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Autore: Cossiopea    22/11/2019    2 recensioni
Il passato è un concetto strano.
Ciò che è stato non sarà. Ogni singolo istante di vita, ogni minimo respiro un secondo dopo è già dimenticato, lasciato scorrere verso quella landa della nostra memoria da cui possiamo ripescare i ricordi...
Il passato.
Sono rare le volte in cui qualcuno non rimpiange ciò che è stato, quasi uniche le volte in cui qualcuno è felice della sua vita.
Io non dovevo morire. Non posso.
Hanno provato a rinchiudermi dal mio passato, hanno tentato di farmi dimenticare... hanno sbattuto il mostro in gabbia, un mostro che ogni giorno si lancia contro le sbarre ringhiando e reclamando la sua libertà.
Non posso morire, non posso fuggire...
Sono un tassello dell'equilibrio cosmico, la potenza di una stella rinchiusa in un frammento di universo...
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avevo dimenticato quanto la scuola potesse essere severa con i ritardatari.

Mi ero ripetuta di non uccidere la professoressa per avermi sgridato per essere entrata in classe cinque minuti dopo che lei aveva iniziato a parlare ed ero rimasta in silenzio.

Dopo meno di due minuti l'insegnante mi aveva squadrata con occhi di ghiaccio, urlandomi di togliere quelle inutili cuffie e di ascoltare le sue parole.

Avevo imprecato silenziosamente e, richiamando tutte le energie che avevo in corpo, avevo spento l'Mp3, intimando al Demone di restare calmo, ma senza troppi risultati.

Improvvisi sibili mi scappavano dalla bocca nel tentativo disperato di trattenere gli artigli, ed era in quei momenti che la professoressa mi guardava con disprezzo, come fossi solo una seccatura come le tante altre che si possono incrociare per le strade della vita.

Percepivo i miei compagni lanciarmi occhiate ironiche o confuse, a volte solo rabbiose. Sapevo che dentro le loro testoline arretrate il mio viso era stato classificato tra gli esemplari strani, incomprensibili, quelli da evitare. E forse era meglio così.

Dopo la prima professoressa ne venne un altro e dopo un altro ancora. Tutto per cinque ore consecutive passate a maledire quei bifolchi di Susan e Paul per avermi sbattuta in una cella peggiore della mia camera.

Quando uscii dalla classe, dopo l'ultima campanella, Cos era fuori dalla porta ad aspettarmi, appoggiato al muro con il tipico sorriso storto un tantino folle.

Alzai gli occhi al cielo e lo ignorai, dirigendomi a passo spedito verso l'uscita della scuola.

Lui quasi non ci fece caso e dopo che io ebbi svoltato senza degnarlo di un'occhiata staccò la schiena dal muro e mi corse dietro.

Mi affiancò e mi lanciò uno sguardo interrogativo.

-Jill, smettila di evitarmi.

Gli rivolsi un'occhiataccia.

-Posso evitarti quanto voglio- borbottai -In fondo sono ancora la tua padrona, no?

Cos si accigliò.

-Hai detto tu stessa di non essere più com'eri un tempo- mi fece -Quindi perché io dovrei ancora eseguire i tuoi ordini?

Lo fulminai con un'occhiata e i miei occhi per un istante si infiammarono di rosso.

-Tu non sai niente di me- sibilai tra i denti -Non più ormai. Perciò lasciami in pace- distolsi lo sguardo da lui.

Per un secondo lui si limitò fissarmi, gli occhi che fremevano di rabbia repressa.

-Credi che mi piaccia stare qui tra i mortali a farti da balia? Credi che lo farei se non volessi che tu ritorni alla tua gloria di un tempo?- mi fece, alzando appena la voce.

-Non ti ho chiesto io di tenermi d'occhio- sbottai bloccandomi di scatto in mezzo al corridoio. Lo guardai -Cos, smettila di...

-Cosmath, mia signora- precisò lui, interrompendomi -Mi chiamo Cosmath.

Alzai gli occhi al cielo.

-Cosmath- ripetei, poi mi morsi un labbro -Non ho bisogno della tua supervisione, chiaro?

-Questo lo credi tu- fece lui, incrociando le braccia, poi mi indicò -Guardati, Jillkas: hai l'aspetto di una stupida umana!

-È forse un problema?- gli feci, inarcando un sopracciglio -Ti ricordo che al momento tu sei nella mia stessa situazione.

Sbuffò.

-Sì, ma io non sono stato esiliato sulla Terra dagli Spiriti- esitò -All'unanimità...

Mi accigliai.

-Mi vuoi forse fare la predica?

-Lo sai che non oserei mai- si morse un labbro -Ma distruggere Althorm non è stata una bella mossa per assicurarsi la pace con gli Spiriti.

Sospirai.

-Era un pianeta inutile, e tu lo sai bene.

-Certo che lo so- annuì -Sono tuo figlio, ti capisco meglio di chiunque altro...- storse la bocca -Ma sapevi che gli Spiriti non avrebbero gradito.

-Ho fatto quello che andava fatto, Cos- dissi -math- aggiunsi un secondo dopo notando la sua espressione.

-Bene, ottimo lavoro- continuò il ragazzo, ironico -E adesso che sei su questa stupida zolla di terra sospesa nell'universo piena di bipedi privi d'intelligenza, che intendi fare?- mi squadrò -Jill, non puoi restare prigioniera per sempre.

Vedendo che non rispondevo continuò a parlare indisturbato senza che io mi degnassi di interromperlo.

-Perfino Zechra sa di non poter confinare la regina dei Demoni per sempre- arricciò il naso -Ma finché tu continui a intestardirti a non voler tornare alla tua gloria di un tempo e a combattere contro la tua natura, dubito che riuscirai a scappare da questa lurida prigione.

-Chi ti ha messo in testa che io voglia tornare a com'ero prima?- lo fulminai, furiosa -Dai per scontato che io sia ancora decisa a conquistare l'universo come quando ero giovane, ma non ti è mai passato per la mente che io possa anche stare bene qui?

Cos fece un sorriso amaro.

-Come potrebbe piacerti questa sistemazione?- sbottò -Essere una mortale che combatte ogni secondo contro la propria natura; essere una creatura piena di umanità- l'ultima parola gli uscì come un boccone amaro -Jill, nessuno può tenerti rinchiusa.

I miei occhi si illuminarono di rosso senza che riuscissi a impedirlo e le zanne cozzarono l'una contro l'altra mentre guardavo il mio primogenito con una rabbia degna di un Demone.

-Io non ho bisogno di essere salvata, Cos- ringhiai, ringraziando che il corridoio al momento fosse deserto -Adesso vattene e non tornare mai più.

L'espressione del ragazzo divenne rigida e severa.

-Questa è la peggiore condanna che gli Spiriti potessero farti, Jill- disse -Darti emozioni umane.

Lo guardai mentre mi voltava le spalle, incamminandosi verso il corridoio deserto con le mani in tasca.

I miei occhi si spensero e le zanne si ritrassero.

Per un secondo restai immobile, senza sapere chi in realtà io fossi; senza sapere da che parte guardare...

Il Mostro mi fissava da dentro il mio essere con occhi di fuoco mentre io, le emozioni umane che gli Spiriti avevano scaraventato sul Demone più potente dell'universo, guardavo la regina del male senza sapere che fare, senza conoscermi...

 

-Tutto... tutto bene a scuola?- mi domandò Paul abbozzando un sorriso teso mentre salivo in macchina.

Gli rivolsi un'occhiata spenta, tenendo le cuffie sulle orecchie e fingendo di non averlo sentito.

Non risposi e posai lo sguardo sulla strada mentre l'uomo sospirava e metteva in moto l'auto, senza più tentare di instaurare una conversazione con me.

Mentre la vettura si allontanava dalla scuola, dirigendosi verso casa, un baluginio arancione mi fece voltare lo sguardo al finestrino.

Cos, le mani nelle tasche della felpa e l'espressione delusa mi guardava andare via.

I nostri occhi si incrociarono per un istante e sentii i miei infiammarsi, ma fu per meno di un secondo. Distolsi lo sguardo e mi morsi un labbro.

Quel ragazzo non era più mio figlio, non era più mio amico... Non era nessuno...

   
 
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