare e invitarlo a casa giovedì. Un passo alla volta e vedrai che il futuro ti spaventerà di meno.»
 
«Farò del mio meglio, basta che la smetti di assillarmi. Nel frattempo vai a ballare con la tua ragazza e facci divertire con le coreografie dei video di Britney.»
 
Avrebbe mandato il messaggio a Gabriele anche contro il suo volere, avrebbe provato a mettere in pratica i consigli di Sofia, anche se era molto scettica a riguardo. Sperava solo di non doversene pentire.
 
«Si gentile e non ci mettere molto a rispondergli, ho bisogno del supporto della mia migliore amica.»
 
«Arrivo subito» le rispose, prima che Sofia potesse scomparire all’interno del locale.
 
Gabriele avrebbe aspettato, aveva una questione più urgente da affrontare e da cui non sarebbe potuta fuggire.
 
“Tu no, lasciami in pace.”
 
Ogni essere umano creava i propri demoni, contro cui avrebbe dovuto combattere per tutta la vita. Il suo era Matteo e ancora non sapeva se lo avrebbe sconfitto prima che potesse divorarla.
 
 
   
 
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