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Autore: Il cactus infelice    24/11/2019    4 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Sono quindici pagine di capitolo quindi non lamentatevi che è troppo corto XD


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UN ALTRO INNOCENTE


Una giornata storta si intuisce fin dal primo momento del suo inizio: il piede messo male, la sveglia suonata troppo presto, eccessivi pensieri per la testa, il caffè versato per terra… Jim e Albus che decidono di bisticciare ancora prima di sedersi a tavola a fare colazione per nessun motivo apparente. Jim aveva sparato un’altra delle sue, probabilmente, uscendo dal bagno, quasi sicuro, e Albus si è irritato perché forse quel mattino si era svegliato con la luna storta, e aveva lasciato che l’isteria Serpeverde - come la chiamava il fratello - avesse la meglio su di lui. In tutto questo la piccola Lily aveva alzato gli occhi al cielo, aveva abbandonato la sua tazza di cereali e se ne era andata sbuffando. In giardino a giocare con lo skate. 

Verso l’ora di pranzo non era proseguita meglio.

Ginny non era una donna che amava farsi troppo gli affari degli altri; come era da giovane era più o meno rimasta anche da adulta, forte, indipendente, sicura di sé. Aveva piena fiducia nel marito, non era mai stata una moglie gelosa o una che volesse controllarlo. Harry, poi, non gliene aveva mai dato motivo, anche perché lui non era capace di dire bugie, non a lei. 

Ma Harry spesso e volentieri lasciava il suo telefono in giro e Ginny passava per caso in salotto quando il telefono abbandonato sul tavolino da caffè si illuminò e il nome di una certa Gina comparve sullo schermo come un lampeggiante.


Sono contenta che tu mi abbia contattata. 

Ci vediamo domani.


Ginny non era una che saltava alle conclusioni, e non avrebbe saputo dire davvero che cosa le fosse preso. Forse era la strana sensazione che c’era in casa, il lavoro, i figli, i troppi pensieri per la testa… 

Afferrò il telefono in mano prima ancora di pensare a cosa stesse facendo e in quel momento Harry entrò con espressione distratta passandosi una mano tra i capelli.

“Tesoro, hai visto il mio cell…”. Si interruppe quando si scontrò con l’espressione di Ginny che reggeva in aria il suo telefono.

“Chi è Gina?”

“Cosa?”

“Gina? Ti ha appena scritto un messaggio. Perché la vedi domani?”

Harry aprì bocca per dire qualcosa, ma rimase a boccheggiare senza sapere esattamente cosa dire, colto alla sprovvista. I suoi occhi erano fissi su Ginny che ancora reggeva il telefono e lo confrontava senza alcuna esitazione, con uno sguardo che emanava rabbia più che altro. Non si era mai lasciata intimorire dal fatto di essere più bassa di lui, non era certo più debole. 

Nessuno dei due si era accorto di Albus seduto sui gradini del corridoio, che aveva spento la musica del suo telefono non appena aveva sentito la madre alzare la voce. Non era abituato a sentirli litigare, di solito non lo facevano mai - non quando lui era a casa quantomeno - perciò doveva essere qualcosa di serio. Anche lui voleva sapere chi fosse questa Gina.

“Stanno litigando?” sentì una voce dietro di lui. James lo aveva raggiunto sulle scale. Il ragazzo notò subito che indossava una vecchia maglietta di Teddy, Nirvana scritto sul petto.

Albus si tolse le cuffie e si appoggiò con la schiena al muro. “Non lo so”, disse scrollando le spalle. Alcuni capelli gli caddero sulla fronte.

James sospirò impercettibilmente senza aggiungere altro e riportò lo sguardo sui profili di Harry e Ginny che intravedeva in cucina. 

“Allora? Samantha è la tua legale e Erin la tua commercialista. Quindi chi è Gina?” esortò ancora Ginny quando non ottenne risposta.

Harry si passò una mano tra i capelli stancamente e inspirò una grossa boccata d’aria, spostando un attimo lo sguardo verso la finestra prima di ri-posarlo sulla moglie. 

“Gina è la mia sponsor. Non te l’ho mai presentata e non ti ho mai detto come si chiama. È una signora di 64 anni che ho conosciuto dopo la riabilitazione. Mi ha aiutato a… uscire dalla tossicodipendenza”.

James, rimasto seduto accanto ad Albus sulle scale, spalancò gli occhi e si protese di colpo in avanti. Guardò verso Albus che però non reagì in alcuna maniera e fece per urlare qualcosa, quando però si scontrò con gli occhi verdi del figlio che aveva notato i due seduti in corridoio ad ascoltare la conversazione. Senza dire nulla alzò la bacchetta e lanciò un incantesimo per schermare il salotto, così che nessuno potesse sentirli.

“No!” fece James. “Cazzo! No!” 

“James!”

James alzò lo sguardo su Lily che lo guardava con uno strano cipiglio da sopra le scale, appoggiata alla ringhiera.

“Ma Lily! Hai sentito che ha detto?” 

“James, vieni qua”. 

James obbedì titubante e si avvicinò alla moglie. Albus gli passò accanto senza dire nulla, come se non fosse successo proprio niente. A lui invece sembrava fosse caduto il mondo addosso. Cosa volevano dire riabilitazione e tossicodipendenza? 

Suo figlio aveva avuto problemi con la droga? Come era possibile? Perché?

“Lily! Harry ha detto di essere…”.

“Shhhh!” lo zittì la moglie trascinandolo nella loro camera.

Harry e Ginny, schermati nella loro bolla di privacy, potevano finalmente parlare. La donna aveva abbassato il telefono e ora guardava il marito con occhi pieni di dispiacere e preoccupazione. Non osava avvicinarglisi.

“Hai… hai ripreso…”. Non riusciva nemmeno a pensarci, non avrebbe potuto affrontare di nuovo quel periodo.

“No!” disse Harry, tagliente e veloce. “Ti giuro, Gin, non mi sto drogando. Non ho ripreso e non ne ho l’intenzione. È solo…”.

Ginny finalmente gli si avvicinò, piano, come temesse di spaventare un cervo in un bosco. Sapeva che doveva essere cauta con Harry in alcune reazioni. Gli si piazzò davanti confrontandolo coi suoi occhi castani. Harry ricambiò lo sguardo prendendole le mani.

“Ho sentito il bisogno di ricontattare Gina perché… perché è un periodo difficile per me questo, okay? Il ritorno… il ritorno dei miei genitori, di Sirius e… tutto quanto. Avevo bisogno di parlarne con qualcuno che non fosse della famiglia e Gina mi ha aiutato tanto quando ne ho avuto bisogno. Non ti ho detto nulla perché non volevo preoccuparti. Ma ti giuro che non ho mai pensato, nemmeno per un istante, alla droga. Non lo farei mai”.

Ginny aspettò una frazione di secondo, ma alla fine piegò le labbra in un sorriso dolce e strinse di più la presa sulle mani di Harry.

“Sai, Harry, non ho mai pensato che mi stessi tradendo con un’altra. Non sai mentirmi su questo. E poi… tradirmi con una che ha il nome simile al mio? Andiamo, è troppo persino per te”, rise divertita, imitata dal marito che si sentì subito più sollevato. “Mi ero accorta che qualcosa non andava, ti vedevo nervoso da qualche giorno e volevo che me ne parlassi”.

“Hai ragione, scusami. È solo che… volevo tenere questa cosa per me. Ho sempre cercato di tenere separato da te e dai ragazzi tutto quello che ha avuto a che fare con la mia riabilitazione”.

“Lo sai che non puoi tenermi lontana da questo”.

Harry appoggiò la fronte contro quella di Ginny e lei gli circondò la vita con le braccia. 

“Lo so, tesoro, e ti chiedo scusa”.

“Lo capisco che questa situazione, i tuoi genitori e Sirius, ti stanno mettendo in una situazione poco confortevole. È perfettamente normale. Ma non tenerti tutto dentro”.

“Hai ragione”.

Rimasero in silenzio per un po’, ognuno immerso nei propri pensieri. Era sempre stato un difetto di Harry, quello di tenersi tutto dentro, uno dei motivi che lo avevano portato a dipendere dalla droga inizialmente. 

“Forse dovresti andare a parlare con qualcuno”, disse lei dopo un po’, a bassa voce.

“Già”, fece lui, guardando di sottecchi le scale e temendo quello che avrebbe trovato al piano superiore. Aveva capito a chi si stesse riferendo la moglie senza aver bisogno che glielo dicesse ad alta voce. 


“Jamie, siediti!” ordinò Lily perentoria a un James che sembrava non riuscire più a stare nella propria pelle.

Lui però non ne poteva più, non avrebbe obbedito ciecamente alla moglie, non questa volta. Non capiva come facesse lei a non essere preoccupata o così tranquilla.

“Che succede?” Sentirono la forte voce di Sirius dalla soglia della porta, probabilmente attirato dal loro chiasso.

“Tu lo sapevi? Sapevi che Harry si drogava?” 

“Oh James!” quasi gridò Lily, questa volta esasperata.

“Che cosa?!” esclamò Sirius.

“Oh bene, almeno qualcun altro è sconvolto come me”.

“E quando… te lo ha detto?”

“No, ne stava parlando con Ginny. Ma hanno schermato la porta”.

Lily si arrese, non sarebbe più riuscita a contenere quei due. Sperava solo che non si precipitassero come due buoi da Harry e lo bombardassero con le loro domande e le loro osservazioni. Non era che li considerasse stupidi, ma sapeva quanto fossero precipitosi e quella era una situazione che chiedeva una certa delicatezza.

Ma non fece in tempo a pensare ad alcun piano di contenimento che videro l’alta figura di Harry entrare nella loro stanza.

“Possiamo parlare?” chiese.

James e Sirius annuirono come due bimbi che aspettano la ramanzina. Forse non si erano aspettati che si sarebbe avvicinato proprio lui.

“Quanto di quello avete sentito?” domandò Harry, accomodandosi su una sedia e chiudendo la porta, chiudendola con un colpo di bacchetta.

“Solo la parte più saliente. Ma non abbastanza”.

Harry annuì senza guardare nessuno in particolare.

“Immagino quindi che le riviste siano tue”, disse e alzò gli occhi su Lily.

“Cosa? Quali riviste?” chiese James alternando lo sguardo tra la moglie e il figlio, sempre più confuso.

Harry prese la bacchetta senza quasi farsi notare e richiamó le riviste che la giovane donna aveva nascosto sotto il materasso.

James e Sirius li guardarono posarsi davanti ai loro occhi confusi e impallidirono non appena lessero i titoli cubitali. Lily non osò guardarle invece.

“Sotto il materasso? Davvero? I miei figli nascondono le cose sotto il materasso quando non vogliono farmi trovare qualcosa”, disse Harry con un’espressione che sembrava quasi divertita. 

“Hai frugato tra le mie cose?” gli chiese lei, un vago tono di rimprovero nella voce. Si sentiva tradita e colta in flagrante allo stesso tempo. Aveva pensato di poter essere furba in qualche modo, anche delicata in questa situazione. Invece le veniva da piangere e non sapeva nemmeno perché.

“Pensi che non vi tenga d’occhio? Siete risuscitati, qualcosa che non è mai successo prima d’ora. Farei male il mio lavoro se non vi controllassi almeno un po’”.

“Che cosa vogliono dire queste riviste?” chiese Sirius, improvvisamente interrompendo quella conversazione; non sembrava affatto turbato dal nemmeno troppo velato accenno da parte di Harry sul fatto che li stesse tenendo d’occhio, era solo interessato a sapere a cosa si stessero riferendo quei titoli. E anche James. 

Lily infine decise di lasciar perdere quella conversazione. Era arrivato il momento di sapere tutta la storia.

Harry si alzò dalla sedia, puntò la bacchetta contro la porta e innalzò uno scudo di privacy.

“Vi faccio vedere una cosa”, disse prima di portare le mani alla camicia e iniziare a sbottonarla. Davanti alle espressioni confuse dei tre presenti che non capivano il motivo di quello spogliarello, Potter si slacciò la camicia con calma ma con mani ferme. La estrasse dai pantaloni e la fece scivolare lungo le spalle. Poi si girò e mostrò il tatuaggio di un drago nero che gli ricopriva tutta la schiena. Era un tatuaggio magico, ogni tanto muoveva leggermente le ali come se stesse davvero volando, con gli occhi verdi che luccicavano. 

Senza alcun preavviso però, Harry inarcò le spalle all’indietro esponendo le scapole e il drago sparì, lasciando spazio a una ragnatela di cicatrici bianche che contrastavano con la pelle più scura della schiena. Non sembravano state provocate da artigli di qualche animale feroce, piuttosto sembravano essere il risultato di un violento attacco premeditato.

Harry lasciò loro qualche istante come se stesse facendo vedere un’opera d’arte, poi ritornò a fronteggiare i loro sguardi sconvolti - non prima di aver fatto riapparire il tatuaggio che coprì del tutto le cicatrici. Sempre con calma, si rimise la camicia riallacciandola sui pettorali e addominali torniti.

“Che - che cosa vuol dire?” chiese James piano; lui era quello che sembrava più sconvolto degli altri due, probabilmente perché non era capace di nascondere quello che pensava. Sirius semplicemente lo guardava preoccupato.

“Ho fatto quel tatuaggio per coprire le cicatrici”, disse ri-sedendosi sulla sedia, il petto appoggiato allo schienale.

“E come te le sei fatte?”

“Mentre ero un praticante negli Auror. Ero, credo… al terzo anno”. Si umettò le labbra prima di continuare. “E ho fatto una cazzata. Era da un po’ di tempo che… non facevo molta attenzione. Mi buttavo nelle missioni, cercavo quelle più pericolose, combattevo di istinto e solo perché… be’, avevo trovato conforto nell’azione, nel combattere contro i criminali”.

“Conforto in che senso?” gli chiese James. Non sapeva che cosa quella premessa c’entrasse con un apparente abuso di droga, ma forse era da lì che iniziava tutto.

Harry sospirò e si passò una mano tra i capelli; di nuovo, sembrava incredibilmente stanco. Poteva avere l’aspetto di un uomo di quarant’anni che si porta ancora bene la sua età, ma negli occhi e nello sguardo sembrava aver vissuto mille vite. “Dopo la guerra, dopo che ho sconfitto Voldemort… non tutto è andato bene. Non subito almeno. Riprendersi da una guerra, riuscire ad andare avanti sapendo anche quanto è stato perso, quante persone sono morte, non è stato facile per nessuno. Ricostruire la propria vita e andare avanti… Non è stato affatto semplice”.

Fece una pausa e Lily ne approfittò per guardarlo negli occhi - così terribilmente uguali ai suoi - e cercare indizi di quello che taceva. “E per te è stato difficile, immagino”, disse lei piano, timorosa non tanto di aver detto qualcosa di sbagliato ma di scoprire quello che avrebbe sentito in risposta alle sue domande.

Harry annuì senza guardare nessuno in particolare. “Sì. In un primo momento non mi ero reso nemmeno conto di quanto la guerra mi avesse davvero segnato. C’era da fare così tanto, Hogwarts doveva essere ricostruita e anche l’intera Comunità Magica. Le persone volevano delle risposte da me, volevano sapere come avessi sconfitto Voldemort, quali erano i suoi segreti. Senza contare il fatto che… Be’, ero il loro eroe e tutti si aspettavano qualcosa da me, tutti volevano dire la loro”.

Sirius emise un grugnito come a dire che non faticava a immaginarlo e che non approvava affatto; in fondo, i giornali avevano sempre parlato del suo figlioccio, nel bene e nel male.

“Mi sono buttato subito nell’Accademia degli Auror con Ron perché mi sembrava l’unica cosa giusta da fare, non volevo perdere tempo, non volevo deludere nessuno. Ma poi sono arrivati gli incubi e i pensieri e il senso di colpa”. 

“Il senso di colpa? Per cosa?” lo interruppe James-

“Secondo te per cosa?” ritorse Harry puntandogli addosso uno sguardo affilato. Possibile che non capissero? Possibile che dovesse spiegare tutto?

“Per tutto quanto. Non sono mai stato bravo a gestire i sentimenti, nemmeno quelli sbagliati. Mi sentivo in colpa per tutto, per la guerra, per chi era morto, anche per voi”. Vide James aprire la bocca per protestare, ma lo interruppe subito: “Si, lo so che è stupido. Credimi, ci ho lavorato tanto con la mia psicologa per farmi passare questa tendenza ad auto-incolparmi di cose che non posso controllare. Ma… non lo avevo capito subito. E quindi, per cercare di non pensarci sfruttavo il lavoro, l’allenamento, il combattimento, l’azione. Erano le uniche cose che conoscevo. Sono nato durante una guerra e ho combattuto in una guerra. È stato difficile uscirne davvero, far capire al mio cervello di potersi rilassare. Il problema era che se cercavo di rilassarmi i pensieri distruttivi e gli incubi cominciavano a perseguitarmi”. Guardò di sfuggita verso Sirius che ricambiò lo sguardo, probabilmente richiamando alla mente quella conversazione che avevano avuto nel garage. “Ero entrato in un circolo vizioso”. 

“E come ne sei uscito?” gli chiese Lily per incoraggiarlo ad andare avanti; poteva immaginare da sola come proseguiva quella storia. Si era permessa di lasciar andare qualche lacrima.

Harry si schiarì la gola prima di continuare. “Il mio capo mi diceva di stare attento, aveva notato che ero imprudente e Ron mi aveva fatto notare questa tendenza ad agire impulsivamente, ma non li avevo ascoltati. Sono entrato in una stanza piena di pozioni esplosive durante una missione e… Be’, ho fatto appena in tempo a uscire prima che mi esplodessero in faccia ma mi avevano colpito comunque. Uno dei criminali che stavamo inseguendo ha approfittato del fatto che non riuscivo ad alzarmi per… per scagliarsi su di me. Ero steso a pancia in giù quindi ha usato i peggiori incantesimi taglienti sulla mia schiena”. 

Fece un’altra pausa. Nessuno osò dire nulla.

“Sono stato al San Mungo per un mese ed è stato terribile. Ho rischiato la paralisi. Mi sono salvato solo perché un Medimago ha fatto di tutto per aiutarmi”. 

Le cicatrici che i tre avevano visto sulla schiena di Harry erano la conferma di quanto quelle ferite fossero state terribili. 

“Ginny e la sua famiglia non mi hanno mai lasciato solo ma… avevo dei dolori terribili. Ho trascorso quel mese semi-cosciente per metà del tempo. E quando finalmente mi sono potuto alzare… Be’, avevo dolori allucinanti, facevo fatica a muovermi o a camminare. Ed ero arrabbiato tutto il tempo perché… non lo so perché. Con me stesso, con la mia incoscienza, con la mia vita”. 

Lily non riuscì a trattenere un singhiozzo, ma si asciugò in fretta le lacrime e cercò di ricomporsi. 

“Scusa, vai avanti”.

“La Pozione Corroborante non mi bastava più. Il medimago che mi aveva curato aveva studiato medicina Babbana e aveva iniziato a prescrivermi farmaci più forti. Morfina, Vicodin, Metadone. Sono tutti farmaci che creano dipendenza. Ed è iniziata così. Le ferite erano guarite, non avevo più dolori, ma… Avevo notato che quando prendevo quelle medicine la mia mente era come… come se si svuotasse. Scacciavano via i pensieri e non facevo più incubi. E da lì provare altre droghe è stato più semplice. L’erba mi rilassava, la cocaina mi dava la carica per un po’. Ho provato anche l’eroina, per bocca e in vena. Non scenderò nei dettagli di come ho conosciuto chi me le vendeva, ma ho iniziato a spendere i miei soldi così, pagavo anche parecchio”.

James si portò una mano al collo come a volersi stiracchiare ma stava semplicemente iniziando a sentire caldo e ad avere i sudori freddi. Non si sentiva più il corpo. Dire che quella storia lo stesse riempiendo di dolore era troppo riduttivo. C’era suo figlio davanti a lui a raccontargli di come fosse finito nel giro della droga perché la sua vita era stata piena di sofferenza e perdita e lui… Lui non sapeva che fare. Si sentiva un padre di merda. Non solo non c’era stato per suo figlio, ma lì, in quel momento, davvero non sapeva cosa fare o dire. Continuava a pensare al fatto che forse avrebbe potuto fermare Voldemort in qualche altro modo, anziché farsi uccidere subito. Forse era questo che Harry intendeva con tendenza auto-distruttiva e sensi di colpa. Non aveva il coraggio di guardare Lily perché aveva paura che potesse capire i suoi pensieri e lui non lo voleva. Ma sentiva che anche lei non stava molto meglio. Piangeva in silenzio. Invece cercò Sirius, senza accorgersene il suo corpo si inclinò verso il suo migliore amico. Lui sembrava reggere meglio. Il che era decisamente strano. Si sentiva così inadeguato.

Solo il fatto che Harry fosse lì davanti a loro vivo e vegeto, con un buon lavoro e una famiglia, li rassicurava del fatto che comunque quella storia avesse avuto un lieto fine.

“E come hai fatto a uscirne?” gli chiese il padrino.

“Ginny e gli altri ci hanno messo un po’ a capirlo. E quando lo hanno capito io ho fatto di tutto per respingerli. Ho tentato due volte la riabilitazione prima di riuscirci. La prima volta ho resistito un mese, la seconda sei. Poi ho deciso che era meglio se mi facevo ricoverare in un centro perché non potevo addossare tutto sulle spalle di Gin. Lei ha… Lei ha davvero sopportato più di quello che avrebbe dovuto. Avrebbe potuto lasciarmi”. Scrollò le spalle e fissò lo sguardo in un punto sul pavimento senza in realtà vederlo. “Invece è rimasta. Anche quando persino i giornali lo avevano scoperto. Hanno iniziato a scrivere cose su di lei… Rischiavo di rovinarle la carriera e forse è stato quello che… Insomma, lì ho capito che grosso errore avessi fatto. Ed è stata interamente colpa mia, non importa che fossero stati i medici a prescrivermi quei farmaci… Io ho deciso di continuare ad abusare”. 

Quando rialzò lo sguardo sui suoi tre interlocutori li trovò immobili come se qualcuno avesse gettato loro un Petrificus Totalus. Ma lo guardavano con occhi pieni di sofferenza e un misto di altre cose. Lily non si preoccupava nemmeno più di trattenere le lacrime.

“Ora sono pulito da quasi vent’anni. Anche se ho smesso veramente di pensare alla droga quando Gin è rimasta incinta di Jim. Ho tre figli, non oserei mai più fare quello che ho fatto… Per loro. I miei figli e Gin mi hanno salvato la vita”.

Harry si zittì di colpo e gli altri capirono che il racconto era finito. E, anche se forse erano ancora pieni di domande da un lato, dall’altro erano felici che non ci fosse altro da aggiungere, che fosse finita perché non sapevano quanto ancora avrebbero resistito. Come avesse fatto Harry a raccontare tutto quello senza crollare, con voce ferma e senza mai tentennare, era un mistero. Forse ci era abituato, forse lo aveva accettato. 

“I tuoi figli lo sanno?” gli chiese Sirius.

“Sì, qualcosa sanno. Non posso tenerli all’oscuro di certe cose”.

“Quindi fammi capire…”, fece James con un tono che non prometteva nulla di buono. “Una Profezia ti ha condannato a dover sconfiggere il più potente Mago Oscuro di tutti i tempi, quando lui è tornato hai dovuto dare la caccia ai suoi Horcrux, tu stesso eri un Horcrux e… dopo la guerra hai lottato contro la droga”, elencó contando sulle dita tutte le disgrazie che erano capitate al figlio. Perché era proprio questo che lo sconvolgeva di più. Ora si sentiva più che mai colpevole di non aver davvero trovato un altro modo per sconfiggere Voldemort prima.

Harry piegò le labbra in un piccolo sorriso divertito; forse non era il caso che gli raccontasse dei Dursley.

“Diciamo che la mia vita non è stata noiosa”.

Un rumore vicino alla porta distrasse tutti quanti. Sirius si era alzato di colpo e aveva aperto la porta. “Scusate, ho bisogno di aria”, disse, quasi mormorando, è uscì senza guardare nessuno.

Harry non lo seguì, in quel momento voleva concentrarsi su James e Lily. Si alzò e si sedette vicino alla madre, allungando le braccia per abbracciarla. Lei quasi si lanciò contro il suo petto, quasi per inerzia, e nascose il volto nell’incavo del suo collo. James si sedette dietro di lei, una gamba piegata sotto l’altra allungata sul letto, e rimase a guardare i due mordendosi il labbro inferiore.

“Quello della droga è stato interamente colpa mia”, disse Harry dopo un po’, porgendo un fazzoletto a Lily che aveva trasfigurato. 

“No!” esclamò lei con voce spezzata ma forte, asciugandosi gli occhi. “Non è stata colpa tua invece, nemmeno quello. Dopo tutto quello che ti è capitato… Ci credo che ti serviva un modo per… andare avanti”.

“Sì, ma ho scelto il modo peggiore”.

“Non posso biasimarti. Se qualcuno era autorizzato a commettere questo errore quello eri tu”.

Harry le sorrise dolcemente. Poi guardò il padre che ricambiava il suo sguardo in silenzio; Harry non avrebbe saputo dire a cosa l’altro stesse pensando. 

“Ha ragione lei”, disse James infine, forse più per dire qualcosa che per necessità di parlare. “Però… Ne sei uscito e questo è ciò che conta”.

“Sì, proprio così”.


Sirius sparì per un po’. Harry iniziò a preoccuparsi solo quando arrivò alla sua seconda sigaretta, ma presto vide un grosso cane nero varcare il cancello di casa con un salto.

Quando l’animale si approcciò al portico, Harry spense la sigaretta e si sedette sui gradini di ingresso, lasciando che il cane gli avvicinasse il muso al grembo. Harry sorrise leggermente e accarezzò la testa di Felpato. “Ti capisco”, disse Harry a bassa voce. “Anche io mi trasformo in Animagus quando ho bisogno di scacciare i pensieri”. 

Felpato gli si posizionò accanto e senza alcuno sforzo tornò nella sua forma umana. Harry lo percepì ma non voltò la testa verso di lui. Rimasero seduti in silenzio per un po’, uno vicino all’altro.

“Quello che mi hai detto in garage… Hai iniziato a drogarti perché ti sentivi in colpa per la mia morte?” 

Harry sospirò. “Tra le altre cose, sì”.

“Harry!” Sirius girò la testa verso il figlioccio e lo guardò, cercando qualcosa da dire, qualcosa che potesse rimediare ad anni di… mancanza e senso di colpa.

“È stata colpa mia. Mi sono fatto uccidere come un pivello da Bellatrix”.

“Avresti dovuto dirlo al me di allora”.

Sirius sfregò la mano sul braccio di Harry e allungò le gambe puntando gli occhi sull’orizzonte davanti.

“Almeno hai avuto Ginny con te. E i tuoi amici. Sono contento che almeno ci fossero loro, e che tu sia riuscito a crescere dei figli così splendidi, e a trovare un ottimo lavoro, sono contento di tutto questo perché… Perché non so come rimediare a tutti questi anni in cui sarei dovuto essere con te”.

Harry si voltò verso il padrino scuotendo piano il capo. Posò la mano libera su quella di Sirius che ancora gli accarezzava il braccio e, in qualche modo, sentì di aver ritrovato quel legame che lo legava a lui quando era ragazzino, anche se erano passati vent’anni e ora avevano pochi anni di differenza.


Ginny non aveva assolutamente idea di quanto quella giornata sarebbe stata… piena di emozioni. Il messaggio che aveva scoperto sul telefono di Harry quella mattina non era nulla in confronto.

La sorpresa arrivò invece nel tardo pomeriggio, quando Harry rientrò a casa, stranamente presto, e rimase immobile sulla soglia guardandola con una strana espressione.

“Gin, c’è una cosa che dovresti vedere”.

Il cuore di Ginny iniziò subito a martellare nel petto, in ansia, immaginando i peggiori scenari nella sua testa, anche se il tono del marito non suggeriva nulla di brutto.

Quello che invece le si piazzò davanti… o meglio, chi le comparve davanti agli occhi le fece quasi venire un mancamento.

Un ragazzo alto, snello, coi capelli rossi e un po’ lunghi, il naso lentigginoso… Lo riconobbe subito perché nonostante fossero passati diversi anni lei non lo aveva mai dimenticato, le sue fotografie popolavano ancora la Tana e lui veniva ricordato quasi tutti i Natali, e durante tutte le riunioni di famiglia.

Una sola unica lacrima le scivolò lungo la guancia quando pronunciò piano, quasi sussurrando, quasi spaventata: “Fred”.

“Ehi, sorellina”.

Quello che avvenne dopo… fu una di quelle situazioni che avvengono come in sogno, le stai vivendo ma non ti sembra di essere tu che le vivi, il tuo io si dissocia dal tuo corpo che agisce di istinto.

Ginny si buttò tra le braccia del fratello, ancora più alto di lei, e lo abbracciò forte, stretto, più forte di quanto la madre lo abbia mai abbracciato, e affondò la faccia nell’incavo del suo collo. Ma non pianse. Rimasero così per un po’.


Harry era seduto al tavolo della cucina di casa propria, insieme a Ron e Evanna, una delle Auror più anziane e tra quelle che lavoravano al caso dei “Resuscitati”, come ormai li chiamavano tutti. Era già calata la sera e avevano bisogno di un posto più sicuro in cui parlare di quella situazione.

Ginny era andata alla Tana, dopo che avevano spiegato tutta la situazione a Molly e Arthur e al resto dei Weasley - tranne a Charlie che in quegli ultimi mesi si stava trovando negli Stati Uniti e dovevano trovare un modo adeguato per spiegarglielo che non fosse in una lettera - e tra sorprese, svenimenti, grida di gioia, pianti e tante altre cose, tutti si stavano godendo il ritorno di Fred o comunque cercavano di venire a patti con la cosa, e col fatto che era rimasto ventenne, molto più giovane rispetto ai fratelli. 

Ron era riuscito a rimanere circa mezz’ora, travolto da tutte quelle emozioni d’un colpo che non sapeva gestire e se n’era dovuto andare, preferendo concentrarsi sul lavoro. 

Harry non aveva fatto domande.

“Quindi tutti questi… ritorni, sono collegati con le vostre famiglie”, disse Evanna cercando di mettere il punto alla situazione.

“Così parrebbe, però non possiamo esserne sicuri”, disse Ron. “Insomma, forse è il caso di non escludere che anche altre persone possano ritornare, non per forza legate a noi”.

Harry alzò la testa e puntò lo sguardo sul muro di fronte a sé pensieroso; quello era un punto che aveva tormentato anche lui negli ultimi minuti. Chi altri poteva ritornare, si chiedeva mentre elencava nella propria testa i nomi di chi ricordava aver perso o visto morire. Erano un bel po’. Alcuni brividi gli percorsero la schiena e non erano tutti piacevoli.

“Sì, ma dobbiamo trovare un filo conduttore. Per ora, quelli che sono tornati, sono legati a voi e soprattutto sono morti durante la prima e la seconda guerra magica”, disse Evanna, l’unica tra i due che riusciva ad avere un punto di vista obiettivo e freddo al problema.

“Quindi dobbiamo concentrarci su questo se pensiamo che qualcun altro possa tornare”.

Ron sospirò e si lasciò andare con un colpo pesante contro lo schienale della sedia. “Siamo in un vicolo cieco. Come facciamo a sapere dove torneranno? Come facciamo a rintracciarli?”

“Be’, per ora si è sempre trattato di posti vicino a voi, il Ministero e Diagon Alley”.

Fred era comparso nel mezzo di Diagon Alley ed era stato trovato da un dipendente del Ministero che lo aveva accompagnato al San Mungo vedendolo in stato un po’ confusionale, dove lo aveva preso in cura Ted e, quando questi aveva capito di chi si trattava - o quantomeno quando aveva intuito la situazione - aveva subito chiamato Harry. Per fortuna non era piombato ai Tiri Vispi Weasley o avrebbe provocato un bell’infarto a George.

Ron e Evanna continuarono a parlare ma Harry ascoltò poco. Si riprese solo quando vide i due alzarsi, la riunione evidentemente finita.

“Domani ci aggiorniamo con gli altri Auror. Scusate, ma devo andare a fare la cena al pupo”, disse Evanna afferrando la propria borsa.

In quel momento Sirius scese le scale, proprio quando Evanna aveva conquistato l’ingresso e l’uomo fu catturato immediatamente dalla sua lunga coda di capelli castani legata in alto dietro la nuca. 

“Salutami Adrian”, le disse Ron prima che la donna uscisse. 

“Certo. Buona serata, ragazzi”, disse e sorrise a Sirius prima di varcare la porta.

“Vado anche io, non so se Hermione è a casa stasera”, disse Ron mettendo a posto la sedia.

“Impegnata con le elezioni?”

“Stanno ancora scrivendo il programma. A quanto pare, persino le virgole sono un problema”.

Harry rise e accompagnò Ron alla porta. Una volta che se ne andò anche lui, Harry iniziò a preparare il tavolo per la cena; non si preoccupava di aspettare Ginny, probabilmente non sarebbe tornata se non tardi quella sera.

“James viene a mangiare?” chiese a Lily mentre questa lo aiutava a preparare da mangiare.

La ragazza esitò un attimo prima di dire: “Credo ce l’abbia un po’ con me perché non gli ho detto nulla delle riviste”. Lei aveva deciso di non arrabbiarsi con Harry dopo aver scoperto che li spiava di nascosto; o meglio, dopo la storia che le aveva raccontato, non poteva arrabbiarsi. E, in fondo, anche lei era stata un Auror, sapeva come funzionavano queste cose. 

Harry non disse nulla ma la sua espressione si inarcò provocandogli un paio di rughe tra gli occhi.

“Vuoi che ci parli io?”

“Se vuoi provare, accomodati”.


Harry salì con calma le scale verso il secondo piano e raggiunse la stanza dove dormivano i suoi genitori. La porta era socchiusa e da un piccolo spiraglio si intravedeva la luce accesa.

Harry si accostò alla porta e diede un paio di colpi, tranquilli ma decisi. La scostò piano, incontrando subito gli occhi nocciola di James che aveva girato la testa nella sua direzione, seduto a gambe incrociate sul letto, la schiena appoggiata alla testiera e una rivista aperta davanti. Una di quelle che aveva trovato Lily, riconobbe Harry.

“Posso entrare?” gli chiese, la voce un po’ roca. 

James annuì e richiuse la rivista.

Harry si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, di fronte al padre.

“Trovato qualcosa di interessante qui dentro?” gli chiese indicando la rivista.

L’altro scosse le spalle. “Dipende. Quanta verità c’è qui dentro?”

“Non ricordo cosa dicesse questa particolare rivista, ma non hanno pubblicato notizie altamente false. Anche se sono riviste di gossip e sensazionalismo”.

James si lasciò andare in un debole sorriso divertito che Harry ricambiò con uno più dolce e un po’ nervoso.

Si piegò in avanti con la schiena e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, giocherellando con la fede al dito.

“Perché sei arrabbiato con Lily?” gli chiese a bruciapelo, decidendo di andare subito al sodo.

James sospirò. “Te lo ha detto lei?”

“Può darsi”.

“Mi fa arrabbiare che mi abbia tenuto nascosto queste cose quando le ha trovate”.

Harry si voltò a guardare James, pensando a cosa dire. “Credo lo abbia fatto per rispetto nei miei confronti. E a dire il vero, la ringrazio per questo. Non è qualcosa di cui sono felice di parlare e… mi dispiace che voi l’abbiate scoperto in questo modo”.

James sembrò soppesare le parole del figlio, le mani che facevano su e giù lungo le proprie cosce.

“Non ti incolpo per questo, sai? Per la droga intendo. Sono d’accordo con tua… ehm, con Lily. È perfettamente comprensibile perché l’hai fatto. Però insomma, ho già perso gran parte della tua vita e… non voglio che altre cose mi vengano tenute nascoste. Non so se mi spiego, è una sensazione strana”.

Harry si passò una mano tra i capelli e abbassò lo sguardo. Il modo in cui James gli ricordava suo figlio maggiore, nella maniera di parlare, nel tono usato, persino nelle espressioni facciali, gli faceva venire i brividi. A volte era difficile da guardare.

“Ti capisco”, gli disse, lo sguardo fisso sulle venature del legno della testiera. Capiva perfettamente quella sensazione strana, la stessa che provava lui, anche se forse per motivi diversi.

Harry non sarebbe mai riuscito a vedere James e Lily come i suoi genitori. Voleva loro bene, li adorava, era felice di poterli conoscere finalmente - quelle due persone che per tanti anni aveva potuto solo immaginare e eroicizzare nella propria testa perché si erano sacrificati per lui - ma non avrebbero mai avuto quel rapporto tra genitori e figlio che aveva lui con Jim, Al e Lils. C’erano troppi anni di differenza, persino nell’aspetto, e chiunque avrebbe potuto confermarlo.

Non era qualcosa che poteva ignorare.

“Ma… è inutile arrabbiarsi per queste cose. Quello che puoi fare è raccogliere l’informazione e... andare avanti. Non so esattamente che ne sarà di voi ragazzi, ma mi assicurerò che non vi succeda niente e che… Che tutto si sistemi”.

James ci mise un istante a reagire, ma alla fine sorrise e si lasciò andare contro la testiera, rilassato. La rabbia a lui passava sempre velocemente.

“Fammi indovinare, è la tecnica che usi anche coi tuoi figli?” lo prese in giro.

Harry rise. “Può darsi. Ma a loro faccio anche una pernacchia sulla pancia quando sono arrabbiati”. 

“Oh Merlino, quello no, ti prego”.


*** 


Eccolo qua, un capitolo denso di informazioni. Finalmente è venuto fuori il segreto della droga e della dipendenza di Harry. Un bel colpo per Lily, James e Sirius.
Comunque non so mai se sono abbastanza soddisfatta del modo in cui li faccio interagire, quei tre, con Harry; è troppo strano da descrivere un rapporto del genere, con due genitori che hanno la metà dei tuoi anni e che praticamente non hai mai conosciuto.
Ditemi voi cosa ne pensate.


Comunque, qualcuno di voi ha indovinato su Fred. Spero invece che chi sperasse in qualcun altro non sia rimasto troppo deluso; effettivamente, forse avrebbe avuto più senso far tornare Piton o Silente - sono personaggi importanti dopotutto - o magari qualche Mangiamorte, qualche cattivo di turno, ma Fred è uno dei miei personaggi preferiti e la fangirl in me non poteva resistere.
Ma non vi preoccupate che la storia è ancora lunga e ci sarà tempo.... per tutti quanti XD 


Grazie e buona domenica a tutti,

C.


   
 
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