Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: SagaFrirry    28/11/2019    1 recensioni
"Tu credi che il mondo sia solo bianco e nero, tutto per te può essere solo bianco o nero. Ma io sono la prova che non è così. Io sono il grigio? No. Io sono l'intero spettro di colori dell'Universo!".
Keros è un demone, ma non del tutto. È figlio di due specie molto diverse, frutto di un'unione per molti sacrilega. Questo è il racconto del suo cammino, lungo i secoli dell'esistenza. Fra Inferi e Cielo, buio e luce, dannazione e santità, scoprirà come essere realmente se stesso.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Principi

 

Lungo il corridoio di quell’edificio collegato al palazzo reale, Espero borbottava fra sé e sé frasi di giustifica. “Non ho fatto niente di male” diceva “Non è successo niente. È per finta…”. Camminò nervosamente fino ad una porta chiusa, una delle tante. Una targhetta indicava la classe all’interno. Prese coraggio e bussò, consapevole di doversi mostrare il più risoluto e convinto possibile. Udendo “avanti”, entrò.

Subito tutti gli studenti presenti si alzarono in piedi, in segno di rispetto per il principe. Espero salutò e sorrise all’insegnante.

“Come posso aiutarla, altezza?” domandò il maestro, Arikien.

“Io… mi chiedevo se fosse possibile provare il simulatore di mondo umano che utilizzate in questa classe”.

“Certamente. Se avete il consenso di vostro padre”.

“Mio padre è molto impegnato. Non lo voglio disturbare per una cosa del genere…”.

“Capisco. Allora mi serve il permesso del vostro maestro”.

“E… perché?”.

“Perché non posso interferire con il suo piano d’insegnamento”.

“Ma è una simulazione. Non vado per davvero nel mondo umano. Non può succedermi nulla, giusto?”.

“Giusto. Ma preferisco non incorrere in sanzioni inutilmente. Se volete posso domandare io al vostro mentore se…”.

“Oh sì!” interruppe Espero “Io…”.

“Chiedo io” sospirò Arikien, cercando in tasca un piccolo marchingegno ovale.

Espero attese paziente, mentre Keros rispondeva borbottando alla richiesta dell’erede di Alukah. Alla fine concesse il permesso, anche se per nulla convinto, e riagganciò.

“Bene, principe” sorrise Arikien “Venite che vi aiuto a prepararvi”.

Tutta la classe indossava speciali occhiali ed elmetti, che proiettava virtualmente nel mondo degli uomini. Una volta indossato ed avviato, ci si ritrovava in una città umana e si percepiva ogni cosa, ogni rumore, odore o sensazione.

“La vostra missione…” spiegò il maestro, prima di avviare il programma “…è avvicinare un umano e provare a tentarlo. Ovviamente dovete individuare quello giusto, quello adatto. Se farete qualche errore, se verrete scoperti come demoni o ci saranno altri imprevisti, il programma si interromperà e la vostra simulazione sarà finita. Oppure la interromperò io a lezione terminata. Tutto chiaro? Ci sono domande?”.

Nessuno alzò la mano e il programma fu avviato. Espero sobbalzò, quando si ritrovò di colpo in un vicolo silenzioso della città virtuale. Camminò fino a raggiungere la strada principale. Erano fatte così le città umane? Le case, altissimi grattacieli lucidi, svettavano in alto e si ammassavano uno accanto all’altra. Su qualche finestra si scorgevano dei vasi di fiori, unica nota di colore. Era tutto molto silenzioso. Intravide un gruppo di umani in una piazza, probabilmente in attesa di un mezzo per sportarsi altrove. Fra loro non si guardavano, non si parlavano. Abituato alle urla continue degli Inferi, quel silenzio spaventava un po’ Espero. Le uniche voci che udiva erano quelle delle pubblicità proiettate fra i palazzi. Una campana rintoccò e il principe si voltò verso di essa. Camminando per un po’, scovò una piccola chiesa racchiusa fra i grattacieli. Attirato da quell’edificio, che forse un tempo spiccava sugli altri con quel campanile, decise di entrarvi. Com’era diverso il mondo lì dentro! Dipinti, statue, ori ed arazzi… il colore trasmetteva una sensazione piacevole. L’odore dell’incenso e delle candele era strano ma per nulla fastidioso, probabilmente perché si trattava solamente di una simulazione. Il principe si soffermò su uno dei quadri e rimase ad ammirarlo. Rappresentava uno dei tanti Santi degli umani, che sinceramente lui non conosceva. Però era realizzato così bene da impedirgli di guardare altrove.

“Che stai facendo?” domandò una voce.

Espero sobbalzò, cercando di ricordarsi al volo tutto quello che gli era stato insegnato nei secoli.

“Salve” salutò, alzando un braccio “Sto guardando il dipinto. È… proibito?”.

“No” ammise l’uomo, il prete di quella chiesa “Ma ormai non lo fa più nessuno. Guarda pure. Credevo fosti un ladro”.

Espero si guardò attorno. Quel luogo era deserto, eppure le campane avevano appena terminato di risuonare per ricordare l’inizio della messa.

“Ma…” si azzardò a parlare al principe “Qui non c’è mai nessuno?”.

“Come in tutte le chiese” alzò un sopracciglio il prete, che stava accendendo candele “Da che mondo venite?”.

“Da nessun mondo. Cioè… lo stesso da cui venite voi… io…”.

“Forse nel vostro Paese la gente si reca ancora in chiesa? Qui è da molto che i fedeli credono di salvarsi l’anima con delle donazioni. Tutto il Mondo dona alla chiesa ma nessuno vi entra mai. Nessuno prega, nessuno pensa più a Dio. Ma voi siete entrato. Forse il vostro cuore è stato colpito dal divino”.

“Come suppongo sia stato il vostro quando avete deciso di essere prete”.

“No. Io sono prete perché c’era il posto libero. Non devi far nulla e ti pagano pure. Il lavoro ideale”.

“Oh…”.

“Quel quadro ti piace proprio, vero?”.

“Chi rappresenta?”.

“Non lo so. Suppongo ci sia scritto da qualche parte. Tipo su quello scarabocchio che ha sulla bandiera che tiene in mano”.

Espero si soffermò su quel dettaglio.

“No, è solo una scritta in latino” parlò poi “Credo sia un passo delle scritture”.

“Latino? E chi lo conosce ai giorni nostri? Piuttosto… io ora vorrei tornarmene a casa mia. Ho suonato la campana, ho acceso le candele. Però voi siete qui. Volete che dica messa?”.

“Che…?”.

“Volete confessarvi? Sono cose che non ho mai fatto ma suppongo non siano molto difficili”.

“Siete un prete e non avete mai officiato una messa?!”.

“Solo funerali. E qualche battesimo, ma quelli sempre meno. Ai matrimoni nessuno ascolta, lo fanno in chiesa solo perché è più spettacolare”.

“Ma nemmeno a Natale?!”.

“Sul serio te ne stupisci?!”.

Espero rimase in silenzio. Non voleva farsi scoprire e così salutò educatamente e lasciò l’edificio. Camminò ancora, notando come i pochi umani che incrociava fossero del tutto persi in mondi virtuali che proiettavano davanti al viso. Udì la risata di un bambino, immediatamente zittito dagli infastiditi adulti che aveva accanto. Alcuni cani abbaiarono e nessuno li fermò. Il principe lo trovò strano, ma preferì non commentare. Il bambino però continuava ad osservarlo. D’istinto, Espero gli sorrise ed il piccolo fece altrettanto: era da tanto che non vedeva un sorriso!

Riprese il cammino, deciso a vedere e scoprire più cose possibili sul mondo umano. Trovò una via, piena di luci e negozi. Non era necessario entrarvi. In vetrina si sfogliava un catalogo virtuale, si sceglieva, si pagava e tutto arrivava a casa propria. Niente commessi, solo qualche addetto alla manutenzione nel caso il sistema avesse qualche problema. Stava ancora passeggiando quando una scritta gli comunicò che la simulazione sarebbe presto terminata. Piagnucolò quando gli fu tolto il casco.

“Mi ‘spiace, altezza” spiegò Arikien “Ma la lezione è finita”.

“Ma io voglio vedere ancora!”.

“Alla prossima simulazione posso riservarvi un posto”.

Espero si imbronciò, come un bambino decisamente più piccolo del ragazzino che era. Ma capì di non avere alternative e lasciò la classe.

 

Il principe rientrò al palazzo reale, sapendo di essere in ritardo per la lezione con Keros. Affrettò il passo ma poi si fermò: Nasfer si stava avviando verso la porta che conduceva al mondo umano! Che splendida occasione! Lo seguì silenziosamente, notando che doveva avere la testa fra le nuvole. Nasfer entrò nella stanza ed attivò il portale, usando specifiche parole che Espero udì. Il principino attese poi qualche istante, prima di aprire a sua volta quella porta ed attivare il passaggio con le stesse parole. Esultò quando si rese conto di trovarsi per davvero dai mortali! Ci era riuscito! Ed ora era libero di esplorare…

Non fece però che qualche passo, prima che qualcuno lo afferrasse per la collottola e lo trattenesse.

“E tu dove pensi di andare?”.

Un infuriatissimo Keros stava fissando con rimprovero il ragazzo, che tentò di giustificarsi balbettando.

“Se tuo padre sapesse che sei nel mondo umano…” continuò Keros “…sarebbero guai. Per te, per me e per tutti. Lo sai che gli angeli hanno tentato di ucciderti quando eri un neonato!”.

“Sì, e tenteranno di uccidermi appena sarò abbastanza grande da difendermi. Lo so…” mormorò Espero, rassegnato.

“Questo luogo è pericoloso per te. Gli angeli non aspettano altro che l’occasione propizia per ucciderti. Sei il figlio del Diavolo! Per loro rappresenti la fine del mondo!”.

“Lo so…”.

“E allora perché sei qui?!”.

“Io… volevo solo dare un’occhiata. Sarei tornato a casa presto, assieme a Nasfer”.

“Anche Nasfer dovrebbe evitare certe gite. Deve studiare per diventare giudice, non ha alcun bisogno di correre rischi fra i mortali”.

A Keros bastò avanzare di qualche passo, sempre tenendo Espero per la collottola, per vedere il figlio fra l’erba. Appena lo notò, rimase senza parole. Stava danzando, fra l’erba alta, assieme a sua sorella Sophia. Entrambi sorridevano e parevano non far caso al resto del mondo.

“Nasfer!” lo chiamò poi Keros, spezzando quel ballo e quella magia.

Il giovane, allarmato, si affrettò a nascondere Sophia dietro alle ali da demone. Poi capì chi lo aveva chiamato e si rilassò leggermente.

“Niente ali nel regno mortale!” sbraitò Keros, incamminandosi verso il figlio “È una delle prime regole che vengono insegnate! E che stai facendo?! Sei impazzito?!”.

“Io… lascia che ti spieghi…” tentò di parlare Nasfer.

“Non devi spiegare proprio niente! Tu… tu ti rendi conto dell’enorme rischio che state correndo?”.

“Stavamo danzando! E poi… siamo fratelli!”.

“Fratelli come Lucifero e Sophia?”.

“Ma no… io…”.

Nasfer farfugliò ancora ancora qualcosa e poi tacque, chinando la testa.

“Lei rischia di cadere e tu di essere ucciso” riprese Keros, questa volta con più calma.

“Lo so…”.

“Sophia… vai subito a casa, per cortesia”.

La giovane angelo seguì il consiglio, capendo che era la cosa migliore da fare in quel momento. Nasfer lanciò un’occhiataccia minacciosa ad Espero, che si nascose dietro a Keros.

“A casa, tutti e due” ordinò il mezzodemone “Prima che nascano altri guai!”.

 

Una volta rientrati a palazzo, Keros iniziò a rimproverare entrambi ma che una delle guardie lo informò che Lucifero lo richiedeva in ufficio. Immediatamente. Quell’ultima parola, fece intuire al principe che il sovrano doveva essersi accorto di quella breve “gita” nel mondo mortale. Digrignò i denti, promettendo ai due giovani principi che avrebbe ripreso più tardi la predica, e si allontanò in fretta.

Rimasto solo con Espero, Nasfer immediatamente si voltò e gli ringhiò contro.

“Marmocchio spione!” sibilò il futuro giudice.

“Io non sapevo che eri lì con la tua fidanzata piumata!” si affrettò a giustificarsi il ragazzino, mettendo le mani davanti al viso.

“Non è la mia fidanzata! È mia sorella!”.

“Vabbè, quello che è! Volevo solo andare nel mondo umano!”.

“E con tante persone che ci sono, dovevi farlo proprio con me?!”.

“Eri il primo che…”.

“Ora per colpa tua mi sarà impedito di tornare fra i mortali!”.

“È tutta la vita che mi è impedito! Inutile che mi urli contro!”.

“Irritante sgorbio”.

“Hei, bada a come parli! Sono il figlio di Satana!”.

“Potresti anche essere Dio in persona, per quel che mi riguarda!”.

“Toccami e il re ti condannerà a morte!”.

“Sono suo nipote!”.

“Keros non è suo figlio. Tu sei solo il figlio di un bastardo cresciuto dal re!”.

 

“Mi avete mandato a chiamare?” sospirò Keros, sulla porta dell’ufficio del sovrano.

“Che ci faceva mio figlio fra i mortali?” sbottò subito Lucifero.

“Ci è rimasto per qualche minuto. L’ho riportato a casa immediatamente”.

“Qualche minuto basta agli angeli per ucciderlo. E tu sai che non aspettano altro”.

“Lo so”.

Keros sospirò di nuovo. Era stanco di passare la vita a badare ad Espero, a sorvegliarlo continuamente ed educarlo, senza poter avere nemmeno un attimo di respiro. Sognava la vecchia vita, quando vagava per il mondo umano a suo piacimento e tentava le anime. Alzò lo sguardo, notando l’ennesima espressione di rimprovero sul volto del re. Chissà se sapeva anche di Nasfer e Sophia…

“Ti ho affidato la vita di mio figlio” riprese a parlare Lucifero “La cosa più preziosa che possiedo. Il tuo compito è impedirgli di fare cazzate e imparare ogni giorno ad essere più forte ed astuto”.

“Lo faccio. Ogni giorno. Ma non è più un bambino…”.

“Ha settecento anni, certo che lo è! Pensavo che tu fossi il più adatto ad addestrarlo. Mi sbagliavo?”.

“No, no di certo. Con me impara a combattere gli angeli, trovandosi di fronte le stesse tecniche che utilizzerebbe Mihael. Ma sta crescendo, comincia ad essere sfuggente ed indisciplinato”.

“Ora capisci cosa ho provato io, con te? Ci parlerò. Ma che non si ripetano mai più incidenti come quello di oggi. E ovviamente che non si faccia strane idee con il simulatore e cose simili”.

“Forse… si potrebbe recare dagli umani ma adeguatamente accompagnato. Così da evitare che tenti di andarci di nascosto”.

“Assolutamente no. Non è pronto. Farò sorvegliare la stanza dei portali. E poi…”.

Un grido interruppe ogni discorso. Una delle guardie entrò nell’ufficio, comunicando che i due principi si stavano azzuffando e chiedendo quali provvedimenti attuare. Keros e il re raggiunsero in fretta i due ragazzi, che si stavano prendendo a morsi, calci e pugni. Nessuno aveva il coraggio di intromettersi, temendo di fare uno sgarro alla famiglia reale.

“Piantatela!” tuonò Keros, afferrando Nasfer per il braccio.

Lucifero blocco suo figlio Espero, trascinandolo e poi gettandolo in un angolo a terra. I due litiganti, ansimando per la rabbia, continuavano a ringhiarsi contro.

“Nasfer!” sibilò il re “Sei un adulto ormai! Dovresti comportarti come tale!”.

“Ma lui…”.

“Lui è un bambino. E tu dovresti saper resistere alle sue provocazioni!”.

“Non sono un bambino” piagnucolò Espero, zittendosi immediatamente quando il padre frustò la coda a terra.

“Simili atteggiamenti non sono degni di voi” parlò ancora il Diavolo “Siete di principi! Non della marmaglia qualsiasi! Dovreste concentrare le vostre energie per migliorare le vostre tecniche, per divenire sempre più potenti. Ma per sconfiggere i nostri nemici, non per picchiarvi a caso!”.

“Domando scusa…” chinò la testa Espero, terrorizzato dal genitore infuriato.

“Che non si ripeta. O sarò costretto a prendere provvedimenti. Con entrambi. Sono stato chiaro?”.

Entrambi annuirono.

“Ora, Espero, tu vieni con me”. Lucifero afferrò il bambino per il braccio. “E tu, Nasfer, spero riceverai il giusto rimprovero da parte di tuo padre…”.

“Certamente” commentò, minaccioso, Keros.

Aveva decisamente un sacco di discorsi da fare a suo figlio…

   
 
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