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Autore: Cossiopea    24/11/2019    2 recensioni
Il passato è un concetto strano.
Ciò che è stato non sarà. Ogni singolo istante di vita, ogni minimo respiro un secondo dopo è già dimenticato, lasciato scorrere verso quella landa della nostra memoria da cui possiamo ripescare i ricordi...
Il passato.
Sono rare le volte in cui qualcuno non rimpiange ciò che è stato, quasi uniche le volte in cui qualcuno è felice della sua vita.
Io non dovevo morire. Non posso.
Hanno provato a rinchiudermi dal mio passato, hanno tentato di farmi dimenticare... hanno sbattuto il mostro in gabbia, un mostro che ogni giorno si lancia contro le sbarre ringhiando e reclamando la sua libertà.
Non posso morire, non posso fuggire...
Sono un tassello dell'equilibrio cosmico, la potenza di una stella rinchiusa in un frammento di universo...
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La scuola mi faceva schifo.

Ogni cosa, in quella ridicola gabbia di matti, mi invogliava a sbranare qualcuno, a lacerare carne umana con artigli demoniaci.

Avvertivo la rabbia crescere in me ogni volta che una lurida insegnante mi sgridava per lo stare guardando per terra senza ascoltarla; desideravo premermi la musica nelle orecchie al posto di ascoltare per ore quella tortura che tutti consideravano sacra.

Il mio corpo non rispondeva più, il Demone cresceva senza che io riuscissi a fermarlo e ogni giorno, ogni maledetto giorno in cui mi svegliavo in camera mia al suono di una dannatissima sveglia con il vetro ormai graffiato da artigli, sentivo che una parte della mia umanità scivolava via senza poterlo evitare.

Jillkas infestava i miei incubi; i Demoni sorvolavano il mio riposo senza smettere di urlare e in poco tempo mi ritrovai costretta a prendere dei farmaci potenti per riuscire a crollare in un sonno senza sogni... un riposo che, sebbene artificiale, avrebbe bloccato la paura.

I miei voti, a scuola, si abbassavano ogni secondo di più.

Studiare era escluso. Nessuno mi avrebbe costretta a subire una tale tortura umana... Ma per il resto del mondo questo fatto era sinonimo di rabbia, rancore, risentimento, stupidità... E nessuno mi guardava, nessuno mi parlava.

Perfino Susan e Paul, dopo aver tentato di comunicare con me ancora per qualche giorno, si erano arresi alla realtà che non volevo più rivolgere loro nemmeno una parola.

La sola persona che aveva ancora il coraggio di guardarmi negli occhi, che mi compariva accanto, scrutandomi con i suoi occhi ultraterreni, era Cos.

Sempre nella stessa posa con le braccia incrociate e la schiena appoggiata al muro; sempre con il ciuffo arancione a coprirgli la fronte e la bocca che, se glielo avessi permesso, avrebbe rigettato una serie di prediche che non volevo ascoltare.

Era in quei momenti che mi rammaricavo di aver avuto figli; di aver concepito Cos, Demone del fuoco e del buio.

Un tempo ero stata orgogliosa di lui: il mio primogenito, colui che era destinato ad accompagnarmi nella mia ascesa sul controllo dell'universo... e avevo riscontrato un appiglio saldo quando lui, poco prima che gli Spiriti mi esiliassero, mi aveva promesso che sarebbe venuto a cercarmi sulla Terra e mi avrebbe liberato dalla maledizione che Zechra e i suoi mi avevano inflitto... Ma ora in lui non vedevo altro che uno scocciatore venuto a sgridarmi su come stavo accettando la mia pena senza combattere.

Poi un giorno, quel lurido Demone che, nonostante tutto, non riuscivo a non ritenere figlio, superò il limite che silenziosamente gli avevo imposto.

Mentre me ne stavo in camera mia, le mie dita scivolavano con grazia sui tasti del pianoforte e una malinconica melodia mi accarezzava la mente, mettendo a cuccia il Demone... Qualcuno bussò alla finestra.

Per un attimo credetti di essermelo immaginato: era da tempo, ormai, che i miei sensi mi imbrogliavano, facendomi credere che la realtà fosse diversa da quello che era, buttandomi il buio sugli occhi come fosse cenere e inondando l'aria con suoni inesistenti...

Infine, però, dopo che quel maledetto tamburellare mi ebbe fatto sbagliare più di una nota e la concentrazione fosse ormai andata a farsi benedire, decisi di voltarmi.

A testa in giù, sospeso in aria per merito di una semplice magia, con i capelli che puntavano verso il terreno e gli occhi di ghiaccio che brillavano come stelle di zaffiro, stava Cos.

Bussava sorridendo, fissandomi con un'odiosa aria di scherno che per più di una settimana stavo tentando di ignorare a scuola con tutta me stessa... e adesso me lo ritrovavo qui, a soffio dal profanare il mio rifugio, l'unico luogo su questa immonda Terra dove potessi sentirmi al sicuro.

I miei occhi fiammeggiarono e il mio corpo si irrigidì per un istante, fremente di rabbia.

Sapevo che era questo ciò che voleva: voleva la mia ira, voleva che il Demone vincesse sulle emozioni che si erano impadronite del mio essere... ma non gli avrei dato questa vittoria.

Mi morsi un labbro e, deglutendo, mi avviai verso la finestra, i miei occhi fissi nei suoi, solo che io non sorridevo.

Aprii i vetri e mi appoggiai ai davanzale. I nostri visi stavano a un soffio l'uno dall'altro, lui a gambe incrociate, a testa in giù sul nulla; io con l'aria più seccata che riuscii a mostrargli.

Per un istante rimanemmo così, immobili. Cos che sorrideva e si burlava ancora una volta di me con il solo potere del suo sguardo, io che lo guardavo furiosa, ma senza mostrare apertamente la mia ira.

-Vedo che non hai perso la tua brutta abitudine di infastidire le persone che vogliono stare sole- gli dissi in fine, con una smorfia.

Lui allargò il sorriso, ma visto al contrario risultava più un broncio tetro e deforme.

-Ma tu non sei una persona- fece -Anche se adesso stai facendo di tutto per diventarlo.

-E tu faresti meglio a lasciarmi in pace, Cos.

-Mia signora, perdonami, ma non posso farlo.

-Ah, no?- inarcai un sopracciglio e tolsi le mani dal davanzale mentre lui girava appena la testa per guardarmi da un'angolazione di novanta gradi -Credevo di essere ancora tua madre- aggiunsi voltandogli le spalle e accomodandomi sul letto con espressione scocciata.

Lui ridacchiò.

Si capovolse in aria e in un fluido movimento atterrò nella stanza.

Sentii un brivido lungo la schiena mentre i suoi piedi si posavano sul pavimento della mia tana.

-Aggiustati quel ciuffo, per piacere- gli feci, schifata -Sembri uno che è appena uscito da una bufera di neve.

-Allora non ricordi mia sorella in forma umana, madre- ribatté lui iniziando a lisciarsi i capelli con un palmo -Sembrava che un ciclone le avesse arricciato i capelli...

Alzai gli occhi al cielo.

-Mi basti già tu: non c'è bisogno di mettere in atto Hiyv- puntualizzai con una smorfia.

-Ma anche lei è qui- fece Cos mentre un ghigno da Demone gli deformava il volto da ragazzo.

Sbiancai e un fremito mi attraversò. Jillsak, dentro di me, emise un basso ringhio.

-Esatto- Cosmath mi si avvicinò lentamente, con l'andamento seducente e delicato che da sempre usava anche con gli Spiriti con cui voleva vendicarsi -Le ho chiesto io di venire: è ovvio che solo io non basto per convincerti quanto sia orrenda questa palla di terra.

Deglutii.

Hiyv... La mia secondogenita, Demone dell'inganno e della persuasione...
Maledii Cos con tutta me stessa.

Sapeva ciò che stava facendo, questo glielo potevo concedere. Conosceva le mie debolezze... o meglio, le debolezze umane... sapeva che dopo un paio di parole da parte di mia figlia sarei ceduta. La mia mente era troppo instabile per resisterle e ogni giorno il Demone diventava più forte.

Sembrava che Cosmath stesse usando tutte le sue armi per indurmi a liberare Jillkas... Ancora un po' e sarebbe stato capace di mandarmi direttamente Astar...

Rabbrividii al pensiero, ma poi mi imposi di riflettere.

No, era impossibile che il secondo di Jillkas riuscisse a convincere il Creatore a raggiungermi sulla Terra, soprattutto perché era stato lui ad accettare la proposta di Zechra di lasciarmi marcire in una tale prigione. Evidentemente pensava che la mia autorità fosse diventata troppo influente sul suo “sacro equilibrio” e quindi il Bene e il Male non avessero più lo stesso peso sul piatto della “bilancia cosmica”, come adorava chiamarla.

Ma anche se Cos non fosse riuscito a mandarmi il Creatore, mio figlio aveva comunque al suo comando schiere di Demoni che per liberare la loro vecchia regina sarebbero anche stati disposti a volare sulla Terra nonostante questo pianeta facesse ribrezzo anche al più sciocco degli Spiriti.

Sua sorella era solo il primo pezzo del suo grande piano per liberarmi, e il fatto che stesse facendo tanto per indurmi a tornare e riprendere il controllo dei Demoni lo trovavo piuttosto snervante.

I miei occhi schizzarono su di lui. Adesso le mie iridi erano rosse come il sangue.

Lui sorrise al vedere quel colore.

-Tua sorella- sputai -Dov'è adesso?

Cos inizialmente non rispose, prendendo a studiare il pianoforte e premendo un paio di tasti che, insieme, risultarono una spiacevole fila di note stonate.

Poi tornò a guardarmi e la sua espressione, un misto di pazzia e desiderio, mi fece paura.

-Arriverà presto- rispose, gli occhi che brillavano irradiando una sfumatura d'argento per l'intera stanza -Non temere, madre: tra non molto sarai libera.

   
 
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