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Autore: Lady I H V E Byron    27/11/2019    1 recensioni
(Contest del "The XIII Order Forum" - "Through space and time, my heart will reach you)
Un crossover tra Kingdom Hearts e Descendants realizzato per gli amici del "The XIII Order Forum", in onore del decimo anniversario.
Le vicende dei protagonisti di Kingdom Hearts saranno legate a quelle dei Descendants...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Re Topolino, Riku, Sora, Yen Sid
Note: Cross-over, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
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2° mese: Kingdom Hearts - Chain of Memories

Tema: "Hai mai fatto caso che ogni tanto si incontra qualcuno che non va fatto incazzare? Quello sono io."

Avvertenze: qui si notano già elementi OOC che avevo usato in altri contest in cui avevo messo i Descendants come protagonisti, come il passato di Jay ad Agrabah e l'ipotetico padre di Carlos


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-Muovetevi! Sono stanco di aspettarvi!-
Mal, dietro di lui, si fermò, riprendendo fiato.
-Jay, aspetta! Fermati! Sei davvero sicuro di quello che vuoi fare?-
Era dal momento in cui la Fata Smemorina aveva citato il suo nome, che Jay non aveva altro nella testa: il Castello dell’Oblio. Un luogo in cui perdere era trovare e trovare era perdere. Si narrava che chiunque entrasse in quel luogo, più piani saliva, più dimenticava una parte dei suoi ricordi, fossero essi importanti che non. Tuttavia, si diceva anche che all’ultimo piano vi fosse una sfera di cristallo, in grado di vedere nel passato, nel presente e persino nel futuro.
Forse, finalmente, Jay avrebbe scoperto la verità riguardo la scomparsa di sua madre, avvenuta sette anni prima, poco prima di essere stato esiliato da Agrabah dal suo stesso padre Jafar, inviandolo ad Auradon.
Aveva preso la sua decisione: sarebbe andato al Castello dell’Oblio.
E quando Jay aveva in mente qualcosa, era impossibile distoglierlo dal suo fine. Ed era facilmente incline a perdere la testa dall’ira, se qualcuno avesse osato contraddirlo.
Mal, Evie e Carlos avevano deciso di andare con lui. Persino Uma, Harry e Gil si erano uniti a loro. Non volevano perdersi alcun tipo di divertimento, avevano detto.
Quel luogo era situato in un punto ignoto: era impossibile raggiungerlo con i loro scooter. Forse non si trovava nemmeno ad Auradon.
Evie aveva usato il suo Specchio Magico, per creare un portale.
Le era bastato gettarlo per terra e dire: -Specchio, portaci al Castello dell’Oblio-
Dal vetro si levò una luce accecante, dentro la quale saltarono tutti.
Raggiunta la destinazione, compresero tutti il motivo della posizione ignota del Castello dell’Oblio: c’era solo un sentiero che collegava loro a un castello dalla forma particolare.
Non c’era un cielo: solo nuvole oscure.
Quel luogo incuteva timore; ed inquietudine. Nessuna montagna, nessun prato, niente intorno al castello: solo il vuoto ed il buio.
Quello era il Castello dell’Oblio.
Non fu complicato aprire il portone; l’interno era praticamente l’opposto dell’esterno. Erano entrati in una hall completamente bianca, ma spoglia.
Gil si guardò intorno, sorpreso.
-Cavolo, che posto…!- disse –Non c’è niente, qui! Neanche un bagno! Come facciamo se ci scappa?-
Uma si innervosì. Come ogni volta che Gil apriva bocca.
-Gil, ti sembra il momento di pensare a certe cose?!- esclamò, prendendolo per i capelli dorati.
Harry ridacchiò.
Salirono un piano di corsa.
Quando Mal si era fermata, intimando a Jay di arretrare, Evie la raggiunse, dello stesso umore dell’amica.
-Mal ha ragione.- aggiunse, ansimando –Jay, forse dovresti lasciar perdere.-
Persino Carlos dovette riprendere fiato, una volta fermo: solitamente, era lui il più veloce del gruppo, ma in certi momenti Jay sapeva essere più veloce di lui.
Il ragazzo moro serrò le labbra: quelle parole… non potevano essere state pronunciate dai loro amici. Loro, che dovevano sostenerlo in qualunque momento, dargli supporto, stare dalla sua parte.
-Lasciar… perdere?!- si avvicinò a loro, quasi minaccioso –Cosa vi dice il cervello?! Pensavo steste dalla mia parte!-
Carlos si fece avanti, facendo quasi da scudo alle amiche.
-Noi siamo dalla tua parte, Jay!- chiarì, mantenendo la calma –E siamo pronti ad andare in capo al mondo, per te, ma ora stai esagerando! Comprendiamo quello che provi, ma…-
-Comprendete?!- tagliò corto Jay, sempre più furioso; girò per la stanza, agitando le mani –Voi non sapete cosa significhi ritrovarsi orfano di madre a nove anni! Non sapete cosa si prova, quando il vostro stesso padre vi lancia contro un portale, e vi dice che non vi ha mai voluto bene e che siete solo un peso per voi! Mal, tua madre Malefica ti ha tenuta prigioniera in una torre, ma non è stata lei a mandarti ad Auradon! Evie, tua madre Grimilde ha ucciso tuo padre, il tuo patrigno e ha cercato di uccidere la tua sorellastra, ma almeno lei ti voleva bene e non ti ha mai sfiorato nemmeno con un dito! E Carlos, è vero, persino tua madre ti ha abbandonato e non ti ha mai amato, ma almeno hai trovato tuo padre, un padre che ti ama. Voi non saprete mai cosa sto provando! Per anni ho passato notti insonni, domandandomi cosa fosse accaduto a mia madre, sperando che sia viva, perché è scomparsa, o se è morta! Ora, finalmente, posso scoprirlo e voi volete impedirmelo?! Preferite piuttosto continuare a vedermi così o volete aiutarmi a liberarmi di un peso?-
I tre amici si osservarono, abbassando lo sguardo. Jay aveva detto la verità, in fondo. Non erano come lui:
anche loro erano stati separati dai propri genitori, ma non nello stesso modo.
E sì: volevano aiutarlo. Per questo lo avevano seguito. Forse era la paura a parlare per loro. Ma desideravano con tutto il loro cuore che Jay si liberasse del suo dolore.
Uma non sapeva cosa dire. Gil non aveva idea di cosa stessero parlando.
Harry rise di nuovo.
-Ciccio… sul serio?- stava di nuovo prendendo la questione sottogamba; una cosa che Jay non sopportava –Tutto questo viaggio per sentirti sbottare e autocommiserarti sul tuo passato? A saperlo, sarei rimasto a Auradon.-
Rise di nuovo, ancora divertito dalle parole e dal tono del ragazzo.
Ma poi realizzò che non era stata una buona idea: Jay serrò le labbra, aggrottò le sopracciglia e si avvicinò minaccioso ad Harry, prendendolo per la giacca rossa e sollevarlo da terra.
Da divertito, Harry sgranò gli occhi color del ghiaccio, sorpreso da quella reazione.
-Senti, bello…- sibilò Jay; i suoi occhi stavano quasi mutando: l’iride stava diventando gialla e la pupilla si stava stringendo, come quella di un serpente; questo spaventò ancor più il giovane pirata –Nessuno ti ha chiesto di venire. A nessuno di voi ho chiesto di seguirmi. Se volete aiutarmi, sarò più che felice di portarvi con me. Ma se il vostro obiettivo è quello di farmi incazzare, allora tanto vale che giriate i tacchi e ve la diate a gambe, prima di vedermi arrabbiato sul serio. Tu non vuoi farmi incazzare, vero, Harry?-
Harry scosse la testa, senza dire una parola. Non rise più.
-Bene.-
Jay lo riportò con i piedi per terra.
Persino i tre amici furono sorpresi per la sua reazione: non era raro che Jay si arrabbiasse e diventasse minatorio. Ma in quel momento… era come se un’aura oscura lo avesse circondato.
Ma non era il momento per rimuginarci sopra.
-Jane, Ben e Doug non tratterranno la Fata Smemorina a lungo.- fece ricordare Carlos, inquieto –Sarà meglio muoverci.-
Cercarono, infatti, di concentrarsi sulla loro missione, dimenticando l’episodio appena accaduto.
Non dovevano perdere di vista il vero obiettivo.
Infatti, si diressero verso le scale che portavano al secondo piano.
-Già, così non rischio di perdermi la nuova puntata del documentario sulle tartarughe giganti che si muovono come ninja.- aggiunse Gil, sorridendo con aria assente.
Jay sospirò, fermandosi.
-Per l’ultima volta, Gil!- chiarì, quasi ringhiando -“Teenage Mutant Ninja Turtles” non è un documentario! E’ un cartone animato!-
-Oh, ecco perché era così interessante!-
Uma, anche lei innervosita dall’ottusità dell’amico, lo prese per un orecchio, spingendolo a tenere il passo e “non pensare a idiozie simili”.
Erano ben coscienti del pericolo contro cui correvano, addentrandosi sempre più nel Castello dell’Oblio: infatti, con un pennarello blu, avevano scritto SFERA ULTIMO PIANO MADRE JAY sui palmi delle mani sinistre, sicuri che li avrebbe aiutati a recuperare la memoria sulla loro missione, nel caso ne avessero perduto la memoria.
I primi segni seri di Oblio si manifestarono nel sesto piano. Jay era in testa al gruppo.
-Io vengo da Agrabah… mio padre è Jafar… siamo venuti qui da Auradon… devo scoprire la verità su mia madre...- continuava a ripetersi, sottovoce, per non dimenticare le sue origini e perché si trovava lì.
Il primo a rallentare, infatti, fu Gil, che chiudeva il gruppo.
-Ehi, ragazzi…- disse, guardandosi intorno, spaesato –Che ci facciamo qui?-
Si fermarono tutti, anche Jay, preoccupato.
-Come “perché?- sdrammatizzò Harry, come suo solito –Per esplorare e saccheggiare, come facciamo di solito.-
Anche Harry stava dimenticando.
Gil lo osservò in modo strano, come se fosse la prima volta in cui lo vedeva.
-E tu chi sei? Voi chi siete? Ci conosciamo?-
Il pirata e la ragazza polpo si allarmarono. Come Mal, Evie, Carlos e Jay.
-Gil, smettila di fare lo scemo.- fece Uma, prendendolo per un braccio –Lo sai chi siamo. Siamo Uma e Harry. I tuoi compagni di razzia.-
-Razzia? Che parola complicata. Che significa? Ahi, non tirare così, chiunque tu sia.-
Harry rise di nuovo.
-Ha dimenticato tutto.- la sua risata si faceva sempre più sguaiata –E’ logico. Cosa aspettarsi da uno dei figli di uno con poco cervello?-
-Parla del tuo, Harry.- fece notare Uma.
-Non so chi tu sia, bello, ma non ti permetto di parlare così del mio papà, chiunque egli sia!- protestò Gil -Ho anche una mamma? Forse sì. Altrimenti perché sono qui?-
-E’ quello che mi sto domandando da una vita…- borbottò Uma.
Si voltò, poi, verso il resto del gruppo.
–In ogni modo… voi quattro cosa fate qui? Questo è il nostro territorio di razzia.-
Gil aveva già dimenticato tutto. Harry non ricordava il motivo per cui erano nel Castello dell’Oblio. Uma non ricordava di essere entrata lì dentro con Mal, Evie, Jay e Carlos.
Questi si osservavano preoccupati.
-Stiamo… stiamo cominciando a dimenticare!- esclamò Evie, la più preoccupata.
-No, niente panico!- invitò Mal –Almeno voi ricordate perché siamo qui, vero?-
-Io non ricordo nemmeno come ci siamo finiti, qui…- iniziò Carlos, stranito.
Evie guardò in basso, riflessiva.
-Mia madre si chiama Grimilde, la mia sorellastra è Biancaneve…- mormorò, sperando di ricordare le sue origini, come Jay –So solo che siamo qui per Jay…- poi ebbe un’illuminazione –Le mani! Guardiamoci le mani!-
Ricordava qualcosa collegato alle mani, ma non ricordava di cosa precisamente si trattasse.
-Scusa, cosa dovremo guardarci?- domandò, acida, Uma –Sulla mia non c’è scritto nulla. Nemmeno nell’altra.-
Infatti, i suoi palmi erano spogli. Nessuna scritta. I promemoria erano spariti.
Erano ignari che il Castello dell’Oblio avesse anche questo potere. Nemmeno la Fata Smemorina ne era a conoscenza, a quanto pare…
Evie era preoccupata. Anche Mal. Anche lei aveva avuto la stessa impressione. Non ricordo. Impressione.
-Che ci sta succedendo…?!- lamentò, preoccupata.
Cercò di sforzarsi di ricordare il volto della madre, il suo nome, la sua casa. Purtroppo ricordava ancora il giorno in cui venne rapita dall’uomo dagli occhi rossi. Ma non ricordò nulla di Riku, il ragazzo prigioniero insieme a lei.
Prima di allora, si domandava spesso che fine avesse fatto, se fosse riuscito a scappare dalla prigione. Poi, tutt’a un tratto, l’oblio.
E Carlos… si era persino dimenticato del suo cane Rudy. E del padre aveva solo ormai un’immagine sfocata. Come di Jane. E di sua madre Crudelia.
Jay rimase serio, guardando il vuoto.
-Il Castello dell’Oblio…- mormorò –Ci sta impedendo di salire sempre più in alto.-
Harry sorrise in modo strano, come se non fosse preoccupato o non fosse ben cosciente del pericolo.
-Impedendo?- disse, camminando in avanti, sgranando gli occhi celesti pieni di avidità di denaro –Parla per te, Jay. Io direi di proseguire comunque. Chissà, magari potrebbe esserci un tesoro che aspetta solo di essere toccato dal mio uncino…-
Il suo amato uncino. Non se ne separava mai. E se lo perdeva, partiva immediatamente alla sua ricerca. Non ammirava suo padre, ma riconosceva ugualmente l’utilità dell’uncino, specialmente nei furti e nelle risse.
Uma, trascinando Gil, lo seguì, perfettamente d’accordo.
-Beh, non sarebbe male.- commentò, sorridendo anche lei –Almeno diamo un senso a questa strana gita.-
Solo Jay ancora ricordava il motivo per cui erano nel Castello dell’Oblio: trovare la sfera di cristallo all’ultimo piano e scoprire il destino di sua madre.
Ripresero a salire i piani, correndo.
Più salivano, più dimenticavano, arrivando persino a dimenticare i loro luoghi natii. Secondo la loro nuova “memoria”, loro avevano vissuto sempre ad Auradon e non avevano mai conosciuto i loro genitori.
Ma Mal non aveva dimenticato l’uomo dagli occhi rossi. Neppure arrivati al tredicesimo piano.
Entrarono nella stanza della sfera.
-Cosa?!- esclamò Harry, deluso; se non fosse stato affezionato al suo uncino e il terreno non fosse stato così solido, lo avrebbe scaraventato per terra –Una stanza così e neppure un forziere?! Cosa diavolo ci facciamo qui, allora?!-
-E’ tutto così bianco…- Gil aveva lo sguardo perso nell’aria e sorrideva con aria tonta; lui aveva dimenticato tutto, persino il suo nome –E bello… dove siamo? In Paradiso…?-
Nessuno ricordava come e perché si trovassero lì.
E Jay… fra tutti il più determinato a raggiungere la cima… non ricordava più il suo obiettivo. Si era lasciato guidare dallo stesso istinto di Harry, per salire i piani.
Dall’ottavo, aveva cominciato a dimenticare ciò che più per lui contava davvero.
Ma quella sfera… lo attirava. Era grande, trasparente. Sembrava un grosso diamante. Forse erano lì per rubarlo. Questo pensò, mentre si avvicinava.
-Jay…- avvertì Evie, allarmata –Stai attento. Potrebbe essere una trappola.-
Avevano dimenticato che quella che avevano di fronte era la sfera che stavano cercando, la sfera in grado di mostrare passato, presente e futuro.
Il ragazzo di Agrabah vi mise la mano sopra, per toccarla e capire se fosse di vetro o se fosse veramente un grosso diamante.
Improvvisamente, sentì una strana vibrazione provenire dal suo cuore: la vibrazione divenne una debole, ma rapida scossa elettrica che percorse il suo braccio, fino ad arrivare alla mano poggiata sulla sfera.
Essa si illuminò, di luce propria.
Era stato il suo cuore. Era stato il cuore di Jay a dire alla sfera di mostrargli ciò che desiderava.
Il resto del gruppo, incuriosito da quella strana luce, si riunì intorno ad essa.
-Jay, cosa hai fatto?- domandò Uma, seria.
-Non lo so, ho solo messo la mano…- fu la risposta, incerta.
La sfera mostro finalmente delle immagini: una stanza da letto. Una donna avvenente, vestita con abiti arabi sgargianti e gioielli, che urlava e strisciava sul pavimento, supina. Stava guardando in alto, terrorizzata.
-No… ti prego…! Hai un figlio! Abbiamo un figlio!-
Jay ebbe un sussulto: era sua madre!
Un pugnale le trafisse il petto, nonostante le suppliche. Il colpo fece urlare le ragazze e Gil, dalla sorpresa e dallo spavento.
Quel ricordo era in prima persona; Jay aveva assistito all’assassinio della madre con gli occhi dell’assassino.
In quella stanza era presente uno specchio: finalmente lo avrebbe visto negli occhi.
Tuttavia, sentì il suo sangue gelare nelle sue vene, appena scoprì l’identità dell’assassino di sua madre: suo padre, Jafar.
Poi notò un individuo, vestito con un cappotto nero; un anziano, a giudicare dal suo modo di camminare. Non riuscì a vederne il volto, a causa del cappuccio. Gli aveva messo una mano sulla spalla.
-Ben fatto.- gli sussurrò; era una voce gracchiante; sì, era un anziano -Ora non ti resta che liberarti di tuo figlio, se vuoi ottenere il potere che tanto ambisci…-
La visione finì, con una luce accecante.
Nessuno sapeva cosa dire. Non sapevano neppure cosa avevano visto. Non ricordavano più perché fossero lì.
Ma Jay sì. La sua memoria era ritornata.
Guardava nervosamente più punti, in basso; il cuore gli batteva forte dallo sgomento; le gambe gli tremavano, a tal punto da cedere. Si sedette sulle sue ginocchia.
Singhiozzò, senza sbattere le palpebre.
Evie, Carlos e Mal lo soccorsero, allarmati dal suo comportamento.
-Jay! Stai bene?-
-Cosa hai visto?- domandarono le ragazze, preoccupate.
Uma, Harry e Gil rimasero indifferenti alla sua reazione.
Le lacrime scendevano a cascate sulle guance del ragazzo moro. E forti erano i suoi singhiozzi.
-Mia madre…- mormorò, stringendosi nelle sue spalle; tremava; non lo avevano mai visto così vulnerabile; solitamente, era lui a dare man forte agli amici, quando erano tristi; ma stavolta, a quanto pare, era lui ad aver bisogno di affetto e conforto dai suoi amici –Mia madre… non era scomparsa… E’ stata uccisa… da mio padre…- osservò i suoi tre amici, con rabbia e disperazione insieme -MIO PADRE! HA UCCISO MIA MADRE! E MI HA ESILIATO! PER IL POTERE…!-
Si mise gattoni sul pavimento, continuando a piangere e singhiozzare, battendo i pugni per terra, uno più forte dell’altro, senza curarsi del rischio di rompersi le ossa delle mani.
Evie, Mal e Carlos si osservarono l’un l’altra, confusi e preoccupati. Ma il loro amico stava piangendo; stava soffrendo. Dovevano sollevargli il morale.
Evie gli mise affettuosamente una mano sulla schiena, poi facendolo alzare, stringendolo a sé, con lo stesso affetto che si prova per un fratello maggiore.
Uma storse la bocca a quella scena.
-E lui si definisce un duro?- commentò, acida; se avesse ricordato in cosa consisteva davvero la loro missione, forse avrebbe provato compassione –Che delusione, Jay…-
Ma il ragazzo sembrò non averla sentita.
Mal e Carlos non sapevano cosa fare. Ma provavano ugualmente quello che stava provando l’amico.
Intanto, uno strano rumore fece voltare Harry e Gil.
-Ehm… non per interrompere questa manifestazione di affetto…- disse il pirata, non chiaro se fosse allarmato o curioso –Ma abbiamo visite…-
Nella stanza, infatti, era entrata un’altra persona: un giovane, molto alto e magro, che aveva superato i vent’anni di età, dai capelli rossi a punta. Sotto gli occhi chiari aveva degli strani segni viola, due disegni.
Gil gli sorrise.
-Ehi, amico, bei capelli!- complimentò, incurante del pericolo incombente.
-Chi siete?- domandò il nuovo arrivato, sorpreso di vedere i ragazzi –E come siete arrivati qui?-
Mal e Uma, le più coraggiose dei loro gruppi, si fecero avanti, con aria determinata, incrociando le braccia.
-Ad un primo incontro occorre presentarsi, non trovi?- rispose Mal, a tono con il giovane.
Questi ridacchiò.
-Giusto, che maleducato.- disse, sarcastico –Il mio nome è Axel.- indicò una tempia -Memorizzato?-
-Io sono Uma, vedi anche tu di ricordarlo.- tagliò corto Uma.
-Uma?-
-Giusto. Così mi chiamo.-
Il giovane, Axel, scrutò con attenzione i sette ragazzi nella stanza: i loro volti erano molto familiari.
-Sì… io so chi siete… la figlia di Malefica, la figlia di Ursula, il figlio di Uncino, il figlio di Gaston, la figlia di Grimilde, il figlio di Jafar…- Evie lo stava osservando con aria da sfida, quasi facendo da scudo a Jay -E, dulcis in fundo, il figlio di Crudelia De Mon.-
Su Carlos, si soffermò di più: non vedeva solo Crudelia, in lui.
-Sì… la somiglianza è davvero notevole…- notò, con sorpresa.
Il ragazzo assunse un’aria preoccupata.
-Con chi? Con mia madre?-
Notò il suo cappotto: avvertì una strana sensazione, come se non fosse stata la prima volta in cui lo aveva visto.
-No, con Xigbar.- rispose Axel, secco –Levagli qualche decade e siete due gocce d’acqua. Allora le storie su un suo presunto figlio non sono inventate…-
Carlos alzò le sopracciglia.
-Tu… conosci mio padre…?-
Non si ricordava più di lui: il nome pronunciato era vagamente familiare, ma nient’altro.
Axel non rispose: decise di concentrarsi su tutto il gruppo.
-A quanto pare avete scrutato la sfera…- rimase in silenzio per qualche secondo; poi sospirò –Ma perché devo sempre essere io a fare il lavoro sporco…?-
Mal aveva quasi intuito le sue intenzioni; lo stesso Uma.
Il giovane, infatti, allargò le braccia: due turbini di fiamme si estesero dalle sue spalle alle sue mani. Quei turbini divennero un paio di chakram.
-Sono spiacente, ragazzini…- avvertì Axel, serio –Ma voi avete visto troppo. Non posso lasciarvi vivere.-
Li avrebbe uccisi.
Gil saltò su Harry, urlando.
-Ah! Ti prego! Non voglio morire! Sono troppo giovane per morire! Ti prego, chiunque tu sia, salvami!- urlava, come una donna isterica.
Harry si stava innervosendo.
-Ma salvati da solo!- esclamò, spingendolo da una parte.
Mal e Uma si osservavano: dovevano fare qualcosa.
Entrambe aprirono le loro mani: quelle di Mal si illuminarono, e delle piccole scariche elettriche attraversavano le sue dita; su quelle di Uma si formarono due bolle d’acqua.
Decisero di combinare i loro poteri, del fulmine e dell’acqua, contro Axel.
Mal scagliò un fulmine e Uma cercò di amplificarne l’effetto, colpendo il fulmine con un getto d’acqua.
Non c’era abbastanza spazio affinché Mal potesse trasformarsi in un drago ed era impossibile, per Uma, rendere le sue gambe otto tentacoli, data l’assenza di acqua nei paraggi.
Il giovane deviò l’attacco con un chakram.
Le due ragazze si stupirono ed indietreggiarono. Axel le seguì, deluso.
-Sul serio? Un attacco così debole, nonostante lo abbiate scagliato in due? Le vostre madri avrebbero fatto di più… o forse no. Ma in qualunque caso, mi dispiace.-
Alzò un chakram, probabilmente diretto ad entrambe. Mal ed Uma, visto vanificare il tentativo di unificare i loro poteri, schivarono il colpo, separandosi.
Sette contro uno. Non era la prima volta che Axel affrontava più avversari da solo, ma loro erano solo ragazzini, di poco più grandi di Sora e Roxas, inesperti. Non importava che fossero figli di persone cattive, non erano come i loro genitori.
Harry, inizialmente, decise di intraprendere un piccolo duello con Axel, uncino contro chakram. Ma era bastato una deviazione ed un rapido gioco di polso per strappare l’uncino dalla mano del ragazzo: si conficcò nel muro.
Anziché continuare a combattere, Harry si precipitò a recuperarlo.
Evie continuava a fare da scudo a Jay, ancora sconvolto dalla visione della morte della madre. Ma i suoi amici erano in pericolo: doveva fare qualcosa.
Gil si era nascosto dietro la sfera, sperando di non essere visto da Axel: ma, non essendo molto sveglio e, inoltre, essendo completamente smemorato, non intuì che quello era un punto troppo scoperto. Axel lo notò subito.
-Buh!- urlò, infatti.
-Ah!-
Sentì una forza prendergli le spalle e spingerlo all’indietro: Carlos.
Non fu difficile liberarsi di lui: bastò una gomitata e un calcio posteriore per farlo schiantare contro la parete.
-Carlos!- esclamò Evie, preoccupata. Jay osservò indietro: qualcosa di nuovo stava crescendo dentro di lui. E bruciava.
Axel era ormai vicino al ragazzo biondo, che ormai semicosciente, a causa della botta ricevuta. Non si rese conto della punta del chakram vicino alla sua gola.
-Beh, tuo padre non mi perdonerà mai per questo.- constatò, sospirando –Ma gli potrei dire che è stato un incidente!-
Era pronto ad ucciderlo.
Ma una presa ferrea gli strinse il polso: era talmente forte che mancava poco che lo spezzasse.
-Lascia… stare… i miei amici…!-
Jay.
Osservava Axel in modo freddo e minatorio nello stesso momento, come un serpente prima di catturare la sua preda.
Gli occhi erano di nuovo cambiati: era tornata l’iride gialla e la pupilla stretta. E l’aura intorno a lui non era più oscura, quanto, piuttosto… infuocata.
Il giovane non si lasciò intimorire: cercò di liberarsi dalla presa.
-Lasciami, ragazzino!- protestò, dimenando il polso –Ti ordino di lasciarmi o sarà peggio per te!-
Jay non si oppose.
-Come desideri…-
Lasciò il polso: Axel si sbilanciò all’indietro, cadendo. Per poco non cadeva su Gil, che si spostò appena in tempo.
Non aveva più il suo chakram destro: Jay ne aveva preso possesso.
Realizzò che forse quei “figli dei cattivi” non dovessero essere presi sottogamba.
-Ridammelo immediatamente!- esclamò, sempre più furioso.
Jay ricambiò lo sguardo furioso.
-Vieni a prendertelo.- sibilò.
Axel, digrignando i denti, evocò una sfera infuocata con la mano libera: la lanciò verso Jay.
Lui non si mosse: assorbì il colpo, con il petto gonfio.
Quella mossa stupì persino gli amici, oltre che Axel stesso. Non sapevano che fosse dotato di poteri simili. Anche lui, forse, aveva doti magiche come Mal e Uma.
Quel campo era troppo piccolo per sette persone: il ragazzo di Agrabah aveva già preso la sua decisione.
-Ragazzi, tornate nel primo piano.- ordinò –Se fra un’ora non dovessi tornare, tornate ad Auradon.-
Mal si rifiutò categoricamente.
-Non se ne parla, Jay!- protestò –O tutti o nessuno!-
-Se restiamo tutti qui, sarà più facile che questo individuo vi uccida tutti! Io sono l’unico in grado di tenergli testa! Vi farò guadagnare tempo per la vostra fuga!-
-E come facciamo a tornare ad Auradon?- domandò Evie.
-Come siamo arrivati. Con il tuo specchio magico, Evie.-
Lei non comprese: aveva persino dimenticato il suo potere.
-Ora, andate! ANDATE!-
Harry caricò Carlos sulle spalle. Riluttanti, persino Mal ed Evie, infine, decisero di seguire il consiglio dell’amico.
-Stai attento…- sussurrarono, prima di uscire dalla porta.
Axel si mostrò come preoccupato.
-Ehi! Tornate qui!- esclamò, partendo al loro inseguimento, con l’altro chakram a mezz’aria.
Jay fu più rapido di lui: parò quel colpo, resistendo di nuovo ad ogni tentativo di liberarsi dell’avversario.
-Se vuoi vedermi incazzato, non ti conviene.- avvertì; non era un’impressione: Jay aveva davvero gli occhi di un serpente -Io sono una di quelle persone che faresti meglio a non far incazzare, se tieni alla vita…-
Dopo minuti di combattimento elemento contro elemento, la porta della stanza della sfera venne distrutta a causa di un’esplosione: Axel rotolò fuori dalla stanza, con il cappotto fumante e il volto pieno di graffi.
Tra le fiamme, avanzava un minaccioso Jay. Con entrambi i chakram di Axel nelle mani. Le fiamme lo sfioravano, ma non lo nuocevano come ad una persona comune: era pur sempre figlio di uno stregone. Il suo sangue circolava nelle sue vene.
Gli occhi gialli e la pupilla stretta brillavano tra quelle lingue di fuoco. E i suoi lunghi capelli mori seguivano i movimenti ondulatori delle fiamme.
Axel decise di non farsi intimorire dal ragazzo: aveva affrontato avversari peggiori e ne era sempre uscito vincitore. Questo continuava a pensare, per darsi forza.
Si rialzò, ridendo.
-Sei abile, figlio di Jafar…- barcollò, tenendosi una mano sul punto dove stava la milza –Non avrei mai pensato di trovare una persona più abile di me con l’arte del fuoco. Pensa se l’avessi scoperta solo oggi…-
Jay non lo ascoltava: con una rapida mossa, lanciò i chakram contro Axel. No, non era lui l’obiettivo: le punte si conficcarono nel pavimento, poco distanti dal vero portatore.
-Tanto per cominciare…- chiarì il ragazzo, sibilando ancora come un serpente –Ero già nervoso prima di giungere qui. Quella rabbia non ha fatto altro che bruciarmi dentro. E non bastava scoprire che mio padre ha ucciso mia madre per diventare un temuto stregone…- fece una pausa: il fuoco dentro il suo cuore bruciava ancora; anzi, sentì una vera e propria esplosione -Se volevi evitare tutto questo, non avresti dovuto minacciare i miei amici!-
Mentre lo pronunciava, i suoi denti diventavano sempre più aguzzi e una lingua biforcuta uscì dalla sua bocca.
I capelli si ritrassero, come il suo naso e il suo mento; il collo si fece sempre più lungo, le sue braccia si unirono al torso e le gambe divennero tutt’una. La sua carnagione mulatta divenne ruvida e squamosa. Diventava più grande e più alto, sempre più grande e alto.
Axel non credette ai propri occhi: Jay era diventato un cobra gigante! Esattamente come Jafar aveva fatto contro Aladdin!
A Jay non era mai importato come fosse finito lo scontro tra suo padre e un ragazzo comune. Ma Axel ne era cosciente. Infatti, sorrise, riprendendo i chakram.
-Bene! In fondo, i serpenti sono sempre stati tra i miei animali preferiti!-
Jay-cobra scattò verso di lui, con le fauci aperte…
 
   
 
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