Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Emmastory    25/11/2019    5 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Luce-e-ombra-III-mod
 
 
Capitolo XXXIII

Sfere e lacrime di cristallo

Tremavo. Il buio mi avvolgeva, e in quel momento, tremavo. Non riuscivo a smettere di farlo, né a ritrovare il calore che sentivo di aver perso. Attorno a me regnava ancora l’estate, le coperte erano troppo fresche e leggere, ma ora come ora, questo non era il problema. Avevo freddo, certo, ma quella sensazione era come innaturale, e con il corpo scosso da tremiti sempre più evidenti, calmati solo in parte dalla presenza di Christopher al mio fianco, non osai muovermi, riconoscendo per l’ennesima volta nel suo abbraccio un vero porto sicuro. Stretti l’uno all’altra, ci eravamo appena scambiati un bacio reso amaro dai nostri ora cupi sentimenti, ma sforzandosi di sorridere e confortarmi, lui non osava allontanarsi. “Kaleia, amore… va tutto bene. Mi senti? Tutto bene.” Diceva, ripetendosi costantemente e accarezzandomi piano la schiena e i capelli. Gesti che amavo e a cui ero abituata, ma che almeno allora non sembravano sortire alcun effetto. Quelle strane voci sembravano scomparse, e ancora non credevo a quanto era appena successo. Ero sveglia, sapevo che non avrebbe potuto essere un sogno, né tantomeno un’allucinazione, e nonostante una parte di me desideri che tutto questo non sia reale, il mio desiderio non si realizzerà mai, e ogni cosa apparterrà al vero. Il vecchio libro che non vedevo da tempo, le loro voci, il marchio che la strega mi aveva inciso e che ora non avevo più sulla pelle, quegli strani avvertimenti, tutto. Confusa, non sapevo cosa pensare, e non appena mente e cuore si calmarono, respirai a fondo. “D’accordo.” riuscii a malapena a dire, sforzandomi di restare calma. “Ecco, visto? Adesso non va meglio?” mi chiese Christopher, preoccupato ma premuroso come sempre. “Sì.” risposi debolmente, con il respiro spezzato dall’emozione. La risposta che diedi fu sforzata, indebolita dalla mia stessa voce, e per certi versi, non del tutto veritiera. Ora stavo meglio, ed era vero, ma ero certa che lo stesso non si potesse dire dei miei bambini. Come ogni madre, e come immaginavo anche la mia, li custodivo appena sotto il mio cuore, e avrei fatto di tutto per proteggerli, perfino dato la vita se fosse stato necessario. Intimorita, guardai verso il basso, fissando lo sguardo sul mio ventre sempre piatto, e accarezzandolo con mani tremanti, sperai per il meglio. Non sentivo nulla, e avevo paura, ma pur non ricevendo da parte loro nessun segnale, immaginavo. Per quanto ne sapevo, ogni madre, umana o magica che fosse, era sempre strettamente connessa al proprio figlio non nato, e se i movimenti che in genere sentivo ne erano la prova, la loro assenza mi straniva. Forse avevano paura a loro volta, restavano in silenzio per non essere uditi o percepiti da quelle voci che ora sapevo essere spiriti, o forse era già troppo tardi, e il rosso, che nella mia mente aveva ora due significati, amore e pericolo, li aveva consumati. Il solo pensiero mi atterriva, e scuotendo la testa, pregai di riuscire a liberarmene in fretta. “Chris…” chiamai, già stanca e con la voce che faticava a uscirmi dalla bocca. “Sì? Dimmi, sono qui.” Replicò lui alla svelta, allertato da quel richiamo. “Non li sento.” Confessai, sentendo il peso che avevo sul cuore minacciare di schiacciarmi come un insetto. A quelle parole, Christopher sbiancò diventando pallido come un cencio, e con il terrore negli occhi, quasi non riuscì a parlare. “Santo cielo, Kia, allora…” biascicò infatti, lasciando che quella frase gli morisse in gola senza mai trovare un completamento. Restando in silenzio, mi limitai ad annuire, e attimi dopo, lo abbracciai. “Mi dispiace, tesoro mio. Mi dispiace.” Sussurrai al suo indirizzo, distrutta dal dolore che provavo, e che ora aveva raggiunto come l’anima anche i nostri cuori, stringendoli in una morsa. Quella di perderli era una paura costante, un dolore che spesso provavo e che cercavo di lenire concentrando il pensiero su altro, sulle cose belle che c’erano nella mia vita e che mi avevano dato la forza di reagire e continuare a lottare fino a quel momento, che ora, però, svanivano nel nulla. Tristissima, piansi fra le braccia di colui che amavo, e scivolando a sua volta nel mutismo, lui mi permise di sfogarmi. Non potevo crederci. Il mio corpo avrebbe dovuto ospitare i miei figli e la loro vita, ma ora questa era stata cancellata. Con le lacrime agli occhi, attesi invano di sentire la sua voce rassicurarmi e il suo tocco riportarmi alla calma com’era già accaduto in precedenza, ma per mia sfortuna, niente di tutto questo accadde. Prepotente, la quiete rischiò di renderci sordi, e alla ricerca di conforto, mi strinsi al mio lui. Di lì a poco, il silenzio cadde nella stanza, e nel buio della notte, una luce e una speranza. Nel cielo tinto di nero apparve una stella cadente, e voltandoci a guardarla, Christopher ed io ci stringemmo la mano. Colpita, sciolsi il nostro abbraccio solo per strofinarmi gli occhi a causa dell’incredulità, ma proprio allora, un’altra, poi un’altra ancora. Fiduciosa, sorrisi debolmente, e nel silenzio, strinsi la sua mano con forza ancora maggiore, per poi sollevarla e posarmela sul petto, all’altezza del cuore. Lo stesso cuore che lo amava e che ora batteva come impazzito di fronte a quella sorta d’indizio o di rivelazione, che speravo essere di buon auspicio per entrambi. Ad essere sincera, non sapevo cosa fosse successo, ma a quanto sembrava, qualcuno più in alto di noi sapeva come aiutarci, e la pioggia di stelle cadenti doveva essere un segno. Concedendomi del tempo per pensare, concentrai il pensiero su Sky, e fu allora che capii. La prima delle ipotesi era e sarebbe sempre stata valida, ma lasciandomi travolgere e bagnare da un metaforico fiume di ricordi, rievocai nella mia mente l’immagine di mille e mille stelle sulla foresta, proprio come era successo a Primedia. Il mio bosco di nascita, che in altre occasioni avevo potuto visitare, e che qualcosa, forse il fato, forse solo un desiderio d’appartenenza e delle solide radici connesse ad altre spuntate qui ad Eltaria, mi impediva di dimenticare. D’improvviso, un guizzo di memoria mi saltò  in mente, e le parole del mio amato tornarono a galla fra i miei ricordi, risuonando in me come un’eco distante e infinita. “Provare a contattare Marisa.” Così aveva detto, riuscendo con quelle parole a infondermi il coraggio che tanto cercavo. Veloce, provai ad alzarmi in piedi, ma in un attimo subii il contraccolpo, e il dolore mi costrinse a star ferma. Ormai muta, non parlavo, e pur avendo ricevuto e interpretato i segni e poi deciso, ora il mio corpo si rifiutava di obbedire. Stoica, lottai contro la stanchezza, e in quel momento, qualcosa dentro di me scattò. L’istinto materno prese a parlarmi, e più decisa che mai, mi preparai a lasciare la stanza. Da quel momento in poi, dimenticai tutto. Il buio che presto avrei dovuto affrontare, il freddo vento che intanto aveva iniziato a spirare, il dolore che ogni sforzo fisico mi costringeva a sopportare. Ancora giovane, mi reputavo una fata inesperta e che ancora stava imparando, ma nonostante tutto provavo, anche con l’avanzare della mia condizione. Lenta, questa progrediva senza farsi sentire, ma io ne avvertivo gli effetti, e cauta, mi assicuravo di non strafare. Ad ogni modo, la situazione era seria, se non addirittura critica, e dovevamo agire. Era strano a dirsi, ma era come se all’improvviso il mio benessere non importasse, non ora che in mente avevo solo quello dei miei figli. “Chris, muoviti, non abbiamo molto tempo.” Dichiarai, facendo suonare quella frase come l’ordine di un potente monarca. Non proferendo parola, annuì soltanto, e in un attimo, fummo pronti a partire. Così, con uno scatto degno di un felino, afferrai la maniglia della porta ancora chiusa, e all’improvviso, un suono mi distrasse. Debole e dolce al tempo stesso, un latrato del mio nuovo piccolo Arylu, che troppo triste all’idea di restare da solo in quella stanza così buia, protestava teneramente, insistendo per non essere lasciato indietro. Mossa a compassione dalla sua adorabile fierezza, mi abbassai per accarezzarlo, e grato, lui mi leccò la mano. Abbaiando ancora, agitò la coda, e ridacchiando divertita, lo invitai a seguirci. Felice, il cagnetto liberò un ultimo latrato, e l’aria si raffreddo all’istante, riempiendosi piano di fiocchi di neve. Uno spettacolo tenero tanto quanto lui, di fronte al quale sorrisi, e con la cui fine, mi scoprii sollevata. Ora stava imitando Bucky oltre che Christopher, ma troppo concentrata per dar peso ad altri ricordi mi decisi. Pronta a uscire, strinsi la mano al mio protettore, e giunta oltre la porta di casa, spiccai il volo. In quanto fata, non avrei mai toccato altezze inimmaginabili, e volare poteva essere rischioso data la mia condizione, ma non importava. Così, fra un battito d’ali e l’altro, un minuscolo aiutante al mio fianco e il mio Christopher stretto a me in quel viaggio di speranza, solcai i cieli alla ricerca di un’amica, l’unica che avrebbe potuto aiutarmi dividendosi fra i suoi potenti incantesimi, lucenti sfere e amare lacrime di cristallo.
 
 
Una buonasera a tutti i miei lettori. Anche stavolta sono in ritardo con la pubblicazione del nuovo capitolo, e me ne scuso, ma con tanto da fare, e poco tempo per scrivere non sono riuscita a fare di meglio. Brutte notizie per la povera Kaleia, che ora più che mai sembra mettere in pericolo sè stessa per proteggere chi ama, ovvero i suoi figli, per i quali forse c'è ancora una speranza. Voi che ne pensate? Attendo di scoprirlo, ma non temete, ci rivedremo nel prossimo capitolo,
 
Emmastory :) 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Emmastory